GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

Category archive

BreakingNews - page 11

Turchia: è seconda tra Paesi emergenti per investimenti in infrastrutture

BreakingNews/ECONOMIA/EUROPA di

Con 17 nuovi progetti, la Turchia figura al secondo posto per investimenti in infrastrutture fra i 139 Paesi emergenti. E’ quanto emerge da un rapporto della Banca mondiale, che sottolinea come le Turchia si trovi dietro il Brasile ma davanti a Perù, Colombia e India.

Nel 2014 questi cinque Paesi hanno attratto complessivamente 78 miliardi di dollari, ovvero il 73% del totale degli investimenti affluiti in tutti i Paesi emergenti. Le riforme del 2008 hanno influenzato positivamente gli investimenti energetici in Turchia: sono stati investiti 4,3 miliardi di dollari per le centrali termoelettriche di Kemerköy e Yeniköy; 1,1 miliardi di dollari per la centrale termica di Yatağan e 350 milioni dollari per quella di Çatalağzı.

Inoltre, anche i progetti per le infrastrutture del sistema di trasporti turco hanno avuto un ruolo da protagonista, con 1,1 miliardi di dollari per il porto di Salipazari e 2,9 miliardi di dollari per il terzo ponte del Bosforo e per il progetto autostradale della zona del Nord Marmara. I dati del report della Banca mondiale coprono un periodo dal 1990 al 2014 e hanno preso in considerazione più di 6.000 progetti tra i 139 Paesi emergenti.

Fonte: Ministero Affari Esteri Italiano

Nigeria: una strage dopo l’altra

Dopo la prima settimana di luglio intrisa di sangue, Boko Haram continua a colpire nel nord-est. È di almeno 44 morti e 67 feriti il bilancio delle due esplosioni contro una moschea e un ristorante.

[subscriptionform]
[level-european-affairs]
Continua a scorrere il sangue in Nigeria. Sono almeno 44 i morti e 67 i feriti dopo due esplosioni nei pressi della moschea di Yantaya e di un ristorante a Jos frequentato da musulmani, avvenute lunedì 6 luglio. Le azioni terroristiche, concentrate nel nord-est del Paese, sono state rivendicate da Boko Haram.

Queste azioni replicano quelle della scorsa settimana. Domenica 5 luglio, infatti, il gruppo terroristico legato al Daesh aveva incendiato 32 chiese e 300 abitazioni nello Stato del Borno. Giovedì 2, invece, almeno 150 fedeli sono state uccise nei pressi di due moschee durante il Ramadan.
Giacomo Pratali

[/level-european-affairs]

Terrorismo: Arresti contro ISiS e Al Qaida in Italia e Albania

ISIS: Milano-Albania-Grosseto

Cinque le persone arrestate mercoledi 1 luglio 2015: il padre, la madre e sorella di Fatima, Sergio Sergio, Assunta Buonfiglio e Marianna Sergio, e due parenti del marito albanese Aldo Kobuzi: in Albania lo zio 37enne Baki Coku e a Scansano (Grosseto) la zia 41enne Arta Kacabuni. alias Anita. Tutti gli altri – Maria Giulia (nella foto quando era ospite della trasmissione Mediaset Pomeriggio 5), Haik Bushura (cittadina canadese), Donika Cocu, Serjola Kobuzi e Aldo Kobuzi (cittadini albanesi) – sono ricercati. Gli indagati, arrestati dopo le indagini della Digos di Milano iniziate oltre un anno fa, erano pronti per partire per la Siria: lì come Maria Giulia si sarebbero uniti ai combattenti
L’operazione Martesë (matrimonio, ndr), coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli ha quindi portato in carcere i familiari di Maria Giulia che vivevano ad Inzago, nel Milanese. In Albania, invece, le unità speciali della polizia di Tirana hanno fermato lo zio di Aldo Kobuzi, anche lui in Siria. Si tratta di Baki Coku, 37 anni. Domiciliato ad Arcille di Campagnatico (Grosseto), si trovava nella sua città natia, Lushnje, a circa 70 chilometri a sud della capitale. Dovrebbe essere estradato in Italia. Le persone arrestate sono cinque: i genitori di Maria Giulia Sergio (Fatima), Sergio Sergio e Assunta Buonfiglio, la sorella Marianna e due parenti del marito albanese Aldo Kobuzi: arrestato in Albania lo zio Baki Coku e la zia Arta Kacabuni, arrestata a Scansano (Grosseto).

L’operazione denominata “Martese” (Matrimonio in albanese), è stata coordinata dal prcuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli. Per Maria Giulio Sergio e per altre nove persone è stata firmata un’ordinanza di custodia cautelare dal gip di Milano Ambrogio Moccia: a tutti viene contestato l’articolo 270 bis, associazione a delinquere finalizzata al terrorismo, articolo di legge che fu introdotto dopo l’11 settembre in Usa.

Le indagini condotte dagli investigatori hanno portato alla individuazione del reclutatore di foreign fighters in Europa Ahmed Abu Alharith, . Tracciando il telefono cellulare di questi e tramite le intercettazioni telefoniche, si è venuto a capo ad una rete organizzativa repida ed efficiente internazionale che collaudava la partenza, il viaggio e lo smistamento in Siria dei foreign fighters e le persone al loro seguito.  “Abbiamo individuato – spiegato Romanelli – un’utenza turca. E si è aperto uno scenario enorme che ha fornito uno spaccato sulle regole per arrivare lì: accorgimenti materiali, come ad esempio l’indicazione di non usare telefoni di ultima generazione ma solo telefoni di vecchio tipo, la necessità di procurarsi schede locali e buttare la scheda vecchia, o la regola di portarsi una sola valigia senza eccessivo bagaglio”. Ha aggiunto Romanelli “Questa persona è una persona importante nello Stato islamico e rivendica il ruolo di interlocutore con vari paesi Europei, gestisce il profilo organizzativo ed è in grado di smistare tutte le persone in arrivo e dirigerli verso lo Stato islamico, a ciascuno viene data una collocazione: gli uomini per lo più vengono addestrati in campi militari mentre le donne restano a casa e svolgono un lavoro di indottrinamento. Il reclutatore è una persona di un certo livello e in alcuni casi parla con persone del suo livello”.

I reclutatori facevano anche un lavoro di convincimento sui profitti di cui avrebbero potuto godere i combattenti in Siria, non solo indottrinamento quindi. Promesse di portata materiale, quali cure sanitarie, macchine a prezzi stracciati, armi ecc. come spiega Lamberto Giannini, direttore del Servizio Centrale Antiterrorismo della Polizia. “Considerate l’attrattiva che questo può avere su persone che vivono una debolezza psicologica e anche economica. I dati sulle origini dei foreign fighters lo dimostrano. È comunque chiaro che non basta l’idea di un’auto scontata per convincere una persona a partire per la guerra”.
Questo aspetto ricorre spesso nelle telefonate tra Maria Giulia Sergio e la madre Assunta dove la figlia assicura la madre nel vendere tutto, non parlare con nessuno, solo con Allah e che “si potrà coltivare tutta la Siria se vuole”. Al padre che chiede se gli possono procure una macchina e la patente dice “No, qua non c’è la patente… Said ha preso la patente come mujahid, come combattente per Allah… Lui guida, non c’è problema… Lui in Albania non aveva la patente, poi ha fatto due mesi di addestramento e, niente, ha fatto tutto… Pa’, se tu vai tu al fronte con Said, con la macchina ti danno anche il kalashnikov…”.

Dettagli organizzativi pratici dai quali emergono alcune peculiarità, anche il fatto che il marito, Aldo, è diventato a tutti gli effetti un mujahid, un combattente del cosidetto Califfato e che la stessa Sergio si dichiara pronta a morire se ce ne fosse bisogno “ anzi, non vedo l’ora!”

Al Qaida: Roma

Altri arresti sono stati eseguiti a Roma dove è stato sgominata una cellula di Al Qaida la quale adoperava una rete virtuale di indottrinamento e reclutamento con lo scopo di organizzare azioni terroristiche. L’indagine è del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e del pm Elisabetta Ceniccola, che si sono avvalsi di investigatori del reparto antiversione dei carabinieri del Ros, del servizio segreto interno (Aisi) e della collaborazione della Fbi statunitense. In manette sono finiti un tunisino e due marocchini: Ahmed Masseoudi, residente prima a Guidonia e poi a Palombara Sabina (comuni in provincia di Roma), ma attualmente in Tunisia; Abderrahim El Khalfi, residente nel quartiere romano di Tor Pignattara e Mohammed Majene, già in carcere in Marocco per altri fatti. Nei loro confronti è ipotizzato il reato di associazione per delinquere di tipo terroristico. Stando ai riscontri investigativi, “costituivano, assieme ad altri numerosi soggetti non identificati, una cellula estremistica dedita alla jihad islamica, gerarchicamente organizzata ai cui membri venivano demandati specifici compiti di supporto all’associazione islamica affiliata ad Al Qaeda”.
Come risporta l’ordinzanza “l’organizzazione si proponeva il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico internazionale, mediante l’apertura e l’amministrazione del sito web di matrice jihadista www.i7ur.com, attivo nella propaganda, nell’arruolamento e nell’addestramento di chiunque volesse partecipare. Tale inchiesta nasce a partire dal 2009 quando era stata localizzata un’utenza riconducibile a Mohammed Masseoudi, dipendente dell’Ambasciata Tunisina a Roma e analizzando gli orari di connessione si riteneva che dietro ci fosse il figlio Ahmed. Questi era il vero amministratore del portale Ashak Al Hur (Amanti delle Uri-Vergini), con riferimento alle presunte vergini che verrebbero assegnate ai martiri del jihad.

Come spiega il procuratore aggiunto di Roma, questa “è la prima cellula affiliata ad Al Qaida a Roma, con un centinaio di membri dislocati in vari paesi”. Per il GIP “ Messaodui e El Khalfi risultano nella completa dedizione all’attività illecita. Essi dedicano la propria esistenza a sostenere Al Qaeda con ogni propria energia e con ogni mezzo, tralasciando i propri interessi personali, ovvero facendoli coincidere con il sostegno all’organizzazione terroristica. Il tutto sarebbe stato compiuto grazie a relazioni di altissimo livello con i vertici di organizzazioni terroristiche, scambiando con questi materiali, supporti, aiuti, informazioni e copertura per la jihad in Europa”.
Reclutamento Is e cellule di Al Qaida nelle mire degli investigatori questa settimana in Italia dalle quali emerge la dedizione incondizionata al terrorismo in nome della guerra “santa” da parte di questi soggetti.

Cooperante italiano ferito, nessuno lo attendeva in Kurdistan

Alessandro De Ponti, attivista italiano di 23 anni, ferito dalla polizia di confine mentre tentava di attraversarlo dalla Turchia alla Siria era partito da Treviglio con l’idea di sostenere la resistenza dei Peshmerga Curdi come cooperante.

Nostre fonti  in loco vicine al governo Curdo  però smentiscono ci fosse nessun legame con il giovane, e affermano che “nessuno lo conosce, ha fatto tutto testa sua, come uno che non sa che sta nel mezzo di una guerra”

Non è chiaro quindi quali fossero le reali intenzioni del giovane ‘attivista italiano che è in stato di fermo a Erbil dalle autorità curde che stanno procedendo agli accertamenti del caso.

Il caso rimarca quanto sia importante una maggiore attenzione alla verifica delle attività estere delle varie associazioni di volontariato e che siano certificate per l’operatività in aree a rischio e in qualche modo possano garantire l’incolumità dei propri operatori certificandosi presso il ministero degli esteri e con corsi di formazione specifici.

Alessandro Conte

Libia: ad un passo dal governo di unità nazionale

Tobruk e gli altri gruppi del Paese firmano l’intesa. Adesso, c’è attesa presso le Nazioni Unite per decisione di Tripoli, attesa lunedì 6 luglio.

[subscriptionform]
[level-european-affairs]
Alle prime luci dell’alba di venerdì 3 luglio, Tobruk, Zintan, Misurata e i rappresentanti di altre fazioni hanno firmato l’accordo politico per “la creazione di un governo di unità nazionale libico”, riportano le Nazioni Unite. Dopo mesi di trattative, minacce di sanzioni da parte della comunità internazionale e l’incombere dello Stato Islamico e di una bancarotta finanziaria ormai annunciata, il delegato Onu Bernardino Leon raccoglie i primi frutti di questi colloqui di pace grazie alla quarta bozza messo sul tavolo delle trattative. Ora, l’attesa è tutta rivolta verso il Congresso Nazionale di Tripoli, il quale, lunedì 6 luglio, deciderà o meno di prendere parte a questo esecutivo di emergenza.

“La Libia ha bisogno di una larga intesa per avviare la ricostruzione nella sicurezza”. ha affermato il ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni. “Sottrarsi a questa responsabilità sarebbe grave. Nelle prossime ore l’Italia moltiplicherà gli sforzi per giungere rapidamente ad un approdo unitario sul testo dell’accordo politico presentato dalle Nazioni Unite”, ha concluso il rappresentante del governo italiano.

 

Giacomo Pratali

[/level-european-affairs]

Nigeria: 150 trucidati durante Ramadan

Boko Haram torna a colpire nello Stato di Borno. I fedeli sono stati massacrati perché ritenuti moderati. La coalizione africana arranca di fronte all’avanzata del Califfato, malgrado l’arresto di uno dei leader dell’organizzazione jihadista.

[subscriptionform]
[level-european-affairs]
150 morti a seguito di due attacchi dei miliziani di Boko Haram presso i villaggi di Mussaram e Kukawa, situati nello Stato di Borno, nel nord della Nigeria. I jihadisti hanno fatto fuoco contro i fedeli, impegnate nelle preghiere nei pressi delle due moschee dei due paesi. Così come sono stati massacrati donne e bambini, rimasti a casa a preparare il pasto serale della festa.

Già, festa. Perché questo è il mese del Ramadan. E la scelta degli uomini del Califfato di colpire in questo periodo così carico di significato per l’Islam non è casuale. Così come avvenuto in Kuwait, i jihadisti hanno massacrato questi fedeli perché ritenuti troppo moderati rispetto alla loro concezione dell’Islam.

Dal mese di giugno in poi, gli uomini di Boko Haram sono tornati alla carica e hanno riconquistato molti villaggi nel nord della Nigeria, oltre ad avere colpito anche a N’Djamena, capitale del Ciad. I successi iniziali della coalizione militare africana sembrano essere stati vanificati. E, nonostante pochi giorni fa sia stato arrestato Bahna Fanaye, uno dei leader della cellula terroristica e a capo di un imponente traffico d’armi, l’ombra del Califfato incombe su buona parte dell’Africa Occidentale.
Giacomo Pratali

[/level-european-affairs]

Egitto, Sinai: 70 soldati uccisi dall’Isis

Attaccati i check point dell’esercito. Almeno 30 miliziani sono rimasti uccisi. Guerriglieri e veicoli-bomba utilizzati nell’attentato. Il Cairo dichiara lo stato di guerra. L’azione terroristica è avvenuta a pochi giorni dall’uccisione del Procuratore Generale.

[subscriptionform]
[level-european-affairs]
“L’Egitto è in guerra”. Queste le parole del governo egiziano dopo gli attentati, verificatisi all’alba di mercoledì 1° luglio, presso la cittadina Sheikh Zuweld, nel Sinai. Il bilancio provvisorio parla di 70 soldati morti e almeno 30 perdite tra i terroristi. L’offensiva del gruppo “Provincia del Sinai”, affiliato allo Stato Islamico dal novembre 2014, ha visto i miliziani condurre un attacco combinato guerriglieri più autobombe contro le cinque postazioni delle truppe regolari.

Non è la prima volta che nella regione orientale dell’Egitto si verificano attacchi di questo genere. Ma stavolta i jihadisti sembrano avere affinato la propria tecnica. Mentre l’esercito, fermo anche in questo caso nelle proprie postazioni fisse, non sembra avere adottato nessuna contromisura negli ultimi mesi.

Il governo del Cairo ha risposto bombardando i guerriglieri con i propri cacciabombardieri F16. Tuttavia, sembra una risposta tardiva ad un attacco prevedibile. Soprattutto alla luce di quello che è accaduto pochi giorni fa, quando il Hisham Barakat, Procuratore Generale dell’Egitto, è rimasto ucciso dopo un attacco bomba mentre era a bordo del proprio veicolo nel centro della Capitale.

Le dichiarazioni e soprattutto i processi contro i nemici di Al Sisi, a cominciare dal presidente deposto Morsi, hanno scatenato una guerra su più fronti all’interno dell’Egitto. Dentro le città, a partire da Il Cairo, dove cellule terroristiche operano. Nel Sinai, luogo storicamente instabile (vedi le misure governative contro l’etnia dei Beduini a cavallo tra gli anni ’90 e i 2000), dove i miliziani della Provincia del Sinai hanno messo su un’organizzazione militare e strategica ispirata a quella dei mujahideen: taglio delle comunicazioni, attacchi combinati, manovre diversive. Vista l’instabilità di questa regione, Israele ha deciso di chiudere le frontiere.

Infine, il governo italiano ha emesso un comunicato in cui esprime la propria vicinanza “al popolo e al governo egiziano di fronte ai gravissimi attacchi terroristici che hanno provocato decine di vittime. L’Egitto è un pilastro di stabilità nella regione e l’escalation della minaccia terroristica non riuscirà a piegare la determinazione del popolo e del governo”.
Giacomo Pratali

[/level-european-affairs]

Immigrazione: 2900 persone salvate

BreakingNews/EUROPA di

Circa 2900 persone salvate in 21 operazioni nel tratto di Mediterraneo dalla Sicilia alla Libia. È questo il bilancio delle missioni coordinate dalla Guardia Costiera e dal Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture di Roma.

Ad intervenire in maniera attiva, nell’ambito dell’operazione Triton, coadiuvata dall’Unione Europea, CP906 Nave Corsi e 2 motovedette classe 300 della Guardia Costiera, e una nave militare spagnola. Impegnate nei soccorsi anche Nave Euro della Marina Militare Italiana, un’unità della Guardia di Finanza, un’unità militare inglese e una irlandese, e la Nave Phoenix del Moas, ormai interlocutore indispensabile per le autorità italiane nei tanti salvataggi effettuati da Aprile ad oggi.

Francia, Valls: “Impariamo a convivere col terrorismo”

BreakingNews/EUROPA di

Un intero Paese sotto choc. Il presidente Hollande conferma che il responsabile dell’attentato alla fabbrica vicino a Lione è stato arrestato. Si tratta di Yassin Salhi, uomo di origine marocchina. Il colpevole si è scattato una foto assieme al cadavere dell’imprenditore decapitato.

[subscriptionform]
[level-european-affairs]
“Non abbiamo dubbi che volessero far saltare l’intero complesso industriale ma non dobbiamo cedere alla paura”. Queste le parole del presidente francese Hollande all’indomani dell’attentato presso una fabbrica a pochi chilometri da Lione, in cui l’imprenditore è stato decapitato. “Dobbiamo imparare a convivere con il terrorismo”, ha invece denunciato il primo ministro Valls.

Intanto, il responsabile dell’azione terroristica, Yassin Salhi, è stato arrestato e ha confessato di avere ucciso il proprio capo, Hervè Cornara. Mentre sul cellulare dell’uomo di origine marocchina è stata ritrovata una foto scattata assieme al cadavere decapitato e le insegne del Daesh accanto. In stato di fermo anche la moglie dell’uomo. Ancora caccia, invece, all’altro presunto responsabile, forse di nazionalità siriana.

Salhi è stato poi trasferito nella sede dell’antiterrorismo a Parigi. Pur senza precedenti penali, l’attentatore era comunque stato schedato nel 2006 perché sospettato di essere vicino ad un movimento di matrice salafita.

Giacomo Pratali

[/level-european-affairs]

Tunisia: strage sulla spiaggia

BreakingNews di

I morti sono 38 e tra questi almeno cinque cittadini britannici assieme ad altri cittadini di nazionalità tedesca, belga e francese; i feriti 36, alcuni dei quali in gravi condizioni . Questo il drammatico bilancio dell’assalto di ieri quando due uomini armati hanno sparato nella spiaggia di due resort di lusso a Sousse, nel golfo di Hammamet in Tunisia. Uno degli attentatori è rimasto ucciso, colpito a morte dalla polizia tunisina in uno scontro a fuoco sulla spiaggia e l’altro è stato catturato ad Akouda, a pochi km dal luogo della strage. In serata sono stati eseguiti altri fermi.

L’Assalto
Erano sbarcati sulla spiaggia da un gommone i due attentatori e hanno aperto il fuoco con granate sulla spiaggia. Uno dei due nascondeva il kalashnikov sotto l’ombrellone che teneva sotto braccio. Secondo testimoni oculari, i terroristi avrebbero poi fatto irruzione nella struttura, inseguendo i turisti in fuga fino alla piscina, cercando di evitare di colpire gli inservienti di nazionalità tunisina. L’uomo rimasto ucciso era uno studente, sconosciuto alle forze di polizia, proveniente da Kairouan, città santa dell’Islam dove si trova la moschea più antica del Maghreb. In concomitanza con le stragi di Francia, Kuwait City e Somalia, la strage di Sousse è stata rivendicata dai jihadisti dell’IS, i quali in un comunicato diffuso su twitter in serata hanno dichiarato: “ Un soldato del califfato ha potuto raggiungere l’obiettivo, uccidendo circa 40 persone, per la maggior parte di stati dell’alleanza crociata che combatte lo stato del califfato”.

Una giornata di sangue e di terrore eseguita e collaudata in tre continenti a tre giorni dall’anniversario della proclamazione del cosiddetto “Stato Islamico” avvenuta il 29 giugno di un anno fa. Già martedì, 23 giugno l’IS aveva fatto girare in rete un richiamo alle armi esplicita: “Attaccate cristiani, sciiti, apostati”. Detto fatto. Una strategia del terrore e della visibilità mediatica globale, queste le linee guida atroci dei jihadisti. Rimane da vedere la reazione del mondo musulmano che fa i conti con la vulnerabilità del mondo arabo. La Tunisia, la moderata, colpita per la seconda volta dopo la strage al Museo del Bardo a Tunisi il 18 marzo scorso, teme la messa in ginocchio del primo settore dell’economia nazionale che è il turismo. Ieri ha vinto il terrore; oggi piangiamo i morti e domani? Domani tocca decidere quando dare fine a questo strazio a cominciare dalla Siria.

Sabiena Stefanaj
0 £0.00
Vai a Inizio
×