GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

Category archive

REGIONI - page 42

Il piano di Francia e Germania per la ripresa dell’economia europea

EUROPA di

Il 18 maggio, i governi di Francia e Germania hanno presentato un ambizioso piano congiunto per la condivisione in Europa dei costi della crisi dovuta alla diffusione del Covid-19. In una videoconferenza la Cancelliera tedesca, Angela Merkel ed il Presidente francese, Emmanuel Macron, hanno annunciato varie proposte per aiutare l’UE ad uscire dalla crisi attuale, la più importante delle quali è la creazione di un “fondo per la ripresa” europeo-Recovery fund- dal valore di 500 miliardi di euro, finanziato da emissioni di debito comune. Dopo mesi di negoziazioni difficili in cui la posizione del blocco di paesi dell’Europa settentrionale, guidati dalla Germania, si opponeva a quella dei Paesi dell’Europa meridionale, guidati dalla Francia, si aprono nuovi scenari.

Un compromesso concreto

Quello raggiunto da Francia e Germania è il primo compromesso concreto per la condivisione del debito europeo, dopo le varie proposte circolate nelle ultime settimane e parzialmente discusse in seno all’ultimo Consiglio europeo, l’organo dell’Unione Europea che comprende i capi di stato e di governo degli Stati membri. Si tratta di un passo importante per la tanto discussa creazione degli eurobond, nonché del tentativo più significativo di affrontare la crisi economica congiuntamente a livello europeo e non unilateralmente da parte dei singoli stati.

La Cancelliera tedesca, Angela Merkel ed il Presidente francese, Emmanuel Macron hanno presentato il piano in una videoconferenza in cui hanno sottolineato la necessità di aiutare i paesi ed i settori economici maggiormente colpiti dalla crisi e l’importanza di farlo rafforzando l’Unione europea, creando un’unione più forte e coesa. Le proposte riguardano la creazione di un fondo per la ripresa europeo, una maggiore cooperazione tra i Paesi dell’UE in ambito sanitario, al fine di avere strategie comuni in caso di emergenza e una maggiore collaborazione nella ricerca e nella produzione di vaccini, maggiori investimenti per la digitalizzazione e per il rilancio del Green Deal europeo, nonché uno sforzo congiunto per rafforzare il mercato unico europeo e la libera circolazione tra i Paesi membri.

Il fondo per la ripresa

Il fondo per la ripresa, con un valore di 500 miliardi di euro, finanziato da emissioni di debito comune, rappresenta la proposta più rilevante del piano Merkel-Macron. Il fondo permetterebbe all’UE di avere uno strumento da poter impiegare a breve termine per sostenere la ripresa dall’attuale crisi dovuta al coronavirus ed al contempo pone al centro il bilancio settennale dell’UE per il 2021-2027.

A differenza del MES, il fondo proposto dalla Francia e dalla Germania, non prevederebbe prestiti da parte dell’Unione ai paesi in maggiore difficoltà, bensì sussidi a fondo perduto, da impiegare direttamente per sollevare l’economia europea. Affidato alla Commissione europea e finanziato a partire dai mercati finanziari a nome dell’Unione europea-costituendo dunque un debito pubblico comune- il fondo sarebbe ripagato equamente da tutti gli Stati membri negli anni successivi. Il meccanismo di finanziamento sarebbe così simile a quello discusso per i cosiddetti eurobond-i “titoli di stato europei” invocati dai paesi dell’Europa meridionale per aiutare le economie dei paesi più colpiti dalla pandemia- che aveva trovato, tuttavia, l’opposizione da parte dei paesi dell’Europa settentrionale, Germania compresa. Si tratta, infatti, della prima volta in cui la Germania sostiene la possibilità di creare debito pubblico comunitario. Infine, rileva che il fondo proposto da Merkel e Macron avrebbe un valore minore rispetto a quanto chiesto in passato- si era, infatti, parlato di 2.000 miliardi di euro- e nella nuova proposta la gestione spetterebbe alla Commissione europea e non direttamente agli stati membri, come ipotizzato inizialmente.

La Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha accolto con interesse la proposta: “Accolgo con favore la proposta costruttiva fatta da Francia e Germania. Riconosce la portata e le dimensioni della sfida economica che l’Europa deve affrontare e giustamente pone l’accento sulla necessità di lavorare su una soluzione con il bilancio europeo al centro” ha dichiarato.

La controproposta dei “frugal four”

I due leader hanno dichiarato di essere giunti alla proposta dopo aver discusso a lungo sia con i Paesi dell’Europa meridionale che con quelli dell’Europa settentrionale. In tale ottica, il fondo si pone come un compromesso da cui partire per trovare un accordo tra tutti gli Stati membri dell’UE: il passaggio dal meccanismo di prestiti a quello dei sussidi dovrebbe trovare l’approvazione di paesi come Italia e Spagna, mentre le dimensioni ridotte del fondo per la ripresa e la gestione da parte della Commissione europea rappresenteranno una garanzia per i paesi scettici agli eurobond come Olanda ed Austria. Tuttavia, dopo la proposta franco-tedesca, proprio l’Austria si è posta come leader dell’opposizione dei “frugal four”- Austria, Danimarca, Olanda e Svezia- mostrando ostilità al piano di Merkel e Macron e con l’obiettivo di tornare all’originaria proposta del meccanismo di prestiti e scongiurare l’allargamento del budget europeo 2021-2027. Il Cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, ha, così, annunciato che lavorerà ad una controproposta rispetto al piano franco-tedesco insieme agli altri paesi del “club dei frugali”. La proposta dovrebbe essere presentata in tempi stretti e comunque prima del 27 maggio, la data di presentazione del “vero” fondo per la ripresa da parte della Commissione, l’istituzione incaricata di fare sintesi fra le posizioni dei vari paesi in un’unica proposta.

La posizione dell’Italia e dell’Europa meridionale

All’estremo opposto dei “frugal four” vi sono i Paesi che invocano proprio la misura più avversata dal gruppo guidato da Kurz: uno sforzo comune per l’Unione europea, che si concretizza nel sostegno alla mutualizzazione del debito sotto forma di bond emessi a livello comunitario. Tra questi, l’Italia, tramite il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha ricordato di aver inviato una lettera al Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, in favore dei cosiddetti coronabond e di aver ottenuto l’adesione di otto paesi: Belgio, Francia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia e Spagna. Conte ha invitato la Commissione europea a dar vita ad un piano ancora più ambizioso di quello prospettato da Merkel e Macron, in quanto la loro proposta non esplicita la dimensione attesa per il recovery fund. Quanto alla modalità di erogazione degli aiuti, il Presidente del Consiglio italiano ha insistito sul ricorso ai “grants”, le sovvenzioni, criticando gli stereotipi sulla spaccatura Nord-Sud Europa ed evidenziando come la caduta verticale dell’economia Ue richieda una risposta congiunta ed immediata dei 27.

 

 

 

 

 

 

La Commissione UE approva le strategie per arrestare la perdita di biodiversità e costruire un sistema alimentare sostenibile

EUROPA di

Il 20 maggio 2020 la Commissione europea ha adottato due strategie nell’ambito del Green Deal europeo. La prima è per la tutela della biodiversità e per riportare la natura nella nostra vita, la seconda è finalizzata alla creazione di un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente. Le due strategie si rafforzano a vicenda, favoriscono i rapporti tra natura, agricoltori, industria e consumatori: il fine è quello di lavorare insieme per un futuro competitivo e sostenibile. Le strategie propongono azioni e impegni ambiziosi per arrestare la perdita di biodiversità in Europa e nel mondo, per trasformare i sistemi alimentari europei in punti di riferimento per la sostenibilità a livello globale.

Leggi Tutto

Bolivia, politica e Coronavirus

AMERICHE di

La tensione nella politica boliviana non sembra volersi arrestare dallo scorso novembre, mese della crisi politica provocata dai brogli elettorali di Evo Morales, presidente in carica dal 2006 ed in cerca di un quarto mandato alle elezioni generali, che è riuscito ad ottenere solo a seguito di irregolarità. Ciò ha portato, dopo scontri e proteste per un totale di 715 feriti e 32 morti, alle dimissioni e all’esilio politico del presidente e alla nomina di un governo ad Interim presieduto da Jeanine Añez. Leggi Tutto

I vestiti nuovi di Bolsonaro

AMERICHE di

Chi non ricorda il celebre racconto di un re, la cui assoluta certezza delle sue convinzioni scade nella follia quando si presenta nudo davanti ai sudditi sicuro di avere il più bell’abito? E come dimenticare lo stuolo di gente pronta ad assecondarlo in tutto e per tutto, temendo di essere loro nel torto? Tutto ciò sta accadendo attualmente in Brasile, ma al posto dei semplici vestiti con al massimo un po’ di vergogna come conseguenza, in una situazione Kafkiana, il presidente Bolsonaro mette a rischio la vita dei cittadini, non prendendo misure rigide per contrastare il virus, dichiarando che il problema non sussiste, ed annunciando, con tono beffardo e sardonico, che avrebbe organizzato un barbecue da trenta persone per quanto lui era tranquillo. La dichiarazione risale all’8 maggio, quando al momento erano 145 mila i contagiati e diecimila i morti. Ora sono 14 mila le vittime e e 220 mila i casi. Leggi Tutto

Russia – Repubblica Ceca, la rimozione della statua sovietica e l’accusa di avvelenamento

EUROPA di

La rimozione della statua Konev a Praga, risalente al periodo sovietico, ha dato luogo ad una serie di reazioni a partire dall’ambasciata russa in Repubblica Ceca. Tuttavia, quella che era una iniziale polemica sembra essere diventata un vero e proprio caso diplomatico: i media cechi hanno accusato un diplomatico russo di essere stato inviato a Praga per avvelenare tre politici cechi, tra cui il sindaco della capitale, Zdenek Hrib. Il diplomatico in questione sarebbe un agente dell’intelligence russa arrivato in Repubblica Ceca con una scorta di ricina, sostanza letale. La Russia sembra aver respinto tutte le accuse e la questione ora è in mano alla polizia ceca.

Leggi Tutto

Somalia: il ruolo della Turchia nella liberazione di Silvia Romano conferma la crescente influenza di Ankara nel Corno d’Africa

AFRICA di

La collaborazione tra Italia e Turchia nella liberazione di Silvia Romano, la cooperante italiana rapita nel novembre 2018 in Kenya e liberata lo scorso sabato, ha messo nuovamente in luce la crescente influenza di Ankara nel Corno d’Africa.

Al potere dal 2003, prima come Primo ministro e poi come Presidente, Recep Tayyip Erdoğan ha già compiuto in Africa oltre 30 viste di stato, ed esteso la rete diplomatica turca nel Continente, passando da 12 a 41 ambasciate operative.

Negli ultimi anni, tuttavia, è nel Corno d’Africa che il soft power turco si è consolidato maggiormente, grazie alla modulazione di ingenti aiuti umanitari uniti ad accordi commerciali e militari che hanno permesso ad Ankara di estendere la propria influenza in una zona del Continente sempre più al centro dei giochi geopolitici delle medie e grandi potenze mondiali.

L’anno cruciale della partnership turco-somala è il 2011, quando Erdoğan, al tempo Primo ministro, visitò una Mogadiscio devastata da carestia, siccità e terrorismo, divenendo il primo leader non africano a recarsi in Somalia dopo oltre vent’anni.

 

In quel periodo tutti scansavano la Somalia, invece Erdoğan venne e ci aiutò. Da allora la Turchia è rimasta nel cuore dei somali”, ha confidato nel 2018 Abdulkadir Ahmed-Kheir Abdi, Ministro degli Esteri della Somalia.

 

In quell’anno Erdoğan mise in moto la sua Agenzia per la cooperazione Tika (Turk Isbirligi ve Koordinasyon Idaresi Baskanligi), con il compito di fornire aiuti umanitari ed avviare progetti di sviluppo e cooperazione. Il soft power turco in Somalia si è quindi consolidato grazie all’invio di generosi aiuti ed investimenti, uniti ad un incremento delle relazioni commerciali tra i due Paesi. Nel 2016 fu lo stesso Erdoğan ad inaugurare la nuova ambasciata turca a Mogadiscio, la più grande nel Continente.

Nel corso degli anni i due Paesi hanno avviato una stretta cooperazione anche in ambito militare, fondata su un accordo del maggio 2010, in base al quale la Turchia si impegnava ad addestrare le Forze armate somale al fine di garantire la stabilità interna e la tenuta del governo federale, poi insediatosi ufficialmente nell’agosto 2012. Tuttavia, l’intesa più significativa raggiunta tra i due Paesi è senz’altro il Memorandum of Understanding (MoU) sull’energia e le risorse minerarie del 2016, con cui Mogadiscio ha aperto alle esplorazioni petrolifere nelle proprie acque territoriali da parte della Turchia, prevedendo inoltre l’avvio di numerosi progetti congiunti nel settore.

In base ai termini del MoU, che ha una durata rinnovabile di cinque anni e le cui controparti sono rispettivamente il Ministero dell’Energia e delle Risorse Naturali di Ankara e il Ministero somalo del Petrolio e delle Risorse Minerarie, la compagnia statale turca Turkish Petroleum sarà responsabile, insieme alle sue sussidiarie, di condurre le esplorazioni al largo delle coste somale.

 

Non sorprende affatto, perciò, che da anni la Turchia stia tentando – con successo- di estendere la propria influenza nel Corno d’Africa, con una mossa che mira a contrastare le mire geopolitiche delle monarchie del Golfo. Da anni, infatti, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi hanno aumentato la loro presenza in loco, cercando di trarre profitto da un’area strategica cruciale per le rotte del petrolio.

Francia, un “Piano Marshall” per la ripresa del turismo

EUROPA di

“I francesi potranno andare in vacanza in Francia”: il 14 maggio il Primo ministro Edouard Philippe ha presentato un “massiccio” piano di incentivazione turistica, che rappresenta per le finanze pubbliche un impegno di 18 miliardi di euro. Il deconfinamento continua così in Francia con l’annuncio da parte del governo di un “Piano Marshall” per il turismo: un piano senza precedenti che mira alla ripresa ed al rilancio di un settore duramente colpito dalla crisi dovuta alla diffusione del Covid-19. La Francia è la destinazione turistica numero uno al mondo e per sviluppare questo settore strategico, il Governo ha fatto del turismo una priorità della sua azione.

Leggi Tutto

Turismo e trasporti: il pacchetto della Commissione europea per il rilancio del settore

EUROPA di

Il 13 maggio la Commissione europea ha presentato un pacchetto di orientamenti e raccomandazioni per aiutare gli Stati membri dell’UE, dopo mesi di lockdown, ad eliminare gradualmente le restrizioni ai viaggi, consentire la riapertura delle imprese turistiche e rilanciare il settore turistico europeo, nel rispetto delle precauzioni sanitarie. L’obiettivo è garantire che l’Europa continui ad essere la prima destinazione dei turisti. “L’Europa sta riaprendo, passo dopo passo. Oggi la Commissione europea fornisce indicazioni su come riprendere a viaggiare in modo sicuro e responsabile e rimettere in piedi il turismo europeo” ha scritto su Twitter la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

Misure per turisti e viaggiatori

La libera circolazione e gli spostamenti transfrontalieri sono fondamentali per il turismo e rappresentano un pilastro fondamentale dell’Unione europea. Man mano che gli Stati membri riusciranno a limitare la diffusione del Covid-19, le restrizioni generalizzate alla libera circolazione dovrebbero essere sostituite da misure più mirate. Qualora la situazione sanitaria non giustifichi un’eliminazione generalizzata delle restrizioni, la Commissione europea propone un approccio graduale e coordinato che inizi con l’eliminazione delle restrizioni tra zone o Stati membri che presentano situazioni epidemiologiche sufficientemente simili. L’approccio deve, inoltre, essere flessibile e comprendere la possibilità di reintrodurre determinate misure restrittive qualora la situazione epidemiologica lo richieda. Nel dettaglio, gli Stati membri dovrebbero agire sulla base di tre criteri: epidemiologico, focalizzandosi nelle zone in cui la situazione sanitaria è in miglioramento, in virtù degli orientamenti del Centro europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie nonché con l’ausilio della relativa mappa regionale; capacità di applicazione di misure di contenimento durante i viaggi, ivi comprese cautele e misure ulteriori nei casi in cui sia difficile garantire il distanziamento sociale; considerazioni di natura economica e sociale, dando priorità in un primo momento agli spostamenti transfrontalieri nelle principali zone di attività.

Di particolare importanza è il principio di non discriminazione: uno Stato membro che decida di consentire i viaggi nel proprio territorio o in regioni e zone specifiche all’interno del proprio territorio dovrebbe farlo in modo non discriminatorio e consentendo i viaggi da ogni zona, regione o paese dell’UE che presenti condizioni epidemiologiche simili. Le restrizioni devono, dunque, essere eliminate senza discriminazioni, per tutti i cittadini dell’UE e per tutti i residenti dello Stato membro interessato, indipendentemente dalla cittadinanza.

 

Gli orientamenti, presentanti dalla Commissione europea il 13 maggio, illustrano principi generali per il ripristino sicuro e graduale del trasporto dei passeggeri per via aerea, ferroviaria, stradale e per vie navigabili. A tal proposito la Commissione ha formulato una serie di raccomandazioni, quali ad esempio la necessità di limitare il contatto tra i lavoratori del settore e i passeggeri, nonché tra i passeggeri stessi, e la riduzione, qualora possibile, della densità dei passeggeri. Inoltre, è stato stabilito un quadro comune che fissa i criteri per la ripresa graduale e in sicurezza delle attività turistiche e sviluppa protocolli sanitari per gli alberghi e gli altri tipi di strutture ricettive con l’obiettivo di proteggere la salute degli ospiti e dei dipendenti.

Gli Stati membri, con il sostegno della Commissione, hanno altresì concordato gli orientamenti per garantire l’interoperabilità transfrontaliera delle applicazioni di tracciamento, in modo che i cittadini possano essere allertati in caso di potenziale contagio da coronavirus anche quando viaggiano nell’UE. I requisiti di queste applicazioni sono volontarietà, trasparenza, carattere temporaneo, cibersicurezza, uso di dati anonimizzati e della tecnologia Bluetooth, interoperabilità transfrontaliera e tra sistemi operativi.

Ai sensi della normativa UE, in caso di annullamento di titoli di trasporto o di pacchetti turistici, i viaggiatori hanno il diritto di scegliere tra ricevere dei buoni o il rimborso in denaro. Confermando questo diritto, la raccomandazione della Commissione mira al tempo stesso a garantire che i buoni diventino un’alternativa valida e più attraente rispetto al rimborso per i viaggi annullati nel contesto dell’attuale pandemia, che ha comportato un grave onere finanziario anche per gli operatori turistici. I buoni dovrebbero essere protetti in caso di insolvenza di chi li ha emessi, avere un periodo minimo di validità di 12 mesi ed essere rimborsabili dopo al massimo un anno, se non utilizzati. Dovrebbero inoltre offrire flessibilità sufficiente, consentire ai passeggeri di viaggiare sulla stessa tratta alle stesse condizioni di servizio, permettere ai viaggiatori di concludere un contratto per un pacchetto turistico con servizi dello stesso tipo o di qualità equivalente e dovrebbero anche essere trasferibili a un altro viaggiatore.

Misure per le imprese turistiche

Leggi Tutto

Mes, trovato l’accordo all’Eurogruppo

EUROPA di

L’8 maggio l’Eurogruppo, l’organismo che riunisce i ministri dell’economia e delle finanze dei paesi che fanno parte dell’Eurozona, ha trovato un accordo sulla nuova linea di credito del Meccanismo Europeo di Stabilità. I 240 miliardi di aiuti che copriranno le spese sanitarie dirette e indirette legate al Covid-19 sarà accessibile a tutti gli stati membri e non prevederà nessun tipo di sorveglianza rafforzata, come è accaduto nel salvataggio della Grecia qualche anno fa. Niente condizioni e niente memorandum di intesa da negoziare perché l’accesso al Mes sarà standard. In vista della riunione, il commissario Gentiloni e il vicepresidente Dombrovskis hanno mandato una lettera al presidente dell’Eurogruppo proprio per proporre la nuova tipologia di sorveglianza nei confronti degli Stati.

Leggi Tutto

Libia-UE: Malta si ritira dall’Operazione Irini

AFRICA di

Il Governo di Malta ha comunicato alla Commissione Europea la propria volontà di ritirarsi dalla nuova missione europea nel Mediterraneo nota come Operazione Irini, dal nome della dea greca della Pace.

La decisione, annunciata venerdì 8 maggio, giunge come atto di protesta da parte di La Valletta nei confronti del fallimento dell’Unione nella gestione dei flussi migratori provenienti dalla Libia, soprattutto a seguito dell’inasprimento del conflitto nel Paese nordafricano.

Nel comunicato inviato alla Commissione UE, Malta dichiara la sofferenza del Paese per l’assenza di un quadro di ricollocazione dei migranti “che condivida la responsabilità delle persone soccorse in mare tra tutti gli Stati membri dell’UE”. Il Governo maltese, citando un aumento del 428% degli sbarchi, accusa l’Unione di aver lasciato sole l’Italia e Malta nell’affrontare e gestire gli sbarchi di migliaia di migranti.

L’avvio della missione UE in questione era stato approvato all’unanimità il 17 febbraio scorso, in occasione del Consiglio dei ministri degli Esteri dell’UE, con il mandato di garantire il rispetto dell’embargo di armi imposto dalle Nazioni Unite in Libia, da anni ormai teatro di una guerra civile.

L’Operazione aveva avviato i primi pattugliamenti in mare solo il 7 maggio scorso, a seguito dell’invio di una nave militare francese e di un velivolo da pattugliamento aereo da parte del Lussemburgo.

In questo contesto, quindi, la decisione di Malta rappresenta un duro imprevisto per l’Operazione Irini e, di conseguenza, per la garanzia di un effettivo rispetto dell’embargo.

Nel comunicato inviato alla Commissione UE, inoltre, La Valletta comunica al Comitato speciale Athena la propria volontà di apporre un veto sulle decisioni relative ad Irini che riguardino le procedure di spesa per lo sbarco dei migranti, le deviazioni dei porti e l’ammissibilità dei droni.

Il portavoce della Commissione Peter Stano ha rifiutato di commentare direttamente la decisione di Malta, affermando che la missione “è un esempio concreto di come l’UE voglia contribuire ad una soluzione pacifica del conflitto in Libia”.

Ad oggi, tuttavia, dopo il dietrofront di Malta e la recente bocciatura dell’operazione da parte dello stesso Premier libico al-Serraj, il futuro della missione post-Sophia appare ancora più incerto.

Giulia Treossi
0 £0.00
Vai a Inizio
×