La lotta allo Jihadismo parte dal carcere

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Su 60.549 detenuti presenti nelle carceri italiane, di cui 20.322 di nazionalità straniera, sono 462 alla data di oggi quelli monitorati per rischi connessi alla radicalizzazione e al proselitismo di matrice jihadista. Di questi, 209 sono sottoposti a un livello di attenzione classificato come alto (soggetti per reati connessi al terrorismo internazionale e soggetti di particolare interesse per atteggiamenti che rilevano forme di proselitismo, radicalizzazione o reclutamento); 112 a un livello medio (detenuti che all’interno dell’istituto penitenziario abbiano posto in essere atteggiamenti che fanno presupporre la loro vicinanza all’ideologia jihadista); 141 a un livello basso (quelli che meritano un approfondimento di analisi, al fine di poter essere inseriti negli altri due livelli o mantenuti al terzo o estromessi dal monitoraggio). Inoltre, ai 462 monitorati negli istituti, devono aggiungersi poi altri 92 detenuti che da inizio anno sono stati sottoposti a profilazione, ma successivamente sono usciti dal carcere: di questi, 25 ritenuti pericolosi, espulsi all’atto della scarcerazione.

Si tratta di numeri di peso, che testimoniano del fondamentale ruolo svolto dall’Amministrazione Penitenziaria e, in particolare, dell’opera degli uomini del Nucleo Investigativo Centrale (NIC) del Corpo di Polizia Penitenziaria nell’attività di prevenzione e di contrasto al terrorismo internazionale, con particolare riferimento a quello jihadista.

È sempre più nel carcere infatti che si concentra l’attenzione al fenomeno della radicalizzazione, che, oggi, vede proprio gli istituti penitenziari al centro delle strategie di prevenzione e contrasto al terrorismo di matrice islamica. Lo sanno bene al DAP e lo sanno benissimo i poliziotti penitenziari del NIC che, a fronte di una crescita esponenziale dei detenuti da monitorare, hanno affinato nel tempo strumenti e metodologie destinati all’analisi dei soggetti e perfezionato le attività di coordinamento e di condivisione delle informazioni con le altre Forze di polizia e le Agenzie di sicurezza.

La cartina di tornasole di questa centralità del carcere e del ruolo fondamentale svolto da operatori specializzati la si riscontra facilmente nel fatto di essere passati da 40 soggetti monitorati nel 2014, a 462 oggi, come dimostra la seguente tabella:

 

L’osservazione quotidiana dei dati inerenti la vita intramuraria e i contatti con l’esterno di tutti i soggetti monitorati si trasforma così in una raccolta sempre più completa di informazioni basata sull’analisi proveniente dal contesto penitenziario che approda sui tavoli dell’Autorità Giudiziaria (quando ci sono fatti di interesse investigativo o giudiziario) nonché su quelli dei vertici dell’Amministrazione Penitenziaria, della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, per poi essere condivisi, nell’ambito del Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo (CASA), con le altre Forze di polizia e le Agenzie di informazioni e sicurezza interna ed esterna. Non a caso gli stessi soggetti istituzionali dai quali provengono i riconoscimenti più importanti al Corpo di Polizia Penitenziaria per l’attenzione e la sensibilità sviluppata in materia.

Bookreporter Settembre

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