Cosa è successo il 9 e 10 maggio a Kumanovo? I fatti parlano di due giorni di scontri fra le forze dell’ordine macedoni e gruppi armati non meglio identificati durante i quali hanno perso la vita ventidue persone (8 agenti di polizia e 14 miliziani).
Oltre a questo non si sa molto altro, ecco dunque che gli avvenimenti si prestano a molteplici interpretazioni e possono avere diversi gradi di lettura. Un piano sicuramente interessante in base a cui analizzare tali avvenimenti, è quello offerto dallo sguardo della vicina Serbia, perchè qui molti osservatori non sembrano essere stati colti impreparati dai fatti di Kumanovo.
Il comandante dell’Agenzia Militare di Sicurezza serba Petar Cvetkovic, ad esempio, sostiene che gli agenti del servizio di sicurezza serbo avrebbero avvertito i loro omologhi macedoni in merito a possibili attacchi terroristici già nel mese di aprile, aggiungendo che i responsabili degli scontri di Kumanovo sarebbero dei terroristi albanesi già presenti in territorio macedone in quel periodo, e che le forze di polizia della FYROM avrebbero deliberatamente ignorato questi avvisi bollandoli come esagerazioni. Il militare, parlando dei due giorni di scontri, ha affermato che la maggior parte dei combattenti uccisi proveniva dal Kosovo e condivideva il progetto della creazione di un’unica entità politica albanese che includa le parti di Serbia, Macedonia, Montenegro e Grecia abitate da questo gruppo etnico.
Di “Albania Naturale” aveva del resto già parlato quattro anni fa l’ex ambasciatore serbo a Parigi Dusan Matkovic, avvertendo del pericolo della creazione di un’entità simile.
Durante queste settimane, alcuni giornali serbi hanno poi affermato che l’Occidente rifiuta di condannare gli attentatori kosovaro-albanesi di Kumanovo per convenienza politica, visto che si tratterebbe di cittadini di un Paese che lo stesso Occidente ha contribuito in maniera determinante a far nascere. Siti e quotidiani si sbizzariscono poi a montare le più svariate teorie del complotto, dove protagonista risulta essere un’élite politica albanese in grado d’influenzare le scelte degli Stati Uniti.
Al netto delle speculazioni resta però un ragionamento coerente che può essere fatto da Belgrado: se è confermata l’appartenenza dei combattenti uccisi alle fila dell’UCK (Esercito di Liberazione del Kosovo, i cui vertici sono al governo dello Stato), bisogna riconoscere che tale Stato utilizza mezzi terroristici per destabilizzare la vita politica di altri Paesi.
Tale ragionamento ha delle conseguenze sull’immagine rispettivamente della Serbia e del Mondo Occidentale:
Per quanto riguarda la Serbia, tutto ciò significa accreditarsi come un interlocutore serio e affidabile nella lotta al terrorismo internazionale, consentendole di puntare l’attenzione sui pericoli che corre la minoranza serba in Kosovo e Metohija, questione che sta a cuore a Belgrado.
Per il Mondo Occidentale invece, vorrebbe dire riconoscere che l’azione militare che ha svolto in questi luoghi nel 1999, ha contribuito allo sviluppo del terrorismo internazionale così come è avvenuto più recentemente per altri interventi armati.
Si tratta sicuramente di punti di vista, anche se di Kumanovo, per il momento, non si sa molto altro.
Gianluca Gerli