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Brexit day, il Parlamento europeo approva l’uscita del Regno Unito

EUROPA di

La sera del 29 gennaio 2020, il Parlamento europeo riunito a Bruxelles ha approvato l’Accordo di recesso del Regno Unito dall’Unione Europea. Dopo tre anni e mezzo dal referendum del 2016 e da numerosi negoziati, il Regno Unito lascerà l’UE alla mezzanotte del 1° febbraio 2020: si apre la fase della transizione.

L’approvazione del Parlamento

Con 629 voti favorevoli, 49 contrari e 13 astensioni, il Parlamento europeo ha approvato l’Accordo di recesso per portare a compimento la Brexit, l’ultimo passaggio necessario per l’uscita dall’UE, secondo quanto concordato dal governo britannico e dalla Commissione europea.

Il referendum del 23 giugno 2016 – quando 17.4 milioni di persone hanno votato per l’uscita – ha dato inizio al processo; i tre anni di negoziato sono stati tutt’altro che facili, vi sono stati diversi rinvii e molteplici negoziazioni. Proprio per questo motivo, il voto del 29 gennaio è ritenuto di storica importanza. La votazione in Plenaria si è svolta dopo il completamento del processo di ratifica nel Regno Unito, con la raccomandazione positiva della commissione per gli affari costituzionali. I numerosi interventi che si sono susseguiti durante l’assemblea hanno ricordato l’importanza delle relazioni con il Regno Unito, e non sono mancati momenti emozionanti di saluti.

Dopo il voto, gli eurodeputati si sono presi per mano ed hanno cantato una canzone scozzese – Auld Lang Syne – conosciuta anche in Francia con il titolo “Ce n’es qu’un au revoir”, non è che un arrivederci. È stato proprio questo lo spirito che ha accompagnato gli eurodeputati nell’arco della serata: la tristezza dei saluti e la certezza di un futuro ancora insieme, seppur non da Stato membro. Non sono mancati i festeggiamenti però, soprattutto da chi negli ultimi tre anni ha spinto per l’uscita del Regno Unito: Nigel Farage ha affermato di adorare l’Europa e di odiare l’Unione Europea, aggiungendo “Niente più contributi finanziari, niente più Corte di Giustizia Europea, niente più Politica Comune della Pesca, niente più discussioni, niente più bullismo”.

Il Presidente dell’eurocamera è stato invece di tutt’altro avviso: “Mi rattrista profondamente pensare di essere arrivati a questo punto. Cinquant’anni di integrazione non possono dissolversi facilmente” ha affermato Sassoli, aggiungendo che “Dovremo impegnarci, tutti, per costruire nuove relazioni mettendo sempre al centro gli interessi e la protezione dei diritti dei cittadini. Niente sarà semplice. Ci saranno situazioni difficili che metteranno anche alla prova i nostri rapporti futuri. Ma questo lo sapevamo sin dall’inizio della Brexit”. Il Presidente rimane certo del fatto che, in ogni caso, le divergenze verranno sempre superate. Anche il capo negoziatore europeo Michel Barnier si è detto molto toccato dopo il dibattito, che è stato “emozionante e ha avuto toni gravi”.

Il periodo di transizione

Il Regno Unito lascerà l’Unione Europea a partire dal 1° febbraio 2020. Tuttavia, la fase che inizia può essere definita un vero e proprio periodo di transizione, in quanto ci vorrà ancora del tempo prima che i rapporti tra Regno Unito ed Unione Europea si definiscano, precisamente circa un anno. Scadrà a dicembre 2020 tale periodo, dunque qualsiasi accordo sulle relazioni future UE – Regno Unito dovrà essere concluso prima di tale data, così da entrare in vigore il 1° gennaio 2021. Anche questo periodo può essere sottoposto a una proroga, per uno o due anni, ma si dovrà decidere entro il 1° luglio dalla commissione congiunta UE – Regno Unito. Il Parlamento dovrà approvare qualsiasi accordo sulle relazioni future e, se tale accordo fa riferimento a competenze che l’UE condivide con gli Stati membri, anche i parlamenti nazionali dovranno ratificarlo.

Il ruolo del parlamento europeo risulta importante nelle relazioni future, poiché dovrà approvare anche l’accordo finale. Il gruppo di coordinamento del Regno Unito coopererà con la task force dell’UE per le relazioni con il Regno Unito e con le commissioni parlamentari per gli affari esteri e per il commercio internazionale e con tutte le altre commissioni competenti.

Durante questo periodo di 11 mesi, il Regno Unito continuerà a seguire tutte le norme dell’UE e le sue relazioni commerciali rimarranno le stesse, ma non potrà prendere parte ai suoi organi decisionali.

Il futuro accordo di libero scambio

Il periodo di transizione dovrebbe dare luogo ad un nuovo accordo di libero scambio, necessario perché il Regno Unito lascerà il mercato unico e l’unione doganale alla fine della transizione. Tale accordo consentirà alle merci di circolare nell’UE senza controlli o costi aggiuntivi. In mancanza dell’accordo invece, vi sarebbero maggiori tariffe da pagare e altri tipi di barriere commerciali. Commercio e sicurezza sono i due temi principali dei futuri accordi: dal sistema dei dazi al rapporto di concorrenza tra aziende britanniche ed europee, alla tutela dei diritti dei cittadini e alla salvaguardia di importanti progetti come l’Erasmus. Il Parlamento europeo è riuscito ad includere tutti i benefici e i diritti di sicurezza sociale nell’ attuale accordo, così come i diritti per le generazioni future e il controllo giudiziario della Corte di giustizia europea.

Il coordinatore del Parlamento per la Brexit Guy Verhofstadt ha affermato: “Idealmente, dovremmo essere in grado di andare oltre un accordo di libero scambio con il Regno Unito. Non soltanto “no tariffe” e “no quote” ma anche “no abbandono” – questo significa che le nostre norme sociali e ambientali europee saranno pienamente rispettate nelle nostre future relazioni commerciali”.

Di nuovo terrore a Londra. Il fallito attentato che fa rivivere quello del 2005.

EUROPA/SICUREZZA di

Ennesimo attentato nel Regno Unito, e ancora una volta il bersaglio è Londra e i suoi cittadini. Cambia la metodologia dell’attacco, si lasciano da parte i mezzi,  ma non cambia l’obiettivo: i civili e i luoghi cruciali nella vita occidentale.

IL 15 settembre alle ora 8.20 locali (9.20 italiane) c’è stata un’esplosione a bordo di un vagone della metropolitana  di Londra presso la fermata di Parsons Green, sulla District Line, nella zona ovest della capitale britannica, a Fulham. L’Isis dopo qualche ora ha rivendicato l’attentato. È di 29 feriti il bilancio totale dell’attacco, nessuno in pericolo di vita. La premier inglese May ha annunciato immediatamente  il dispiegamento dei militari al fianco o in sostituzione della polizia nella sorveglianza dei punti sensibili della città e del Paese, nell’ambito dell’operazione Tempora. La decisione, già pianificata, è entrata in vigore in serata contemporaneamente alla decisione di innalzare il livello di allerta da “severo” a “critico”, il più grave e alto nella scala dei rischi, che presuppone la possibilità e l’imminenza di nuovi attacchi terroristici.

L’esplosione è partita da un cestino bianco, nascosto all’interno di una busta di un supermercato della catena tedesca Lidl (elemento cruciale nella ricerca dell’attentatore, durante la visualizzazione dei video delle telecamere di sorveglianza della metro), lasciato in un vagone posteriore del treno. All’interno è stato trovato un timer, quindi si presume che questa sia stata attivata a distanza. Secondo gli esperti, l’ordigno sarebbe esploso solo in parte, così da causare un danno minore rispetto alle aspettative dei terroristi. L’ordigno sarebbe stato costruito in modo artigianale. Potrebbe essere stato composto di Tapt, esplosivo noto come “madre di Satana”. Il Tapt, triacetone triperossido, può essere innescato da calore, frizione, elettricità statica o semplicemente dal movimento. Fu utilizzato anche negli attacchi di Londra del 2005, quando persero la vittime 52 persone in una serie di esplosioni nelle metropolitana e su un autobus. È lo stesso esplosivo che un mese fa ha fatto esplodere accidentalmente la casa di Alcanar, in Catalogna, dove il commando jihadista stava progettando, tra tutto, anche l’attentato avvenuto a Barcellona qualche giorno dopo.

Dopo meno di 24 ore c’è stato il primo arresto: si tratta di un diciottenne del quale non sono state rivelate le generalità, catturato nella zona del porto a Dover, nel sud del Paese. Secondo quanto riferito dai media inglesi, si tratterebbe di un ragazzo orfano, adottato da una coppia di benefattori inglesi noti per aver dato ospitalità nel tempo a bambini senza genitori. Il ragazzo, secondo alcuni media, era stata arrestato due settimane fa e poi rilasciato. Al momento dell’arresto, stava cercando di imbarcarsi su un traghetto diretto in Francia. Non è la prima volta che viene utilizzato il porto sulla Manica da parte dell’Isis per far entrare e uscire persone dal Paese: la sicurezza sui traghetti è infatti molto debole.

Nella giornata del 17 settembre è stato arrestato una seconda persona collegata all’attacco terroristico. Si chiama Yanyah Farroukh, anche egli, come il primo arrestato considerato l’autore materiale, avrebbe legami con Penelope e Ronald Jones, i due anziani benefattori del Surrey, che per anni hanno dato ospitalità a ragazzi rifugiati. Secondo vari media, Farroukh è siriano, di Damasco.

Continua a far discutere il fatto che il diciottenne arrestato come l’autore materiale dell’attentato fosse già finito nei radar delle autorità. Voce non smentita dal governo britannico, e confermata da un tweet del presidente americano Trump in cui dichiara che i terroristi erano già noti a Scotland Yard. Ancora una volta quindi, come avvenuto già in passato, gli attentatori erano conosciuti alle forze dell’ordine o addirittura come in questo caso erano stati arrestati e rilasciati. Tutto questo accade mentre Londra guarda avanti e propone all’Unione Europea per il dopo Brexit un accordo sulla collaborazione per la sicurezza e contro la criminalità e il terrorismo. In particolare, punta a mantenere meccanismi di collaborazione e cooperazione fra le forze di polizia e condividere una serie di principi fra cui la protezione dei dati personali e la difesa  dei diritti umani.

Nel 2017, la capitale britannica è già stata colpita da tre attacchi terroristici di matrice jihadista, che in tutto hanno causato la morte di 14 persone e oltre 100 feriti. Rispetto agli ultimi attacchi, questa volta i terroristi hanno lasciato da parte furgoni e suv per ritornare agli esplosivi artiginali, vero marchio dei jihadisti. Nei mesi scorsi abbiamo assistito al suv che, il 22 marzo, ha travolto alcuni passanti davanti al palazzo di Westminster, sul Westminster Bridge, il ponte che attraversa il Tamigi, di fronte al Big Ben. L’attentatore poi si è diretto a piedi verso il parlamento britannico, dove ha aggredito con un coltello un poliziotto di guardia. In quell’occasione 40 persone sono state ferite e sei hanno perso la vita, inclusi l’attentatore e un poliziotto. Il secondo attentato riporta la data del 3 giugno, quando un furgone bianco ha investito alcuni pedoni sul London Bridge. I tre attentatori alla guida hanno portato il veicolo fuori dalla carreggiata per investire il maggior numero di persone, fino a fermarsi fuori un pub, dove sono scesi dal mezzo e hanno assalito a colpi di coltelli i clienti dei locali della zona. Otto persone sono state uccise e 48 ferite. Se si vuole prendere in considerazione l’intera Gran Bretagna, allora il numero delle vittime aumenta, considerando l’attentato di Manchster al termine di un concerto che ha causato la morte di 23 persone, incluso l’attentatore, tra le quali dodici bambini al di sotto dei 16 anni, e oltre 120 feriti.

Di Mario Savina, Ricercatore Centro Studi Roma 3000

Redazione
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