Stati Uniti, la democrazia “indispensabile” batte un colpo

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NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – La democrazia americana nel caos, sull’orlo di una crisi profonda per non riuscire ancora ad eleggere lo speaker del Congresso? La più grande potenza del mondo è ormai un gigante d’argilla che mentre promette aiuti ai suoi alleati per difendersi dai nemici, è paralizzata e sull’orlo di sgretolarsi? Immaginiamo su questo tono i titoli dei maggiori giornali del mondo di domani, nel commentare la notizia di venerdì sul deputato dell’Ohio Jim Jordan, che non ha raggiunto per la terza volta i voti necessari – 215, con 25 repubblicani che non lo hanno votato – per essere eletto alla presidenza della Camera ( terza carica dello Stato federale degli USA, soprattutto cuore e cervello nel corpo legislativo americano). Il trumpiano Jordan non è neanche più il candidato Speaker del partito repubblicano, perché il suo partito, alla terza bocciatura in aula, in una riunione a porte chiuse e a scrutinio segreto, lo ha definitivamente silurato, con un margine ancora più ampio di deputati a lui contrari. Con la notizia del rigetto di Jordan, più che a precipitare nel caos, la democrazia americana ha un sussulto di orgoglio e rispetto per la sua storia. Come del resto era successo il 6 gennaio 2020, quando con ancora il sangue caldo nei gradini del Congresso, i deputati si erano riuniti nella notte per ratificare l’avvenuta elezione di Joe Biden, nonostante ancora troppi repubblicani (due terzi di loro, tra i quali in prima fila Jordan) continuavano a supportare con il loro voto contrario i colpi di coda “insurrezionali” di Trump. Le “tensioni” al Congresso all’interno della maggioranza repubblicana, sono state messe in vetrina da due settimane, da quando, con il voto di appena 8 deputati vicini al super-trumpiano Jordan, era stato defenestrato Kevin McCarthy, lo Speaker eletto alla guida della Camera lo scorso gennaio. Jordan viene a sua volta “affondato” come Speaker dopo che la stessa sorte era toccata al deputato del Gop della Louisiana Steve Scalise, che si era ritirato quando era apparso evidente che i sostenitori di Jordan non l’avrebbero mai votato dopo la scomunica al politico italoamericano arrivata dallo stesso Trump.
Uno dei più grandi presidenti degli Stati Uniti, vincitore prima sulla Grande Depressione economica e poi della Seconda Guerra Mondiale, Franklin Delano Roosevelt, nel suo primo discorso inaugurale nel 1933 disse che ciò di cui il popolo americano doveva temere di più era “la paura stessa”. Da quasi quattro anni, dal 6 gennaio 2020, la democrazia americana appare come paralizzata proprio da questo, dalla paura di essersi perduta. La paura è arrivata con Trump ed è rimasta intatta anche dopo la sua sconfitta, perché non è tanto la sua candidatura alla presidenza che terrorizza i democratici americani – non di partito ma di spirito -, quanto la conquista trumpista del Grand Old Party di Lincoln. Oggi però, la mancata elezione del trumpiano di ferro Jordan e il ripudio della sua candidatura da parte del Gop, indica che ci sono ancora dei “resistenti” repubblicani che non hanno paura di Trump e delle minacce ai loro familiari (oggi il Washington Post ha pubblicato un elenco delle testimonianze dei repubblicani che le hanno subite anche in queste ultime votazioni per lo Speaker). Che succederà ora? Il Congresso è il motore che deve far andare avanti la più formidabile potenza democratica della terra e far rispettare le sue promesse, come quando il suo presidente a reti unificate invoca più aiuti all’Ucraina e Israele per scongiurare un allargamento delle guerre e quindi l’intervento diretto degli USA. “Siamo gli Stati Uniti d’America, siamo la nazione indispensabile” ha ripetuto Biden nel discorso di giovedì sera in tv alla nazione, richiamando la prima Segretario di Stato donna, Madeleine Albright. Tra la notizia che sarebbe potuta arrivare – che il Congresso elevasse il trumpiano Jordan – e quella che prova che esistono ancora deputati del GOP che non cedono alla paura, ma anzi il fatto di averle ricevute certe minacce, li rafforza a non cambiar voto, indica che la democrazia “indispensabile” è ancora in grado di lottare per restare un modello per tutte le altre.(ITALPRESS).

Foto: Agenzia Fotogramma

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