Israele, il governo di solidarietà nazionale è un ibrido

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Lunedì notte Benjamin Netanyahu e Benny Gantz hanno firmato l’accordo di Coalizione per l’Istituzione del Governo d’Emergenza di Unità Nazionale, un fascicolo di 16 pagine perlopiù atte ad evitare che uno dei due firmatari possa soverchiare l’altro.

L’intesa è stata trovata dopo che le precedenti trattative tra il Likud e il Blu e Bianco per formare un governo erano fallite nuovamente e, a più di un anno dalla crisi politica che ha investito il paese, per la seconda volta nell’arco di 12 mesi il presidente Reuven Rivlin aveva concesso in data 16 aprile un periodo di 21 giorni alla Knesset per designare un membro del parlamento idoneo a formare una maggioranza al proprio interno.
Nonostante il primo turno per la carica presidenziale verrà assunto da Netanyahu per 18 mesi, dai termini dell’accordo sembra che sia Benny Gantz ad incidere maggiormente sulla prossima legislatura; ad esempio molti deterrenti e contraltari sono posti al capo di Likud, come la previsione di un lungo periodo prima delle elezioni, in caso venissero indette da Netanyahu, in cui ad assumere il ruolo di primo ministro sarebbe lo stesso Gantz; inoltre tradire l’accordo di governo varrebbe a dire per il Likud un’enorme perdita di consensi in vista di eventuali elezioni.

A minare ulteriormente la leadership di Netanyahu sono occorsi i tre capi di accusa per cui la Procura Generale israeliana ha deciso di procedere nei suoi confronti. L’accusa più grave è quella di corruzione e frode per un presunto allentamento delle norme in favore del colosso delle telecomunicazioni Bezeq, che in cambio avrebbe garantito al leader di Likud una copertura favorevole sul quotidiano Walla, testata di proprietà di Elovitch, maggiore azionista della compagnia di telecomunicazioni. In virtù dell’accordo Netanyahu non sarebbe perseguibile durante i 18 mesi in cui è a capo del governo, ma difficilmente riuscirà a modificare la legislazione sull’immunità per come i vertici ministeriali sono stati ripartiti nell’accordo.
Difatti, secondo il quotidiano The Times of Israel, durante i primi 18 mesi di governo in cui il leader di Likud terrà la carica di primo ministro, al partito di Gantz spetteranno alcuni degli uffici ministeriali più importanti; lui stesso ricoprirebbe la carica di ministro della Difesa, il suo numero due Ashkenazi guiderebbe gli Esteri e ad Avi Nissenkorn spetterebbe l’incarico di ministro della Giustizia. Il Likud otterrebbe invece i vertici dell’Economia, della Pubblica Sicurezza, nonché il ruolo di relatore della Knesset. Questa legislatura inoltre avrà la compagine ministeriale più grande della storia di Israele per via dell’istituzione di due nuovi gabinetti, uno dedito all’emergenza Covid-19 e un altro atto alla riconciliazione del paese. Una novità importante è sancita dalla quasi certa nomina da parte di Blu e Bianco di un deputato arabo a ministro per gli Affari delle Minoranze, contro tendenza rispetto agli anni scorsi.
Ciononostante merita un focus la questione dell’annessione della Cisgiordania. Secondo varie testate israeliane Gantz nell’accordo di governo ha accettato che Netanyahu possa, a partire dal primo luglio, tenere una votazione a livello di governo o a livello di parlamento, sulla possibile estensione della sovranità territoriale sugli insediamenti della West Bank. Tale azione, sottolinea l’Unione Europea, contravviene al diritto internazionale, e già a fine febbraio l’Alto Rappresentante per la politica estera Borrell aveva condannato Israele per la costruzione di circa 1.700 insediamenti nei territori della Cisgiordania, fortemente voluta da Netanyahu.
Non è un caso, quest’ultimo condivide pienamente il Peace to Prosperity Plan proposto dall’amministrazione Trump. Sul sito della Casa Bianca il piano è diviso su un livello territoriale ed uno economico, e viene riportata l’idea secondo cui i due popoli dovrebbero godere di eguali diritti nei differenti territori senza che vengano sradicate le loro case nel caso in cui gli uni si dovessero trovare nel territorio degli altri. L’idea sarebbe quella di unificare in futuro i territori di Gaza e della Cisgiordania sotto lo Stato della Palestina ma, come viene contestato dall’Unione Europea, queste nuove costruzioni così come l’annessione di questi territori allontanerebbe il popolo palestinese da una futura (e piena) indipendenza.
In conclusione, sembrerebbe quindi vicina all’ufficialità questa nuova legislatura, che nasce però portando non poche complicazioni. La difficile trattativa fra i due leader, dopo un anno di pesanti accuse, si è conclusa solo ora con un programma che soddisfa a malapena le due compagini, ma che è stato perlopiù studiata per evitare sopravanzamenti. Se così fosse Netanyahu, avendo in mano la prima manche alla guida del paese, potrebbe portare a casa enormi risultati che almeno all’inizio non erano previsti per un governo nato con l’obiettivo di far fronte al Covid-19, come il destino della Cisgiordania, su cui Gantz non è d’accordo ma, se si dovesse andare al voto, potrebbe non riuscire a ostacolare vista la differenza nella Knesset fra i due blocchi, con il centro-destra leggermente in vantaggio.
Bookreporter Settembre

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