La dimensione geografica della politica internazionale

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La Società Geografica Italiana ha ospitato il secondo incontro del seminario organizzato dal professore Edoardo Boria “Nuovi orizzonti geopolitici: la geopolitica di oggi”, con la partecipazione di Lucio Caracciolo, Luca Scuccimarra, Silvia Siniscalchi e Rosario Sommella, con l’ introduzione del mediatore Daniela Scalea.

Daniele Scalea, ricercato dell’università di Roma “La Sapienza”, ha introdotto il rapporto politica-geografia come un rapporto da sempre esistito, nelle cui civiltà antiche veniva dato quasi per scontato: da Erodoto a Montesquieu il discorso geopolitico era basato sul presupposto stesso del legame tra politica e geografia. A partire dall’ 800 e per il secolo successivo si inizia a parlare di determinismo, distaccando quindi la dimensione umana dal resto. Verso la seconda metà del ‘900 al centro delle riflessioni si presentano le relazioni sociali, trasformando così in strumentalizzazione il discorso geografico nella politica. Fronte a queste evoluzioni nel corso del tempo vi sono state numerose reazioni, più o meno critiche ma a grande risonanza nell’opinione pubblica. La riscoperta della geopolitica ha comunque incarnato le tradizioni della dottrina, che nonostante i cambiamenti e le evoluzioni, resteranno sempre invariate.

Rosario Sommella, docente di geografia regionale presso “l’Orientale” ha esordito spiegando la vastità di concetti e teorie che la questione della dimensione della geografia abbraccia; la dimensione classica della geopolitica (con la tendenza ambientalista e l’affidamento alla spiegazione tramite le teorie delle relazioni internazionali) a volte appare un po’ “pesante” rispetto al pragmatismo cui si relaziona quotidianamente un discorso geopolitico. La storia è secondo Sommella l’elemento da cui poter parlare effettivamente di geopolitica, motivo per cui cita la Russia come esempio di paese che in base alla geografia ha costruito la sua storia di potenza e che ancora oggi vi basa le relazioni con il resto degli attori internazionali. Il professore si sposta poi sulla politica estera, domandando retoricamente come non si possa dire che essa sia influenzata dalla posizione geografica. Ciò che si necessita per la geopolitica d’oggi è rivisitare la geopolitica grafica, riprendere i fondamenti classici, tenendo però presente dell’importanza realistica, dei fatti che quindi compongono il teatro geopolitico attuale. Il nostro obiettivo deve essere quello di unire i fondamenti tradizionali con quelli contemporanei.

La seconda a intervenire è Silvia Siniscalchi, professoressa di geografia a Salerno la quale imposta il suo discorso sugli studi di Haushofer, uno tra i primi studiosi delle teorie geopolitiche classiche e che considerava la geopolitica una scienza al servizio della pace.  Il punto di partenza deve essere ad ogni modo domandarsi cosa voglia dire geopolitica: essa assume un significato ambiguo, essendo composta da due parole apparentemente discorde; vi sono infatti numerose definizioni relative a ciascuna delle due, ma più difficilmente una unitaria per entrambe. Seconda nota figura nominata dalla professoressa è Ratzel che in “La geografia dell’uomo” sconfessa la visione deterministica fatta dall’ interpretazione francese e afferma che l’uomo ha libertà di scelta ma non può annullare le sue condizioni primarie e che tale libertà è quindi limitata. Ratzel affronta poi un “eterno”  argomento: i confini, definendoli come un qualcosa di illusorio, dal momento in cui il popolo non è legato strettamente al suo territorio, ma bisogna considerare anche il fattore tempo, il contesto nel quale il popolo è inserito. Questi concetti secondo la Siniscalchi sono oggi alla base della geografia territoriale, soprattutto a livello locale. Conclude affermando che oggi la geopolitica dovrebbe esser vista come una riqualificazione territoriale della stessa politica, sempre più affidata a persone ignoranti ed incapaci di gestire dinamiche di importanza vitale. Deve essere una dottrina da praticare e non più teorie su teorie.

Lucio Caracciolo, direttore della rivista Limes riflette su come la geopolitica oggi sia un termine alla moda, anche se di uso recente. Si torna a riscoprire della geopolitica dalla fine della II Guerra Mondiale alla fine della Guerra fredda quando è evidente la necessità di rompere con gli schemi che fino a quel momento avevano sorretto il pensiero della geopolitica. Tale riscoperta, ammette Caracciolo, è purtroppo avvenuta in un momento in cui la politica internazionale è stata interdetta dalla scienza politica, i cui ragionamenti sono totalmente opposti rispetto a quelli della geopolitica: la scienza politica pensa che si possano formalizzare le leggi e le formule direttamente applicabili nei vari casi, mentre la geopolitica si libera di tali “scienticismi”. Ciò che rende la geopolitica attuale è proprio la contrapposizione della dimensione formale con quella pragmatica rappresentata dai fatti (si veda la Catalogna che ha una visione del proprio territorio molto più espansa di quella che la Costituzione, e quindi la base giuridica formale, effettivamente stabilisce); questo perché si sta riscoprendo la geografia in quanto legittimazione di attuazione di alcune politiche. Ciò nonostante Caracciolo ribadisce che non è mai stata così forte l’ignoranza dei politici, dei media ecc. su tali questioni. Individua infine il problema della geopolitica attuale nel fatto che ogni tanto provi a rifarsi alla scienza, tentando di prevedere il futuro e  provocando quindi semplificazioni che anche nella comunicazione pubblica eguagliano tutti i fenomeni critici, senza invece andare in profondità , analizzandone le specificità di ciascuno.

L’ultimo intervento è di Luca Scuccimarra, docente di storia del pensiero politico dell’università La Sapienza il quale colloca i rapporti storici del pensiero politico e geografico in uno spazio delle scienze sociali, dato l’inserimento sempre più spaziale della dottrina storica, motivo per cui negli ultimi 30 anni gli storici hanno imparato a studiare il tempo nello spazio. Cita Carlo Galli che oltre al livello spaziale parla di quello della costruzione riflessiva dello spazio politico, inteso come contesto in cui le azioni politiche si attuano. Questo tipo di studi è avvenuto in seguito alla nascita della realtà internazionali, degli studi delle relazioni internazionali e quindi con l’apparizione dello stato nazione sovrano. Un errore che secondo il professore è stato spesso compiuto è la restrizione del pensiero politico sui filoni nazionali, e non anche sovranazionali, sottovalutando così la complessità dell’universalità dei pensieri, nonostante poi si convenga che molti  dei fenomeni comuni a tutte le realtà sono il risultato di comuni atteggiamenti politici, come le persecuzioni religiose. Ciò che la geopolitica d’oggi può fare è  contribuire alla contestualizzazione, collegando la materialità dei fenomeni.

Da questi punti di vista si può indubbiamente affermare che la politica rappresenta un elemento chiave di tutto ciò che riguarda la realtà geopolitica e, anche se in maniera a volte eccessiva, quest’ultima occupa al giorno d’oggi una centralità senza precedenti; il miglioramento degli attori politici può essere senz’altro trovare adeguati strumenti per allargare innanzitutto la conoscenza di realtà a noi molto vicine e scoprire poi la modernità partendo dalle sue fondamenta dell’antichità.

Laura Sacher

Bookreporter Settembre

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