Una chiacchierata al pub con Mike Dawes

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È una fredda serata di fine Febbraio a Roma, e nella penombra di un pub di periferia, il “Let it Beer”, abbiamo avuto la fortuna di scambiare due chiacchiere con Mike Dawes. Il prodigioso chitarrista inglese si trova di passaggio nella capitale per la data romana del suo tour europeo solista. Noi lo abbiamo incontrato pre-concerto, ed il giovane musicista ha gentilmente accettato di raccontarci del suo nuovo tour, della sua musica, dei suoi sogni e delle sue chitarre.

Chiara
Ciao Mike, innanzitutto bentornato a Roma! Come sta andando finora la parte italiana del tuo nuovo tour?

Mike
Benissimo. È stato davvero divertente. È la prima volta che faccio un tour da headliner in Italia e abbiamo suonato ogni giorno. Quindi non ho avuto pause, solo concerti, una sera dopo l’altra, il che è stato davvero divertente e molto rilassante. In un certo senso è stato come se ogni data fosse una sorta di prova generale in vista della sera successiva. Ho passato tutto il giorno a mangiare ottimi piatti di pasta e fermarmi agli autogrill e ho potuto visitare città incredibili, davvero incredibili.
Quindi ecco direi che è stato fantastico. E spero di tornare per un nuovo tour nel 2025.

Chiara
Noi ovviamente saremo qui ad aspettarti allora!! L’ultima volta ti ho visto suonare a Roma con Tommy Emmanuel, che è stato recentemente premiato con un Grammy per l’arrangiamento musicale. Com’è stata quell’esperienza?

Mike
È stato incredibile. Tommy ed io abbiamo pubblicato un EP insieme nel 2022, un piccolo CD, e venire con Tommy in Italia l’anno scorso, ecco, per me è stata la prima occasione di conoscere gran parte del Paese. Abbiamo visitato la Sicilia, Napoli, molti luoghi del sud dove non ero mai stato prima. La vittoria del Grammy è stata speciale poi. Con Tommy avevamo appena suonato a Dublino, in Irlanda, giusto la sera prima della cerimonia. Subito dopo il concerto, è andato all’aeroporto, ha preso l’aereo e ha vinto e noi siamo stati tutti molto, molto felici per lui. Adesso la prossima volta che verrà in Italia, sarà un vincitore di un Grammy, il che è molto bello.

Chiara
Bellissimo. Sí, avevo visto visto che avete suonato a Vicar Street a Dublino.

Mike
Sì. Ho detto al pubblico irlandese che non avevo mai bevuto una Guinness e mi hanno fischiato tutti. Ho osato fare persino questo ed è stato molto divertente.

Chiara
È stata una dichiarazione molto coraggioso da parte tua in quel contesto!

Mike
Beh, è un buon modo per ottenere Guinness gratis, perché dopo mi hanno offerto tutti da bere per farmela provare.

Chiara
Sei stato recentemente definito il miglior chitarrista acustico del mondo. Chi sono, i tuoi modelli di riferimento o i musicisti a cui ti ispiri, se ne hai?

Mike
Beh, tanto per cominciare, ritengo che sia Tommy Emmanuel il più grande chitarrista del mondo, ma ringrazio comunque mia madre per aver votato per me e aver contribuito a farmi avere quel titolo. Per quello che riguarda i miei modelli, stranamente le mie influenze provengono molto sia dalla musica rock e metal che da chitarristi acustici americani come Michael Hedges e Andy McKee. È stato solamente quando ho iniziato a lavorare con Tommy Emmanuel che ho scoperto la sua discografia, e adesso è il mio chitarrista preferito al mondo. Ma dove sono cresciuto io all’epoca, la sua musica non circolava poi così tanto. Ciò che rende Tommy straordinario è che riesce a combinare tutta l’energia di uno spettacolo rock and roll, cosa che ho sempre amato, con le sonorità della musica melodica per chitarra acustica che mi affascinano adesso.

Chiara
Torniamo ora indietro nel tempo invece. Quand’è che hai iniziato a sviluppare un interesse per la musica? È sempre stato attraverso la chitarra oppure è arrivato anche da altri strumenti?

Mike
Beh, in realtà ho iniziato con la tastiera perché mia madre in casa aveva una vecchia tastiera Casio. Attraverso quella, per la prima volta ho potuto usare un solo dito per premere un tasto e produrre un suono. La tastiera è molto più facile della chitarra perché con la chitarra hai bisogno di due mani o due dita, che lavorano insieme per produrre un suono. Ma con la tastiera o con il pianoforte è come premere un pulsante su un computer o qualcosa del genere. Così ho iniziato a premere i tasti e a creare piccole canzoni quando avevo circa sei o sette anni, ascoltando la radio e cercando di rielaborare le melodie sulla tastiera.
È da lì che è nato il mio amore per la musica. Mio padre poi è anche un trombettista, quindi ho anche imparato a suonare un po’ la tromba, ma una volta scoperta la musica rock and roll, lo strumento che davvero volevo suonare la chitarra elettrica e allora ho iniziato da lì. Ho cominciato a suonare la chitarra elettrica all’età di 12 anni e solo in seguito sono passato alla chitarra acustica.

Chiara
Domanda successiva: Quando suoni usi la chitarra per riprodurre la melodia, la linea di basso e l’elemento percussivo. Nel processo di composizione della tua musica, da quale elemento parti?

Mike
È una domanda interessante. In realtà non esiste un’unica modalità con cui affronto la composizione di un brano musicale. A volte inizio dalla melodia, perché per me la melodia è la parte più importante. Se stai scrivendo un pezzo di musica che deve avere una risonanza per la gente, allora credo sia importante avere una melodia che sia facile da ricordare e canticchiare mentre si cammina per la strada. Spesso mi viene in mente una melodia e solo in seguito trovo gli accordi per accompagnarla, e credo che poi sia così che viene creata molta musica pop. Quindi sto cercando di imparare a comporre dai grandi produttori di musica pop, come, ad esempio, Max Martin.
Altre volte mi capita di sperimentare una nuova accordatura della chitarra e mi si presentano accordi e suoni e melodie interessanti, in un momento di pura ispirazione, sai, e allora continuo a sperimentare ed è quasi come se l’accordatura rappresentasse un genere diverso di pittura per me, allo stesso modo degli acquerelli, delle illustrazioni digitali, o dei disegni a carboncino in bianco e nero. Penso ad ogni accordatura come a una specifica modalità creativa, che in un certo modo detta il colore della canzone, non se questo ha senso per te…
Per me ci sono volte in cui la composizione segue linee più tradizionali, come quando inizio dalla melodia, e scrivo prima quella, ed altre in cui il processo diventa cosmico e spirituale ed è l’accordatura ad indicarmi la direzione da seguire.

Chiara
Da un ascolto attento della tua produzione musicale, appare evidente in alcuni brani la presenza di una componente folk, si tratta di un qualcosa che deriva dalla musica tradizionale del tuo paese?

Mike
Assolutamente sì. Mia madre è un’appassionata di musica folk, ed anche il mio padrino, uno dei migliori amici dei miei genitori. Il mio padrino ha sempre suonato la chitarra acustica e alcuni dei primi ricordi che ho sono legati a lui che suona e canta melodie folk. Così alla fine da adolescente a scuola imparavo a suonare la chitarra elettrica, canzoni rock ovviamente , e poi quando tornavo a casa imparavo la musica folk.
È per questo che molto di quello che faccio rappresenta una commistione di questi due mondi, quello folk e quello rock and roll heavy metal. Inoltre, dove vivo e dove sono cresciuto, nel sud-ovest dell’Inghilterra., c’è molta musica folk soprattutto gallese ed irlandese.

Chiara
Essendo un solista e suonando solo musica strumentale, posso immaginare che, sebbene questo ti dia molta libertà, nel senso ad esempio di non dover seguire una scaletta fissa, immagino che però, allo stesso tempo, debba essere più difficile coinvolgere il pubblico per tutta la durata del concerto da solo. .  Ti ho visto però riuscire a farlo agevolmente, ed il tuo pubblico è sempre estremamente partecipe ed entusiasta… Qual è il tuo segreto?

Mike
Beh, credo che questo sia dovuto al fatto di essere cresciuto suonando nei pubs in Inghilterra. Quando suoni in un pub in Inghilterra spesso sono tutti ubriachi, e allora impari come raggiungere le persone in fondo alla stanza e mantenere la loro attenzione. Ad esempio si può rompere il ghiaccio suonando un pezzo veloce ed accattivante, per proseguire poi raccontando un aneddoto interessante, e poi ancora ammaliare le persone suonando qualcosa di molto, molto lento e delicato. Credo che la chiave sia nella variazione ma soprattutto nell’onestà intellettuale.
È fondamentale dimostrarsi sempre sinceri sul palco, perché se fingi di essere qualcuno che non sei, e ci sei solo tu sul palco, la gente si accorge se si tratta di una recita, capisci? Quindi devi essere sincero in tutto quello che fai e credere veramente in ogni singola cosa. E poi è importante creare una serata varia, con momenti lenti, momenti veloci, momenti divertenti, momenti tristi. Bisogna includere tutte queste cose per fare un bel concerto e permettere alle persone di provare un’ampia gamma di emozioni. Anche l’essere divertenti aiuta, perché l’umorismo è un linguaggio universale, proprio come la musica.

Chiara
Pensando ai tour futuri, se avessi completa libertà di scegliere la location dei tuoi sogni per un concerto in qualsiasi punto del mondo, quale sarebbe?

Mike
Wow. Beh, c’è stato già un posto grandioso in cui ho avuto la fortuna di potermi esibire lo scorso anno ed è il Teatro di Erode Attico ad Atene, vicino all’Acropoli. Ho suonato accompagnato da un’orchestra sinfonica. Cinquemila persone, la luce della luna piena ad illuminare l’Acropoli, e io che facevo da spalla a Justin Hayward dei Moody Blues assieme ad un’orchestra completa. È sempre stato un luogo magico, una delle arene più antiche al mondo, sicuramente un posto da inserire nella lista dei desideri. Però c’è un’altra location dove vorrei davvero suonare un giorno, e si tratta del Red Rocks di Denver, in Colorado. È un luogo all’aperto e ci sono già stato a vedere parecchi concerti ma mi piacerebbe moltissimo suonarci prima o poi.

Chiara
E poi dopo il teatro di Erode Attico ad Atene magari perchè non immaginare anche una data all’ombra dell Colosseo qui a Roma?

Mike
Certo perché no? Sognare in grande si può, quindi sì, dopo Red Rocks forse immaginerei il Colosseo a Roma. (Ride)
Oggi ci sono stato, ero lì a bere qualcosa, proprio di fronte al Colosseo ed era bellissimo. Sì, un edificio meraviglioso. L’avevo già visitato in passato. È davvero incredibile.

Chiara
Infine, una mia curiosità personale: vorrei sapere quante chitarre possiedi e se ne ha una preferita su tutte.

Mike
La mia acustica preferita in assoluto è quella con cui ho fatto tutti i concerti dal 2016. È la mia chitarra personalizzata costruita da Andreas Kunz. È una chitarra acustica in palissandro indiano e abete Sitka, che si può acquistare direttamente da Andreas Kuntz in Germania. È lui stesso a costruire i suoi strumenti a mano. Al momento c’è un po’ di lista d’attesa per le ordinazioni, ma di tanto in tanto qualcosa si libera. È senza ombra di dubbio la mia acustica preferita. La mia chitarra elettrica preferita invece è prodotta da Rick Toone, e si chiama Goshawk. È uno strumento dal carattere molto, molto particolare perché è camaleontica e può riprodurre il suono di qualunque chitarra. Quindi è davvero ottima per le sessioni di registrazione, perché se si vuole che suoni come una Telecaster, può farlo, se invece si cerca il suono di una Les Paul, può riprodurre anche quello. Queste sono le mie due chitarre preferite per quel che riguarda l’acustica e l’elettrica. Possiedo circa 20 chitarre, ma non le suono abbastanza, quindi sto pensando di venderne alcune. Quindi ecco, se qualcuno vuole comprare alcune delle mie chitarre, tenga d’occhio il mio sito web, potrei metterne qualcuna in vendita perché sta lì a prendere polvere o non viene suonata abbastanza. Il fatto è che passo la maggior parte del mio tempo a suonare lontano da casa purtroppo.

Chiara
Grazie Mike, è stato veramente un piacere parlare con te e ti aspettiamo nuovamente in Italia nel 2025 allora!

Mike
Grazie a te e a presto!

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