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In Cina la lotta alla corruzione passa per il controllo dei media

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In Cina la corruzione è un problema diffuso, nonostante le pene draconiane che colpiscono i funzionari riconosciuti colpevoli di condotte illegali. Per limitarne la diffusione, il governo, su impulso del Presidente Xi Jinping, si appresta a lanciare un nuovo round del programma anti-corruzione avviato tre anni fa, moltiplicando gli sforzi rispetto al 2015. La Commissione Centrale per le Ispezioni Disciplinari (CCDI) prevede infatti di condurre oltre 100 controlli da qui alla fine dell’anno.

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La Campagna anti-corruzione annunciata da Xi Jinping è stata ampiamente pubblicizzata sui media nazionali. Il 19 febbraio scorso il leader cinese ha diffuso il suo messaggio attraverso le tre principali agenzie di informazione del paese: la Xinhua, la People’s Daily e la CCTV. Contestualmente, Xi ha voluto lanciare un avvertimento al mondo dell’informazione, affermando che i media nazionali devono dimostrare assoluta dedizione e lealtà nei confronti del partito e dunque, indirettamente, verso lo stesso premier. La risposta non ha tardato ad arrivare, nel segno di una volenterosa sottomissione. Le home page delle tre agenzie sono state rapidamente colonizzate da una profusione di lodi ed attestazioni di supporto nei confronti del partito e della sua guida, in vista dell’inizio della campagna.

Secondo gli analisti, l’iniziativa di Xi Jinping non punta semplicemente ad inasprire i controlli anti-corruzione, ma risponde ad un complessivo cambio di agenda politica nei confronti dei media. Il presidente vorrebbe operare un giro di vite sul mondo dell’informazione cinese, per meglio controllare la diffusione delle notizie. Ad avvalorare l’ipotesi ha contribuito Wang Qishan, membro del Comitato permanente del Politburo e capo della Commissione Centrale per le Ispezioni Disciplinari. Durante la conferenza di presentazione della campagna, Wang ha annunciato che sia il Ministero per la Propaganda che l’organo statale che si occupa di stampa, pubblicazione, radio, cinema e televisione (e che applica le direttive della censura) saranno messe sotto esame in modo approfondito. Un ulteriore avvertimento, neanche troppo velato.

L’operazione anti-corruzione, ad ogni modo, riguarderà tutti i gangli dell’ordinamento statale ed interesserà, stando agli annunci, 36 diversi organi pubblici distribuiti su tutti gli ambiti di competenza. Dalla giustizia all’agricoltura, dagli affari religiosi al turismo, nessuno potrà considerarsi al riparo dalle indagini degli ispettori governativi. Anche quattro governi provinciali saranno passati al setaccio.

Molti degli obiettivi posti nel mirino della Commissione sono legati alla gestione e all’applicazione delle politiche industriali. Il partito vuole così contribuire al raggiungimento degli obiettivi economici fissati per il 2016, a livello nazionale, riducendo i livelli di sovra-produzione e favorendo la fusione delle principali industrie di stato. Questi cambiamenti, considerata la loro portata, potrebbero generare malumori ed opposizioni all’interno degli enti statali interessati. Ed ecco che si chiarisce il ruolo dei media in questa storia. Un controllo più stretto sull’informazione garantirebbe una narrativa degli eventi favorevole e, dunque, una più ampia base di consenso per le trasformazioni in agenda.

Luca Marchesini

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Luca Marchesini
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