Siria, ancora scontri a Idlib

 Nel corso delle ultime settimane, la Siria nord-occidentale ha assistito ad un’altra escalation militare. Le forze del regime russo e siriano hanno scatenato una brutale campagna di attacchi militari nella zona di Idlib, Aleppo e Hama, dopo che Hay’et Tahrir al-Sham (HTS), un gruppo armato precedentemente legato ad al-Qaeda, ha ucciso in un’offensiva 22 combattenti pro-regime il 27 aprile.

La recente escalation è stata la più significativa da quando Mosca e Ankara hanno raggiunto il tentativo di evitare un’offensiva costituendo una zona smilitarizzata nelle aree ribelli nel nord-ovest lo scorso settembre. Negli ultimi mesi, i termini dell’accordo sono stati ripetutamente violati, con bombardamenti che hanno ucciso quasi 500 civili, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani. Questi attacchi – e gli sviluppi che ne conseguono – dimostrano che sono presenti crepe significative nell’alleanza russo-turca. Finora la Russia e la Turchia hanno costruito la loro cooperazione in Siria sull’interesse comune di contenere l’ingerenza degli Stati Uniti. Eppure, le grandi differenze sono diventate sempre più difficili da ignorare: Mosca ha esaurito la pazienza con Ankara per la sua incapacità di frenare l’HTS garantendo l’efficacia della zona demilitarizzata, mentre la Turchia è frustrata perché i russi, che hanno promesso di cacciare il YPG fuori da Tel Rifaat, non vi sono riusciti. Poiché i due attori sono sempre più incapaci di concordare una strategia da seguire in Siria, la Turchia ha cercato di appoggiarsi sia sulla Russia che sugli Stati Uniti per garantire i suoi interessi a est e ad ovest del fiume Eufrate.

L’ultima escalation militare è stata preceduta da due recenti sviluppi che hanno ulteriormente intensificato la sfiducia tra Mosca e Ankara. Il 25 aprile i colloqui di Astana tra Russia, Turchia e Iran non sono riusciti a produrre una svolta, nemmeno riguardo la formazione della tanto dibattuta commissione costituzionale. Poi il 2 maggio, il ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu ha annunciato che Ankara e Washington si stavano avvicinando alla creazione di una “zona di sicurezza” a est del fiume Eufrate, lungo il confine turco-siriano. La dichiarazione di Cavusoglu probabilmente ha sconvolto Mosca che ha deciso di esercitare pressioni su Tel Rifaat e Idlib.

L’area di Tel Rifaat non è contigua al resto dei territori che il YPG gestisce ed è attualmente circondata da forze turche e dall’esercito siriano libero sostenuto dalla Turchia a nord, da forze iraniane a sud-ovest, dal regime siriano e dalla polizia militare russa a sud-est. Mentre Russia e Iran stanno mantenendo Tel Rifaat come una zona cuscinetto per mantenere la Turchia e i suoi alleati siriani a distanza di sicurezza, Ankara vuole controllare l’area per consolidare i suoi guadagni territoriali verso Afrin. L’obiettivo a breve termine turco è quello di controllare pienamente la frontiera turco-siriana ad ovest del fiume Eufrate e aprire l’autostrada Gaziantep-Aleppo che darebbe alle imprese turche l’accesso al mercato siriano.

Idlib è di importanza strategica anche per la Turchia. Ankara teme che se il regime siriano riconquisti la provincia e circondi le aree ribelli, perderebbe una significativa influenza politica nel conflitto siriano e affronterebbe un’altra grande ondata di rifugiati in fuga verso la Turchia. Per la Russia, Idlib detiene un significativo valore strategico dal momento che circa due terzi delle autostrade che collegano rispettivamente Latakia ad Aleppo e Damasco ad Aleppo passano attraverso la provincia. Riconquistare il controllo su queste strade può aiutare il regime siriano con la ripresa economica. La Russia ha anche bisogno di proteggere alcune aree dell’Idlib occidentale per evitare ulteriori bombardamenti della sua base militare a Latakia da parte di gruppi ribelli.

Nel frattempo, altri due fattori possono complicare ancora di più la situazione di Ankara. In primo luogo, gli Stati Uniti hanno recentemente chiesto al governo turco di ritardare l’acquisto del sistema missilistico S-400 realizzato in Russia. Washington ha già tentato di mediare tra Turchia e il YPG: un avvicinamento di Ankara a Washington porterebbe la Turchia fuori dal processo di Astana e dalle relazioni acidule con la Russia. In secondo luogo, il silenzio turco sulla campagna guidata dalla Russia a Idlib potrebbe danneggiare la sua posizione con l’opposizione siriana, che in ultima analisi aumenterà l’influenza dell’HTS a Idlib e nelle aree circostanti a scapito delle fazioni siriane sostenute dalla Turchia.

Resta da scoprire che ruolo gli Stati Uniti vogliono ricoprire nella regione siriana: un funzionario del dipartimento di stato ha detto venerdì che l’amministrazione Trump prevede di intensificare la pressione politica ed economica sulla Siria nei prossimi mesi per costringere il governo di Bashar al-Assad a fare concessioni per quanto riguarda lo stallo nell’avanzamento nei negoziati di pace messi in atto dalle Nazioni Unite. Attraverso sanzioni, pressioni diplomatiche, e negazione degli aiuti alla ricostruzione, l’amministrazione Trump vorrebbe costringere Assad a scendere a compromessi magari impegnandosi perché il dittatore desista dall’impegno di riconquistare l’intera regione siriana. Un piano ambizioso, non c’è dubbio, ma bisognerebbe chiedersi se il bersaglio di Washington sia proprio il governo di Assad o se queste strategie siano state annunciate solo per fornire all’Iran motivi validi per cui iniziare a temere gli USA. Non dimentichiamoci infatti che negli ultimi giorni gli Stati Uniti hanno inviato una portaerei, dei bombardieri e dei missili in Medio Oriente in una spettacolarizzazione della potenza militare americana al fine di intimidire l’Iran.

Più pacate sono invece apparse le relazioni che gli Stati Uniti hanno intessuto con la Russia nel corso della settimana che sta per concludersi. Il Segretario di stato statunitense Mike Pompeo e il suo omologo russo Sergei Lavrov hanno concordato martedì presso la città di Solchi delle modalità per migliorare le loro relazioni, ottenere soluzioni efficaci in Siria e decrescere la tensione nella regione di Idlib. Nonostante la presenza di diversi fascicoli pendenti tra le due parti, Lavrov ha detto che Washington e Mosca dovrebbero mettere da parte anni di sfiducia e trovare un modo per collaborare costruttivamente e continuare le consultazioni bilaterali su diverse questioni, tra cui la necessità di sradicare il terrorismo in Siria e sostenere la piena attuazione della risoluzione 2254 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Dietro i giochi di strategia che le potenze stanno attuando nelle regioni settentrionali della Siria, si sta consumando – sotto gli occhi di tutti – una drammatica crisi umanitaria. Decine ONG hanno avvertito venerdì che le condizioni umanitarie nel nord-ovest della Siria hanno raggiunto un nuovo “punto di crisi” a seguito degli attacchi perpetrati dal regime siriano. Nell’appello pubblicato venerdì, 70 organizzazioni hanno chiesto la fine immediata dei combattimenti che hanno costretto alla fuga 180.000 persone nelle ultime due settimane. I bombardamenti hanno costretto almeno 16 organizzazioni umanitarie a sospendere le loro operazioni nella regione dal momento che le strutture ospedaliere sono state significativamente danneggiate o distrutte. La preoccupazione degli operatori umanitari è stata sottolineata anche dal il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. A tal proposito, il Consiglio di sicurezza dell’ONU venerdì ha tenuto un incontro urgente per discutere l’escalation di combattimenti in diverse aree della Siria nord-occidentale su richiesta di Belgio, Germania e Kuwait.

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  1. Che commenti possiamo lasciare noi poveri ignoranti che dei fatti siriani e non solo conosciamo soltanto quello che leggiamo dai giornali che raccontano i fatti a modo loro come è sempre accaduto nella storia della stampa libera o asservita?

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