Kurdistan Iracheno, in attesa del risultato referendario
Erbil, il referendum annunciato dopo la consapevolezza che il percolo Isis era ormai sotto controllo è in atto. La città di quattro milioni di persone è interamente coinvolta e partecipe, le bandiere della regione autonoma del Kurdistan sventolano dalle finestre e dalle auto nel traffico della ring road locale, mentre in tutta la regione sono 5,6 milioni i curdi chiamati al voto.
Per il referendum questo è il momento migliore, forse l’unico, forte della resistenza al terrorismo islamico che ha compattato tutta la popolazione contro un unico nemico e che di fatto ha permesso il controllo del territorio lasciato indifeso dall’esercito nazionale iracheno, discioltosi all’avanzare delle bandiere nere.
Il Presidente Barzani però non riesce ad ottenere il sostegno internazionale che pensava di avere, Trump non ha voluto schierarsi con i Kurdi come molte delle cancellerie occidentali, solo Israele ha dichiarato il suo sostegno all’indipendenza Kurda con l’evidente obiettivo di bloccare il piano Iraniano di sviluppare il famoso corridoio sciita.
Oltre confine invece la Turchia è assolutamente contraria per il timore di vedere convergere su questo stato indipendente anche i curdi di Turchia, Siria e Iran con evidenti problemi politici e di sicurezza nazionale.
D’altronde solo in questo momento Barzani poteva provare ad incassare il credito speso con la difesa e liberazione di Kirkuk prima e Mosul poi con grande dispendio di vite umane.
Attendiamo allora la chiusura delle urne per capire come si muoverà il governo centrale di Bagdad nei confronti della Regione Autonoma alla quale non permetterà certo di appropriarsi dei pozzi petroliferi di Kirkuk e delle relazioni con i principali attori della zona, Siria, Iran, Truchia e la coalizione internazionale