Regeni, caso chiuso ma non risolto

in MEDIO ORIENTE/POLITICA by

Davanti alle Commissioni riunite di Camera e Senato il ministro Alfano ha dichiarato che, nonostante il caso Regeni, i rapporti dell’Italia con l’Egitto e quelli dell’Egitto con l’Italia sono inalienabili. Ha aggiunto che tra i compiti che il nostro Ambasciatore dovrà svolgere c’è anche quello di continuare, di concerto con le autorità egiziane, a cercare la verità su quanto accaduto al nostro povero connazionale. Certo, dopo tutte le accuse di resa avanzategli dalle opposizioni interne alla coalizione che sostiene il Governo, non poteva dire altrimenti ma è a tutti chiaro che, nella sostanza, il “caso Regeni” è pressoché chiuso. Non importa quali altre carte o filmati saranno trasmessi alla nostra magistratura: la verità è già conosciuta ma, semplicemente, non si può dire.

Resteranno oscuri alcuni aspetti della vicenda quali, ad esempio, il perché’ il cadavere sia stato lasciato in una località ove sarebbe stato facilmente rinvenuto. Oppure quali rispettivi ruoli abbiano avuto la polizia egiziana e i servizi segreti di quel Paese. O ancora se anche altri “servizi” abbiano o meno avuto una parte nella storia e, nel caso, a quale scopo. Comunque, la sostanza è che, magari senza capirne tutti i contorni e le finalità, il giovane dottorando stava raccogliendo informazioni e contatti negli ambienti contrari al regime e che stava trasmettendo quei dati ai suoi mandanti a Londra. In altre parole, stava collaborando a quello che avrebbe potuto trasformarsi in una ribellione contro il Governo attualmente in carica.

Che questa ricostruzione sia la più plausibile è confermato dal fatto che la sua relatrice che gli affidò l’incarico, è una professoressa di origine egiziana che si era già distinta come ostile ad Al Sisi e, davanti alla richiesta della nostra magistratura di poterla interrogare, si è negata. Come lei, hanno rifiutato la collaborazione con i nostri investigatori anche tutti gli organi dirigenti dell’Universita’ di Cambridge, l’ateneo ove il povero Regeni sperava di costruire la sua carriera di ricercatore.

Poichè la vittima di quel brutale trattamento è un cittadino italiano, era scontato che il nostro Governo avanzasse pretese di chiarimenti sia da parte egiziana che britannica e sarebbe stato altrettanto naturale ottenere collaborazione da entrambe. Chissà perché’ seppur con gli egiziani la mancata assistenza ha portato a una nostra ovvia reazione diplomatica, contro la Gran Bretagna, che ci ha silenziosamente snobbati, nessuna reazione è stata prevista.

D’altra parte, se gli egiziani ci avessero fatto conoscere la verità ufficialmente e cioè che erano stati organi dello Stato a torturare e uccidere il nostro concittadino, saremmo stati obbligati a una formale e dura reazione, ben più pesante del semplice richiamo dell’Ambasciatore. Tuttavia ciò avrebbe significato rompere per un tempo indeterminato i rapporti tra i due Paesi che, come ha affermato giustamente Alfano, devono invece restare ottimali. È perfino comprensibile l’atteggiamento dei britannici. Dovevano dirci formalmente di aver “usato” un ambizioso ma insospettabile studente italiano per una operazione di spionaggio utile solo a loro? Quando mai? In qualunque parte del mondo, se una spia viene scoperta tutti i mandanti si precipitano a smentire di esserlo stati. Ebbene, i nostri bravi alleati d’oltre Manica non si sono nemmeno sprecati a mentirci: hanno semplicemente rifiutato di parlarci.

Ora, dopo mesi in cui il nostro Ministero degli Esteri ha manifestato il nostro disappunto, cosa che dovevamo fare per salvare la faccia, è arrivato il momento di ritornare a pensare realisticamente ai più grandi e ai veri interessi del nostro Paese: è quello che è stato fatto inviando un nuovo Ambasciatore.

A chi accusa il Governo di debolezza o di privilegiare interessi economici alla nostra dignità, basta ricordare che, appena noi ritirammo il nostro diplomatico dal Cairo, il Presidente francese Hollande si precipitò in Egitto con una pletora di industriali francesi (che bell’esempio di solidarietà europea! …) per fare affari in tanti settori, magari proprio sostituendo le aziende italiane che erano venute a trovarsi in difficoltà per la nostra mossa. Non solo, gioirono dell’incidente anche tutti coloro che si erano preoccupati (alcuni fortemente) all’annuncio della scoperta del giacimento di gas Zohr fatta dalla nostra ENI in acque egiziane. Si tratta del più grande giacimento di tutto il Mediterraneo che fa impallidire i precedenti due ritrovamenti nelle acque israeliane/cipriote. Zohr non darà all’Egitto soltanto una autosufficienza energetica dal valore strategico incommensurabile, ma gli consentirà perfino di diventare un esportatore netto di gas. È ovvio che essendo stata l’ENI a cercare e trovare quella ricchezza, molte altre aziende italiane potranno essere coinvolte nel suo sfruttamento. Ciò, naturalmente, se i rapporti tra i due Paesi continueranno ad essere virtuosi come lo sono sempre stati nel passato. L’interruzione dei rapporti diplomatici, se continuata, avrebbe pregiudicato la collaborazione in questo campo ed è esattamente ciò che molti altri Stati si auguravano.

Come se non bastasse, è bene anche ricordare ai nostri “moralisti” che uno dei maggiori problemi politici che stiamo fronteggiando è il continuo afflusso di “profughi” dalle coste nord africane. Il Governo si è mosso facendo accordi con i sindaci di tanti villaggi libici, con i capi tribù e con il Governo di Tripoli, ma è noto che Al Sarraj controlla solo una parte del territorio e che tutta la Cirenaica è invece sotto il controllo del gen. Haftar, che sta a Tobruk. Mentre la gran parte della Comunità internazionale sostiene il primo, l’Egitto è il principale sponsor (anche militare) del secondo. Dopo il nostro accordo con Al Sarraj, Haftar si era precipitato a dichiarare di essere pronto a colpire i “neocolonialisti” italiani, lasciando intendere che o si trattava anche con lui oppure il nostro con Tripoli era un puro “chiffon de papier”. Uso non a caso il termine in questa lingua (anche se il primo a definire così un trattato fu un generale tedesco, proprio contro la Francia) perché’ il nuovo Presidente francese ha cercato di emarginarci anche in Libia, ponendosi come mediatore tra le parti per ipotecarvi il futuro.

Nonostante i “cugini”, il nostro ritrovato rapporto con il Cairo sarà utilissimo pure per i negoziati con Tobruk, poiché’ Haftar non può certo negarsi ad un invito in questo senso che gli arrivasse dall’Egitto.

La politica internazionale è una questione molto complessa per le innumerevoli varianti che entrano in gioco e l’abilità diplomatica consiste sempre in un difficile equilibrio tra forza vera, forza apparente, bluff, menzogne, verità, idealismo e realismo. Ogni Governo che persegua gli interessi del suo popolo deve sapere, all’occasione, usare tutte le armi a sua disposizione senza velleitarismi o fanatismi. Che ci piaccia o no per molti altri motivi, nel caso dei rapporti con l’Egitto Gentiloni ha fatto quanto poteva e quanto doveva, niente di più ma anche niente di meno.

 

Dario Rivolta

 

Bookreporter Settembre

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