USA-Cina: ancora scontro su Mar Cinese Meridionale
Durante l’Asia-Pacific Cooperation Summit di Manila, conclusosi la settimana scorsa, il presidente Barak Obama ha ribadito la posizione americana, chiedendo alla Cina di interrompere la costruzione di isole artificiali e di nuove infrastrutture nella zona di mare contesa.
[subscriptionform]
[level-european-affairs]
La risposta non si è fatta attendere. In occasione del vertice dei paesi dell’ASEAN di Kuala Lumpur, in Malesia, Pechino, attraverso il vice ministro degli esteri cinese Liu Zhenmin, ha accusato Washington di volere una escalation ed ha difeso le attività di costruzione in mare, avviate nel 2013 e ancora oggi in corso.
Era stato Obama, in apertura del summit APEC di Manila, mercoledì scorso, a spingere la questione del Mar Cinese Meridionale al centro dell’agenda politica dei 21 leader riuniti. Dopo aver incontrato il presidente delle Filippine, Benigno S. Aquino III, Obama si era rivolto alla stampa sollecitando Pechino ad interrompere ogni attività militare in quel tratto di mare e ad accettare un arbitrato internazionale per ricomporre le divergenze con i vicini del sud-est asiatico.
“C’è bisogno di intraprendere passi coraggiosi per abbassare la tensione – aveva detto Obama – impegnandosi ad interrompere ulteriori rivendicazioni, ogni nuova costruzione e la militarizzazione delle aree contese del Mar Cinese Meridionale”
Pur senza prendere posizione sul fronte delle rivendicazioni territoriali avanzate dai paesi coinvolti, gli Stati uniti considerano vitale la libera navigazione sulle acque dell’area contesa. In tal senso hanno confermato il proprio impegno a fianco dei governi dell’Asia meridionale che si oppongono all’espansionismo cinese, ed hanno garantito agli alleati un contributo di 250 milioni di dollari per le spese militari.
La replica di Pechino è arrivata il 22 novembre, in occasione del vertice ASEAN di Kuala Lumpur. Il vice-ministro degli esteri cinese Liu Zhenmin ha affermato la legittimità e la legalità dell’operato del proprio governo, ribadendo che la Cina non ha intenzione di interrompere le attività di costruzione di nuove infrastrutture al largo delle sue coste meridionali. Zhenmin ha poi rispedito al mittente le accuse americane, negando che Pechino stia procedendo ad una progressiva militarizzazione dell’area. Sarebbe invece Washington a dover interrompere le provocazioni, dopo che, il mese scorso, una nave della Marina americana aveva attraversato un braccio di mare che i Cinesi considerano come parte delle proprie acque territoriali.
“La costruzione ed il mantenimento di infrastrutture militari sono necessari per la difesa nazionale della Cina e per la protezione di quelle isole e di quelle barriere coralline”, ha affermato il vice-ministro, aggiungendo che Pechino intende “espandere e rafforzare” le infrastrutture civili “per servire al meglio le navi commerciali e i pescatori, soccorrere i battelli in difficoltà e fornire maggiori servizi pubblici.”
Le posizioni dei due principali contendenti restano dunque molto distanti e nulla fa presagire, al momento, un cambiamento di rotta da parte della corazzata cinese.
Luca Marchesini
[/level-european-affairs]