Brexit, come reagirà la Spagna all’uscita della Gra Bretagna dallUnione europea?

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Nata da una scommessa politica forse poco avveduta la Brexit ha sconvolto gli equilibri economici del continente europeo, costringendo molte nazioni a fare i conti con le possibili conseguenze sia dal punto di vista economico che politico. Il dossier Brexit è sul tavolo di tutti i governi dell’Unione Europea e in molti casi si cerca di trovare soluzioni strutturali alla reazione che avranno i mercati interni europei e nazionali.

Abbiamo puntato la nostra attenzione sulla Spagna intervistando l’avvocato italiano Marco Bolognini che da anni vive e lavora a Madrid nell’ambito dello sviluppo economico.

Avvocato Bolognini, la Brexit in questo momento è il dossier più scottante sui tavoli dei PM di tutti i paesi europei, in particolare si temono i suoi effetti sui sistemi economici dei principali paesi. Quali sono state le reazioni in Spagna?

Al di là dei sentimenti di tristezza legati a l’uscita di un Paese importante dall’Unione Europea, bisogna dire che in realtà la Spagna si era preparata da tempo a questa rottura. La Comunità Autonoma di Madrid, ad esempio, aveva istituito un osservatorio ed un ufficio ad hoc per intercettare gli investimenti inglesi e le aziende in uscita dal Regno Unito. Bisogna considerare, inoltre, che il paese iberico ha il vantaggio derivante dall’avere un rapporto privilegiato con l’America Latina, che manca ad altri paesi europei.

Quali sono secondo lei  comparti produttivi spagnoli che maggiormente potrebbero risentire della Brexit?

In Spagna i comparti produttivi principali sono quello industriale manifatturiero. Quest’ultimo dopo anni di delocalizzazione verso est nella ricerca di manodopera un costo minore, è riuscito risollevarsi e riposizionarsi sul mercato a prezzi concorrenziali. Inoltre, la Spagna si colloca come uno dei paesi di riferimento per le attività di tecnologia legate al mondo della finanza, grazie anche alle grandi banche spagnole che negli ultimi anni hanno molto spinto su questo punto. Oltre al turismo e al settore immobiliare, da tempo cavalli di battaglia del Paese iberico, la più grande scommessa per la Spagna oggi è il settore delle energie rinnovabili. Basti pensare che il governo di Pedro Sanchez ha istituito una vicepresidenza del governo definita della “Transizione ecologica”. È  da prevedere, quindi, che nei prossimi anni saranno previsti notevoli aiuti ed appoggi normativi ed economici, alle imprese che si impegneranno a lavorare con un basso impatto ambientale, con riguardo alle energie rinnovabili e allo sviluppo sostenibile. 

In Spagna sono due le aree produttive dominanti, quella che fa capo alla capitale e quella di Barcellona. Quali potrebbero essere gli effetti della su questi due poli? Chi potrebbe beneficiarne maggiormente?

Madrid è ed è sempre stata la capitale politica e finanziaria del Paese, nonostante il vantaggio geografico di Barcellona. I numeri parlano di una crescita continua del polo di Madrid, e di una parallela stagnazione del polo di Barcellona. Tuttavia, non credo che il fattore Brexit abbia avuto un questo un ruolo centrale nel determinare questo assetto, piuttosto temo che sia il risultato del conflitto sociale che si è creato fra parte della politica catalana ed il resto della Spagna, in ragione delle istanze secessioniste. 

Nonostante la forte crisi economica che ha investito la Spagna, così come l’Italia e la Grecia, il Paese iberico sta iniziando a vivere una nuova fase di crescita. Quale è stata, a suo parere, la ricetta per questa rinascita economica del paese? 

Credo che il segreto della sorprendente ripresa dell’economica spagnola dopo la crisi del 2008 sia la solidità istituzionale. Infatti, sebbene si siano andati succedendo governi diversi, le scelte ed i pilastri istituzionali previsti per fronteggiare ed uscire dalla crisi non sono stati modificati, determinando un’azione coerente e continuativa in tal senso. Dal 2008 al 2019, i partiti spagnoli hanno vissuto in una sorta di accordo istituzionale, che ha permesso di non travolgere le scelte precedentemente fatte per uscire dalla crisi nonostante l’instabilità dei governi.  Penso ad esempio alla riforma del mercato del lavoro, decisa dal Partito Popolare, che il Partito Socialista fino ad oggi non ha emendato. Ciò ha permesso alle imprese e agli investitori di credere nel paese, nella solidità delle istituzioni ed in una relativa certezza del diritto. Un altro vantaggio è stato sicuramente offerto dalla suddivisione territoriale ed amministrativa spagnola.

La comunità autonoma di Madrid, ad esempio, negli anni ha sviluppato condizioni fiscali vantaggiose per i contribuenti e per le imprese, per le quali è stata accusata da altre Comunità autonome di dumping fiscale. La verità, tuttavia, è che grazie a queste misure il paese è riuscito a riprendersi, visto che tanto più cresceva Madrid, tanto più cresceva il paese nel suo complesso.

Una situazione in continua evoluzione non solo per la Spagna ma per tutte le nazioni della comunità europea che devono fare i conti con i molteplici rapporti economici con la Gran Bretagna e con il problema ei tantissimi europei che vivono e lavorano in GB la cui sorte ancora non è stata completamente definita con il rischio di dover abbandonare percorsi lavorativi o di studio ormai avviati.

Bookreporter Settembre

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