Egitto: elezioni di facciata
Dopo il primo turno delle elezioni legislative che hanno sancito una netta e prevedibile vittoria del partito “Per amore dell’Egitto” del presidente Fattah al Sisi e, al contempo, un’affluenza ferma a meno del 25%, martedì 27 ottobre gli egiziani sono tornati alle urne per il ballottaggio riservato agli oltre 200 candidati non eletti il 17 e 18 ottobre.
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Secondo gli analisti locali ed internazionali, la popolarità di al Sisi andrebbe misurata in base all’affluenza elettorale: pertanto, la misura del consenso per l’ex generale è palese. Dopo la rivoluzione e le elezioni del 2012, sancite dalla vittoria del candidato dei Fratelli Musulmani Mohammed Morsi, l’Egitto è tornato a rieleggere il proprio parlamento. La sete di libertà della maggioranza del popolo egiziano, testimoniata dalla rivoluzione del 2011, è stata però fermata dall’attuale regime.
Quasi l’80% dei 55 milioni aventi diritto, infatti, è rimasto a casa nella prima tornata per le azioni illiberali di al Sisi. Salito al potere nel 2014 dopo il golpe in cui è stato destituito Morsi, l’attuale leader dell’Egitto ha bollato i Fratelli Musulmani come organizzazione terroristica, facendo arrestare e condannare a morte l’ex presidente stesso e i leader di questo movimento.
A questo, si aggiunge l’entrata in vigore della nuova costituzione. Se a prima vista contiene alcuni principi liberali, come la eleggibilità per massimo due mandati consecutivi e l’apertura alle minoranze pur mantenendo l’Islam come religione di Stato, un’analisi in profondità mette a nudo la subalternità dell’assemblea legislativa rispetto al presidente, chiamata ad approvare i decreti del capo dello Stato.
In più, le grandi opere, l’apertura ai capitali esteri e l’interventismo in Libia per accattivarsi i consensi presso la comunità internazionale, tre motivi del paragone con Nasser, contrastano con la totale mancanza di welfare e la vicinanza de facto all’ex presidente Hosni Mubarak.
In attesa dell’affluenza e dell’esito del ballottaggio, il primo turno fornisce ulteriori indicazioni sullo stato di salute dell’Egitto. Oltre alla già citata scarsa partecipazione degli elettori, la tornata del 17 e 18 ottobre scorso ha consentito al partito di al Sisi di portare a casa 60 seggi su 60. Mentre, il “Partito degli egiziani liberi” del magnate delle telecomunicazioni Naguib Sawiris e di presunto stampo laico e liberale, che ospita, assieme all’alleato “Per amore dell’Egitto”, alcuni esponenti dell’ex regime di Mubarak, ha eletto subito 5 candidati, mentre 65 sono andati al secondo turno.
“Non è stato facile creare un partito forte senza l’ingerenza del governo. Per noi la coalizione non ha alcuna importanza, sono loro che ci hanno chiesto di entrare per avere più credibilità”, ha affermato Sawiris a Le Monde.
Ottimi risultati, poi, di “Per il futuro della nazione”, formazione politica composta da giovani collegati al golpe del 2013, per i liberali del WAFD. Sconfitta, invece, per “Al Nour”, unico partito in gioco dichiaratamente islamista dopo l’uscita di scena dei “Fratelli Musulmani”, che ha minacciato più volte di ritirarsi a causa di presunti brogli.
Dopo il ballottaggio, l’altra tornata elettorale si terrà il 22 e 23 novembre. Mentre i risultati saranno resi pubblici a dicembre. Tuttavia, l’esito certo è che, dopo la Primavera Araba e la presidenza Morsi, l’Egitto è tornato ad un regime simile a quello di Mubarak, tormentato però dalla presenza ormai stabile di organizzazioni islamiste affiliate al Califfato e operanti soprattutto nella regione del Sinai.
Giacomo Pratali
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