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ECONOMIA - page 25

A Roma il Global CEO Summit della UFI, il vertice mondiale dell’industria fieristica

CRONACA/ECONOMIA/Innovation di

Dal 5 al 7 febbraio al Palazzo Naiadi di Roma si è tenuto il Global CEO Summit dell’UFI, acronimo della Global Association of the Exhibition Industry, leader mondiale del settore fieristico.

La UFI riunisce la maggior parte degli organizzatori di fiere e di esposizioni, una quota rilevante dei centri espositivi, nonché alcune principali associazioni mondiali; stando alle stime l’associazione ha prodotto un giro d’affari da 275 miliardi di euro, ha creato posti di lavoro per un totale di 3,2 milioni e attira alle proprie esposizioni circa 303 milioni di visitatori l’anno; quest’industria, tramite impatti diretti e indiretti, è così florida da sostenere per l’esattezza 167 miliardi di euro sul PIL mondiale, collocandosi così al 56imo posto tra le economie globali.

Un vero e proprio silent power afferma Pietro Piccinetti all’inizio della conferenza stampa che ha anticipato il summit. Piccinetti, presidente della CEFA, ovvero la Central European Fair Alliance, nonché amministratore unico della Fiera di Roma Srl, a margine dei dati appena elencati ha sottolineato quanto il settore sia un vero e proprio motore di sviluppo per le economie mondiali; è difatti interesse della UFI sviluppare gli interscambi tra i paesi tramite accurate analisi di ogni singolo mercato. L’Italia stessa può essere presa come esempio per la questione; con 39 poli fieristici, 22 milioni di visitatori annui e 200 mila espositori il nostro paese è il quarto al mondo nel settore e da qui, ha sottolineato Piccinetti, passa il 50% dell’export italiano. Proprio grazie all’attività compiuta nell’ambito delle fiere e delle esposizioni le piccole e medie imprese hanno la possibilità di internazionalizzarsi e sviluppare i propri network.

Era presente alla conferenza stampa anche Onorio Rebecchini, presidente del Convention Bureau Roma e Lazio, organismo di maggiore rappresentanza del settore MICE (Meetings, Incentives, Conferences and Exhibitions) nella regione. Sebbene il CBReL sia nato solo nel 2017 il suo lavoro ha già dato un enorme contributo allo sviluppo del settore nella Capitale e nel Lazio, fornendo supporto alle candidature del territorio. I presidenti della CEFA e del CBReL hanno quindi colto l’opportunità di ospitare a Roma il Global CEO Summit di quest’anno, evento di primaria importanza nel settore dell’industria fieristica; il vertice, che ha cadenza annuale, riunisce i 100 decision-makers globali come i più importanti organizzatori, presidenti e CEO delle varie aziende interessate. L’idea di organizzare a Roma il summit del 2020 era stata già paventata l’anno scorso a Londra, durante il Global Summit del 2019; l’evento di quest’anno, a cui si prende parte solo tramite invito, ha ospitato i market-leader di circa 37 paesi.

“Roma è una meta ideale per ospitare questo evento”, ha detto Kai Hattendorf. Il CEO della UFI ha ampiamente elogiato la “stagione rinascimentale” che l’Italia sta vivendo nel settore, trend che conferma il rapporto speciale tra l’associazione e il nostro paese; a riprova di questa relazione bisogna ricordare che il congresso di fondazione della UFI ha avuto luogo a Milano nel 1925 con l’incontro dei principali organizzatori europei. L’economia fieristica è forte, ha proseguito Hattendorf, il 2019 è stato un anno positivo per i ricavi, le sue entrate sono state maggiori rispetto all’economia generale e questo perché il settore stesso non risente della crisi economica, anzi contribuisce a risollevarla per il suo carattere principale, il networking.

L’obiettivo principale infatti non è monopolizzare la leadership ma favorire il multipolarismo globale; della stessa opinione è stata anche Mary Larkin, presidentessa sia della UFI che della Diversified Communications USA, una società multimediale con sede a Portland, nel Maine. Durante la conferenza la Larkin ha posto gli obiettivi dell’associazione per il futuro: lo sviluppo sostenibile, la multi-leadership e il rafforzamento del mercato del settore, con preferenza però ai primi due.

Oltre all’Italia un altro caso virtuoso è quello della Cina, paese che da circa 15 anni sta registrando un trend positivo nel settore fieristico, consolidandosi così come seconda potenza dopo gli Stati Uniti e prima di Germania e Italia. Stando ai dati offerti dal gruppo Research and Markets, uno dei più grandi per le indagini di mercato, l’economia cinese negli ultimi 10 anni è progredita così vertiginosamente da farla divenire al contempo una delle maggiori potenze manifatturiere e consumatrici al mondo; in tale direzione lo sviluppo dell’industria fieristica cinese è strettamente collegata alla sua crescita economica perché capace di collegare le intenzioni dei buyers e dei contractors. Nel 2017 la Cina ha ospitato più di 10,000 esposizioni per un’area comprensiva di circa 120 milioni di metri quadri, ottenendo così dei ricavi diretti e indiretti pari a 52 miliardi di euro.

Sempre con riguardo alla Cina gli ospiti della conferenza hanno voluto spendere alcune parole per la recente emergenza sanitaria del Coronavirus; se Larkin e Hattendorf non si sono detti preoccupati per la situazione Pietro Piccinetti ha criticato l’isteria italiana al riguardo, confermata anche dal crollo dell’80% di visitatori alla Fiera dei Due Mondi a Milano.

Il mondo degli intraceutici e degli integratori

ECONOMIA di

Gli integratori sono prodotti alimentari che fanno parte della nostra dieta quotidiana, costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive come vitamine o minerali.

Importante è la distinzione tra l’intraceutico e l’ integratore propriamente detto, in quanto quest’ultimo usualmente è una componente di un alimento che viene utilizzato per arginare una carenza dell’organismo.

I  nutraceutico invece va al di là della funzione semplicemente nutrizionale, in quanto è un vero e proprio trait d’unione tra l’alimentazione intesa come assunzione generica di sostanze che consentono il funzionamento dell’ organismo e la farmaceutica che ha a che fare con le sostanze o componenti sintetizzati o isolati con finalità terapeutiche.

Oggi più che mai lo stile di vita sana ha un peso importante nella vita delle persone, l’ alimentazione gioca quindi un ruolo fondamentale, basti vedere l’ impennata delle vendite di prodotti Bio e l’ esplosione delle diete vegetariane e vegane, non legate per forza a questioni animaliste, ma al benessere del corpo.

Ecco arrivare l’esigenza di inserire nella nostra vita quotidiana, l’assunzione di intraceutici o integratori limentari.

Il termine “ intraceutico” è una fusione tra “ nutrizione e farmaceutica”. I nutraceutici sono sostanze presenti negli alimenti che assumiamo nella dieta quotidiana. Garantiscono un apporto straordinario dal punto di vista benefico e si rivelano di grande supporto per il trattamento di alcune patologie, li troviamo sotto forma di pastiglie o pillole. Non sono farmaci, ma come quest’ultimi vengono sottoposti a test clinici per verificarne l’efficacia, quindi non curano ma aiutano.

Gli integratori alimentari, invece vanno ad integrare come dice la definizione stessa, alcune carenze dell’organismo, non sono curativi, apportano vitamine , sali minerali ecc. vengono concentrati per incrementarne gli effetti.

Gli usi terapeutici, preventivi e curativi degli intraceutici sono testati scientificamente e si sono rivelati molto utili per svariate patologie che affliggono moltissime persone, come l’obesità le malattie cardiovascolari, il diabete, il colesterolo, infezioni di vario genere e aiutano a combattere vari disturbi, come quello del sonno o di stress.

L’utilizzatore di integratori ha un profilo socio culturale medio-alto, e acquista soprattutto in farmacia.

Il mercato degli integratori è in continua ascesa, dai dati di Federsalutisti emerge che il 65% dei consumatori della popolazione adulta italiana ne ha fatto uso nell’ultimo anno.

Un trend che si rafforza con l’arrivo dell’estete, quando i problemi legati al caldo fanno comparire sugli scaffali delle farmacie i più disparati integratori.

F.B. Fumarola

Effetti economici del corona virus

ECONOMIA di

Gli effetti economici del corona virus sono di dimensioni importanti sono tantissimi i settori che stanno subendo una battuta d’arresto e di regressione notevole.

Gli economisti parlano di un effetto transitorio che andrà dai 6 ai 9 mesi non di più, vero è che sono tanti i fattori da tenere in considerazione, il dragone in diciassette anni di globalizzazione si è imposto nell’economia mondiale in maniera considerevole.

Nel 2003 rappresentava il 4,2% dell’economia mondiale, nel 2018 la sua quota di pil globale ha raggiunto il 15,8%, con il 35% della crescita globale.

L’import – export è in questo momento quasi completamente congelato, calcolando che Pechino acquista 2.200 miliardi di beni nel mondo e ne esporta quasi 2.500 ci si rende facilmente conto dell’impatto economico.

La lista delle aziende che stanno prendendo provvedimenti è veramente lunga. Le più grandi compagnie aeree hanno bloccato ogni tipo di comunicazione, le più grandi compagnie hanno limitato i viaggi in Cina per i propri dipendenti. JP Morgan Chase&Co. Ford e Kraft Heinz sono tra queste.

Starbucks ha chiuso più di 2.150 punti vendita.  Yum China Holdings Inc. gestore dei negozi KFC, Pizza Hut Taco Bell in Cina e McDonald’s hanno chiuso tutti i negozi.

Anche H&M, IKEA e il gruppo Inga stanno prendendo i loro provvedimenti riducendo gli orari di apertura delle attività.

Apple ha chiuso alcuni punti vendita, ridotto gli orari di altri e bloccato le nuove aperture.

Altro capitolo fondamentale è quello legato al mondo dell’automobile.

Whuan il nucleo del contagio è proprio la capitale del mercato automobilistico, Toyota ha bloccato le produzioni fino al 9 febbraio, data che potrebbe posticipare nei prossimi giorni, e non solo lì c’è anche la sede di Dongfeng Motors, che produce vetture per Renault, Honda, General Motors e per il gruppo Psa.

In ginocchio anche il mercato del lusso, gli acquirenti cinesi hanno, in patria e fuori dai confini nazionali contribuito al 90% di incremento.

Una ricerca del Financial Time ci dice che i marchi a subire le peggiori conseguenze le avranno Moncler, Kering, Burberry, Richemont e Swatc, la previsone è parii ad un calo del 4% dei profitti annuali.

Le uniche aziende che hanno subito un’impennata nelle vendite sono quelle farmaceutiche, specialmente quelle che producono materiale monouso. Le società che stanno lavorando per sul vaccino per sconfiggere il Corona Virus stanno volando in borsa.

Al momento la più vicina alla soluzione sembra essere la Vir Biotechnologies, di San Francisco, le sue azioni dall’ inizio del contagio sono schizzate al 97%, portando la capitalizzazione di mercato attorno ai 3 miliardi di dollari.

Il business non guarda in faccia nessuno, nel bene e nel male.

F.B. Fumarola

Terna e le associazioni dei consumatori insieme per rafforzare la collaborazione e il dialogo sul futuro del sistema elettrico

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Nasce il “Cantiere dei consumatori”: un tavolo permanente sullo sviluppo della rete di trasmissione nazionale per perseguire obiettivi di sicurezza, efficienza e sostenibilità.  L’AD di Terna, Luigi Ferraris: “È un ulteriore rafforzamento dell’attenzione che rivolgiamo alle associazioni dei cittadini” Leggi Tutto

Virus 2019n CoV

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Il virus 2019-n CoV ha contagiato in pochi giorni 630 persone, 25 le vittime, la più giovane di 48 anni e la metà di queste ultra 80enni.
Si è difronte all’isolamento di persone più grande della storia, 20 milioni di individui tra la città di Wuhan e Hoahaggang. I paesi interessati dal virus sono: Stati Uniti, Thailandia, Giappone, Corea del Sud, gli ultimi casi identificati sono Singapore e in Vietnam.

Tutto questo è complicato dagli spostamenti per il capodanno lunare, la Cina ha disposto il rimborso totale di biglietti di aeri e treni, ordinato la chiusura a scopo precauzionale della Città Proibita simbolo di Pechino. Sono state bloccate le prime di sette film in uscita e limitate le visite culturali.

Gli scienziati sono molto cauti nell’esprimersi, ma ipotizzano che il virus sia stato trasmesso all’uomo da un serpente, ma la comunità scientifica non si trova pienamente in accordo, in quanto c’è una corrente di pensiero che ipotizza la trasmissione dai pipistrelli.

L’OMS ha diffuso la sua nota affermando che, non si è di fronte ad un’emergenza globale. Asseriscono in oltre che è verificata la trasmissione tra uomo e uomo, per adesso tra familiari e agli operatori sanitari che si prendono cura dei pazienti infetti.

F.B Fumarola

Farmaco generico: grande scetticismo in Italia

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Nel 1996 L’Italia ha convertito in legge la finanziaria del 28 dicembre del 1995 che introduceva nel nostro paese il medicinale generico nella pratica medica.
Dal quel momento, la domanda farmaco equivalente o farmaco di marca ha iniziato ad assillare non solo la comunità scientifica, ma anche quella dei medici e dei pazienti.
Negli altri paesi europei le vendite si dividono tra le due tipologie di farmaci al 50% in Italia il generico non supera il 20% dei consumi totali .

Perché?
Il capo del laboratorio di Politiche Regolatorie presso l’istituto “ Mario Negri ” di Milano è convinto che la prima ragione sia l’infelice traduzione dall’inglese “ generic ” nel mondo anglosassone significa senza marca, da noi generico significa invece qualcosa senza precise caratteristiche e che si presta a più usi.
Un’immagine davvero poco attraente. Il farmaco equivalente deve superare i medesimi test e deve presentare gli stessi requisiti di qualità del medicinale originatore.

Risparmio
Alla domanda- perché scegliere l’ equivalente?
La risposta dovrebbe essere semplice, il risparmio. Il farmaco di marca ha costi totalmente diversi, in quanto il lancio e la ricerca scientifica incidono notevolmente sul prezzo finale, costo che il generico non deve ammortizzare. Sulle basi di questo dato di fatto, è stato approvato alla Commissione Bilancio del Senato un emendamento alla spending review per incentivare l’ uso dei farmaci generici, in cui si stabilito che- il farmacista è tenuto sempre a sostituire la specialità medicinale con l’equivalente ad un prezzo più basso a meno che il medico non abbia espressamente indicato nella ricetta la non sostituibilità o salvo richiesta del paziente. L’emendamento prevede inoltre, che- il medico è tenuto ad indicare nella ricetta del Servizio Sanitario nazionale la sola denominazione del principio attivo contenuto nel farmaco. Inutile dire che tutto questo abbia sollevato consistenti polemiche, i primi a sollevarsi contro il nuovo tentativo di spingere il mercato verso i generici sono stati gli imprenditori del farmaco, le dichiarazioni di Farmaindustria sono state corpose, hanno parlato di tentato omicidio dell’ industria farmaceutica, non si sono fatte attendere le risposte di Fimming, Snami, Smi, Federfarma e Fofi.

Nella posizione opposta Giorgio Foresti di Assogenerici , secondo il quale non dovrebbe essere un mistero che nel resto d’ Europa, costino molto meno che in Italia in quanto non esiste il monopolio del farmaco di marca. Tornando al fulcro della nostra discussione i cittadini spendono 770 milioni di euro per coprire la differenza di prezzo tra l’ equivalente e il farmaco di marca a brevetto scaduto. Il Servizio sanitario risparmierebbe oltre 440 milioni di euro l’anno.

F.B. Fumarola

F.B. Fumarola
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