Egitto: la deriva nazionalistica del Canale di Suez
Inaugurato il secondo tratto navigabile del Canale di Suez. La grande cerimonia in occasione della sua apertura assomiglia ad una dimostrazione di potenza dell’attuale presidente egiziano al Sisi. Al netto dei guadagni che la nuova opera infrastrutturale porterà, ancora più grandi potrebbero essere i benefici sul fronte interno e con gli interlocutori mondiali.
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Una cerimonia in pompa magna, tenutasi giovedì 6 agosto a Ismailia, ha decretato l’apertura del secondo tratto navigabile nel Canale di Suez. Una parata che ha visto in prima fila il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi e i rappresentanti dei governi mondiali, tra cui l’ospite d’onore Francoise Hollande, Capo di Stato francese. Il clou dell’evento è stato il passaggio in contemporanea di due navi in direzione opposta.
Il Canale di Suez, inaugurato nel 1869, si allunga oggi di 72 chilometri, percorribili in ambo i sensi. A differenza dell’opera infrastrutturale realizzata dalla società francese Compagnie universelle du canal maritime de Suez, per cui ci vollero dieci anni, questa volta il tempo di realizzazione è stato solo di due: “I terroristi hanno cercato di nuocere all’Egitto e di fermare il nostro cammino”, ha tuonato al Sisi nel corso della cerimonia.
Sull’opera appena realizzata, molti analisti di politica internazionale hanno sollevato dei dubbi. Al netto degli 8,2 miliardi di dollari spesi, il governo egiziano stima di ricavare 13,2 miliardi di dollari entro il 2023. E, sempre entro la stessa data, le navi in grado di transitare dal canale saranno 97 al giorno, a fronte delle 49 odierne.
Numeri che sanciscono l’importanza di questa via marittima realizzata nel XIX secolo. Ma la differenza di guadagno non appare così netta. Dalla campagna dei media egiziani allo stile della cerimonia d’inaugurazione, è chiaro che al Sisi stia cercando visibilità a livello internazionale e voglia ergersi a punto di riferimento del nazionalismo sul fronte interno.
Sul piano geopolitico, l’Egitto, principale alleato dell’Arabia Saudita all’interno del mondo sunnita, vuole divenire definitivamente il principale interlocutore dell’Occidente sul fronte Isis in Libia, dove appoggia il governo di Tobruk. Non solo. Sul piano economico e commerciale, l’allargamento del Canale di Suez strizza l’occhio alla Cina, capace di grandi investimenti nell’Africa Sud-Orientale e nel porto di Atene.
Sul piano interno, infine, le mosse di al Sisi seguono in parallelo quelle di Nasser, secondo presidente dell’Egitto indipendente. Nel 1956, infatti, nazionalizzò il Canale di Suez, mentre nel 1970 fu completata l’imponente Diga di Assuan. Le grandi opere infrastrutturali e la comune rivalità con i Fratelli Musulmani pongono dunque l’attuale Capo di Stato sulle orme del suo illustre predecessore: attraverso la propaganda, al Sisi vuole divenire, agli occhi della popolazione, il leader indiscusso dell’Egitto, oscurando i gravi problemi di stabilità nella regione del Sinai.
Giacomo Pratali
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