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European Space Conference: allo spazio nuovi investimenti per 200 milioni di €

EUROPA di

Il 21 e 22 gennaio si è tenuta a Bruxelles l’European Space Conference. Giunta alla dodicesima edizione, tale conferenza è una piattaforma per le analisi e gli approfondimenti della politica spaziale europea, i suoi programmi, le sue missioni e le questioni chiave del futuro.

Vi prendono parte i rappresentanti delle istituzioni europee ma anche i CEO delle società e i rappresentanti del mondo scientifico e della società civile. Al centro dei dibattiti vi sono stati argomenti quali il futuro dello spazio europeo, il rafforzamento dell’industria spaziale europeo, il rispetto dell’European Green Deal in questo ambito, le numerose nuove sfide di spazio e difesa, le cooperazioni internazionali, le future partnership e così via.

200 milioni di € dall’UE

L’Unione Europea è un attore molto importante nell’industria spaziale globale, tuttavia non è di certo il principale: gli Stati Uniti mantengono il ruolo di leader per spese e per la presenza; la Cina spende quanto l’UE, ovvero la metà rispetto agli USA. Le istituzioni europee hanno dunque deciso di potenziare l’industria spaziale europea. La Commissione europea, in collaborazione con la Banca Europea per gli Investimenti, a seguito dell’European Space Conference, ha proposto investimenti per 200 milioni di € nel settore spaziale. In particolare, un investimento di 100 milioni di € per il nuovo programma Ariane 6 – un programma dell’Agenzia spaziale europea – e 100 milioni di € nell’ambito di InnovFin, per sostenere l’innovazione e la crescita delle società europee di tecnologia spaziale. Gli investimenti sono sostenuti dal Fondo europeo per gli investimenti strategici, il pilastro finanziario del piano di investimenti per l’Europa. Inoltre, la Commissione e la BEI stanno annunciando il primo InnovFin Space Equity Pilot impegnandosi in fondi di investimento, sia interamente focalizzati sulle attività spaziali, sia su fondi che perseguono opportunità nel settore.

Il commissario per il mercato interno, Thierry Breton, ha dichiarato: “I due annunci di oggi rappresentano un punto di svolta per l’Europa a sostegno dell’industria spaziale europea. In primo luogo, accolgo con grande favore il prestito concesso dalla BEI per il progetto Ariane 6, che è al centro dell’obiettivo di garantire un accesso autonomo europeo allo spazio. In secondo luogo, con InnovFin Space, stiamo inviando un chiaro segnale che il business spaziale in Europa è un’opportunità interessante”.

Ariane 6

Ariane 6 è un lanciatore sviluppato da ArianeGroup con la collaborazione dell’ESA, nell’ambito del programma pluriennale dell’agenzia per una nuova famiglia europea di lanciatori, con l’obiettivo di rispondere alle ultime tendenze del mercato dei satelliti. Ariane 6 continuerà a consentire all’Europa di offrire le sue attività di lancio per le missioni a tutte le orbite, dai satelliti geostazionari alle missioni in orbita terrestre media e bassa e affrontare le dinamiche di mercato per i grandi satelliti e le costellazioni satellitari. Il finanziamento da 100 milioni di euro sosterrà parzialmente la quota di ArianeGroup dei costi di sviluppo attraverso una struttura di finanziamento innovativa che dipenderà dal successo commerciale di Ariane 6, una volta operativo.

André Hubert Roussel, CEO di ArianeGroup, ha dichiarato: “Attraverso questo finanziamento innovativo, la BEI, con il sostegno dell’Unione Europea attraverso il Fondo europeo per gli investimenti strategici e la condivisione del rischio InnovFin per la ricerca aziendale, promuove la competenza tecnologica consentendo all’industria europea dei lanciatori di rimanere sempre all’avanguardia, diventando ancora più innovativa e responsabile per l’ambiente”.

InnovFin Space Equity Pilot 

Il secondo investimento è indirizzato a InnovFin Space Equity Pilot: tale programma è sviluppato nell’ambito di InnovFin, dedicato a sostenere l’innovazione e la crescita delle PMI europee che operano nel settore delle tecnologie spaziali. Il programma investirà in fondi di capitale a sostegno delle società che commercializzano nuovi prodotti e servizi nel settore spaziale. L’economia spaziale europea ha già un valore di 50 miliardi di euro (a partire dal 2019) e la ricerca nelle tecnologie aerospaziali è una delle aree prioritarie coperte dalla leadership industriale e dalle sfide della società di Horizon 2020.

Unire le forze – l’appello ai governi

L’Agenzia spaziale europea ha senz’altro un ruolo fondamentale in questo ambito. Il segretario generale, Johann-Dietrich Woerner, ha voluto mandare un appello ai governi: “Lavoriamo insieme affinché siano confermati almeno i 16 miliardi di euro per il settore spaziale nel bilancio pluriennale dell’Ue 2021-2027, proposti dalla Commissione”. È necessario unire le forze per il segretario, e dello stesso avviso è Josep Borrel, l’Alto rappresentante dell’UE: “lo spazio è la nuova frontiera della politica globale. L’aumento delle tensioni geopolitiche sulla terra viene esteso e proiettato nello spazio” ha affermato in un tweet. Margrethe Vestager, vicepresidente esecutiva della Commissione UE, a margine della conferenza ha affermato che “avere i fondi da investire, nel programma InvestEU e nel nostro programma spaziale è molto importante non solo per ciò che succede nello spazio, ma anche per quello che succede a terra”

Nell’Unione Europea – con l’Agenzia Spaziale Europea – si hanno basi solide per agire insieme ed è dunque importante continuare ad investire nei programmi e nei sistemi europei.

New Space Economy European ExpoForum: dal 10 al 12 dicembre i protagonisti mondiali del settore spaziale a Fiera Roma, l’economia delle stelle a 360 gradi

Innovation di

Un evento proiettato al futuro che guarda oltre l’ecumene puntando alle stelle. Dal 10 al 12 dicembre si terrà la New Space Economy European ExpoForum alla Fiera di Roma, il primo evento dedicato all’economia dello spazio dove l’Italia si conferma una potenza nel settore. Un appuntamento per scoprire quali sono le potenzialità dell’ ecosistema spaziale applicate alla ricerca e non solo

Una manifestazione ideata e organizzata da Fiera Roma e Fondazione Edoardo Amaldi, un incontro tra gli attori della New Space Economy e della Old Economy che darà vita a nuove sinergie nel campo della ricerca scientifica spaziando nell’ambito istituzionale, accademico e commerciale, per poi riflettersi nella quotidianità di ciascuno di noi. In una parola: progresso. Perché oltre alla conoscenza dell’ignoto sopra le nostre teste, le nuove scoperte in campo spaziale comportano innumerevoli migliorie per la qualità della nostra vita.

New Space Economy European ExpoForum, tre giorni dedicati a 360 gradi all’economia dello spazio, con ospite d’eccezione l’astronauta Samantha Cristoforetti. Le nuove e le vecchie logiche dell’economia spaziale si incontreranno e confronteranno facendo il punto sulle nuove potenzialità dell’ecosistema spaziale. L’Italia distingue il suo ruolo tra i protagonisti mondiali del settore e si delinea come una potenza nel campo grazie al forte aumento del budget destinato all’Esa – Agenzia spaziale europea – e ai risultati ottenuti dalla delegazione italiana guidata dal sottosegretario Riccardo Fraccaro alla Ministeriale che si è chiusa nei giorni scorsi a Siviglia.

I tre giorni di fiera presentano un calendario fitto di incontri e dibattiti. Un importante momento per proseguire la riflessione su quanto emerso nell’appuntamento di Siviglia è previsto per il 10 dicembre alle ore 10.20 con la sessione plenaria “High level forum Round table on Cmin19”. Moderato dalla Direttrice di Formiche e Airpress Flavia Giacobbe, prenderanno la parola sul tema il Direttore generale ESA Johann-Dietrich Wörner e i vertici delle principali Agenzie spaziali europee, il Presidente Asi Giorgio Saccoccia, il Presidente Cnes Jean-Yves Le Gall, il President IAF Pascale Ehrenfreund, il Capo dell’Ufficio spaziale svizzero Renato Krpoun e il Direttore di Cdti Juan Carlos Cortes.

Un altro importante appuntamento è previsto per l’11 dicembre: “Global Space Economic Forum”, organizzato da Esa. Una panoramica sulle azioni comuni che il mondo spaziale può intraprendere assieme a quello istituzionale, accademico e commerciale con la presentazione di alcune delle collaborazioni industriali sviluppate in settori quali sicurezza informatica, guida autonoma, innovazione urbana e marittima.

Roberto Battiston, Fondazione E. Amaldi, Chair del Comitato scientifico di New Space Economy European ExpoForum ha dichiarato: “Investire sullo spazio significa investire sul futuro, anche in termini di miglioramenti concreti della vita sulla terra, dal settore della medicina a quello dell’agricoltura, passando per la mobilità e la sicurezza. La quasi totalità dei settori economici si interseca più o meno direttamente con lo spazio e la sua economia e l’Italia ha una filiera completa nel settore spaziale e ricopre un ruolo di leadership in Europa, confermandosi terzo contributore dell’Esa, nonché uno dei pochi Paesi capaci di fornire tecnologie e programmi in tutti i comparti (Scienza, Esplorazione e osservazione dell’Universo, Osservazione della Terra, Lanciatori, SSA (sicurezza), Telecomunicazioni, Navigazione e nuove tecnologie). Gli investimenti nel settore spaziale fatti negli ultimi 5 anni, culminati con le importanti decisioni appena prese alla Ministeriale Esa del 2019, danno all’Italia una straordinaria occasione di cogliere i benefici della New Space Economy. Come Fondazione Amaldi, con il lancio di questa manifestazione, ci siamo impegnati a dare il nostro contributo per promuovere questa eccezionale opportunità”.

A conferma delle sue parole l’Amministratore unico e Direttore generale di Fiera Roma Pietro Piccinetti: “L’Italia punta con forza sullo spazio come volano per lo sviluppo, l’innovazione e la competitività del Sistema-Paese. Come Fiera Roma siamo orgogliosi di contribuire, con questo evento che abbiamo come di consueto organizzato con una parte espositiva e una di simposio dai forti contenuti scientifici, a promuovere un ragionamento che coinvolga le Piccole e medie imprese, le istituzioni e il mondo accademico e della ricerca, sulle grandi sfide strategiche che attendono il nostro Paese e l’Europa su un terreno cruciale come quello dello spazio”.

Photo credits: Greg Rakozy

La Croce Rossa incontra Paolo Nespoli e l’equipaggio della missione “Vita”

EUROPA di

È una grande gioia ritrovarmi qui insieme a voi. Grazie per avermi dato la possibilità di esservi vicino, di far volare con me la vostra bandiera e di inviarvi un messaggio che mi ha emozionato e mi emoziona ancora adesso”. Con queste parole, l’astronauta Paolo Nespoli ha voluto ringraziare la folta rappresentanza dei volontari della Croce Rossa Italiana, guidata dal Presidente Nazionale Francesco Rocca, in occasione della cerimonia di riconsegna della bandiera con l’emblema dell’Associazione che ha viaggiato con lui fino alla Stazione Spaziale Internazionale nell’ultima missione targata ASI ed ESA. All’auditorium del Museo MAXXI di Roma e in compagnia dell’equipaggio della missione VITA, ha raccontato le emozioni vissute durante il lungo viaggio, illustrato ai presenti i laboriosi preparativi da affrontare prima della partenza per lo spazio e mostrato suggestive foto scattate dalla Stazione Spaziale che mostrano la Terra, le sue fragilità e il concreto effetto dell’opera dell’uomo su di essa. Il Presidente Rocca ha ricordato la commozione dopo la prima pubblicazione del videomessaggio spaziale di Nespoli e ha ricordato le lacrime del pubblico dovute all’importanza di quel messaggio.

Quel messaggio dallo spazio ricordava l’impegno mondiale della Croce Rossa italiana nonostante gli attacchi al personale, gli attacchi agli ospedali, le difficoltà delle situazioni e i rischi che affrontano ogni giorno. “Grazie a Paolo Nespoli e all’equipaggio della missione per l’incredibile emozione che ci hanno regalato. Il videomessaggio che hai voluto indirizzarci – ha detto il Presidente Rocca rivolgendosi all’astronauta – racchiude in poche parole la nostra storia e la nostra vera essenza. Avere avuto l’opportunità di vedere nello spazio l’emblema della Croce Rossa, riconoscibile in tutto il mondo, ha significato toccare con mano l’ampiezza del nostro intervento e la capacità di essere sempre decisivi. Ci ha anche dato modo di riflettere su quanto questo emblema sia oggetto, ancora oggi, di attacchi in molte zone del mondo e, quindi, di quanto sia importante proteggerlo”. Il messaggio ricordava che l’essere umano è attratto dalle distanze per accorciarle e raggiungerle, per rendere visibile ciò che è invisibile.

Per avere una visione di insieme senza pregiudizio. Per guardare le cose a distanza in modo da essere vicino. Ed è questo che rappresenta il lavoro di Croce Rossa, quello di essere più vicini a chi ha bisogno, e questo dovrebbe, un giorno, poter rappresentare tutto il mondo. Da li su, in alto tra le stelle, Paolo ha potuto osservare quella bella sfera blu dove viviamo. Ha potuto vedere lo spettacolo della natura e dell’infinito. Ha potuto cogliere la visione d’insieme. Ma questo comporta anche quello che stiamo facendo noi a questo pianeta e di cui spesso non abbiamo coscienza. Paolo ha visto l’ampiezza degli uragani, immaginandone solo la potenza. Ha visto l’estuario del fiume Betsiboka, un fiume nel centro-nord del Madagascar. Un fiume circondato da mangrovie e caratteristico per la sua acqua di colore rosso ma che è anche la prova drammatica della catastrofica deforestazione intensiva del Madagascar. La rimozione della foresta nativa per la coltivazione e i pascoli negli ultimi 50 anni ha portato a massicce perdite annuali di terreno che si avvicinano a 250 tonnellate metriche per ettaro (112 tonnellate per ettaro) in alcune regioni dell’isola, la più grande quantità registrata in qualsiasi parte del mondo.

Il cambiamento climatico, dovuto alla mano dell’uomo, ogni giorno dà luogo a fenomeni più vari. Si pensi alla Somalia che ha dovuto affrontare il problema della siccità, che ha resto il terreno ulteriormente secco e poco permeabile, e delle alluvioni, che hanno portato morte e malattie. La siccità in Africa Orientale ha messo in ginocchio paesi già colpiti da guerre, crisi politiche e scontri etnici, ciò ha generato crisi umanitarie profonde in paesi come il Sud Sudan, l’Etiopia, l’Eritrea, il Burundi, il Kenya e, appunto, la Somalia. In questi paesi si alternano siccità ed alluvioni. Per secoli, le popolazioni dell’Africa Orientale hanno dovuto affrontare fenomeni di questo tipo con una cadenza di cinque o sei anni. Recentemente, però, si è assistito a un’accelerazione di questa periodicità a causa del surriscaldamento globale. L’aumento delle temperature ha portato a un progressivo inaridimento delle fonti idriche con un conseguente calo della produzione agricola e un impoverimento dei pascoli. Ne consegue la rarità dei terreni fertili: assistiamo alla desertificazione, la riduzione di spazi coltivabili, e la Desertizzazione, il terreno che diventa deserto. Per esempio, Il Sahel si sta sempre più desertificando ma anche altre aree del mondo soffrono di desertificazione come in Sud America (ad esempio l’Argentina) e in Europa, con la Spagna che ha più del 12% di territorio che è soggetto a processi di desertificazione.

Questo, se si pensa al Lago di Aral, è dovuto anche allo sfruttamento non adeguato delle risorse da parte dell’uomo. Di conseguenza la terra coltivabile diventa un bene prezioso ed entrata in scena il Land-grabbing. Quando parliamo di Land-grabbing, possiamo parlare di un neocolonialismo agricolo messo in luce dai movimenti finanziari ad opera di alcuni paesi ricchi di capitale che affittano o acquistano grandi appezzamenti di terre fertili all’estero. Si può pensare a una nazione come l’Arabia Saudita che, poiché poco fertile, è dipendente dalle importazioni di prodotto finito e non controlla il processo di produzione. Per cui questo paese, andando a fare affari con governi facilmente corrompibili o con governi non ufficiali, acquista grandi appezzamenti di terreno e manda a lavorare cittadini del proprio territorio. Il problema è che i soggetti che affittano, nella grandissima parte dei casi, sono i paesi più poveri e con gravi problemi istituzionali.

Questo fenomeno nasce dalla necessità di acquistare o affittare terreno fertile perché non lo si ha a disposizione ma crea povertà e insicurezza alimentare in quei paesi poveri che li affittano. Alla fine, la somma di questi problemi porta alla necessità di associazioni come la Croce Rossa in grado di portare aiuti alle crisi umanitarie. Ma c’è anche la possibilità di un’altra strada. La ricerca spaziale potrebbe dare una risposta. Missioni come la missione VITA, come quella umana e come Vitality, Innovation, Technology, Ability, portano grande innovazione. Nella missione sono stati portati avanti molti progetti ed esperimenti scientifici come quelli mirati ad analizzare i danni subiti dalla retina in microgravità che possono portare a sviluppi negli studi per curare il glaucoma e la degenerazione maculare senile, o ad altri esperimenti per distinguere le cause della degenerazione cellulare di chi è affetto da atrofia muscolare, o per chi soffre di osteoporosi ma anche lo studio di nuovi metodi di analisi. Tra questi, vi è per esempio, lo studio Multi-Trop (dell’Università Federico II di Napoli con la partecipazione degli studenti di un liceo scientifico di Portici) un esperimento educational, studierà dove si dirigono le radici delle piante una volta germinate da un seme, se crescono in microgravità che potrebbe rivelarsi fondamentale in vista di future coltivazioni su Marte. Oltre a questo vi sono stati altri esperimenti che hanno testato la possibilità di coltivare in ambienti estremi anche con temperature rigide e terreni poco ricchi di nutrimenti.

Lo sforzo di Paolo Nespoli si inserisce nel contesto di Expedition 53, che ha visto coinvolti anche astronauti americani e russi che hanno svolto a loro volta centinaia di esperimenti di biologia, biotecnologia, osservazione della Terra e fisica nelle speciali condizioni di microgravità offerte dalla ISS. Nella spedizione, Randy Bresnik è stato protagonista di ben tre attività extraveicolari, durante le quali insieme ai colleghi Mark Vande Hei e Joe Acaba ha sostituito alcune parti del braccio robotico della Stazione, Canadarm2. Ryazanskiy ha a sua volta partecipato ad un’EVA insieme al cosmonauta Fyodor Yurchikhin, che lo scorso agosto hanno rilasciato alcuni nanosatelliti e raccolti campioni di materiali dall’esterno della ISS, oltre ad effettuare alcune attività di manutenzione del segmento russo. Questi sono solo pochi esempi del perché la ricerca spaziale è importante per la cura del nostro pianeta e con le parole di Paolo possiamo dire “essere vivi non vuol dire solo avere un cuore che batte, ma anche un cervello che funziona e mani che lavorano; vivere insieme, credere nello sviluppo, gestire correttamente le risorse, usare l’innovazione per portare questa vita su altri pianeti e migliorarla sulla Terra”.

Accorciare le distanze però vuol dire, nella corsa spaziale, anche accorciare le distanze verso Marte. Ciò sta creando una nuova economia che vede le maggiori potenze del mondo in cooperazione. Obama annunciò di voler portare l’uomo su Marte entro il 2030, Elon Musk vuole portarci “uomini pronti a morire” entro 10 anni, abbiamo assistito alle vicende del lander italiano Schiaparelli precipitato sul pianeta rosso a “pochi” centinaia di km dall’approdo. Oggi, abbandonato il bipolarismo, alla Nasa e alla Roscosmos si sono affiancate Bric Economy come Cina e India, e nuovi attori regionali, dall’Europa all’Asia, che lanciano le loro sfide agli astri e testano la loro sapienza tecnologica. Quella che sembra la novità più rilevante e destinata a cambiare gli equilibri è l’entrata in campo di soggetti privati come Elon Musk, Jeff Bezos di Amazon, Branson di Virgin, player della new economy come Google e Facebook, e venture capital. Sono molti gli attori in campo, dunque. In ciò si 53 paesi ormai dispongono di satelliti operativi e circa 60 paesi hanno in corso di realizzazione propri investimenti in ambito spaziale e il numero totale sale a circa 80 se si aggiungono i Paesi che progettano di partire a breve termine. Per capire come il settore sia in ascesa, basta pensare che è stato uno dei pochi a non essere intaccato dalla crisi finanziaria globale del 2007.

 Assistiamo alla nascita della Space economy su cui gli osservatori e i player si confrontano, organizzano convegni, pianificano gli interventi. Lo spazio rappresenta un comparto di grande valenza economica, è un elemento abilitante di un numero sempre più rilevante di reti e piattaforme applicative nei più diversi settori di attività. L’espressione “Space Economy” cattura questa dimensione pervasiva delle attività spaziali, che si integrano con le tecnologie digitali, contribuendo in modo sempre più diffuso e crescente all’economia di un paese avanzato. La nuova Space Economy è un mix tra budget istituzionali e commerciali, diversi contractor in competizione e una crescita esponenziale in cui fanno l’ingresso i grandi investitori privati in un settore tradizionalmente chiuso come quello spaziale. La Space Economy, che secondo l’ultimo report dell’Agenzia spaziale europea nel 2015 ha fatturato globalmente 291,4 miliardi di euro (+1% rispetto al 2014) ridefinisce i rapporti di forza: anche se lontani dagli USA, il tema ha bussato con forza alla porta dell’Agenzia Spaziale Europea con un mondo ricco di scienza e tecnologia di primissimo livello che ha avuto grandi successi negli ultimi anni ma che agisce con i tempi lunghi tipici delle organizzazioni multilaterali. Dall’economia alla politica il passo è breve. Lo spazio era e resta un ambito strategico poiché è uno degli strumenti più efficaci a supporto della proiezione geopolitica di un Paese, sia a livello globale che regionale. La particolarità consiste nel fatto che le infrastrutture spaziali amplificano le capacità operative e di intelligence, come avviene per il cyberspace. Inoltre, la geopolitica dello spazio si fa sulla Terra e, per il momento, non c’è collisione di interessi poiché la collaborazione è necessaria soprattutto nello sviluppo e nella ricerca per i costi e per le tecnologie che impongono sinergie. La corsa allo spazio, iniziata con fini politici e militari, è diventata, attraverso le complicate orbite della storia, un viaggio di uomini che cooperano insieme per studiare lo spazio e ciò che esso può dare all’umanità.

Oggi la collaborazione spaziale internazionale è un sistema, sempre in bilico tra competizione e collaborazione, dove nuove potenze emergenti come Cina e India stanno cambiando gli equilibri. In questo contesto l’Italia è leader di moduli spaziali abitabili, lanciatori, sensoristica, fotonica, tecnologia dei satelliti SAR (radar) che possono vedere con qualsiasi tipo di condizioni metereologiche. La nostra costellazione di questo tipo di satelliti, CosmoSkymed, è un’eccellenza che nel mondo ci invidiano. Sul lato della Governance il nostro paese sta facendo passi importanti con l’approvazione di qualche anno fa di un piano stralcio Space Economy che è stato finanziato con 350 milioni euro di fondi richiesti al CIPE sul fondo sviluppo e coesione (FSC). Uno degli obiettivi del piano Space Economy del governo è la completa automazione dei mezzi di trasporto aerei, marittimi e terrestri nel prossimo trentennio (2015-2045).

Nella Space Economy i numeri sono ancora piccoli, in Italia vale circa 1,6 miliardi di fatturato per 6.000 addetti ma siamo un’eccellenza di livello mondiale grazie agli accordi con ESA e NASA che hanno portato il volume di affari spaziale negli Stati Uniti tra il 2001 e il 2019 a valere circa un miliardo di euro. Occorre ricordare che l’Italia è tra i fondatori dell’ESA e il terzo contributore dopo Germania e Francia. Il nostro paese ha ruoli di primo piano tecnologico e scientifico e le nostre aziende che lavorano per l’ESA sono di primissimo ordine. Basti pensare che il lanciatore Vega di Avio, realizzato a Colleferro, è una parte fondamentale delle politiche di accesso indipendente allo spazio, ed è anche un caposaldo dei lanciatori Ariane 6. Inoltre, quasi 50% dei moduli abitabili della stazione spaziale internazionale, sono stati realizzati a Torino da Thales Alenia Space Italia, joint venture tra Leonardo Finmeccanica e i francesi di Thales.

Dietro a tutto questo si deve ricordare che vi è la storia di uomini e di donne che hanno lavorato duro per seguire i propri sogni e per apportare un cambiamento alle nostre vite. Sogni che passano attraverso la preparazione in ambienti angusti o in situazioni estreme, attraverso simulazioni come il freddo russo che tocca i meno 30 gradi o come ammaraggi nell’oceano dove si deve sopravvivere per 3 giorni ma anche attraverso la scienza in cui i nostri astronauti sono le braccia degli scienziati o addirittura le cavie. Sono storie che passano anche attraverso rituali come quello russo di andare sulla tomba di Gagarin prima delle partenze e attraverso viaggi lunghissimi come quello che va da Huston al Cosmodromo Kazako (dove vanno 12 giorni prima in isolamento per evitare contaminazioni). Questo viaggio è iniziato con la partenza della Sojuz dalla stessa rampa di lancio usata da Gagarin e ha regalato l’emozione di per poter vedere “il mondo che ti passa sotto a 8 km/h al secondo” o anche la bellezza di momenti conviviali come la preparazione della prima pizza spaziale, dell’Aloha Friday spaziale oppure i momenti importanti di comunicazione con la propria famiglia. È il ritorno a terra è solamente un’altra emozione che si aggiunge, forse l’emozione più forte di tutte. È l’emozione di chi torna a casa e può sentire di nuovo gli odori della terra, è l’emozione di tornare ad essere umani.

Al termine dell’incontro e una volta riconsegnata la bandiera della Croce Rossa Italiana che ha viaggiato nello spazio, Paolo Nespoli ha ricevuto dalle mani del Presidente Rocca la Medaglia d’Oro al Merito della Croce Rossa Italiana “per aver dimostrato come volontà, passione e curiosità verso l’altro siano motori imprescindibili per il progresso umano. Per aver lanciato, da quel punto privilegiato in cui si è trovato per ben tre volte nella sua vita a osservare la Terra, un messaggio di umanità e di speranza, privo di pregiudizio e diffidenza. Per aver colto e saputo raccontare l’abnegazione, l’umana solidarietà e lo spirito di sacrificio che contraddistinguono l’operato dei 17 milioni di volontari della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, in grado di raggiungere ogni angolo del mondo per essere più vicini a chi ha più bisogno. Per aver portato anche nello spazio il nostro emblema, riconosciuto già in tutto il pianeta come simbolo di umana solidarietà, soccorso e aiuto”. Al resto dell’equipaggio della missione VITA, inoltre, consegnato il Diploma di benemerenza con Medaglia di Prima Classe.

 

Rainer Maria Baratti
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