ADAGIO il film italiano più Hollywoodiano di sempre.

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Può considerarsi un film italiano dove sono marcati gli accenti dialettali di un romanesco di borgata e strascichi di uno stile malavitoso anni ’70 in una Roma surreale più vicina ad un’atmosfera apocalittica dell’anno 3000, un film americano? Con Stefano Sollima si.


Non bisogna intendere come complimento il fatto di definirlo “americano” nel termine semplice del suo significato ma nel fatto che il film parla e propone un linguaggio internazionale, mondiale, insomma al di fuori della “regionalità” dei film italiani e dei confini del nostro territorio nazionale, e il risultato è un film che può essere visto e compreso anche da chi romano non è, anzi anche da chi italiano non è.


Il cast è di alto livello ma le prove di Favino, Servillo e Giannini sono superlative, così come anche Valerio Mastandrea che più invecchia e più diventa bravo. Favino è irriconoscibile ed è straordinario in questo ruolo dove interpreta una specie di orso con un passato da protagonista nella Roma criminale che abbiamo conosciuto sempre con il lavoro di Sollima, oramai stanco e rassegnato ad una malattia inguaribile, ma che non tradisce la morale, seppur criminale, di difendere chi in qualche modo fa parte di quel mondo oscuro “suburroide” (lassciatemi la libertà del termine legato alla Suburra) a cui tutti i personaggi appartengono. Una lotta tra il male e il bene, tra Favino (malandrino) e Giannini (poliziotto) ma nel film i due sentimenti si confondono e lo spettatore ne viene assorbito alternando un senso di rispetto, pena e disgusto tra i due protagonisti.
Giannini fa una prova in cui ne esce alla grande; è davvero molto bravo, ma bisogna però ricordare, soprattutto ai meno esperti, che si possono anche avere dei grandi attori ma è con un grande regista che viene fuori la perfezione in quei ruoli che lo stesso ha immaginato.


Sollima è davvero un regista straordinario e non è un caso se la sua seconda casa professionale sia proprio Hollywood.
La grande scuola di Stefano Sollima viene dall’esperienza con il padre Sergio, il regista di Sandokan per intenderci, e il suo talento è riconosciuto a livello mondiale.
Sollima è l’esempio, raro, che il talento non ha bisogno di scuola, ma di passione, gavetta, umiltà e credo. Adagio è un bellissimo film, non facile, probabilmente non per tutti. Un film dove la luce si alterna al buio e dove la trovata di un incendio di cui non si nulla ma che è sempre nella trama del film racconta la genialità di chi sa davvero fare il cinema. Un film, Adagio, dal grande sapore internazionale e a noi film così servono eccome.

Fabrizio Borni

Bookreporter Settembre

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