GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Iran, ecco le sfilate in linea con i precetti dell’Islam

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A lezioni di passerella da Behpooshi, prima e più nota agenzia di Teheran di modelle alla maniera islamica

Video di Costanza Spocci e Testo di Eleonora Vio – Nawart Press

su Io Donna 

Da un anno e mezzo in Iran posare e sfilare in pubblico è halal, ovvero in linea con i dettami islamici. Se il Ministero per la Cultura e la Guida Islamica si è finalmente aperto alle esigenze di giovani sempre più proiettati verso il dinamico mondo esterno, è stato però chiaro su una cosa: no alle modelle alla occidentale e via libera alle indossatrici alla maniera islamica.

«L’indossatrice deve essere interamente coperta, ad eccezione di viso mani e piedi, e deve sfilare guardando dritta davanti a sé, senza osare movimenti sfacciati e provocatori» spiega Sharif Ravazi, fondatore di Behpooshi, cioè la prima e più nota agenzia di modelle di Teheran. L’Iran è stato investito da un boom di chirurgia estetica ma Ravazi vuole riappropriarsi degli originali canoni estetici iraniani e per questo seleziona «giovani acqua e sapone, vicine alle persone comuni». «Se in altri paesi l’industria di moda ha solo a che fare con i vestiti e l’estetica, in Iran può cambiare il ruolo delle giovani nella società» spiega Ravazi.

Nonostante le rigide regole di comportamento cui iraniani e iraniane devono adattarsi, nella storia iraniana le vesti sgargianti non mancano, come si vede nei capi tradizionali di città come Kashan o Esfahan. «Perfino il Profeta Maometto si diceva indossasse calzature gialle – sbotta Ravazi – ma chissà perché il nero oggi dilaga ovunque.»

Come in ogni altro aspetto della vita iraniana, anche nella moda c’è una netta linea di demarcazione tra sfera pubblica, dove manichini inespressivi coperti dalla testa ai piedisfilano per un pubblico misto di donne e uomini, e quella privata, con indossatrici senza velo, abiti scollati e pose sensuali, di fronte a un’audience di sole donne al riparo da sguardi indiscreti.

Lo sforzo per far emergere l’identità iraniana anche nella moda è apprezzabile, ma le aspiranti indossatrici non hanno dubbi: «Tra show pubblici e privati preferisco di gran lunga i secondi – dice Sarah Jinoussi -. Lì posso esprimermi liberamente e sentirmi… una vera modella.»

Alle Porte d’Europa – Reportage su La Regione Ticino

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L’isola greca di Lesvos è il terminal dei migranti che partono dalle vicine coste turche e tentano poi la traversata via terra verso l’Europa centrosettentrionale. Questo primo lembo di terra europea, povero a sua volta, vive tutte le difficoltà e le contraddizioni generate dall’afflusso di persone in fuga da guerre e miseria. Popolazione e autorità locali impotenti, governo centrale assente.

Nawart Press su La Regione Ticino

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Essere un travestito a Tirana

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Vorremmo farvi assaporare un granello, un assaggio del retrogusto che avrà il documentario Railway Diaries in Albania. Come ogni assaggio, non sveleremo più dello stretto necessario.

Per incontrare una delle nostre due narratrici dobbiamo aspettare le 10 di sera. “Andate nel parchetto dietro il Teatro dell’Opera dopo le 10 e chiedete di Angela” ci consiglia Xheny, attivista di Tirana. Prima di farvi venire con noi nel parchetto però, dobbiamo chiedervi di sintonizzarvi sulle nostre stesse note. Vi ricordate quella scena particolare di Todo Sobre Mi Madre di Almodovar, quella in cui Manuela arriva a Barcellona per ritrovare Lola e si imbatte su Agrado? C’era una sequenza in taxi con il sottofondo musicale di Tajabone, una canzone senegalese cantata da Ismael Lo. Ecco, c’è bisogno di questa musica per entrare nella giusta atmosfera di quel giovedì sera in cui abbiamo incontrato Angela.

Non c’è stato bisogno di andare in periferia, non c’erano le ronde di macchine attorno ai fuochi. Non c’erano seni in mostra o provocazioni. Era tutto molto più tristemente reale. Proprio di fianco a Piazza Skanderbeg, dove c’è il Tirana International Hotel, il teatro dell’Opera e le sedi del municipio e del parlamento di Tirana, nel cuore pulsante delle istituzioni. Lì dietro, in un parchetto poco illuminato ci siamo imbattute nella nostra Agrado. Aveva un paio di enormi occhi lucidi e due gambe scheletriche semi visibili sotto le calze a rete. Le chiediamo dove possiamo trovare Angela e lei ci indica una rete metallica nel buio più totale. Vedendo la nostra titubanza ci accompagna gridando con i suoi toni più acuti “Angela! Angela! Vieni fuori!”. Aspettiamo massimo 2 minuti e arriva la Lola di Almodovar, che nel nostro caso si chiama Angela, traballando su un paio di tacchi 12 con strass.

Si schiarisce la voce rauca prima di chiedere la prima (delle tante) sigarette… con il suo sorriso sdentato. Lola/Angela accetta di passare due giorni insieme a noi, anzi, accetta di farsi seguire. E così abbiamo fatto…

Non vogliamo dirvi niente di più su Lola/Angela, non vogliamo svelarvi le controversie e le battaglie che ha vissuto in una vita più amara che vissuta. Ve lo mostreremo a tempo debito nel primo episodio del nostro documentario…

Le comunità Roma di Gjakove, Kosovo

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Giorno 2: le comunità Roma di Gjakove

Gjakove è una della città che più è stata colpita dalla guerra del ’98-’99. 1870 morti e 6500 case distrutte sono il risultato della ritorsione del governo di Milosevic contro una città quasi esclusivamente di origine albanese.

Oggi Gjakove conta una popolazione di 94.000 abitanti, quasi tutti di origine albanese, ma ai margini della città vivono più di 3000 persone di origini Roma. Il problema dell’integrazione per questa comunità, al suo stesso interno divisa in “Askhali”, “Egyptians” e “Rom”, è ancora una questione largamente irrisolta, nonostante l’amministrazione comunale, capeggiata dall’unica sindaca del Kosovo ed “egyptian” di origine, stia promuovendo iniziative culturali volte al riavvicinamento delle diverse comunità e la ricostruzione di interi quartieri residenziali.

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Costanza Spocci
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