GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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REGIONI - page 51

La Repubblica Ceca e la questione dei fondi europei

EUROPA di

Il 20 e 21 febbraio i capi di Stato e di governo dell’UE si sono riuniti a Bruxelles nel Consiglio europeo per discutere del bilancio a lungo termine dell’Unione per il periodo 2021-2027. Al termine degli intensi negoziati è emersa l’impossibilità di raggiungere un accordo, insieme alla necessità di disporre di più tempo. In tale contesto, è importante analizzare la posizione della Repubblica Ceca.

La posizione della Repubblica Ceca

In seno al Consiglio europeo vi sono diverse visioni riportate dagli Stati, a tal punto da parlare di vera e propria “battaglia da combattere”. La battaglia in questione è quella per la prevista revisione delle finanze dell’Unione Europea, in particolare tra i contribuenti netti come la Germania e la Francia e i beneficiari netti, che ricevono più dal bilancio dell’UE di quanto contribuiscano, tra cui la Repubblica Ceca. Ad aggravare la situazione vi è l’uscita del Regno Unito dall’UE: con la Brexit, l’UE ha perso un importante contributore netto. In questi termini, la proposta di modifica al finanziamento a lungo termine dell’UE significherebbe un cambiamento radicale: meno soldi per i paesi che cercano di avvicinarsi allo standard UE, denaro che viene investito in infrastrutture e lo sviluppo delle regioni più povere. Questi paesi hanno lanciato l’allarme i primi di febbraio, riuniti in Portogallo in vista del successivo vertice UE a Bruxelles, per presentare ufficialmente la loro posizione contro i tagli proposti alla coesione e ai fondi agricoli. Dalla sua ammissione nell’UE, la Repubblica ceca ha ricevuto circa 765 miliardi di corone in più di quanto non abbia contribuito. I fondi dell’UE rappresentano il 40% degli investimenti del paese, incanalati in progetti infrastrutturali e sviluppo regionale. A causa della sana economia del paese, l’UE propone ora una riduzione del 24% dei fondi per la Repubblica ceca. Inoltre, il denaro dovrebbe essere utilizzato per diverse priorità da quelle attuali, con l’accento che si sposta sul clima e sull’innovazione.

L’incontro in Portogallo

Su invito del primo ministro portoghese António Costa, i maggiori beneficiari dei Fondi europei di coesione destinati agli Stati membri più poveri dell’UE, si sono incontrati il 1° febbraio a Beja, nel sud del Portogallo. I paesi hanno ribadito la loro opposizione ai tagli proposti nel quadro finanziario pluriennale dell’UE per il 2021-2027, sottolineando l’importanza della politica di coesione per raggiungere la convergenza economica e sociale tra gli Stati membri dell’UE. Al termine dell’incontro, 15 dei 17 Amici della coesione hanno firmato la dichiarazione congiunta del vertice di Beja: Bulgaria, Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna. “Il finanziamento della politica di coesione per il 2021-2027 dovrebbe mantenere il livello del quadro finanziario pluriennale 2014-2020 in termini reali. Nessuno stato membro dovrebbe subire una forte e sproporzionata riduzione del proprio bilancio di coesione”, si legge nella dichiarazione finale dei Friends of Cohesion. “Condizioni di attuazione appropriate sono decisive per il successo delle politiche e non hanno alcun impatto sul bilancio europeo”, hanno aggiunto i 15 rappresentanti dei paesi dell’Europa meridionale e orientale. Tra questi, era presente al vertice il primo ministro ceco. Andrej Babiš ha affermato che i fondi di coesione sono della massima importanza per lo sviluppo del paese. “Stiamo diventando più ricchi, quindi avremo meno soldi, capisco, ma i fondi di coesione sono cruciali per noi al momento – ha dichiarato il primo ministro – non abbiamo ancora finito di costruire la nostra rete autostradale, ci sono molte cose che dobbiamo portare avanti. Quindi abbiamo bisogno di soldi per gli investimenti e dobbiamo essere in grado di decidere come verranno utilizzati i soldi”. Tuttavia, hanno insistito sul fatto che nuovi strumenti come quello di bilancio per la convergenza e la competitività e il Fondo per una transizione giusta sono stati istituiti per raggiungere obiettivi specifici. Il loro finanziamento deve pertanto venire in aggiunta al finanziamento regionale dell’UE e non “a spese della politica di coesione e della politica agricola comune”.

Il conflitto di interesse per i fondi UE

In seno agli organi dell’UE, la questione dei fondi europei e i possibili conflitti di interesse rimangono argomento particolarmente importante. I legislatori sono tutt’ora profondamente preoccupati per i potenziali conflitti di interesse che possono interessare centinaia di milioni di euro di fondi concessi alle aziende legate alle stesse persone che dovrebbero decidere come spendere i soldi. Emblematico è il caso del primo ministro ceco Andrej Babis, indagato per conflitto d’interesse per aver utilizzato i fondi europei per le aziende di sue proprietà; secondo diverse relazioni, potrebbero essere stati utilizzati più di 100 milioni di euro. Le preoccupazioni dell’UE non si limitano solo alla Repubblica ceca. Gli interessi commerciali dei leader in Ungheria, Bulgaria, Romania e forse anche in altri paesi stanno sollevando preoccupazioni a Bruxelles, dove le istituzioni europee mancano degli strumenti e delle leggi per combattere efficacemente il problema.

Le accuse di possibili frodi, in un momento di scarsa fiducia del pubblico nel progetto europeo e in cui i partiti di estrema destra stanno guadagnando importante trazione politica, non giocano di certo a favore dell’UE, considerando anche che uno dei più grandi paesi membri d’Europa, il Regno Unito, ha lasciato il più grande blocco commerciale del mondo.

Elezioni comunali in Francia, tra meno di un mese l’apertura dei seggi

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Il 15 marzo, a Parigi ed in molte altre città francesi, si terranno le elezioni per il rinnovo del primo cittadino della capitale francese. I sondaggi danno come favorita a Parigi la sindaca uscente, Anne Hidalgo, eletta nel 2014 con il Parti Socialiste. Lo scenario politico, tuttavia, appare differente se paragonato a quello della precedente tornata elettorale: il voto sarà più incerto rispetto a sei anni fa, quando Hidalgo vinse il secondo turno con quasi 10 punti di distacco.
Le elezioni comunali in Francia si svolgono ogni 6 anni ed il sistema elettorale attualmente in vigore prevede un primo turno ed un eventuale secondo turno- che nel caso delle elezioni in questione si dovrebbe tenere il 22 marzo- a cui accedono soltanto i candidati che hanno ottenuto più voti.

Il paradosso Hidalgo
Un sondaggio sulle elezioni citato dal quotidiano francese Le Monde mette in evidenza come Anne Hidalgo, non sia molto amata ma sia la preferita a Parigi: apprezzata a sinistra, odiata a destra, la sindaca di Parigi ha sofferto di un’immagine gravemente degradata per tre anni; tuttavia, rimane in cima ai sondaggi. La domanda posta nel sondaggio è semplice: “Vuoi che Anne Hidalgo venga rieletta per un secondo mandato?”. Per il 60% dei parigini interrogati non dovrebbe essere rieletta. Un rifiuto massiccio, quindi, confermato da diverse altre indagini. Rigida, demagoga e cattiva manager: agli occhi di alcuni elettori, la sindaca di Parigi costituisce una catastrofe vivente. Eppure, rimane la favorita della campagna per le elezioni comunali di marzo. Un paradosso sorprendente. “Nonostante la sua immagine, tutto è aperto”, ha dichiarato Brice Teinturier, Vice CEO di Ipsos, una delle più importanti società di ricerche di mercato che si basa sui sondaggi al mondo.
Appannaggio di Hidalgo vi è in primis la diversità dei suoi avversari e la loro solidità, che li rende potenzialmente in grado di dividersi molti voti, senza creare una forte alternativa alla sindaca attuale. Hidalgo, dunque, riscuote consensi soprattutto dagli elettori di sinistra e dagli ambientalisti: non a caso alcune delle sue misure politiche con maggior successo sono state l’espansione delle piste ciclabili parigine e la pedonalizzazione di una parte della riva della Senna. In vista delle imminenti elezioni, Hidalgo ha proposto altre misure che si inseriscono in questa direzione, come il referendum sul ruolo di Airbnb, un piano per rendere il centro della capitale francese completamente ciclabile, una nuova forza di polizia con la metà dei membri costituita da donne e la conversione di uffici in case a basso prezzo. Presso l’elettorato centrista, di destra ed estrema destra la sua popolarità scende, invece, al 17%.

Gli altri candidati
Tra gli altri candidati, la più alta nei sondaggi è Rachida Dati, ex Ministra della Giustizia nel governo di Nicolas Sarkozy e candidata con i Repubblicani, data poco sotto al 20 %. Dopo aver rinunciato alle elezioni europee, la repubblicana ha presentato la sua candidatura con lo slogan “impegnata per una Parigi migliore”, criticando a Hidalgo la sua eccessiva concentrazione sulle misure ambientaliste ed il suo trascurare altri settori e misure da attuare. In un comunicato, Dati ha sintetizzato le sue priorità in “sicurezza, pulizia, famiglia, ambiente e salute”.
Il Partito del Presidente della Repubblica francese, La République en Marche (LREM), aveva schierato come candidato l’ex portavoce del Governo, Benjamin Griveaux, che, tuttavia, si è ritirato pochi giorni fa a seguito ad uno scandalo che lo ha riguardato in prima persona: sono state, infatti, diffuse da un sito internet le immagini di uno scambio di messaggi che aveva avuto con una donna che non era sua moglie e in cui era presente un video a sfondo sessuale. La Ministra della Salute francese, Agnes Buzyn, è così subentrata come candidata sindaca per il Partito di Macron: si tratta di un’ematologa, con una lunga carriera ai vertici degli enti che governano la sanità in Francia.
I Verdi di Europe Écologie Les Verts-EELV hanno un candidato che i sondaggi danno intorno al 14 %, David Belliard, il Presidente del gruppo al Consiglio di Parigi. Belliard sta combattendo “per una Parigi più verde, più traspirante, più economica, più accogliente”, ed intende approfittare dei buoni risultati dei Verdi nelle elezioni europee.
L’unica avversaria della sinistra di Anne Hidalgo “sulle panchine del Consiglio di Parigi”, Danielle Simonnet, candidata di La France insoumise, aveva già partecipato alle elezioni comunali del 2014. Per queste elezioni, Danielle Simonnet lavora in collaborazione con l’ex calciatore Vikash Dhorasoo -nella lista “Décidons Paris”, supportata da REV-Rassemblement des Ecologistes pour le Vivant.
Infine, occorre menzionare Wallerand de Saint-Just, tesoriere del partito Rassemblement national, già eletto nel consiglio regionale dell’Ile-de-France, il quale ha rinunciato a guidare la lista RN nella capitale. Già presente nel 2014, aveva registrato il 6,26% dei voti. Invece, il partito di estrema destra ha deciso di sostenere la lista “Love Paris” del magistrato liberista Serge Federbusch – al di fuori del partito.
Il 15 marzo voteranno altresì comuni importanti diversi da Parigi fra cui Bordeaux, Marsiglia, Nizza e Tolosa, Lille e Montpellier.

Conferenza di Monaco: Macron guarda ad Oriente

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Dal 14 al 16 febbraio, presso l’Hotel Bayerischer Hof, si è svolta la 56° Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Per tre giorni, Monaco è stata di nuovo al centro della diplomazia internazionale e ha accolto i leader mondiali della politica, del mondo accademico e della società civile. Il crescente indebolimento dell’Occidente sulla scena internazionale è stato il tema dominante dell’annuale appuntamento bavarese. Confermate le divergenze profonde sui temi della difesa e della sicurezza tra gli Stati Uniti di Donald Trump e gli alleati europei.
Le parole di Macron
Nel suo intervento alla Conferenza, il Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, si è soffermato sull’esigenza per l’Europa di impegnarsi nuovamente in un “dialogo strategico” con la Federazione Russa, senza cedere in tal modo sul tema del rispetto dei principi e senza allentare la morsa su Mosca sulla questione ucraina. Il Presidente francese ha, infatti, chiarito di non voler porre fine alle sanzioni nei confronti della Russia, sebbene abbia sottolineato come l’embargo “non abbia cambiato assolutamente nulla” nell’atteggiamento della controparte.
“Ciò di cui abbiamo bisogno è di coinvolgere di nuovo Mosca nel lungo periodo” ha dichiarato Macron, sostenendo che sia “un grave errore” distanziarsi da una parte dell’Europa di cui non si condividono le azioni sulla scena internazionale. La Russia “non può costantemente essere il Paese che blocca ogni progresso all’ONU”. Macron è convinto che la Russia continuerà a destabilizzare la comunità internazionale, specie interferendo nelle campagne elettorali di altri Paesi, tuttavia, ha ricordato altresì azioni analoghe condotte da gruppi dell’estrema destra americana. Per il Presidente francese, queste azioni, pongono una sfida all’Unione europea, che ancora non si è dotata degli strumenti idonei a difendersi da fake news, manipolazioni delle competizioni elettorali ed intimidazioni.
L’intervento di Pompeo
Emmanuel Macron non crede alle rassicurazioni del Segretario di Stato statunitense Mike Pompeo- intervenuto prima di lui a Monaco- secondo cui l’Occidente “sta vincendo”. “Libertà e democrazia stanno vincendo, e non parlo di nazioni geografiche. L’Occidente non definisce uno spazio o una parte di Stato concreto. È qualsiasi nazione che adotti un modello di rispetto per la libertà individuale, l’impresa libera, la sovranità nazionale” ha dichiarato Pompeo.
La sua è stata anche una risposta alle critiche del presidente tedesco, Frank-Walter Steinmeier, che, nel discorso inaugurale della conferenza aveva accusato gli Stati Uniti di rifiutare “persino l’idea di una comunità internazionale”, agendo “a spese di vicini e partner”. Citando il ruolo di Washington nel mantenere la sicurezza in Europa, rafforzando la Nato al confine con la Russia e nello sforzo globale contro l’Isis, Pompeo ha affermato: “E’ questa l’America che ‘rifiuta la comunità internazionale’? L’Occidente libero ha un futuro più luminoso delle alternative illiberali”.
“Indebolimento dell’Occidente” e l’esigenza di riforma dell’UE
Nel suo intervento alla conferenza il Capo dell’Eliseo ha, contrariamente al Segretario di Stato statunitense, sostenuto che è in corso un “indebolimento dell’Occidente”, anche a causa della recente politica statunitense tendente ad “un certo livello di ritiro, di ripensamento del suo rapporto con l’Europa”. “Quindici anni fa pensavamo che i nostri valori fossero universali, che avremmo dominato il mondo nel lungo periodo…e invece adesso siamo scossi da altri progetti, da altri valori” ha poi affermato citando la Cina, la Russia e la Turchia.
Macron è tornato, così, alle sue dichiarazioni di qualche mese fa, quando aveva definito la Nato in stato di “morte cerebrale”. Egli ha sottolineato che la sua visione della difesa europea non è un progetto contro l’Alleanza atlantica o un’alternativa ad essa, bensì, risponde all’esigenza di dare maggiore credibilità all’Unione europea attraverso la dimensione militare. “Se non abbiamo spazio di manovra – ha sottolineato – non abbiamo credibilità in termini di politica estera” ha dichiarato. L’UE, secondo il Presidente francese, deve definitivamente emanciparsi dall’ombrello statunitense, rilanciandosi come una “potenza politica e strategica”.
A tal proposito, Macron ha ribadito le sue perplessità in merito alla cautela della Germania nel progetto di rilancio dell’Unione, accusandola di aver frenato, in alcuni casi come il bilancio dell’Eurozona, le proposte di riforma formulate da Parigi.
Collegandosi al tema centrale della conferenza, il Presidente francese è tornato sull’idea di estendere la protezione del nucleare francese agli alleati europei, con un’importante novità, quella di pensare tale protezione come complementare e non alternativa alla deterrenza della Nato. Macron si è spinto fino ad ipotizzare un’istanza in cui coordinare le varie iniziative, un Consiglio di sicurezza europeo, nel quale coinvolgere anche il Regno Unito.
In definitiva, sarà fondamentale la velocità con cui l’Europa saprà rispondere tempestivamente alle sfide politiche ed economiche del tempo, evitando un “errore storico”.

EuropeAid, partnership per città sostenibili 2020

EUROPA di

EuropeAid – direzione generale della Commissione europea – ha dato il via ad un nuovo bando: promuovere lo sviluppo urbano integrato attraverso partenariati tra Autorità locali di Stati membri dell’UE e di Paesi partner. Il tema generale è l’Agenda 2030 sullo Sviluppo Sostenibile.

Il bando

Pubblicato l’11 febbraio 2020 e con scadenza il 27 marzo prossimo, il bando è volto ad istituire un partenariato tra Autorità locali di Paesi partner, così da promuovere lo sviluppo urbano sostenibile attraverso un’attività di capacity building e con la fornitura di servizi. Alla base vi è dunque un rapporto di scambio tra le Autorità locali dei Paesi – membri e terzi – in rispetto degli obiettivi di Sviluppo Sostenibile: le attività possono portare alla creazione di nuovi partenariati oppure contribuire a migliorare i rapporti tra i soggetti che già cooperavano tra loro. Il tutto deve essere portato avanti tenendo sempre a mente le nuove priorità dell’Unione Europea in materia di sviluppo sostenibile: il nuovo Green Deal europeo ha un peso particolare e dunque dovrà essere senz’altro considerato nel rafforzamento della sostenibilità nelle città.

Il bando è sostenuto dallo strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo DCI II – organizzazioni della società civile e Autorità locali – ed è articolato in sei lotti, quattro geografici e due orizzontali. Per quanto riguarda l’entità del contributo, la dotazione finanziaria totale ammonta a 111,550,000 euro, suddivisi in base ai lotti. I lotti geografici sono l’Africa Sub-sahariana (40.000.000 euro), Asia e Pacifico (20.000.000 euro), America latina e Caraibi (20.000.000 euro) e Paesi della politica di vicinato (Sud ed Est – 18.000.000 euro). I lotti orizzontali sono invece città sostenibili di dimensioni più ridotte (150.000 abitanti per le città europee, 300.000 per e città extraeuropee) e paesi estremamente fragili (Afghanistan, Burundi, Repubblica centrafricana, Chad, Repubblica democratica del Congo, Eritrea, Etiopia, Haiti, Iraq, Mali, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Siria, Yemen – 5.500.000 euro).

Gli obiettivi

Gli obiettivi previsti nel bando sono molteplici. Si vuole rafforzare la governance urbana promuovendo una buona amministrazione e la diffusione di un quadro politico e normativo a livello nazionale-statale, così da permettere alle autorità locali in via di sviluppo di attuare politiche urbane efficaci. In questo ambito è importante anche la promozione di un sistema di governance multilivello, locale regionale e nazionale, basato su Autorità locali autonome dal punto di vista della responsabilità politica. Il secondo obiettivo del bando è assicurare che le città siano inclusive: essendo il più stretto nodo di congiunzione del governo con i cittadini, possono contribuire a mettere in atto azioni umanitarie e di sviluppo in contrasto alla povertà e all’emarginazione urbana. I processi di pianificazione urbana dovrebbero tener conto delle esigenze di bambini e giovani, dei bisogni delle donne, di chi è più vulnerabile e così via, agendo concretamente sul campo. In terzo luogo, si mira a rendere le città più verdi ed a migliorarne la resilienza: la diffusione di un modello di sviluppo urbano sostenibile e verde nella città aumenterebbe senz’altro la qualità della vita, rendendo le città più efficienti e garantendo anche maggiori soluzioni energetiche sostenibili. Inoltre, si vuole migliorare la prosperità e l’innovazione nelle città: elementi fondamentali nel Green deal europeo sono proprio le città, attori dell’innovazione. È importante attivare le interazioni tra persone e organizzazioni, al fine di attuare azioni politiche integrate per le aree urbane. La cooperazione allo sviluppo dell’UE riconosce l’importanza sia delle aree metropolitane e delle grandi città, che delle città piccole e regionali, dunque è necessario fornire le condizioni per le iniziative dell’economia circolare e per gli appalti pubblici verdi. Infine, si vuole rafforzare la resilienza istituzionale in contesti di fragilità, proprio dal punto di vista della governance: le autorità locali potrebbero svolgere un ruolo chiave per costruire le basi per una società stabile e pacifica, per una crescita inclusiva e uno sviluppo sostenibile.

I progetti

Ogni proposta progettuale deve riguardare un solo lotto e avere ad oggetto la creazione di nuove partnership (o il miglioramento di quelle esistenti) finalizzate a promuovere lo sviluppo urbano sostenibile attraverso lo sviluppo di capacità e la fornitura di servizi alle Autorità Locali dei Paesi terzi del lotto prescelto. I progetti devono portare al raggiungimento di almeno una delle seguenti priorità: raggiungimento dell’SDG 11, integrazione nelle attività la promozione dell’apprendimento di scambi o dislocazioni a breve termine di funzionari di livello sub-nazionale attraverso attività di gemellaggio, promozioni di approcci multi-stakeholder e multisettoriali, promozione dell’approccio basato sui diritti che comprende tutti i diritti umani. I progetti devono essere scritti in inglese, francese, spagnolo o portoghese e devono avere una durata compresa fra 24 e 48 mesi; inoltre, devono prevedere un partenariato di almeno 2 soggetti ammissibili, in particolare: almeno un partner UE, almeno un partner dello Stato beneficiario (uno degli stati ammissibili del lotto selezionato). La presentazione delle proposte di progetto avviene in due fasi: la prima consiste nell’invio delle proposte di progetto attraverso la compilazione del concept note, un formulario attraverso il quale presentare una sintesi di progetto; solo i progetti valutati positivamente saranno inseriti in una short list e i loro proponenti saranno invitati a presentare le proposte complete di progetto.

 

Bilancio UE 2021-2027, uno strumento per il futuro dell’Europa

EUROPA di

In seno all’Unione europea si accende il confronto sul bilancio europeo per il 2021-2027, il quadro finanziario pluriennale. In vista del Consiglio europeo straordinario di giovedì 20 febbraio, convocato dal Presidente Charles Michel, a Strasburgo, i deputati del Parlamento europeo riuniti in sessione plenaria, hanno chiesto di evitare una proposta al ribasso e troppo lontana dalla posizione del Parlamento europeo. In aula anche Nikolina Brnjac, Segretario di Stato croato per gli Affari Esteri ed Europei, in rappresentanza del Consiglio, e la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

La posizione del Parlamento europeo

La maggioranza dei deputati europei ha affermato che darà il proprio consenso solo ad un bilancio di lungo termine che soddisfi le ambizioni dell’Unione europea, poiché parlare di bilancio significa parlare del futuro dell’UE.

Il Presidente dell’Europarlamento, David Sassoli ha avvertito: “Un accordo in Consiglio è importante ma se non sarà coincidente con le posizioni del Parlamento, il Parlamento andrà fino in fondo”. “Ho apprezzato molto le posizioni di tutti i gruppi politici nel sostenere la determinazione ad andare fino in fondo” ha sottolineato Sassoli. Andare fino in fondo significa bocciare l’eventuale decisione del Consiglio europeo a favore di un bilancio privo di tutte le risorse considerate necessarie per continuare a perseguire e realizzare le politiche caratterizzanti l’UE, come la coesione, l’agricoltura, la ricerca e la cultura. Per investire, al contempo, sui nuovi settori relativi alla lotta ai cambiamenti climatici, alla difesa, alle migrazioni, alla transizione digitale ed ecologica e per affrontare le conseguenze sociali di quest’ultima. Per continuare, in definitiva, a sostenere regioni, città, agricoltori, giovani, ricercatori ed imprenditori. Attuare il Green Deal con un budget ridotto, ad esempio, significherebbe tagliare i fondi a programmi UE di successo.

“I governi devono essere informati delle conseguenze negative di una eventuale bocciatura del budget pluriennale” ha sottolineato Jan Olbrycht, deputato popolare polacco e correlatore del Multiannual financial framework (MFF). In tale eventuale scenario, l’avvio dell’esercizio provvisorio a partire dal primo gennaio 2021, avrebbe un effetto perverso per gli Stati membri UE: questo si baserebbe sui dodicesimi del vecchio bilancio, comprensivo del contributo britannico. Il Presidente Sassoli ed il team parlamentare dei negoziatori, guidati dal Presidente della commissione Budget, il belga Johan van Overtveldt, hanno, inoltre, insistito su un altro punto: la capacità impositiva diretta dell’Unione europea, per ora limitata ad una quota dei diritti doganali, che in futuro potrebbe estendersi ad altre voci, dalla web tax alla carbon tax, ampliando la capacità di spesa del budget comunitario senza pesare sui bilanci degli Stati membri che oggi assicurano circa l’85% delle risorse necessarie a finanziare le politiche dell’Unione. “La discussione sul bilancio e sulle risorse proprie deve procedere in modo parallelo” ha affermato il Presidente del Parlamento europeo. Per raccogliere risorse proprie la Commissione europea propone una base imponibile comune per le società, la semplificazione dell’Iva, il contributo sulla plastica e una quota degli Emission trading scheme-ETS. Il Parlamento europeo appoggia queste ipotesi, aggiungendo la web tax, la tassa sulle transazioni finanziarie nonché una “carbon border adjustment tax”, al fine di limitare l’ingresso nel mercato interno di prodotti che non rispettino i limiti europei sulle emissioni di CO2, praticando dumping ambientale.

La Commissione ed il Consiglio europeo

La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in apertura del dibattito a Strasburgo, ha ribadito di aver chiesto agli Stati membri di tener conto delle richieste del Parlamento sulle risorse proprie, al fine di alleggerire la pressione sui bilanci nazionali. Sulla questione ambientale le sue dichiarazioni sono state nette: “Non accetterò nessun risultato che non garantisca che almeno il 25% del bilancio sia destinato alla lotta contro il cambiamento climatico, così come mi aspetto che il nuovo bilancio destini risorse fresche al Fondo per la transizione giusta, per sostenere le regioni e i lavoratori che saranno colpiti dalla transizione verde. Senza queste risorse non potremo farcela”.

Il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, assente al dibattito dell’Europarlamento, è impegnato nella negoziazione con gli Stati, nel tentativo di giungere ad una proposta di mediazione tra le varie posizioni, da discutere al Consiglio Affari generali, che avrà luogo lunedì 17 febbraio e poi al vertice con i capi di stato e di governo il 20. Si tratta di un compito arduo, considerando la distanza esistente tra la posizione della Commissione e quella del Parlamento: la prima ha chiesto un budget complessivo pari all’1,1% del Pil UE; il secondo ha proposto l’1,3%, al fine di finanziare tutte le politiche, nuove e vecchie, conciliando le richieste dei cosiddetti stati “frugali” che vorrebbero scendere sotto l’1% e quelle dei soprannominati “amici della coesione”, i quali temono un taglio alle politiche regionali e, pertanto, chiedono un budget complessivamente più ambizioso.

L’obiettivo iniziale della Commissione presieduta da Juncker era di approvare la proposta presentata nel 2018 entro il 2019, dedicando il 2020 all’esame ed all’approvazione dei regolamenti, in codecisione con il Parlamento, dando spazio agli Stati membri ed alle regioni per predisporre gli accordi ed i programmi operativi. Il ritardo fino ad ora registrato rischia di avere conseguenze sull’intero periodo di programmazione, registrando danni per le amministrazioni regionali maggiormente in difficoltà, tra le quali figurano anche quelle italiane.

UE – Vietnam, approvato l’accordo di libero scambio

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Il parlamento europeo ha approvato l’accordo di libero scambio UE-Vietnam: questo eliminerà quasi tutti i dazi doganali, include norme vincolanti su clima, lavoro e diritti umani ed è un vero e proprio passo avanti verso il commercio interregionale con il Sud-Est asiatico.

L’approvazione in Parlamento

“L’accordo più moderno e ambizioso mai concluso tra l’UE e un paese in via di sviluppo” ha ottenuto l’approvazione del Parlamento mercoledì 13 febbraio 2020. Con 401 voti a favore, 192 contrari e 40 astensioni, è stato adottato l’accordo con il Vietnam, accompagnato da una seconda risoluzione – di accompagnamento – anch’essa adottata con 416 voti favorevoli, 187 contrari e 44 astensioni. L’obiettivo è di contribuire a fissare gli standard commerciali nella regione ASEAN e di portare ad un probabile futuro accordo multilaterale di commercio e investimenti. Il Parlamento europeo considera l’accordo “un forte messaggio a favore di un commercio libero, equo e reciproco, in un periodo segnato da crescenti tendenze protezionistiche e da importanti sfide per il commercio multilaterale basato su norme”.

Anche la Commissione europea si ritiene soddisfatta per questi accordi: “L’accordo UE-Vietnam ha un enorme potenziale economico di cui beneficeranno i consumatori, i lavoratori, gli agricoltori e le imprese e non si tratta di meri vantaggi economici. Dimostra che la politica commerciale può fungere da catalizzatore di progresso”, ha osservato Hogan, il Commissario per il Commercio.

Il contesto

L’Unione europea e il Vietnam hanno firmato un accordo commerciale e un accordo sulla protezione degli investimenti il 30 giugno 2019. Gli accordi sono stati presentati dalla parte vietnamita all’Assemblea nazionale per la ratifica, e dalla parte dell’UE al Parlamento europeo per il suo consenso, nonché ai rispettivi parlamenti nazionali degli Stati membri dell’UE nel caso dell’accordo sulla protezione degli investimenti. Il Vietnam è il sedicesimo partner commerciale dell’UE per le merci e il secondo partner commerciale dell’UE nell’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN). Le principali esportazioni dell’UE verso il Vietnam sono prodotti ad alta tecnologia, compresi macchinari e attrezzature elettrici, aeromobili, veicoli e prodotti farmaceutici. Le principali esportazioni del Vietnam verso l’UE sono apparecchi telefonici, prodotti elettronici, calzature, tessuti e abbigliamento, caffè, riso, frutti di mare e mobili. Con uno stock totale di investimenti esteri diretti pari a 6,1 miliardi di euro (2017), l’UE è uno dei maggiori investitori stranieri in Vietnam. Il più grande settore di investimento da parte dell’UE è la lavorazione e la produzione industriale.

L’accordo

I negoziati commerciali e di investimento bilaterali con il Vietnam sono stati avviati nel 2012 e completati nel 2018. Gli accordi con il Vietnam sono i secondi (a seguito di quelli con Singapore) conclusi tra l’UE e un paese del sud-est asiatico e rappresentano un punto d’inizio per un maggiore impegno tra l’UE e la regione. Gli accordi commerciali e di investimento sviluppano la dimensione commerciale delle relazioni bilaterali tra l’UE e il Vietnam che trovano le loro basi e sono regolate dall’accordo quadro UE-Vietnam su partenariato e cooperazione (APC) entrato in vigore nell’ottobre 2016. L’accordo approvato dal Parlamento europeo eliminerà quasi la totalità dei dazi doganali tra le parti nei prossimi dieci anni, tempo che il Vietnam ha a disposizione, anche per ciò che riguarda i prodotti europei di esportazione verso il Paese. I servizi quali banche, trasporto marittimo e le poste sono compresi nell’estensione dell’accordo, e inoltre le imprese europee potranno partecipare a gare di appalto pubbliche del governo vietnamita.

Elementi innovativi e positivi dell’accordo sono la tutela ambientale, agendo per la conservazione e gestione sostenibile della fauna selvatica, della biodiversità, della silvicoltura e della pesca; il sostegno del progresso sociale in Vietnam e la tutela dei diritti dei lavoratori. L’accordo prevede inoltre il rispetto e l’applicazione dell’accordo di Parigi e l’approvazione dei progetti di legge sull’abolizione del lavoro forzato e sulla libertà di associazione, entro il 2020 e 2023, con la ratifica delle otto convenzioni fondamentali dell’Organizzazione internazionale del lavoro, per rispettare, promuovere ed attuare in modo efficace i principi dell’ILO in materia di diritti fondamentali. Fondamentale è anche la clausola di sospensione dell’accordo in caso di violazione dei diritti umani.

Il testo dell’accordo commerciale entrerà in vigore una volta che il Consiglio concluderà l’accordo commerciale e le parti chiuderanno le procedure, mentre per l’accordo sulla protezione degli investimenti si dovrà aspettare la ratifica di parlamenti degli Stati membri dell’UE: Una volta ratificato, andrà a sostituire gli accordi bilaterali in materia di investimenti attualmente in vigore tra 21 Stati membri dell’UE e il Vietnam.

Il Consiglio di Sicurezza ONU adotta la risoluzione 2510 sulla Libia

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Per la prima volta dopo il riaccendersi del conflitto in Libia nel mese di aprile, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto alle parti in conflitto di “impegnarsi per un cessate il fuoco duraturo”. Il 12 febbraio, infatti, il Consiglio di Sicurezza ha approvato la risoluzione 2510 in cui si invitano le parti coinvolte nella crisi a rispettare i 55 punti dell’intesa stabilita nella Conferenza di Berlino del 19 gennaio 2020. La risoluzione è stata approvata con 14 voti a favore e l’astensione della Federazione Russa. Il testo era stato proposto dalla Gran Bretagna e poi discusso per 3 settimane, a dimostrazione delle accese divisioni in seno alla Comunità internazionale in merito alla crisi libica. Gli Stati membri sono stati esortati a non interferire nel conflitto, evitando di adottare comportamenti capaci di inasprirlo, e rispettando l’embargo di armi precedentemente stabilito.

Il documento chiede inoltre al Segretario Generale ONU Antonio Guterres di dare un nuovo impulso all’azione della missione di supporto ONU in Libia (UNSMIL), nonché di presentare proposte per la creazione di un efficace meccanismo di monitoraggio della tregua.

La risoluzione ha poi accolto con favore le riunioni del Comitato militare congiunto libico, composto da rappresentanti del governo di Tripoli e dell’Esercito Nazionale Libico (LNA), esortando le parti a proseguire i negoziati per giungere ad un cessate il fuoco permanente.

 

Non si fermano intanto le iniziative diplomatiche dei singoli Paesi. Dopo il colloquio di ieri con il capo del governo di Accordo Nazionale al-Serraj, il Ministro degli Esteri italiano Di Maio oggi avrà un incontro a Bengasi con l’uomo forte della Cirenaica, il generale Haftar. Anche la Francia continua a portare avanti la sua azione diplomatica, ieri ad incontrare il generale Haftar è stato Christophe Varno, direttore del Dipartimento Medio Oriente e Nord Africa del Ministero degli esteri francese.

Consiglio d’Europa, la Repubblica Ceca e le misure per la tratta di esseri umani

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Il Consiglio d’Europa ha affermato che la Repubblica ceca ha adottato importanti misure per combattere la tratta di esseri umani, ma sono necessari miglioramenti attraverso misure legislative, politiche e pratiche, in particolare per quanto riguarda l’identificazione, la protezione e il risarcimento delle vittime, nonché l’efficacia delle indagini e delle azioni penali. Leggi Tutto

admin
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