MFE Movimento Federalista Europeo, Gioventù federalista europea, the Spinelli Group e con il contributo della Rappresentanza della Commissione Europea promuovono una convenzione per affrontare tematiche in un momento caldo quale quello in cui ci troviamo: l’Europa ed il ruolo dell’Italia in essa. Più personaggi politici ed istituzionali, al di là della posizione politica, hanno condiviso il progetto per un’Europa più libera, federale e democratica, di cui l’Italia è parte integrante.
Borrelli, Vicepresidente della rappresentanza della Commissione Europea menziona le “conventiones democratiques” proposte dal Presidente francese Macron per recuperare la democrazia che ha sempre appartenuto all’Europa. Il riconoscimento di una cittadinanza federale può essere la risposta all’euroscetticismo, sempre più vicino al varco europeo; la partecipazione dei cittadini inoltre, in eventi centrali come le elezioni, è un’ indispensabile forza per dimostrare la volontà di ritrovare quei principi alla base degli equilibri istituzionali.
Anselmi, presidente del MFE si ispira ad Altiero Spinelli secondo il quale se un problema si continua a presentare senza incontrare una soluzione, è un problema storico; oggi, secondo Anselmi, quello dell’UE è un problema storico, da affrontare unitariamente, in cui l’Italia ne è al centro. La questione bilancio è senza dubbio uno dei punti di fuoco, essendo questo l’espressione delle azioni dei singoli paesi; le entità di bilancio ed il passaggio promosso dai Trattati di Roma dei contributi finanziari statali a quelli delle risorse proprie ha rappresentato un cambio di scena importante. Anselmi si pone favorevole ad un bilancio, pur se minore, basato su risorse proprie, piuttosto che uno maggiore ma riferito ad uno nazionale. Nello scenario europeo soprattutto i paesi minori colpiti da una crisi finanziaria devono essere supportati da quelli maggiori, dato che incidono inevitabilmente sulla realtà europea nel suo complesso. La riforma dei Trattati, anche dal discorso sull’Unione del 2017 del Presidente Junker, è “ineludibile”. Ci sono ora due strade: continuare a portare avanti il progetto da cui tutto ebbe inizio in quel 1940 degli italiani Spinelli e Rossi o abbandonarlo, il che vorrebbe dire far venir meno uno dei motori pulsanti della macchina europea.
Brok, del Gruppo Spinelli presenta anche lui l’Europa di fronte ad un bivio. Dopo 70 anni per la prima volta stanno nascendo problemi circa la legittimità con la popolazione europea: anni di successi hanno promosso scenari privi di qualsiasi tipo di dittatura, con la conquista di Stati di diritto per i suoi cittadini, la cui strada rimane però ancora lunga. Il bivio è rappresentato da una parte dai nazionalismi e le correnti conservative e dall’altra da chi, pur se con qualche dubbio, crede ancora in una risalita. Quali sono le sfide globali che al giorno d’oggi si presentano? Brok presenta competitività, commercio più equo, risposte alla crisi economica, senza tralasciare la questione migrazione e clima; sfide che devono essere affrontate collegialmente. I cittadini ora richiedono più sicurezza proprio per un’assenza di conformità tra i paesi membri, il che si traduce con maggiori contributi al sistema di difesa comune. Brok avvisa che a livello di uomini, l’UE è più fornita dell’America, ma con risultati meno soddisfacenti a causa della distanza che ancora separa i suoi membri. Europa – Africa è un binomio che ultimamente è al centro della scena politica europea, perché segna l’inizio di un’ azione esterna europea nei paesi non del tutto sviluppati. Conclude avvertendo che l’unica risposta a tutto ciò, non può che essere la reazione dei paesi mediante nuovi strumenti di ricollocamento economico. Brexit c’è stata ma non si può ripetere.
Gozi riflette sul progetto degli Stati Uniti d’Europa come possibile soluzione al caos fronte al quale l’Europa si trova attualmente, progetto ben diversamente realizzabile da quello proposto da Spinelli e Co,a causa del contesto storico in cui ci si trova, ma un obiettivo non si raggiunge se non vi è neanche un minimo di coraggio per il rischio. Utilizza come punto di riferimento il discorso della Sorbona del Pres. Macron, chiedendosi però se l’Italia sia in grado a rispondere all’appello francese. Va comunque reso noto che sono 2 miliardi, la cifra risparmiata dai contribuenti sociali, con il successivo dimezzamento delle frazioni europee che hanno portato l’Italia da maglia nera della legalità, a maglia rosa. In 4 anni le frodi europee sono stata diminuite del 60%: tali risultati non so che dovuti ad un lavoro di collaborazione con il PE nella sua totalità. La credibilità si viene a formare proprio da effettivi risultati come questi; tutto ciò è solo l’inizio di un processo di apertura in cui l’Italia non deve assolutamente arrestarsi e in cui la richiesta di crescere democraticamente può essere accompagnata dall’introduzione delle liste transazionali per un maggior coinvolgimento. Europa è Stato di diritto, tutela dei diritti fondamentali e quindi non solo di scelte politiche economiche in cui l’euro è indubbiamente uno strumento finanziario necessario, ma Europa rappresenta una necessità.
Malan fa un discorso centrato sull’economia, in cui spread ed eurobonds sono tra gli elementi chiave; il divieto del surplus è un altro vincolo controllato dall’economia europea, i cui maggiori paesi indipendenti economicamente impongono maggiori misure restrittive. Affronta poi la solidarietà circa la questione migratoria,ribadendo che debba presentarsi come una vera e propria responsabilità, dove i contributi europei sono sì fondamentali ma a livello di accoglienza le misure da prendere devono essere più equilibrate tra i paesi, non potendo contare solo sul territorio italiano. Altro campo di cui l’Italia è uno dei maggiori contribuenti è quello delle piccole e medie imprese, che devono essere sfruttate in maniera più valida.
Duff parla a nome dello Spinelli Group che proporrà un progetto elettorale per le elezioni europee del 2019, come un nuovo manifesto. Circa la funzionalità e validità dei Trattati bisognerebbe rifletterci, essendosi oggi l’Unione Europea evoluta, rispetto a quella che era ieri. Forse il ruolo dell’Alto Rappresentante ha trasformato il potere della Commissione nelle relazioni esterne, e da qui la proposta di Juncker di un’unica figura del Presidente in quanto rappresentante sia della Commissione che del Consiglio. Si è poi disposti ad assistere ad un aumento del potere esecutivo a discapito di quello della Commissione? Per quanto riguarda il meccanismo di stabilità, sarà possibile uno strumento di fondo monetario europeo? Circa la tassazione generalizzata, proposta del ministro italiano Monti, ci si chiede se i cittadini europei siano d’accordo e soprattutto pronti ad affrontare un cambio del genere. Riprende le già menzionate liste transazionali, auspicandosi che possano diventare progetti concreti o altri strumenti con cui l’Unione Europea si avvicini all’assetto federalista, così come la possibile elezione del Presidente della Commissione a suffragio diretto. Infine menziona Brexit e piuttosto che riflettere sulle motivazioni che l’ hanno provocata, preferisce concentrasi sul lavoro che dovrà esser compiuto d’ora in avanti.
Quagliarello si domanda il motivo per cui prima del 1989 l’Europa fosse così popolare e stimata dalla popolazione italiana; dalla globalizzazione in poi il concetto di Europa diventa oggetto diviso e a volte anche penalizzante in contesti in cui non riceve consenso. Prima era un’Europa che effettivamente cercava equilibri e punti in armonia fra i vari paesi, sorpassando le ideologie e le posizioni contrastanti, esempio lampante è quello del generale De Gaulle che nonostante avesse sempre dimostrato una posizione anti-europeista quando, nel 1958, l’agricoltura francese e l’economia europea necessitava di una spinta, fu egli stesso a promuovere i Trattati della CEE. Il problema è che la crisi attuale non è stata recepita da un’autorità sovranazionale, come quella che magari nel 1989 avrebbe reagito, ma soltanto da una nazionale che si è però dimostrata incapace. Il senatore non ritiene sia corretto chiedere più Europa, ma piuttosto un’Europa più giusta in cui sicurezza e lotta all’immigrazione possono vedersi risolte grazie ad una maggiore integrazione europea, in cui forse una revisione dei Trattati potrebbe soltanto contribuire in positivo.
Fassino esordisce: “bisogna rallentare o rilanciare”? Pensa sia più corretta la seconda, dato che in questi anni l’Italia si è “imbarcata” ma senza raggiungere mai la riva. Un grande passo è stato sicuramente il primo atto per la cooperazione rafforzata di difesa, sempre stata materia di prerogativa della sovranità nazionale e poco rientrante tra le competenze e materie di attuazione. Il dibattito delle direzioni dell’UE a più velocità ritiene non essere possibile, dal momento in cui non c’è nessuno che effettivamente voglia rimanere indietro; piuttosto bisogna puntare ad una velocità comune, dimostrazione ottenuta proprio dal risultato in PESC. Armonizzare le politiche non riguarda solo le politiche sociali ma anche l’educazione e tutti gli ambiti d’azione principali fino alla governance, che negli ultimi anni ha assistito ad una crescita della governabilità nazionale. Gli Stati uniti d’Europa sono un orizzonte, che anche se non immediato, rappresenta un obiettivo.
Bresso, parlamentare della commissione Affari costituzionali al PE e membro del gruppo Spinelli, ritorna sul discorso della necessità di revisione dei Trattati; la Carta di Gotenberg a tal proposito ha dimostrato la necessità di un’Europa anche sociale. La crisi economica ha portato grande diffidenza e sfiducia in tutti, con anche il rischio del ritorno dei populismi e nazionalismi ma è anche vero che si sta uscendo da questa fase ed è questo il momento di riavvio. Pur se lentamente si sta assistendo ad un risveglio generale da parte degli stessi cittadini che sentono effettivamente questa necessità più attuale che mai. Difesa, politica economica, giustizia dovranno essere i centri di gravità permanente dell’Europa federale, un’Europa disposta a mettere in gioco la democrazia dei governi.
S.Parisi riflette sulla prassi odierna di scaricare problemi italiani su quelli dell’Europa, quando purtroppo la verità è che si è andati a perdere quella che una volta era l’identità del nostro paese. Bisogna ritrovare un luogo comune di condivisione delle necessità innanzitutto a livello locale ed avere il coraggio di creare una volta per tutte una leadership europea autonoma nelle scelte, senza doversi più rifugiare in altre organizzazioni come l’ONU. “Che sia un’Europa unita ma pur sempre indipendente”, dichiara Parisi.
Mazziotti afferma che l’obiettivo delle elezioni è quello di coniugare diverse linee politiche verso un’unica linea in cui la ricostruzione dell’Europa sta tra i primi posti, e il momento per iniziare a formare una coscienza comune su questo argomento non può che essere questo.
Argenziano, uno fra gli organizzatori dell’incontro, in quanto membro del MFE conclude volendo sottolineare come i tecnicismi non debbano confondere e confondersi con il ruolo della politica, nonostante negli ultimi anni siano stati particolarmente in voga. Un giorno commemorativo come quello del 27 gennaio dovrebbe farci comprendere l’importanza dei massacri che oggi si presentano in prossimità dei confini europei, di cui però spesso si finge di non esserne al corrente.
Sarà dunque una missione impossibile quella di rimettere in gioco l’Unione Europea o semplicemente questione di tempo e grandi sacrifici, i cui risultati successivi però andranno a beneficio di tutti gli attori coinvolti? Un primo passo dell’Italia per questa missione sarà indubbiamente segnato dal risultato delle elezioni del prossimo marzo.
Laura Sacher