GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Presentato a Washington l’ultimo film di Tony Lo Bianco, portavoce dell’Order Sons and Daughters of Italy in America

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L’Ambasciata d’Italia e il Middleburg Film Festival hanno organizzato a Washington una serata di celebrazione del successo della comunità italo-americana nella cinematografia, con un ricevimento e la proiezione del lungometraggio del produttore e regista Ray Romano “Somewhere in Queens”, commedia su una famiglia al centro della comunità italo-americana nel Queens a New York.

All’evento ha partecipato il protagonista Tony Lo Bianco, attore italoamericano figlio di immigrati siciliani, portavoce nazionale dell’Order Sons and Daughters of Italy in America.

Erano, inoltre, presenti Susan Koch (Direttore Esecutivo del Middleburg Film Festival) e Sheila C. Johnson (Fondatrice e Presidente del Middleburg Film Festival), oltreché i produttori Ron Yerxa e Albert Berger.

“Una storia semplice ma significativa, che mette in luce l’autenticità di una famiglia italo-americana” ha evidenziato l’Ambasciatrice Zappia in apertura dell’evento al Cafe Milano a Georgetown, nel cuore di Washington, seguito dalla proiezione all’AMC Theatre.

Una sessione di domande e risposte ha concluso l’anteprima.

La dieta mediterranea, ponte tra Italia e Stati Uniti

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Il settore agroalimentare e la dieta mediterranea possono trovare opportunità significative negli Stati Uniti. A Roma, nella sala stampa della Camera dei deputati, si è svolta la presentazione delle attività del think tank Mediterranean Diet Roundtable, con la partecipazione di esponenti istituzionali e imprenditoriali, moderati dalla giornalista Cristina Del Tutto.

Tra gli italiani più attivi in questa area c’è Daniela Puglielli, residente dal 1995 negli Stati Uniti, fondatrice della Mediterranean Diet Roundtable: iniziativa mirata ad unire gli aspetti scientifici, culturali ed economici della dieta mediterranea, con particolare riferimento alle opportunità in America.

L’incontro ha permesso di fare il punto sulle opportunità per le imprese italiane legate alla dieta mediterranea, che possono trovare spazio in un mercato ampio e ricettivo come quello statunitense, anche grazie al lavoro di realtà come la Mediterranean Diet Roundtable. La promozione di stile di vita e abitudini alimentari tipicamente italiane è un modo per rafforzare ulteriormente legame e scambi tra Italia e Stati Uniti.

Il deputato Simone Billi, membro della Commissione Affari Esteri della Camera, eletto all’estero nella Ripartizione Europa, ha affermato: «Nelle città estere dove c’è una forte comunità italiana c’è anche la capacità di riconoscere la vera enogastronomia italiana e di contrastare il cosiddetto italian sounding».

Sono intervenuti, inoltre, Giusy Malcangi, Presidente Sapori mediterranei-Puglia Top Quality Associazione di Poduttori, il senatore Dario Damiani, membro della Commissione Bilancio del Senato, Stefano Franchi, direttore generale di Federmeccanica, Simonetta Pattuglia, curatrice dell’evento Food Wine & Co. e Direttrice del Master in Economia e Management della Comunicazione e dei Media dell’Università Tor Vergata di Roma, Giuseppe Traversa, imprenditore pugliese e CEO della società Go Up, Fabio Casasoli, amministratore unico Fiera di Roma.

L’Impero su cui non tramonta mai il sole

La geopolitica dell’impero di Roma venne regolata da un criterio semplice ma efficace: divide et impera!

E il successo di tale formula fu così elevato che, nel corso dei secoli, tale pratica venne adottata da molte altre potenze che giocarono un ruolo fondamentale nella costruzione dell’ordine internazionale. Quindi non c’è da meravigliarsi se anche la Cina abbia fatta sua questa formula diplomatica, adeguandola alla sua visione pragmatica di sviluppo delle relazioni internazionali basata sulla formulazione di accordi bilaterali asimmetrici.

La diplomazia cinese, infatti, ha adottato lo stesso concetto sia nel campo delle relazioni internazionali di carattere collettivo, sia in quello delle relazioni con i singoli Stati, impostando una linea diplomatica che, nel primo caso, si propone come alternativa ai valori occidentali, ricalcandone le linee concettuali generali, mentre nel secondo caso, quando si tratta dei singoli Stati, tende a impostare un rapporto bilaterale dove il membro privilegiato del rapporto è la Cina stessa.

Se gli USA hanno dato vita al Summit for Democracy, la Cina presiede l’International Forum on Democracy: Shared Human Values; quando l’Occidente si riunisce a Davos per il World Economic Forum, Pechino mette in campo il suo China Development Forum e presiede la Boao Forum for Asia Annual Conference.

In pratica, la Cina propone una versione alternativa a ciò che viene ritenuto, a torto o a ragione, l’imposizione di un modello univoco, con l’intento di presentare la propria visione di un ordine internazionale che propone valori morali e culturali simili a quelli occidentali, ma declinati in modo differente.

Tale innovazione concettuale sembra suscitare interesse anche in alcuni Paesi della Vecchia Europa, soprattutto quelli, come la Spagna, il cui retaggio storico li indirizza a sviluppare i propri interessi secondo una visione legata più verso il Nuovo Mondo che nella direzione del fronte orientale.

Ed è proprio da questo Paese che riparte l’azione cinese volta a rinforzare la politica del bilateralismo delle relazioni che ha come obiettivo l’Europa.

Infatti, il Primo Ministro spagnolo, Pedro Sànchez è il primo leader occidentale che ha ricevuto un invito per un incontro da Xi Jinping dopo il vertice di Mosca di quest’ultimo con, il quasi alleato, Putin.

I motivi alla base dell’incontro sono principalmente due, uno formale, quello di sottolineare il cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatico ispano cinesi al fine di rilanciare e rafforzare i rapporti economico finanziari tra i due Paesi, già evidenziato con la partecipazione spagnola alla recente edizione del Boao Forum, e un altro, molto più sostanziale, che guarda con interesse al prossimo ruolo che la Spagna ricoprirà in luglio, quando assumerà il turno di presidenza dell’Unione Europea.

Su quest’ultimo fattore sono puntati gli interessi di Pechino in quanto Madrid è l’unico membro della NATO e dell’Unione Europea che abbia, seppure con delle riserve, considerato con favore la proposta cinese per la soluzione della crisi ucraina. Inoltre, anche se parte attiva dell’Alleanza e dell’Unione Madrid vive, comunque, l’esperienza del confronto con l’Orso Russo ovattata dalla sua condizione di retrovie strategiche lontane e, quindi, nella considerazione di Pechino potrebbe rappresentare un elemento su cui fare leva per supportare la visione di una Cina neutrale, equidistante e desiderosa di risolvere la crisi ucraina.

L’applicazione del citato concetto del divide et impera è, quantomai, attuale se consideriamo la non casualità della linea cinese che, oltre al ruolo che la Spagna è in procinto di assumere, combina altre due considerazioni importanti: la prima è la posizione particolare di Madrid che rappresenta l’ala geografica della NATO e dell’Unione che sta perdendo terreno a favore di un baricentro sempre più orientato all’area baltico-orientale; la seconda è la vocazione secolare che lega e attrae gli interessi spagnoli verso il loro vecchio impero nelle America Centro Meridionale e nel Pacifico.

In quest’area geografica la penetrazione diplomatica cinese ha già iniziato a conseguire diversi successi di rilievo, con il corteggiamento del Brasile nell’ambito dell’impulso dato al partenariato del BRIC, riorientando il supporto diplomatico di alcuni Paesi a suo favore nella disputa con Taiwan (l’Honduras è l’ultima recente dimostrazione dell’efficacia dell’azione di Pechino), oltre all’attrazione che il nuovo modello di ordine mondiale esercita su Stati di non cristallina impronta democratica. La possibilità di sfruttare positivamente la valenza un protagonista fondamentale nelle relazioni con quella parte dell’Emisfero Sud come Madrid, amplierebbe le chances di successo di Pechino nel suo programma di estensione globale della sua influenza anche nell’America del Sud.

Un ultimo criterio da considerare per comprendere la via cinese della diplomazia nei confronti dei barbari europei (che è la denominazione usata da secoli dalla Cina nel definire quelli che non sono figli del cielo come loro) e che indica quanto poco elevata sia la considerazione politica di cui gode la nostra Unione Europea a Pechino, è quello che deriva dall’attenzione rivolta ai vertici europei, che sono ammessi ai meeting con la Cina solo se accompagnati dai rappresentanti di Paesi considerati come interlocutori autorevoli.

In quest’ottica vanno interpretate sia le visita che il Presidente Macron effettuerà ad aprile in Cina, sia quella effettuata dal Cancelliere Scholz nello scorso fine anno, alle quali sono stati ammessi, nel primo caso la Presidente della Commissione Europea (che questa volta potrà contare su un posto a tavola seduta)e nel secondo caso il Presidente del Consiglio Europeo.

La considerazione che viene riservata a Francia e a Germania da Pechino non consiste però nella riconosciuta egemonia alla guida dell’Unione, come i due Paesi ancora si illudono di avere, ma probabilmente risiede nella loro importanza ai fini economico-commerciali che il binomio può avere per gli interessi della Cina ai fini di un’affermazione nel cuore economico del continente. E il fatto che questi due Paesi effettuino le visite accompagnando, di fatto, i vertici dell’Unione, sottolinea la scarsa considerazione che Pechino ha dell’Unione Europea, vista non come una organizzazione autonoma e comunitaria interprete di un sentimento condiviso di valori e cultura, ma considerata alla stregua di un’appendice locale e di contorno alle due economie principali.

Questa interpretazione assume maggior peso se si considera che l’invito ricevuto da Madrid non implica anche l’aggiunta di un qualsiasi rappresentante dell’Unione e che, dall’altra parte Sànchez si è ben guardato dal coinvolgere la stessa Unione per l’evento.

La Spagna è vista da Pechino come un interlocutore, sì utile in un contesto europeo di cui fa parte marginalmente, ma principalmente favorevole a supportare la politica verso l’America del Sud. Quindi niente connessioni con l’Unione Europea nella visita di Stato.

La Cina, come detto inizialmente, ha dato nuova vita al principio del divide et impera di latina memoria, dimostrando di essere una grande Potenza Planetaria, le cui ambizioni non sono quelle di costruire un impero territoriale come in Occidente siamo siano soliti considerare, abbinando al concetto di imperium il dominio fisico e materiale di una regione. L’impero di Pechino è un impero basato sullo sviluppo di relazioni commerciali, economiche e finanziarie bilaterali e asimmetriche dove l’interesse cinese si combina, da una posizione di forza, con quello del partner di turno e dove, però, le regole del gioco sono quelle dettate da Pechino.

Considerando la proattività del leader cinese e il progredire della espansione dell’influenza che la Cina sta proiettando nel contesto geopolitico globale Xi Jinping potrà con orgoglio affermare al prossimo Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese che la sua illuminata presidenza ha donato alla Cina un impero su cui non tramonta mai il sole!!!!

Ai nastri di partenza Confassociazioni Canada. L’Avvocato Paolo Quattrocchi nominato Presidente

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Il 29 marzo, presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati a Roma, si è tenuta la conferenza stampa di presentazione di Confassociazioni Canada, la nuova branch estera della confederazione nazionale che rappresenta 740 organizzazioni in rappresentanza di oltre un milione e 260mila professionisti e più di 213mila imprese. La delegazione canadese di Confassociazioni ha l’obiettivo di rafforzare le relazioni tra Italia e Canada attraverso la collaborazione con le istituzioni italo-canadesi operanti in ambito commerciale, produttivo e culturale.

Alla conferenza stampa, moderata dal Direttore di Radio Parlamentare, Cristina Del Tutto, hanno partecipato: On. Simone Billi, deputato e componente della Commissione Permanente III Affari Esteri, Angelo Deiana, presidente di Confassociazioni, Gianni Lattanzio, presidente di Confassociazioni International, Carmelo Cutuli, vicepresidente di Confassociazioni International con delega ai rapporti con il Nordamerica e l’Oceania, Stefano Potorti, presidente di Confassociazioni UK e consigliere delegato per il coordinamento delle strutture internazionali, e infine Paolo Quattrocchi, presidente di Confassociazioni Canada.

Il presidente di Confassociazioni, Angelo Deiana, ha dichiarato che l’aggiunta del Canada alla lista delle rappresentanze estere è un passo importante per l’organizzazione, che è già presente nel Regno Unito, negli Emirati Arabi Uniti e in Spagna. Le relazioni tra l’Italia ed il Canada sono sempre state molto strette e vantaggiose per entrambi i paesi, e Confassociazioni Canada intende svolgere un ruolo importante nel rafforzare ulteriormente le eccellenti relazioni tra i due paesi.

Il presidente di Confassociazioni Canada, Paolo Quattrocchi, ha sottolineato che il Canada rappresenta una grande opportunità per le imprese italiane in diversi settori, tra cui il food and beverages, i settori manifatturiero, minerario ed energia, infrastrutture, alta tecnologia, ricerca scientifica e cultura. La nuova branch di Confassociazioni intende lavorare insieme con tutto il sistema già attivo nelle relazioni Italia-Canada per rafforzare il sistema associativo e ampliare la platea degli operatori, italiani e canadesi, che intendono impegnarsi nei reciproci mercati.

Stefano Potortī, presidente di Confassociazioni UK e consigliere delegato del presidente Deiana per le strutture internazionali, ha dichiarato che Confassociazioni UK è pronta a collaborare attivamente con Confassociazioni Canada, condividendo conoscenze e best practice per potenziare ulteriormente il sistema associativo a livello internazionale.

Gianni Lattanzio, presidente di Confassociazioni International, ha sottolineato che la presenza di una comunità italiana ben radicata sul territorio canadese può costituire un presupposto operativo per valorizzare la tradizione culturale italiana ed il nostro Made in Italy.

“Confassociazioni Canada – ha dichiarato il Vicepresidente di Confassociazioni International con delega per il Nord America e l’Oceania, Carmelo Cutuli, rappresenta un importante momento per l’affermazione del sistema associativo italo-canadese, con la creazione di nuovi spazi di collaborazione e di scambio, economico e culturale, tra le due nazioni. Confassociazioni si contraddistingue, da sempre, per il suo impegno nel creare reti fortemente collaborative e competenti, offrendo l’opportunità ai propri associati di guardare il globo a 360 gradi eliminando le distanze geografiche e ampliando le opportunità d’interazione.”

Canada-Italy Forum on AI 2022

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L’area di Montreal è tra i poli geografici mondiali specializzati sull’IA e la Camera di Commercio Italiana in Canada organizza dal 2019 il business forum Italia-Canada sull’IA con l’obiettivo di favorire interlocuzioni tra diversi soggetti in Italia e Canada per creare progetti congiunti e opportunità di business, di ricerca, di lavoro.

L’edizione 2022 del Forum Italia-Canada sull’IA ed accessibile anche online, è dedicata alla Cybersecurity: policy maker, esperti, ricercatori, manager di imprese leader di mercato e di piccole imprese si confronteranno il 22 e 23 novembre con l’obiettivo di condividere visioni, esperienze, buone pratiche e di identificare possibili collaborazioni. Presente anche un’apertura sul mondo (e sul ruolo) delle startup.

Ambasciata d’Italia in Canada, Consolato generale italiano a Montreal, Ministero degli Esteri, Regione Emilia-Romagna, ART-ER, Agenzia ICE e Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale sono partner del Forum 2022.

Tra i temi-chiave che saranno affrontati al Forum Italia Canada sull’Intelligenza Artificiale-Cybersecurity. “Sono aspetti di una tale importanza per il futuro della nostra società e di una tale complessità che nessuna azienda, nessuna università e nessun singolo Paese può pensare di affrontare e risolvere da solo. Il bello dello scambio di idee, soprattutto tra Paesi amici, è che ciascuno uscirà arricchito dalla conferenza e da tutte le ricadute che ne deriveranno”, commenta Michele Colajanni, professore di cyber security all’Università di Bologna e tra i protagonisti del Forum.

Oltre quaranta gli speaker del Forum. Tra questi, Roberto Baldoni (Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale), Sami Khoury (Head Canadian Center for Cybersecurity), Steve Waterhouse (Assistant Deputy Minister, Information Security and Cybersecurity Ministère de la Cybersécurité et du Numérique). I diversi interlocutori partecipanti al Forum porteranno i propri punti vista, testimonianze, storie, nelle tre sfere di interesse: istituzionale, accademico, aziendale.

“Che l’intelligenza artificiale sia un settore chiave per la nostra economia e, più in generale, per la nostra società, è chiaro a tutti”, commenta Andrea Ferrari, ambasciatore d’Italia in Canada. “È un settore in cui dobbiamo investire, per affrontare la sfida della transizione digitale. La sicurezza informatica è oggi una “infrastruttura” di cui tutti abbiamo bisogno, soprattutto nell’attuale scenario internazionale. Il Business Forum sull’A.I. è tra le migliori occasioni per approfondire la collaborazione in questi ambiti e per continuare ad arricchire il legame tra I talia e Canada nel 75° anno dell’instaurazione formale delle relazioni diplomatiche,” conclude Ferrari.

L’Università Europea di Roma ed il Centro Studi Italia-Canada firmano accordo di collaborazione

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L’Università Europea di Roma (UER), ateneo a vocazione internazionale in forte crescita fondato nel 2004 nella Capitale, ed il Centro Studi Italia-Canada (CSIC) hanno stipulato un accordo quadro per la collaborazione reciproca in attività di formazione, ricerca e terza missione.

L’obiettivo dell’accordo è lo svolgimento in collaborazione con UER Academy – la scuola di Formazione Continua e Alta Formazione UER – di attività di interesse comune per l’avanzamento della conoscenza e del dialogo tra l’Italia e il Canada. A questo scopo, UER e CSIC si propongono di progettare, realizzare, supportare e promuovere corsi, interventi formativi, workshop, eventi, attività di ricerca e di recruiting.

Le relazioni tra Italia e Canada hanno origini lontane e vedono nella numerosa e attiva comunità italo-canadese il miglior interprete dei sentimenti di amicizia che legano i due Paesi. Negli ultimi 75 anni Canada e Italia hanno seguito percorsi paralleli in ogni settore della vita civile, politica ed economica. Con l’entrata in vigore del CETA gli scambi commerciali, già intensi hanno registrato una costante crescita, in tutti i settori (il settore agro-alimentare, ad esempio, ha registrato negli ultimi dieci anni, una crescita media annuale del 7% portando, in questo comparto, il nostro Paese ad essere il quarto fornitore del Canada a livello globale e il primo tra i Paesi UE) , così come condivise sono le scelte politiche in campo internazionale. Lo sviluppo sostenibile nella sua più ampia accessione, con tutto ciò che ne consegue, rappresenta il trigger comune che segnerà la rotta che Canada e Italia si sono impegnate a seguire. A tutto ciò si aggiungano gli scambi nei settori cultura, arte e società. Con il crescere della entità e qualità delle relazioni cresce l’interesse reciproco e quindi la necessità di studiare e approfondire la comprensione reciproca. Da qui l’interesse di UER e del Centro Studi Italia Canada di approfondire e divulgare i molti temi nei quali si articolano gli stretti rapporti tra i due Paesi.

Dichiara la Prof.ssa Matilde Bini – Direttrice Scientifica Responsabile di UER Academy “Con questo accordo desideriamo cogliere l’opportunità di rafforzare la vocazione internazionale dell’Ateneo, e aprire nuove finestre di conoscenza e di opportunità sulla cultura e l’economia del Canada e in generale del Nord America”.

“Prosegue – Ha dichiarato il Direttore del Centro Studi Italia-Canada, Avv. Paolo Quattrocchi – il nostro impegno per il rafforzamento delle reti di conoscenza attraverso il dialogo con il mondo universitario. Vediamo in questo accordo un ulteriore passo nelle attività di sviluppo di sinergie con partner accademici, per una ulteriore crescita delle attività di didattica e ricerca sui temi d’interesse nelle relazioni tra Canada ed Italia”.

La Colombia garantisce lo status legale ai migranti venezuelani

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Ai migranti venezuelani e ai richiedenti asilo in Colombia verrà concesso lo status protetto per un massimo di 10 anni, ha annunciato lunedì il presidente colombiano Ivan Duque insieme a Filippo Grandi, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Tutti coloro che arriveranno ​​in Colombia prima del 31 gennaio sarà infatti consentito rimanere nel paese per un decennio in base alle nuove regole. Il possesso dello status di residente protetto consentirà inoltre ai migranti di lavorare legalmente e li aiuterà a integrarsi nella società.

Le Nazioni Unite stimano che circa 5,4 milioni di venezuelani siano fuggiti dal loro paese in mezzo a una crisi economica paralizzante, oltre a minacce di violenza, instabilità politica e mancanza di beni e servizi di base. Durante l’incontro, Duque ha detto che i venezuelani hanno lasciato il loro Paese “a causa della dittatura e della povertà” e che “è doloroso assistere a queste circostanze”. Più di 1,7 milioni di venezuelani vivono ora nella vicina Colombia, e di questi, circa 966.000 non hanno uno status legale nel paese, secondo l’autorità di immigrazione della Colombia. La maggior parte arriva attraverso passaggi di frontiera improvvisati e senza i documenti necessari o il timbro di immigrazione per ottenere l’accesso al lavoro o all’assistenza sanitaria.

Le autorità per l’immigrazione stanno ora ponendo maggiore enfasi sull’incoraggiamento dei migranti e dei richiedenti asilo ad entrare in Colombia attraverso dei canali ufficiali. Anche le organizzazioni umanitarie e i responsabili politici in Colombia e all’estero hanno accolto con favore l’annuncio di lunedì. “Ogni giorno i bisogni dei venezuelani in Colombia crescono, esacerbati dagli effetti della pandemia”, ha detto Marianne Menjivar, direttrice del Comitato di soccorso internazionale per Colombia e Venezuela. “La Colombia è diventata il paese del Sud America che ospita il maggior numero di migranti venezuelani … Le iniziative di regolarizzazione come quella annunciata oggi sono un passo per garantire la protezione delle persone che vivono in condizioni di vulnerabilità, fornendo loro strumenti per ricostruire le loro vite”, ha affermato in una dichiarazione.

“Questo è un primo passo importante per aiutare a garantire l’integrazione di questa popolazione che è stata emarginata a causa del loro status illegale”, ha detto Aprile direttore colombiano di Mercy Corps, aggiungendo tuttavia che i migranti venezuelani devono ancora affrontare sfide significative nell’accesso all’istruzione, alla salute e ad altri servizi. “La risoluzione di questi problemi richiederà il sostegno del governo, del settore privato e delle ONG in tutto il paese”, continua Aprile.

Alcuni osservatori hanno tuttavia sollevato preoccupazioni circa la capacità del governo di concedere logisticamente lo status di protezione a così tanti migranti venezuelani e richiedenti asilo e di fornire loro finanziariamente l’accesso ai servizi sociali. La Colombia non riceve tanti finanziamenti per gli aiuti internazionali quanto le altre crisi migratorie globali, come la Siria e il Sudan, ha affermato Sergio Guzman, direttore della Colombia Risk Analysis, una società di consulenza sui rischi a Bogotà.

Gli analisti della Brookings Institution hanno stimato a dicembre 2019 che la comunità internazionale aveva speso 580 milioni di dollari per rispondere alla crisi degli sfollati venezuelani nei suoi primi quattro anni, rispetto ai 7,8 miliardi di dollari spesi nei primi quattro anni di risposta alla crisi dei rifugiati siriani.

“La Colombia è sottofinanziata, deve affrontare un deficit fiscale pronunciato, dovendo vendere beni del governo per finanziare i suoi attuali livelli di spesa, che sono destinati a crescere con una domanda aggiuntiva da parte dei cittadini venezuelani”, ha ribadito Guzman.

Peraltro, la Colombia sta attualmente attraversando uno dei suoi momenti più difficili, con molte questioni economiche e politiche ancora aperte, senza parlare degli effetti della pandemia che hanno ulteriormente inasprito le tensioni sociali. Includere la migrazione venezuelana nell’equazione avrà sicuramente dei costi e dei benefici, resta però da vedere come questa sfida sarà gestita nel breve periodo.

USA, Assalto al Campidoglio

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I sostenitori di Trump assaltano il Campidoglio.     Una delle giornate più drammatiche, più tristi e più terrificanti della mia (non breve) vita farà sì che il ricordo dell’Epifania del 2021 resterà indelebile nella mia mente finché vivrò. Eppure dovrò dire grazie alla televisione, e in particolare alla CNN, che con le sue dirette ha permesso a me come a decine e forse centinaia di milioni di persone nel mondo, di essere testimoni di un evento storico. Un evento che, se non l’avessimo visto in tempo reale e poi rivisto nei suoi momenti salienti, si sarebbe stentato a credere vero. Almeno del tutto vero. A leggerlo, in una cronaca del giorno dopo, avremmo forse pensato a una esagerazione del cronista di turno, sempre combattuto tra il voler esibire una prosa scabra alla Hemingway e il desiderio di mostrare al lettore che lui/lei sul posto a rischiare la pelle ci stava davvero; spesso in bilico tra l’understatement e l’aggettivo reboante, tra piccole, umane, quotidiane miserie e la loro reificazione. 

     Mi pare persino troppo ovvio dover precisare che sto parlando di quello che doveva essere l’atto finale della già sciagurata presidenza Trump. La conta dei voti elettorali al Congresso e il ballottaggio finale in Georgia, per stabilire se – come tutto lasciava indicare – i democratici, sebbene di stretta misura, con i voti della Georgia avevano ottenuto la maggioranza in entrambi i rami del Congresso. Insomma, se non ci avesse messo mano Clio, la Musa della Storia, ieri affetta da improvvido protagonismo, sarebbe stata solo la trentesima (letteralmente) volta che il presidente uscente tentava di sovvertire l’esito delle elezioni di novembre scorso e che per la trentesima volta le sue mene avevano fatto fiasco. Trump, masticando amaro, sarebbe finalmente uscito dalla Casa Bianca (forse parzialmente blindato contro sanzioni penali federali, forse auto perdonato, forse no) e, naturalmente mentendo, perché non credo che possa crederci neanche lui, avrebbe detto ai “suoi” di prepararsi ad accompagnarlo in forze, tra quattro anni, per tornare a guidare la superpotenza. Magari chissà, affiancato da una nuova Prima Signora, là dove Signora è una semplice traduzione letterale. Qualcuno, un po’ per celia e un po’ per non morire (di noia), avrebbe anche provato a rendere “rosicone” in inglese. Io, che di quella lingua non sono ignaro, avrei azzardato “grudger”, che rende il senso del termine romanesco.

     Invece il presidente uscente ha fatto l’ennesimo discorso incendiario e sebbene smentito anche dai principali esponenti del suo partito ha ribadito la fola dei brogli, le false accuse al partito democratico, la sicurezza di avere ottenuto alle urne l’elezione per il secondo mandato. Dopo il discorso Trump si è ritirato, piazzandosi di fronte al televisore per vedere gli effetti devastanti della sua concione. Ma a quel punto la vecchia Clio ha voluto trasformare la commedia “noire” in un dramma, che speriamo non diventi tragedia, dalla potenziale portata planetaria. La TV ci ha così mostrato cose che nessuno avrebbe mai neanche pensato di poter vedere. Un assalto in piena regola contro il Congresso, con tanto di scalata (riuscita) al muro di cinta del Campidoglio, sfondamento di porte e finestre, violazione dei sacri penetrali del potere. Un individuo, naturalmente fiero di farsi riprendere e forse stanco di sparacchiarsi selfieautocelebrativi, è stato immortalato mentre troneggiante si era seduto alla scrivania di Nancy Pelosi, la speaker della Camera. Altri due, senza tanti complimenti, sono saliti con le scarpe sul candido divano della ottantenne signora, appena confermata per la quarta volta all’importante carica di presidente. 

     Scene così si erano viste varie volte in momenti difficili della vita nazionale americana, ma non certo nel massimo centro di potere del mondo. Questo tipo di disordini hanno sempre investito quartieri marginali di qualche fetida periferia ai margini delle più oscure province Usa, con masse di straccioni facinorosi, quasi tutti chicanose afro-americani frustrati dalla marginalizzazione; cento e più anni fa al loro posto ci sarebbero stati irlandesi, ebrei, italiani, insomma la crème de crème del lumpenproletariatpre-crisi del ’29. Questa volta no. A dare l’assalto a Capitol Hill c’erano praticamente solo bianchi suprematisti, alcuni, i patrioti più accesi, inalberanti stendardi ispirati alle vecchie bandiere sudiste; e siccome con la Patria e la Famiglia anche Dio non guasta, a quelle bandiere erano uniti anche grandi cartelli inneggianti alla potestà di Cristo; i famosi Jesus freaks, che con le aste di quei cartelli e stendardi hanno poi scardinato porte e finestre, ferendo poliziotti e addetti alla sicurezza del Parlamento. Erano quasi tutti wasp, con rare eccezioni di messicani di successo, ovviamente classisti e ostili verso i connazionali più sfortunati, i sans-papierche Trump ama tanto chiudere in animaleschi recinti e tenere alla larga mediante alti muri, anche se quasi solo sulla carta, visto che il progetto della mega barriera nel Texas l’ha solo iniziato e non portato avanti per mancanza di fondi. In trasferta dalla Florida non mancavano un po’ di gusanos, i cubani scappati da Cuba, nostalgici dei tempi pre-castristi (che ovviamente non hanno mai conosciuto) anche loro quasi tutti strenui sostenitori della più bieca destra repubblicana. Alle 18, mezzanotte in Italia, nel centro della capitale è stato imposto il coprifuoco. 

     La CNN, che inizialmente aveva parlato di “dimostranti” e “mob” (folla tumultuante) a un certo punto ha cominciato una escalation semantica, usando termini come “sommossa” e “saccheggio”, in un crescendo di espressioni di incredulo sconcerto, inusuali per il solitamente pacato giornalismo anglosassone anche in periodi di guerra, culminate dalla definizione “insurrezione contro lo Stato”, applicata più volte nei confronti dello stesso Trump. Una donna, colpita al petto da colpi di arma da fuoco, in serata è morta: si tratta di  una sostenitrice di Donald Trump,  Ashli Babbit. Il bilancio delle vittime,  nell’ora in cui scriviamo, secondo quanto riferisce la polizia di Washington DC, è di quattro morti, 52 arresti e numerosi i feriti, tra i quali parecchi agenti. Alla marcia sul Campidoglio “Save America” hanno partecipato circa 45.000 persone. La polizia ha anche confermato che sono stati rinvenuti ordigni esplosivi sia davanti al quartier generale della Dnc (Democratic National Convention), sia davanti alla Rnc (Republican National Convention).

Prima che intervenisse la Guardia Nazionale di Washington e accorressero rinforzi anche dalla vicina Virginia, si sono visti sparuti agenti in borghese con le pistole spianate tenere a bada gruppi di scalmanati che volevano commettere ulteriori effrazioni. Alla fine il presidente eletto Joe Biden ha pronunciato un discorso fermo nei contenuti ma pacificatore e assai pacato (anche troppo, data la situazione).Dopo un po’, resosi conto che la situazione gli era sfuggita di mano, anche Trump ha fatto una breve comparsa sugli schermi televisivi, invitando la sua gente a ritirarsi ma ribadendo, ancora una volta col solito linguaggio rudimentale, di essere stato vittima di un colossale broglio elettorale. Questa volta, però, potrebbe pagare un prezzo ben più alto che la rielezione.

Carlo Giacobbe

CARLO GIACOBBE

Carlo Gicobbe

Carlo Giacobbe,per l’Ansa ha vissuto come corrispondente, finché è stato in servizio, in Egitto, Stati Uniti, Canada, Portogallo, Israele e Messico, paesi dai quali ha fatto anche l’inviato, particolarmente nell’America centrale e nel Caribe. Per la maggiore agenzia italiana ha seguito fatti memorabili come la morte di Sadat, la prima guerra del Golfo o il primo viaggio di un Papa nella Cuba di Fidel Castro. 

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