Criminalità transnazionale, governance e fattispecie di reato

Il fenomeno della criminalità transnazionale è esploso alla fine del secolo scorso, facendo proprie le dinamiche tipiche della globalizzazione: sfruttando flussi economici, instabilità finanziarie, conflitti e situazioni di degrado ha evoluto i propri schemi impadronendosi di nuove realtà, accogliendo nuovi gruppi e divenendo sempre di più l’ombra grigia di qualsiasi attività.

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La criminalità organizzata transnazionale, come tutti i fenomeni sociali, va analizzata all’interno del contesto in cui è inserita. La sua evoluzione è parte del fenomeno di trasformazione inaugurato dalla terza era di globalizzazione, quella iniziata dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989. Come tale, la criminalità transnazionale (in un certo senso un’evoluzione del crimine comunemente inteso) è caratterizzata non solo dall’emergere di nuovi gruppi criminali ma dalla nascita di nuovi fenomeni, nuove fattispecie di reati. La classificazione di un reato come transnazionale deriva dal carattere proprio dell’attività, che si può racchiudere nella definizione di cross border criminal activity. Non siamo di fronte, quindi, ad un semplice reato, ma ad un reato considerato tale in quanto fa proprio l’elemento territoriale, che si sostanzia nell’attraversamento di un confine.

La caduta del muro di Berlino, non si inserisce a caso nella storia evolutiva del crimine transnazionale: simbolo di un conflitto ideologico e politico che era riuscito a mantenere stabili e sotto un relativo controllo i sistemi criminali (anch’essi in qualche modo limitati dalle barriere economiche e sociali che erano frapposte tra i due blocchi) ha avuto ripercussioni su larga scala non solo in riferimento alla geografia dei commerci, ma anche all’espansione della criminalità. I vecchi e nuovi gruppi criminali hanno potuto contare su una serie di facilitazioni, a partire dalla diminuita importanza dei confini tra gli Stati, usufruendo poi dell’aumento senza precedenti dei traffici commerciali e della loro liberalizzazione, della disponibilità di nuove tecnologie e della volatilità dei flussi di denaro.

Le organizzazioni criminali transnazionali, adottando un modus operandi tipico delle imprese (massimizzando i guadagni e cercando di ridurre al massimo i costi) agiscono da un lato prediligendo l’occupazione di quelle zone grigie non controllate dalle autorità (dovendosi intendere per zone grigie non solamente le aree delimitate territorialmente ma allargando tale definizione fino ad includere flussi nascosti di beni o di denaro) attraverso la commissione di illeciti non sempre perseguibili poiché non sempre riconosciuti come tali, dall’altro affiancandosi all’economia legale ed inserendovisi. Se guardiamo al contrasto alla criminalità organizzata come ad una parte del più ampio processo di governance possiamo sostenere che, diversamente da quanto accadeva in passato, quando gli interessi degli stessi Stati erano più squisitamente nazionali e le organizzazioni criminali avevano nel territorio di nascita i loro interessi ed il loro nucleo operativo, oggigiorno esse hanno esteso e ramificato i loro interessi nei più disparati settori svelando quanto il sistema globale sia permeabile rispetto alle minacce del crimine organizzato. Per dirla con le parole di Albanese: “In a today’s world, a single criminal operation may involve the collusion of corporations, career criminals, and corrupt government actors from different countries and cultures” (Ross Madeline B. K., Criminal Activity in a Globalizing World).

Alcuni dei fattori associati all’espansione del crimine organizzato transnazionale sono: conflitti militari, mancato rispetto dei diritti umani, errata pianificazione dello sviluppo nelle aree povere del mondo, sensibilità alla corruzione sia da parte delle imprese che dei cittadini, dei governi e dei settori della finanza, disomogeneità legislative che rendono difficile stabilire prima e perseguire poi determinati reati, presenza di mercati oscuri di cui è impossibile fornire dati precisi, difficoltà pratiche nel contrasto sul territorio. Tra le difficoltà che incontrano le autorità vi è poi quella tipica dell’individuazione dei vari aspetti che sono associati al crimine e ne permettono l’individuazione, le differenti modalità con cui i vari Paesi combattono questa minaccia e le diverse definizioni di crimine organizzato che dipendono molto spesso dal carattere tipicamente autoctono dei gruppi criminali. Vi sono quindi micro e macro elementi che caratterizzano il processo di contrasto al crimine a seconda dell’autorità, del Paese, della normativa, del territorio in questione delle sue caratteristiche sociali, economiche, culturali ecc). Non è possibile quindi dare una definizione esatta riguardo al modello delle organizzazioni criminali transnazionali, che dipendono da vari fattori come la presenza i barriere economiche, legali, le diverse strategie interne alle organizzazioni stesse, la competizione territoriale.

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I reati transnazionali propriamente detti si configurano, offrendo una definizione comprensiva delle varie linee di interpretazione, come quell’insieme di fatti illeciti commessi in violazione delle norme di più Stati da gruppi organizzati (associazioni di persone) allo scopo di ottenere vantaggi anche di tipo economico attraverso la corruzione, lo sfruttamento di persone, crimini informatici, la condotta di traffici illeciti, riciclaggio di denaro. La Convenzione di Palermo, all’art. 2, definisce il gruppo criminale organizzato come “un gruppo strutturato, esistente per un periodo di  tempo, composto da tre o più persone che agiscono di concerto al fine di commettere uno o  più reati gravi o reati stabiliti dalla presente Convenzione, al fine di ottenere, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o un altro vantaggio materiale”, ma la dottrina ne ha poi ampliato la definizione fino ad includervi le cosiddette organizzazioni criminali disorganizzate. Possiamo certamente affermare che un’organizzazione criminale è caratterizzata da un sistema di gestione di flussi criminosi attraverso il concorso o la partecipazione di una pluralità di soggetti per il raggiungimento di un obbiettivo attraverso la conclusione di accordi interi o esterni alla struttura stessa.

Sulla base di quanto sin ora esposto e di quanto riporta il Nono Congresso delle Nazioni Unite sulla Prevenzione del Crimine e il Trattamento dei Trasgressori possono essere compresi tra detti reati: il reato di terrorismo, traffico di armi, riciclaggio di denaro, furto di opere d’arte e culturali, furto di proprietà intellettuale, dirottamento aereo e terrestre, pirateria marittima, tratta di esseri umani, commercio di organi, traffico di stupefacenti, bancarotta fraudolenta, crimini ambientali, infiltrazione nel commercio legale, corruzione di pubblico ufficiale e rappresentante politico, frode assicurativa, crimini informatici. In genere, sono ascrivibili ai crimini transnazionali tutti quei crimini che siano commessi nel rispetto del dettato dell’articolo 2 della Convenzione di Palermo e che siano caratterizzati dalla gravità.

Un problema molto pratico nell’individuazione dei crimini transnazionali è dato dalla scarsità delle informazioni, dall’impossibilità di avere dati attendibili che rispecchino i trends globali partendo da dati locali. Ciò che rende difficile distinguere tali crimini è innanzitutto la loro crescente interdipendenza, la differenza nella struttura delle organizzazioni criminali che varia nella dimensione, nella gerarchia, nel tipo di commercio, di modo in cue essi sono inseriti all’interno di una catena che collega strutture interne e mercati. Il crimine come fatto giuridico è dunque collegato alla natura dell’organizzazione e all’attività che essa esercita. In questo senso, si evidenziano due vie di interpretazione. La prima descrive l’importanza di un’analisi dello sviluppo in senso orizzontale e verticale delle organizzazioni criminali. E’ stato teorizzato che lo sviluppo delle organizzazioni criminali le rende sempre più interdipendenti e ciò è vero anche per quanto riguarda le loro attività. Lo sviluppo di tipo orizzontale è tipico delle organizzazioni opportunistiche, esso cioè tende a connettere più attività inizialmente indipendenti attraverso accordi tra gruppi criminali e spiega come una sola organizzazione tenda a gestire più traffici o attività. Lo sviluppo di tipo verticale è associato alla pericolosità del gruppo criminale e si rivela nella serie di meccanismi e di reati messi in pratica per condurre un’operazione. La seconda invece collega l’esistenza dei crimini transnazionali alla presenza di gruppi terroristici: questo vincolo si sviluppa come diminuzione dell’appoggio degli Stati a questi gruppi in seguito alla fine della Guerra Fredda, che li ha costretti a cercare ulteriori forme di finanziamento spesso collegate a traffici transnazionali.

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