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Legge europea sul clima: le richieste del Parlamento europeo

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Nell’ultima sessione plenaria del Parlamento europeo, tenutasi a Bruxelles dal 5 all’8 ottobre 2020, il Parlamento europeo si è espresso in merito alla Legge europea sul clima, chiedendo di raggiungere degli obiettivi ancor più ambiziosi di quanto non siano quelli proposti dalla Commissione europea nell’ambito del Green Deal. In particolare, gli eurodeputati hanno richiesto una riduzione delle emissioni del 60% nel 2030, poi si sono espressi in merito ad un bilancio per i gas a effetto serra per garantire che l’UE raggiunga l’obiettivo di Parigi, un organismo scientifico indipendente per monitorare i progressi e per l’eliminazione graduale di tutte le sovvenzioni dirette e indirette ai combustibili fossili entro il 2025.

La legge europea sul clima nel Green Deal europeo

Il 4 marzo 2020, la Commissione europea ha presentato una proposta legislativa al fine di sancire ulteriormente l’impegno dell’UE nel conseguimento della neutralità climatica entro il 2050. Trasformando in legge l’obiettivo prefissato, cioè divenire una società a impatto climatico zero, si garantisce ancora di più la concreta volontà dell’UE di impegnarsi in tale ambito. Gli obiettivi della legge europea sul clima sono di definire il percorso da seguire per arrivare alla neutralità climatica in modo equo ed efficiente, creare un sistema di monitoraggio dei progressi per poi intraprendere ulteriori azioni e garantire la transizione verso la neutralità climatica. La Commissione europea, attraverso la proposta di legge, intende istituire un quadro di riferimento per rendere vincolante il traguardo di zero emissioni di gas serra per il 2050, rispettando le conclusioni scientifiche fornite dall’IPCC e cercando di mettere in atto l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

Le richieste del Parlamento europeo

Non appena presentata la proposta legislativa da parte della Commissione europea, il Parlamento si è da subito detto insoddisfatto e pronto a rendere più ambiziosa la legge per il clima. Ad aprile 2020 è stato presentato un progetto di relazione che ha emendato la proposta della Commissione europea in molti punti, l’11 settembre la Commissione ambiente del Parlamento europeo ha adottato una relazione sulla legge europea per il clima e l’8 ottobre il Parlamento europeo ha adottato il suo mandato negoziale sulla legge europea sul clima.

Con 392 voti a favore, 161 contro e 142 astensioni, il Parlamento europeo si è espresso a favore di una legge europea sul clima più ambiziosa, che miri a trasformare le promesse politiche – vale a dire il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050 in Europa – in un obbligo vincolante in quanto legge, fornendo ai cittadini e alle imprese europee la certezza giuridica e la prevedibilità, elementi necessari per pianificare la trasformazione. Gli eurodeputati hanno insistito sul fatto che sia l’Unione europea che gli Stati membri devono diventare neutri sotto il profilo delle emissioni di carbonio entro il 2050; dal 2051 l’UE dovrà raggiungere l’obiettivo di emissioni negative. Proprio per questo, si chiedono i finanziamenti sufficienti per il raggiungimento degli obiettivi. Inoltre, i deputati vogliono istituire un Consiglio europeo per i cambiamenti climatici: un organismo scientifico indipendente per valutare i progressi dell’UE in tale direzione.

L’obiettivo proposto

L’obiettivo attuale che l’Unione europea deve raggiungere nell’ambito della riduzione delle emissioni per il 2030 è del 40% rispetto al 1990. La Commissione europea, nella proposta di legge del 4 marzo, ha proposto di arrivare almeno al 55% rispetto ai livelli del 1990, così da raggiungere la neutralità climatica per il 2050. Il Parlamento europeo si è spinto ancora più in alto, proponendo una riduzione delle emissioni del 60% al 2030, aggiungendo anche l’aumento degli obiettivi nazionali in modo equo ed efficiente, anche in termini di costi. Inoltre, tra l’obiettivo del 60% al 2030 e la neutralità climatica al 2050, gli eurodeputati hanno richiesto alla Commissione europea di stabilire anche un obiettivo intermedio per il 2040, così da garantire che l’UE intraprenda le giuste misure nel corso degli anni.

La votazione in Parlamento e i prossimi step

Nonostante il grande consenso mostrato per il Green Deal europeo, l’Eurocamera non si è mostrata così unita di fronte alla necessità di rendere più ambiziosa la legge sul clima. Il Partito popolare europeo si è espresso in modo contrario alla proposta del Parlamento ed ha quindi deciso di astenersi dalla votazione; i Conservatori e i sovranisti di Identità e democrazia hanno votato negativamente, mentre sono stati a favore i socialisti-democratici, i Verdi e gran parte dei liberali. Guardando i partiti italiani, quelli di maggioranza (PD e M5S) si sono schierati a favore, insieme a Italia Viva e Azione, mentre il voto negativo è arrivato da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. La motivazione alla base dell’astensione e del voto negativo risiede nelle conseguenze economiche e sociali che tale legge potrebbe avere. “La tutela dell’ambiente è un valore che accomuna tutti, ma anziché proporre obiettivi concreti e raggiungibili, l’Ue sacrifica lo sviluppo, le imprese e il lavoro degli italiani sull’altare di progetti utopici e totalmente irrealizzabili” hanno dichiarato i parlamentari leghisti della commissione Envi. Il giorno prima della votazione, il coordinatore per il clima e l’ambiente al PPE, Peter Liese, ha affermato “il Ppe non voterà contro, ma ci asterremo perché sinceramente il 60% non ci piace e pensiamo che metta davvero in pericolo i posti di lavoro” e ha proseguito “sosteniamo la neutralità climatica e pensiamo sia importante avere una legge per clima. Siamo molto fiduciosi che il Consiglio Ue farà attenzione e che torneremo alla proposta della Commissione europea del 55% netto”.

Il Parlamento europeo, dopo aver presentato le proprie richieste, intraprenderà i negoziati con i paesi membri dell’Unione europea. Fondamentale è anche il ruolo del Consiglio europeo che dovrà concordare una posizione comune in merito.

Repubblica Ceca, le ultime indagini dell’UE sul conflitto d’interessi e gli aiuti di Stato

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In linea con quanto accaduto lo scorso anno, continuano i problemi tra Unione europea e Repubblica Ceca. Il 19 giugno, gli europarlamentari hanno adottato una risoluzione in cui chiedono di risolvere il conflitto d’interesse nel Paese e di istituire un meccanismo per prevenire i conflitti d’interesse e garantire la registrazione dei nomi dei beneficiari dei fondi europei. Il 23 giugno, la Commissione europea ha avviato un’indagine approfondita per valutare se la compensazione concessa dalla Repubblica Ceca alla Posta ceca per adempiere alla sua missione di servizio pubblico è in linea con le norme dell’UE in materia di aiuti di Stato, in quanto la Posta Ceca è il principale operatore postale della Repubblica Ceca ed è interamente di proprietà dello Stato.

La risoluzione del Parlamento europeo

Venerdì 19 giugno gli europarlamentari hanno adottato, con 510 voti favorevoli, 53 contrari e 101 astensioni, una risoluzione in cui si afferma che il Primo ministro ceco Babiš continua ad essere attivamente coinvolto nell’esecuzione del bilancio europeo, pur continuando a controllare la società Agrofert, uno dei maggiori beneficiari dei sussidi europei in Repubblica Ceca. Si tratta di un conglomerato di oltre 230 aziende che è stato di proprietà del Primo ministro ceco; il gruppo ha fortemente beneficiato di fondi europei, ricevendo circa 36,5 milioni di euro in sussidi agricoli solo nel 2018. L’indagine iniziata nel gennaio 2019 è formalmente ancora in corso, ma i deputati europei hanno insistito sulla necessità del primo ministro di gestire la posizione di conflitto d’interesse in tre modi possibili: rinunciando ai propri interessi commerciali e aziendali; astenendosi dal chiedere finanziamenti europei; astenendosi dalle decisioni europee che riguardano i loro interessi. Attualmente, nessuna legge europea obbliga uno Stato membro a rivelare i beneficiari finali dei fondi europei. Dunque, i deputati hanno chiesto alla Commissione europea di istituire dei meccanismi per prevenire i conflitti di interesse relativi ai fondi europei, non solo per il caso ceco; le norme dovrebbero includere l’obbligo di pubblicare i beneficiari delle sovvenzioni europee e i massimali di pagamento diretto per ogni persona. Nel novembre 2019, tutti i pagamenti dal bilancio europeo alle società del Primo ministro, ricco imprenditore ceco, sono stati sospesi. I deputati della commissione per la sorveglianza del bilancio sostengono che fino a quando le indagini della Commissione europea e dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode non saranno completate, il paese non dovrebbe prendere parte alle decisioni sui bilanci dell’UE.

Infine, il Parlamento ha anche condannato l’uso del linguaggio diffamatorio e dei discorsi di odio utilizzato dal Primo ministro Babiš contro gli eurodeputati che hanno preso parte alla missione conoscitiva a Praga nel febbraio scorso, nell’ambito delle indagini per l’irregolarità della gestione dei fondi europei: in particolare, ha definito “squilibrata” Monica Hohlmeier, alla guida della missione della commissione parlamentare per il controllo dei bilanci, ed ha chiamato “traditori” due membri cechi della missione.

In risposta a quanto richiesto dagli europarlamentari, il primo ministro Babiš ha affermato che i legislatori europei “hanno incitato le misure relative a specifici procedimenti penali sul territorio ceco senza conoscenze o prove specifiche”. Inoltre, ha aggiunto all’agenzia di stampa CTK “Penso che questo possa essere percepito come una prova della pressione politica e mediatica sulla magistratura ceca e delle interferenze negli affari interni”.

Le indagini della Commissione europea

La Commissione ha avviato un’indagine approfondita sul finanziamento del servizio postale della Repubblica ceca nell’ambito degli aiuti di Stato. Nel gennaio 2020, la Repubblica ceca ha notificato alla Commissione europea il suo piano di compensazione per le poste ceche per un importo di 7,5 miliardi di corone ceche (circa 282,1 milioni di euro) per l’adempimento dell’obbligo del servizio postale universale nel periodo 2018-2022; ciò include la fornitura di servizi postali di base in tutto il paese a prezzi convenienti e con determinati requisiti minimi di qualità. Tuttavia, nel novembre 2019 la Commissione ha ricevuto due denunce da parte dei concorrenti delle Poste ceche che sostenevano che la compensazione da concedere alle Poste ceche per i suoi obblighi di servizio universale per il periodo 2018-2022 fosse incompatibile con la normativa in materia, in quanto non venivano rispettati i criteri previsti di compensazione. La Commissione teme quindi che la Posta ceca possa essere stata sovracompensata tra il 2018 e il 2022 e, a seguito di una valutazione preliminare, ha deciso di avviare un’indagine approfondita, non escludendo il rischio di sovracompensazione che comporta notevoli distorsioni del mercato. La Commissione esaminerà ora ulteriormente la questione per verificare se le sue ipotesi iniziali verranno confermate ed ha aperto le indagini alle osservazioni anche da parte della Repubblica Ceca.

Industria, Ricerca ed Energia: la Commissione ITRE al Parlamento europeo

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La Commissione ITRE – Industria, Ricerca ed Energia – è una delle 20 commissioni interne al Parlamento europeo e fa parte di quelle permanenti: formata da un gruppo di eurodeputati, ha un ruolo fondamentale nella procedura legislativa ordinaria. La Commissione ITRE ha come Presidente Cristian-Silviu Buşoi, ed è composta da 72 membri che riflettono la composizione del Parlamento nel suo insieme. Tra i deputati italiani vi sono, tra gli altri, la Vicepresidente di Commissione Patrizia Toia, i deputati Carlo Calenda, Aldo Patriciello, Ignazio Corrao e la deputata Isabella Tovaglieri come membri effettivi, ed anche Simona Bonafè e Matteo Adinolfi come membri sostituti.

Il lavoro della Commissione

Trattandosi di una commissione permanente, tra i compiti dell’ITRE vi è l’approvazione delle relazioni di carattere legislativo, la presentazione di emendamenti da sottoporre all’aula, la nomina dei membri delle squadre indicate di negoziare la legislazione dell’UE con il Consiglio, l’approvazione delle relazioni di iniziativa, l’organizzazione di audizioni con esperti e il controllo dell’operato degli organismi dell’UE. Inoltre, la Commissione nomina solitamente un rapporteur che fa delle raccomandazioni alla Commissione e presenta la relazione in assemblea plenaria. Il lavoro delle Commissioni nel Parlamento è fondamentale, poiché la maggior parte della funzione legislativa del Parlamento si svolge proprio all’interno di queste.
La Commissione ITRE si occupa dell’industria, energia e ricerca, ed è responsabile di molteplici settori: la politica industriale dell’Unione e l’applicazione di nuove tecnologie, comprese le misure relative alle PMI; la politica di ricerca e innovazione dell’Unione, nonché la diffusione e lo sfruttamento dei risultati della ricerca; la politica spaziale europea; le attività del Centro comune di ricerca, del Consiglio europeo della ricerca, dell’Istituto europeo di innovazione e tecnologia e dell’Istituto per i materiali e le misure di riferimento; misure dell’Unione relative alla politica energetica, anche nel contesto del funzionamento del mercato interno dell’energia; ciò che riguarda il trattato EURATOM e la sua Agenzia di approvvigionamento; sicurezza nucleare, disattivazione e rifiuti smaltimento nel settore nucleare; la società dell’informazione, la tecnologia dell’informazione e le reti e i servizi di comunicazione, comprese le tecnologie e gli aspetti di sicurezza e la creazione e lo sviluppo di reti transeuropee nel settore delle telecomunicazioni.

Le priorità

Il rapporto delle attività 2014-2019 sintetizza al meglio le attività portate avanti dall’ITRE negli ultimi anni, e fa comprendere l’indirizzo che si sta seguendo ora e si seguirà in futuro. In particolare, il primo obiettivo è quello di contribuire a dare una nuova spinta per l’occupazione, la crescita e gli investimenti, il tutto attraverso il progetto dell’economia circolare e il quadro finanziario pluriennale di 2021-2027. La seconda priorità è creare un mercato unico digitale connesso, migliorando l’accesso ai beni e servizi digitali per consumatori e imprese, creando condizioni favorevoli alla crescita e condizioni di parità per reti digitali e servizi innovativi, massimizzando il potenziale di crescita dell’economia digitale. La terza priorità è creare un’unione energetica resiliente con una politica lungimirante sul cambiamento climatico, attraverso la sicurezza energetica, un mercato europeo dell’energia pienamente integrato, l’efficienza energetica che contribuisce alla moderazione della domanda, la decarbonizzazione dell’economia, investimenti in ricerca, innovazione e competitività. Il quarto obiettivo è garantire un mercato interno più profondo ed equo, con una forte base industriale, così come la quinta priorità è la garanzia di una più giusta Unione economica e monetaria.

La risposta al Coronavirus

In questo ultimo periodo, il coronavirus è diventato argomento centrale anche nell’agenda dell’ITRE: il Presidente del Parlamento europeo ha annunciato una serie di misure per contenere la diffusione dell’epidemia e salvaguardare le attività principali del Parlamento, che vengono ridotte ma mantenute nelle loro parti essenziali. Nell’ambito dell’ITRE, il 15 aprile la Commissione ha approvato una comunicazione sul ruolo dei test per un’efficace strategia di uscita coordinata tra loro, e gli scienziati del Centro comune di ricerca hanno sviluppato criteri di prestazione dei test per migliorare l’accuratezza complessiva dei test COVID-19. Il 17 aprile, il Parlamento ha adottato una risoluzione sulla crisi COVID-19, chiedendo un approccio coordinato post-lockdown nell’UE, compresi anche test su larga scala. Il 24 aprile, la Commissione europea ha discusso con la commissaria per l’innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù Mariya Gabriel e la commissaria per il mercato interno Thierry Breton sulla strada da seguire per le proposte del Parlamento. Molto importante è la piattaforma europea di dati COVID-19, lanciata per consentire la raccolta e la condivisione dei dati di ricerca disponibili. I ricercatori saranno in grado di archiviare, condividere e analizzare un’ampia varietà di risultati sul coronavirus. Infine, la Commissione europea, in stretta collaborazione con gli Stati membri dell’UE, ospiterà, con il patrocinio della Gabriel, il primo hackathon paneuropeo sul Covid-19, per collegare la società civile, gli innovatori, i partner e gli investitori da tutta Europa e oltre, al fine di sviluppare soluzioni innovative per le sfide legate al coronavirus.

Approvata dal parlamento europeo la Euro Procura

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Il 5 ottobre a Bruxelles, il Parlamento europeo ha votato a favore dell’istituzione di una Procura europea. Il voto in Parlamento segue la decisione dell’8 Giugno da parte del Consiglio “Giustizia” di accogliere la proposta di 20 Stati membri di istituire la suddetta Procura. Questa decisione si inserisce nel quadro della cooperazione rafforzata, ovvero quella procedura che include più di nove Stati membri, i quali decidono di stabilire un più stretta cooperazione in un settore specifico. Il settore in questo caso è quello delle frodi finanziarie a danno del bilancio dell’Unione Europea e la base giuridica per la formazione della Procura si rintraccia nel Trattato di Lisbona e in particolare nell’articolo 86 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
L’istituzione di una Procura europea si rende, infatti, necessaria dal momento che gli organi attualmente esistenti all’interno dell’Unione Europea nel campo della lotta antifrode, come l’OLAF, non possono intraprendere azioni penali ma solo svolgere indagini amministrative i cui rapporti vengono trasmessi alle autorità nazionali, le quali possono scegliere o meno di intraprendere un’indagine penale al riguardo. Ad oggi solo il 50% delle raccomandazioni giudiziarie trasferite dall’OLAF alle autorità nazionali si sono concluse con un rinvio a giudizio, e vi è un’alta variabilità di tale numero da stato a stato. La necessità della Procura va ben oltre la limitata operatività degli organi già esistenti nell’Unione Europea. La Procura infatti sarà incaricata di perseguire i reati di frodi transfrontaliere in materia di IVA, frodi che fino ad oggi sono rimaste impunite in quanto le autorità giudiziarie nazionali incontrano numerosi ostacoli quando si parla di oltrepassare i confini dello Stato; dalle barriere linguistiche ad una eccessiva lentezza dell’iter dato dalla diversità del diritto interno fra i diversi stati.
La Procura europea nasce invece per facilitare e rendere efficace l’indagine transfrontaliera, per assicurare che chiunque commetta un reato di frode venga processato e infine per accertare che l’importo delle malversazioni sia recuperato più rapidamente. Per sottostare ai suoi compiti e per tener fede al principio di indipendenza e autonomia, la Procura sarà sviluppata su due livelli: una sede centrale, dotata di un Procuratore generale, che sorveglierà sulle indagini nazionale; e una serie di procuratori decentrati, con duplice funzione di procuratori nazionali, i quali assicureranno una conoscenza profonda degli ordinamenti nazionali in modo da facilitare la cooperazione con altri stati.
Il Presidente Junker nel discorso sullo stato dell’Unione ha affermato che la nuova Procura è uno strumento di tutela dei cittadini e del denaro dei contribuenti, con la prospettiva che un domani potrà essere soggetto importante della lotta al terrorismo transfrontaliero. I membri fondatori sono oggi 20, ma la Commissaria UE per la Giustizia, V. Jourovà, ha espresso le sue speranze per un ancor più alto coinvolgimento di stati, i quali si potranno aggiungere ai primi dopo l’adozione in via definitiva del regolamento da parte del Consiglio “Giustizia” il 12 ottobre.

 

Redazione
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