La Rosa non ci ama – Ovvero il “giogo” della sobillazione e delle dicerie

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La Rosa non ci ama – Ovvero il “giogo” della sobillazione e delle dicerie

Roberto Russo, Cloris Brosca e Gianni De Feo rapiscono gli spettatori per condurli nella Napoli del 1590

Roma 22 febbraio 2024

Articolo ed immagini di Grazia Menna

La storia è presto detta ed è quella che alla fine del XVI secolo vide come protagonisti principali Carlo Gesualdo Principe da Venosa, eccellente compositore di madrigali ed innovatore del linguaggio musicale dell’epoca, e la sua bellissima e appassionata moglie Maria D’Avalos; tra i due l’amante di Maria , Fabrizio Carafa.

Potere, tradimenti, orgoglio nobiliare, vendetta, sobillazione di un uomo intento all’arte musicale più che alle lotte nobiliari e sottoposto alle pressioni dei gesuiti, interessi economici: gli elementi ed i sentimenti che condussero all’assassinio di Maria e del suo amante, il Duca d’Andria, Fabrizio Carafa perpetrato da Carlo Gesualdo e dai suoi accoliti. Un delitto efferato e violentissimo avvenuto nel Palazzo dei Gesualdo nella notte tra il 16 e il 17 ottobre del 1590.

Parte da questa leggenda, Roberto Russo, coinvolgente ed acutissimo autore del testo, per dare il titolo alla sua opera “La Rosa non ci ama”; la rosa il fiore che simboleggia l’amore, che affascina col suo profumo, il suo colore, che può uccidere con la punta delle sue spine; la rosa che nel medioevo aveva un significato esoterico maligno in quanto considerato il fiore delle streghe e della fascinazione perversa.

Su il sipario: ecco la donna che usa la lingua napoletana per rivolgersi al suo interlocutore; egli para i colpi inferti dalle parole di lei, col suo spagnolo erudito che lo fa sentire più forte, più scaltro, più nobile. I due sembrano conoscersi, si e ci trasmettono, con le loro movenze e le loro parole ed i loro gesti, l’uno verso l’altra un sentimento di rancore misto ad un profondo amore. Schermaglie d’amore e odio, veicolate dal giocherellare con il cubo di Rubik che gli consente di dare un senso ai loro sentimenti con i sei colori rappresentati: il giallo della vigliaccheria, il verde dell’invidia, attraverso gli altri colori fino a giungere al rosso , da sempre colore dell’amore ma anche colore del sangue.

Basta questo primo quadro scenico, pensato da Roberto Russo e diretto da Gianni De Feo,  per portare gli spettatori, che hanno gremito la sala del Teatro “Lo Spazio” di Roma, a Napoli in quella notte del 16 ottobre del 1590, quando accadde il fatto di sangue che questa piece teatrale andrà a mettere in scena.

Gli spettatori presenti, così profondamente avvolti e coinvolti dalle musiche appositamente scritte per questa rappresentazione dal maestro Andrea Panatteri, dimenticano di avere davanti a loro due attori del nostro secolo e vedono in loro farsi reali e tangibili gli interpreti delle leggendarie vicende narrate.

Questa l’altissima bravura di Cloris Brosca e Gianni De Feo che interpretano, con grande intensità e assoluta maestria, Maria D’Avalos e Gesualdo da Venosa e, alternandosi, si sdoppiano e si moltiplicano in altri personaggi che narrano, ognuno a suo modo, la trama della storia: le serve, il prete, l’inquisitore. Passano da un parlar forbito in italiano, ad un gergale napoletano, ad uno spagnolo ricercato, al canto di un madrigale.

La chimica tra i due attori è palpabile, travolgente; non si tratta solo recitare un testo di per sé eccezionale; i due si sostengono a vicenda e creano una tensione magica. Gianni De Feo, che ha curato la regia, dirige con la maestria alla quale ci ha abituato, ogni gesto e ogni istante, così che gli spettatori non si accorgono neppure dei passaggi dall’italiano al dialetto napoletano, allo spagnolo.

E sotto la regia di De Feo, Cloris Brosca,  sostiene il suo ruolo con vigore, con la presenza scenica, con la modulazione della voce; con la sua recitazione ha espresso la forza di una donna violata in cerca di riscatto.

Ma l’opera teatrale non si risolve nella mera narrazione di questa vicenda delittuosa, perché Roberto Russo ci regala un “coup de théâtre” quando decide  di mettere faccia a faccia dopo l’atroce delitto Carlo e Maria, costringendo il colpevole a confrontarsi ed a spiegare il suo gesto.

Un pubblico incantato ha tributato un applauso lungo, lunghissimo e se avesse potuto avrebbe chiesto un bis!

Un solo peccato: solo quattro repliche!!!!!!

Si ringrazia l’Ufficio Stampa nella persona di Andrea Cavazzini

“La rosa non ci ama”
Carlo Gesualdo vs Maria D’Avalos

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