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Gianni De Feo

LA ROSA NON CI AMA – Teatro “Lo spazio”

in COMUNICATI STAMPA/CULTURA/TEATRO by

Via Locri 42, Roma 339 775 9351  – 06 7720 4149

 

Lab di Tizana Beato

presenta

 

CLORIS BROSCA    GIANNI DE FEO

in

LA ROSA NON CI AMA

Carlo Gesualdo vs Maria D’Avalos

di Roberto Russo

Drammaturgia musicale e regia cura di Gianni De Feo

Impianto scenografico e costumi Roberto Rinaldi

Musiche originali su testi di Torquato Tasso composte

da Alessandro Panatteri

Assistente alla regia Alessandra Ferro

Foto e grafica Manuela Giusto

ufficio stampa Andrea Cavazzini

 

TEATRO LO SPAZIO – ROMA

Dal 22 al 25 febbraio 2024

 

In una piazza notturna, dove fanno da sfondo le mura della Basilica di San Domenico Maggiore circondata da silenziosi palazzi cinquecenteschi, emergono le ombre di due personaggi: un uomo e una donna. Vestiti di cenci, potrebbero essere due clochards o vagabondi casuali senza tempo.

Siamo nella città di Napoli, in un’epoca non definita, davanti al palazzo che appartenne al Principe Carlo Gesualdo da Venosa e dove, nella notte tra il 16 e il 17 ottobre del 1590, lo stesso Principe infierì con efferata violenza sul corpo di sua moglie Maria D’Avalos e dell’amante di lei Fabrizio Carafa, Duca D’Andria. Questa la cronaca di uno dei più famosi delitti passionali.

Durante l’azione scenica l’identità dei due personaggi gradualmente si svela. Questi sono proprio le ombre dei due nobili coniugi, fantasmi senza pace costretti ogni notte a ritrovarsi per ripetere, nei secoli, lo stesso rito necessario a rielaborare gli eventi sanguinolenti del passato. Attraverso la ricomposizione dei colori del cubo di Rubik, essi rivivono tutta la gamma cromatica delle loro anime. Lui, uomo sensibile e geniale inventore dei colori della musica, raffinato madrigalista e stimato ispiratore dei tempi a venire. Lei, bellissima donna passionale e vitale. Tuttavia, entrambi vittime dei loro ruoli e del loro tempo! La Rosa, simbolo d’amore di tutte le epoche, attrae e affascina con la seduzione del suo profumo e la bellezza dei suoi colori, ma può anche uccidere con la sola punta sottile di una spina.

In uno scontro verbale dai toni rabbiosi, appassionati e talvolta violenti, i due si affronteranno e si scontreranno fino al punto di riconoscere e accettare le reciproche colpe. Solo così, in un abbandono catartico, i due fantasmi potranno infine purificare la propria anima e raggiungere la pace.

La trama drammaturgica concepisce la presenza di altri personaggi che si alternano e si contrappongono ai due protagonisti. E dunque, in questa messa in scena che si articola tra azione vivace e lettura a leggio, saranno proprio loro, Carlo e Maria, a evocare e a far rivivere, attraverso la loro voce come gli accusatori di un tribunale, tutte quelle figure intorno alle quali ruota la vicenda stessa. Così pure si mescoleranno le lingue, dallo spagnolo del 500 al napoletano antico fino al latino, attraverso un linguaggio forbito a tratti lirico ma al tempo stesso contemporaneo.

Alla parola farà da contrappunto l’elemento musicale che percorre quasi tutta la trama drammaturgica scavalcando anche in questo caso epoche e gusti.

Inoltre, due testi di Torquato Tasso scritti espressamente per Gesualdo, ma mai messi in musica da questi, sono stati ora rielaborati con musiche originali e cantati dal vivo nello stile dei madrigali.

Info:

TEATRO LO SPAZIO

Biglietti: intero 15 euro – ridotto 12 euro

(bar aperto per aperitivo dalle 20.00)

Da giovedi a sabato ore 21, domenica ore 17

Teatro Lo Spazio

Via Locri 43, Roma

informazioni e prenotazioni

339 775 9351 / 06 77204149

info@teatrolospazio.it

Teatro Lo Spazio – CARLO GESUALDO, IL GENIO E IL TORMENTO

in COMUNICATI STAMPA/CULTURA/TEATRO by

Via Locri 42, Roma 339 775 9351  – 06 7720 4149

 

Martedì 20 febbraio 2024 – ore 20,30

CARLO GESUALDO, IL GENIO E IL TORMENTO

Interverranno

Roberto Russo

Autore de “La Rosa non ci ama”

Chiara Pelliccia

Musicologa

 I maestri

Alessandro Panatteri – Clavincembalo

Romeo Ciuffa – Flauto dolce – Viola da gamba

Martedì 20 febbraio, alle 20,30 l’evento a ingresso libero “Carlo Gesualdo, il Genio e il tormento “, apre al Teatro Lo Spazio la settimana dedicata al Principe madrigalista grande innovatore dell’Arte musicale, che continuerà dal 22 al 25 con lo spettacolo La Rosa non ci ama (Carlo Gesualdo vs Maria d’Avalos).

Il giorno 20/2/24, le esecuzioni dei maestri e l’ascolto di alcuni madrigali si arricchiranno dell’approfondimento tecnico della musicologa Chiara Pelliccia

A completare l’evento, Cloris Brosca e Gianni De Feo, leggeranno alcuni brani tratti da “La Rosa non ci ama”.

Coordinamento Andrea Cavazzini

 

Teatrosophia – “La Bambola Spezzata”: per il giorno della memoria per non dimenticare 

in CULTURA/PHOTOGALLERY/TEATRO by

“Teatrosophia – “La Bambola Spezzata”: per il giorno della memoria per non dimenticare 

No, madre, non ti odio. Semplicemente non ti amo, non posso amarti

Roma, 26 gennaio 2024

Foto ed articolo di Grazia Menna

Gianni De Feo, con la magnifica interpretazione di Irma Ciaramella e Alessandra Ferro, portano di nuovo in scena il testo “La Bambola Spezzata” di Emilia De Rienzo, già rappresentato in Italia e con tantissimo successo dal 2014, sempre con De Feo alla regia ed alla partecipazione nella recitazione.

De Feo con la sua regia, accompagna il pubblico presente a vivere il dramma di una figlia (Eva) abbandonata dalla madre a sei anni perché ella, la madre, ha scelto di abbracciare l’ideologia nazista ed entrare nelle SS, tutto ciò a scapito del rapporto sia con il marito quanto con la figlia che difatti abbandona.

I tempi sono quelli dell’estate del 1939, la città Berlino, da una parte una famiglia tedesca : padre madre ed una bella figlia bionda da sfoggiare come un trofeo, una vera ariana di razza pura; dall’altra il fervente nazionalismo tedesco che di lì a poco sfocerà nell’ideologia nazista, nella costituzione delle SS.

Il ruolo della madre è affidato alla bravissima Alessandra Ferro che con la sua efficace recitazione, basandosi sui passaggi di tono dalla cattiveria più feroce a momenti di goffa comicità, a momenti di “calore materno” quando chiede di esser chiamata “mamma”, incarna le tante sfaccettature di una donna che ha scelto di abbracciare tout-court l’ideologia nazista, per sentirsi partecipe della storia. L’allestimento scenico la ritrae seduta in un angolo, su una sorta di trono ad elevarla dalla “plebea altezza dei non-SS” ed  avvolta in una sorta di mantello con una svastica nera impressa in bella evidenza.

Irma Ciaramella nel ruolo della figlia che spera, molti anni dopo, rincontrando la madre, di capire le ragioni dell’abbandono e forse sperare di riavvicinarsi a lei che chiama “MADRE” e non “mamma”.

Chiamarla “MADRE” per porre una distanza affettiva da colei che mamma non è mai stata.

Oggi quella bambina di sei anni è una donna con un vissuto, che ha scelto di essere un’artista, un’attrice e questa scelta pone le due donne ancora in antitesi perché secondo sua madre la cultura è decadenza, perché “la Germania ha bisogno di carattere” ed è con questa affermazione che giustifica i roghi di libri del maggio del ‘39.

Tra di loro, come un cordone ombelicale per riavvicinare le due, la bambola che la madre regalò alla figlia ed a cui Eva è rimasta profondamente legata, tanto da conservarla nella sua valigia.

La bambola è la vera unica testimone oggi di quanto accaduto in passato; e se c’era la possibilità di riavvicinare le due donne attraverso questa bambola, ricordo di un gesto tenero di madre verso la figlia, questa possibilità svanisce dolorosamente quando Eva scopre la provenienza e la reale storia della sua bambola: ad Auschwitz, racconta la madre, c’erano solo quattro camere a gas e poteva capitare che qualcuno non morisse e, spesso, i più forti erano proprio i bambini. Quando, invece, anche questi diventavano “polvere”, rimanevano integri solo i giocattoli da cui erano accompagnati.

Cruda verità per la bimba che Eva era allora, ma ancor di più per la donna che è oggi, alla quale si spezza il cuore identificandosi con quella bambola spezzata dalla quale è incapace di separarsi.

No, madre, non ti odio. Semplicemente non ti amo, non posso amarti

Si ringrazia l’Ufficio stampa di Teatrosophia nella persona di Andrea Cavazzini

Teatrosophia – La bambola spezzata

in COMUNICATI STAMPA/CULTURA/TEATRO by

STAGIONE 2023-2024

Via della Vetrina 7, Roma

https://www.teatrosophia.it/

presenta

 LA BAMBOLA SPEZZATA

di Emilia de Rienzo

con

Irma Ciaramella e Alessandra Ferro

Con la partecipazione di

Gianni De Feo

regia

Gianni De Feo

Aiuto regia Sabrina Pistilli

Assistente alla regia Letizia Nicolais

 costumi Gianni Sapone e Roberto Rinaldi

Progettazione scenografia Roberto Rinaldi

musiche originali Adriano D’Amico

Foto di scena Manuela Giusto

Grafica Umberto Cappadocia

Produzione Lab 48 srls

Ufficio stampa Andrea Cavazzini

 

DA GIOVEDÌ 25 A DOMENICA 28 GENNAIO 2024

 

Secondo appuntamento del 2024 a Teatrosophia con “La bambola spezzata” di Emilia di Rienzo, per riflettere sulla tragedia dell’Olocausto e imparare dalla storia affinché certe tragedie non si ripetano mai più. Una bambola, ponte tra il passato e il presente, simbolo della memoria, degli orrori e di chi la storia non ha potuto raccontarla; unico legame tra una madre e una figlia “eredi” di un vissuto doloroso che le vedrà irrimediabilmente distanti!

In scena Irma Ciaramella, Alessandra Ferro  e con la partecipazione di Gianni De Feo che ne cura anche la regia.

Una madre abbandona la figlia sin dalla prima infanzia per consacrarsi alla fede  nazista.

Madre e figlia si ritrovano ora dopo lunghi anni di distacco. Si scrutano, si riconoscono appena, si fiutano, si respingono, sospesi in uno spazio onirico e irreale.

La madre, scolpita in un’età indefinibile, bianca come marmo, simile a un rapace pronto all’ attacco, è deturpata dai segni evidenti di una follia delirante, frutto di un agghiacciante addestramento di disumanizzazione.

I ricordi riaffiorano da una vecchia valigia dove è custodita una bambola, unica testimone del reale.

Il ritmo è serrato e forte, l’atmosfera tagliente. Come in una gabbia, i due personaggi si affrontano in un delirante, appassionato e feroce scontro tra vittima e carnefice.

Grottesca e patetica la madre, in preda ad improvvisi attacchi di pianto, chiede, pretende, implora addirittura di essere chiamata : “MAMMA!

Passionale e carnale la figlia, oscillante tra lucida consapevolezza e smarrimento emotivo, stordita dal dubbio, rifiuta, incapace di pronunciare quella parola mai più detta e ormai dimenticata.

“No, madre, non ti odio. Semplicemente non ti amo. Non posso amarti.”

Dopo lo spettacolo, il consueto aperitivo offerto da Teatrosophia

INFO:

La bambola spezzata

Di Emilia Di Rienzo 

 Giovedì a sabato h 21:00/domenica h 18:00

Daimon – La fortuna di averlo ri-conosciuto

in CULTURA/PHOTOGALLERY/TEATRO by

Daimon – La fortuna di averlo ri-conosciuto

 Gianni De Feo e la sua ricerca dell’ IO attraverso la drammaturgia di Paolo Vanacore

Roma 13 ottobre 2023

Articolo ed immagini di Grazia Menna

Gianni De Feo indaga l’Io profondo che alberga in ognuno di noi e che, per i più fortunati o sfortunati scegliete voi, riesce ad emergere e farsi “io presente e tangibile”.

Il testo di Paolo Vanacore consente a De Feo di immedesimarsi nei pensieri, nei gesti, di immaginare le movenze dello psicanalista e filosofo James Hillman a cui si deve lo sviluppo della teoria sul riconoscimento dell’anima come sublimazione della coscienza, coscienza che deve rimanere quasi tangibile anche dopo la morte fisica.

Daimon la definizione deriva dalla parola greca che significa “essere divino”, e la si può riassumere nella voce interna che ci spinge a fare le nostre scelte e ad esplorare il nostro io più intimo, ma Daimon può anche rappresentare una figura mitologica alla quale ci ispiriamo, che ci può influenzare.

Da qui parte De Feo quando interpretando magistralmente il testo di Vanacore, si fa J. Hillman e si propone su di un palco dove trovano posto solo due valige ed un cubo, a simboleggiare proprio il lavoro dei genitori di Hillman, gestori di un hotel con le valigie e la provvisorietà di un arredo casalingo fatto solo di un cubo facilmente spostabile. Le amicizie di Hillman fin da piccolo sono state rappresentate dai viaggiatori ospitati nell’albergo dei genitori, da bambini figli di viaggiatori e questa precarietà di rapporti lo ha condotto a studiarsi, guardarsi dentro, imparare dalle proprie ferite e dai propri dolori fatti di addii, per arrivare a mettere a nudo la propria identità, cercando di capire la direzione da prendere e costruirsi così il proprio destino.

L’anello di congiunzione con Keats va cercato e trovato tra le poesie di quest’ultimo, nelle quali il poeta ha trasmesso l’idea di quanto sia fondamentale la ricerca della propria anima così da ri-conoscersi nel profondo dell’IO più segreto per intraprendere la propria strada. Da Keats De Feo ci conduce con mano leggera, immergendoci nelle atmosfere di una ottobrata romana che regala il calore-colore arancio-bruno delle foglie dei Platani, nella passeggiata verso il Cimitero Acattolico accanto alla Piramide Cestia dove Keats venne sepolto e dove ancora oggi possiamo ammirare la sua lapide con l’iscrizione: “Qui giace uno il cui nome fu scritto nell’acqua”.

Questo spettacolo è stato impreziosito anche dal contributo offerto dalla videoarte realizzata da Roberto Rinaldi , dagli arrangiamenti musicali realizzati da Alessandro Panatteri. dal disegno luci di Francesco Bàrbera e dalla voce inconfondibile di Leo Gullotta nell’interpretazione della poesia di J. Keats.

Si ringrazia l’Ufficio Stampa nella persona di Andrea Cavazzini

Teatro “Lo Spazio”

DAIMON L’ultimo canto di John Keats

in COMUNICATI STAMPA/CULTURA/TEATRO by

Via Locri 42, Roma 339 775 9351  – 06 7720 4149

DAIMON
L’ultimo canto di John Keats

Spettacolo musicale diretto e interpretato da Gianni De Feo

Testo di Paolo Vanacore

con l’amichevole partecipazione in voce di Leo Gullotta
drammaturgia musicale a cura di Gianni De Feo
arrangiamenti musicali di Alessandro Panatteri
videoarte Roberto Rinaldi

 

“Vediamo il mondo una volta sola, da bambini. Il resto è memoria.” (Louise Glück)

In un freddo e ventoso autunno romano, il grande psicanalista e filosofo James Hillman percorre la strada lastricata di foglie di platano che dal lungotevere conduce alla Piramide Cestia dove è situato il cimitero acattolico. In una dimensione di pace quasi surreale, guidato da una forte volontà interiore, Hillman si dirige verso la lapide del poeta inglese John Keats morto a Roma nel 1821 all’età di 26 anni. Un sottile legame li unisce, un’idea antica e universale: l’idea di “fare anima”.

In questo stato meditativo il filosofo ripercorre le tracce della propria esistenza: la nascita ad Atlantic City sulle rive dell’Oceano, l’odore della sabbia, il rumore del mare, l’adolescenza trascorsa nell’hotel dei genitori, gli incontri con bambini di passaggio e il ripetersi di giochi destinati a frantumarsi senza pietà ad ogni loro partenza.

Fino a quando l’impatto karmico con un bambino di dieci anni come lui, una creatura misteriosa dallo sguardo profondo e caritatevole di nome John (casuale richiamo a Keats), risveglierà la sua coscienza. Da quel momento, da quello scambio breve ma intenso, Hillman riconoscerà, lungo tutto il percorso della sua crescita, la presenza di una guida incaricata a indicargli la strada che lo porterà al compimento della propria vocazione. È il Daimon, coscienza divina che da sempre ci accompagna nella realizzazione di quel destino, o disegno superiore, che la nostra anima ha scelto per noi prima ancora di nascere, ma che dimentichiamo nell’attimo stesso in cui veniamo al mondo.

In una trama narrativa che oscilla tra fantastico, reale e sovrannaturale, il filosofo Hillman riconosce nel poeta Keats il proprio Daimon. All’ombra della sua lapide nel cimitero acattolico romano, rivede lo sguardo del bambino John incontrato sulle rive dell’oceano ad Atlantic City tanti anni fa e mai più rivisto. Le tracce del destino si delineano e il cerchio si chiude.

Lo spettacolo fluttua in un’atmosfera onirica in cui si intersecano poesia, musica, danza e canzoni su immagini proiettate, segni astratti di colori contrastanti che danno forma alla parola seguendo il filo della narrazione. Una narrazione contrappuntata da brevi picchi poetici su brandelli lirici dello stesso Keats, evocati dalla voce registrata di Leo Gullotta.

Due canzoni di Franco Battiato e una di Giuni Russo, cantate dal vivo, tracciano il percorso più intimo e suggestivo di questo viaggio dell’Anima, all’ombra della luce.

Compagnia

Diretto e interpretato da Gianni De Feo

Con l’amichevole partecipazione in voce di Leo Gullotta

Arrangiamenti musicali di Alessandro Panatteri

Videoarte Roberto Rinaldi

Grazia Menna
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