GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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ESTERI - page 3

Medio Oriente, Guterres “Chiediamo una tregua umanitaria”

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MILANO (ITALPRESS) – “Quello che vediamo oggi a Gaza, bimbi che muoiono di fame e questo terribile numero di morti non ha nessun parallelo in nessun altro conflitto che ho visto come segretario… allora basta! Stiamo chiedendo una tregua umanitaria. Il ramadan potrebbe essere un’ottima occasione per il cessate il fuoco”. Così il segretario generale Onu, Antonio Guterres, in collegamento con “Che Tempo Che Fa” sul Nove.
Per il Medio Oriente “non c’è altra soluzione” se non quella dei due Stati, “non c’è altro modo per permettere a queste due popolazioni di vivere in pace”. “Quello che ha fatto Hamas è un attacco terroristico assolutamente inaccettabile – aggiunge -. E’ una disgrazia terribile, inconcepibile in un mondo come il nostro. Dobbiamo essere chiari e fermi su questo. Gli ostaggi devono essere rilasciati senza condizioni, immediatamente, ma le operazioni militari sono state lanciate in un modo dove il prezzo per i civili è stato drammatico”.
-foto Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).

Usa 2024, Biden convince sullo Stato della “disunione” d’America

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Di Stefano Vaccara

NEW YORK (USA) (ITALPRESS) Joe Biden passa la prova del discorso più importante dell’anno, ma lo stato dell’Unione sparisce e con le sue parole pronunciate al Congresso con esuberante energia – a tratti mista a rabbia – il 46esimo presidente ha certificato il profondo stato della disunione degli USA. Biden ha sicuramente superato l’esame sul suo stato di salute che tormentava alla vigilia i suoi sostenitori. L’anziano presidente è apparso ancora fragile nei movimenti, ma non ha mai barcollato o mostrato momenti di confusione cognitiva, come era capitato negli ultimi mesi. Biden ha subito paragonato i tempi a quelli vissuti con Franklin Delano Roosevelt quando nel 1941 pronunciò dal medesimo pulpito il suo discorso mentre in Europa già infuriava la guerra, un attacco che gli consentiva di andare al conflitto in Ucraina e il pericolo rappresentato per tutti dalla Russia di Putin. Poi, per attaccare Trump (senza mai pronunciare il suo nome ma chiamandolo “il mio predecessore”), col pericolo che il 45esimo presidente riporterebbe alla democrazia, Biden torna anche più indietro nella storia più buia degli USA: “Dai tempi del presidente Lincoln e della guerra civile la libertà e la democrazia non erano mai state sotto attacco in patria come lo sono oggi. Ciò che rende raro il nostro momento è la libertà della democrazia, sotto attacco sia in patria che all’estero”, e Biden pronuncia le parole in un crescendo fino a gridarle, accostando così il pericolo rappresentato da Putin per l’Europa a quello di Trump “in patria”. Biden ripetendo la frase di Trump che incitava Putin a invadere i paesi Nato se non avessero pagato il giusto per l’Alleanza, grida: “Ma noi non ci piegheremo mai” a Putin. Trump dal canto suo ha risposto agli attacchi di Biden dal suo Truth Social scrivendo: “Putin ha invaso l’Ucraina solo perché non ha rispetto per Biden”. Chiamato sempre “il mio predecessore”, Biden ha continuato ad attaccare Trump anche per i suoi tentativi di ribaltare illegalmente il voto del 2020 dopo aver perso le elezioni: “Non puoi amare il tuo Paese solo quando vinci”, ha detto il presidente suscitando l’applauso della parte democratica del Congresso, mentre la zona dove sedevano i senatori e deputati repubblicani rimaneva in silenzio. Altre volte borbottava, ma un paio di volte, qualcuno gridava a Biden “bugiardo!”. Dietro il presidente, intanto, la vice presidente Kamala Harris – presidente del Senato – si alzava a quasi ogni passaggio del discorso, mentre lo Speaker del Congresso, il repubblicano Mike Johnson, rimaneva impassibile seduto e senza applaudire. In oltre un’ora di discorso, Biden ha toccato tutti i punti sullo stato della “disunione”. E quindi la crisi al confine con l’immigrazione illegale fuori controllo, il diritto all’aborto negato, i costi dei farmaci alle stelle, per poi verso la fine arrivare alle sofferenze dei palestinesi a Gaza e l’appoggio a Israele che resta una “mina vagante” nella tenuta della coalizione che dovrebbe confermare il presidente alla Casa Bianca. Prendendo una spilla indossata in sala da alcuni repubblicani che incitava a pronunciare il nome di Laken Riley, la studentessa della Georgia uccisa a febbraio dopo un assalto di cui è stato accusato un migrante venezuelano entrato illegalmente negli Stati Uniti.
Biden ha quindi pronunciato il nome di Laken Riley, aggiungendo: “Ai suoi genitori, dico, il mio cuore è con voi. Avendo perso dei figli io stesso, capisco”. Descrivendo l’accusato “un illegale”, Biden ha anche aggiunto: “ci sono stati migliaia di omicidi commessi da legali”. Quando ha parlato di Gaza, Biden ha detto che oltre al diritto a difendersi “Israele ha anche la responsabilità fondamentale di proteggere i civili innocenti a Gaza”. “Alla leadership di Israele, dico questo: l’assistenza umanitaria non può essere una considerazione secondaria o una merce di scambio”, ha continuato “Proteggere e salvare vite innocenti deve essere una priorità”. Biden ha ripetuto che il conflitto israelo-palestinese non finirà senza una soluzione a due Stati, ma nel discorso tanto atteso ha evitato di fare riferimento alla risoluzione che gli USA hanno preparato all’ONU per il cessate il fuoco e che “ritardano” a far votare dal Consiglio di Sicurezza. Al discorso erano invitati degli ospiti che erano seduti vicini alla first lady Jill Biden, e la loro presenza serviva a sottolineare le nette distinzioni con i repubblicani su questioni come i diritti riproduttivi, i prezzi dei farmaci, la difesa della Nato. Durante il suo discorso, Biden si è concentrato molto sui diritti riproduttivi. La decisione della Corte Suprema nel 2022 di ribaltare Roe v. Wade, che aveva stabilito il diritto costituzionale all’aborto, ha poi danneggiato il Partito repubblicano nelle elezioni statali. Diverse donne invitate giovedì sera dalla Casa Bianca o dai parlamentari democratici avevano subito complicazioni mediche potenzialmente letali durante la gravidanza. “Chiaramente coloro che si vantano di aver ribaltato la causa Roe v. Wade non hanno la minima idea del potere delle donne”, ha detto Biden. “Ma hanno scoperto quando la libertà riproduttiva fosse nelle urne e abbiamo vinto nel 2022, 2023, e vinceremo di nuovo nel 2024”. Biden, nonostante la sua fede cattolica, ha promesso di ripristinare le protezioni di Roe – anche se per farlo dovrebbe far compiere al suo partito “la valanga”, cioè ritrovarsi dopo le elezioni di novembre anche con una maggioranza democratica considerevole al Congresso. Sul fronte economico Biden ha rivelato che in un secondo mandato avrebbe cercato ancora di aumentare le tasse sulle società di almeno al 21% in modo che “ogni grande azienda inizi finalmente a pagare la propria giusta quota”. Ma Biden doveva togliere anche quei timori sulla sua età che hanno spinto giù i consensi democratici e indipendenti sulla sua candidatura. Così ha affrontato il nodo alla fine del discorso, dicendo che i suoi 81 anni gli hanno insegnato ad “abbracciare la libertà e la democrazia” e “a non dare all’odio nessun porto sicuro”. Quindi riferendosi ancora a Trump ma senza nominarlo: “Ora alcune persone della mia età vedono la nostra storia in maniera diversa: una storia americana fatta di risentimento, vendetta e punizione. Io non sono così”. Biden arrivato al 38% nell’indice di gradimento (dato Gallup) prima del discorso, aveva la percentuale più bassa degli ultimi 7 presidenti. Il discorso sullo “Stato dell’Unione” era fondamentale per Biden per far alzare l’indice: obiettivo minimo è il 5% in più del dato precedente, altrimenti per Biden si annuncia il disastro. Mezz’ora dopo il discorso, quando l’aula cominciava a svuotarsi, Biden sorridente e ancora energico continuava a stringere mani di ex colleghi, anche di qualche vecchio senatore repubblicano con cui aveva condiviso tanti disegni di legge, ai tempi quando Trump si dedicava a costruire grattacieli lontano dalla politica.(ITALPRESS).

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Ucraina, Zelensky “Se cadiamo Putin aggredirà i Paesi Nato”

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ROMA (ITALPRESS) – “Ringrazio la presidente Meloni, abbiamo un rapporto molto forte e i nostri Paesi hanno un rapporto molto stabile. C’è il sostegno concreto dal punto di vista umanitario e sono grato al popolo italiano che sostiene l’Ucraina”. Così il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, intervistato da Bruno Vespa a “Cinque minuti” in onda su Rai1.
“Speriamo che i nostri partner capiscano e ci sostengano. Se l’Ucraina cade, la Russia andrà avanti e sicuramente aggredirà i Paesi Nato, e l’Italia è uno di questi”, ha detto ancora il presidente ucraino.
“Lo scopo della Russia non è avere qualche territorio ma avere tutta l’Ucraina. Non gli interessa una città o una regione, come Donbass e Crimea, vuole distruggere tutta l’Ucraina e annetterla alla Russia, con la violenza o con gli strumenti politici come avvenuto in Bielorussia”, ha aggiunto.
“A Odessa ieri eravamo con il premier greco per una visita ufficiale e a 300 metri c’è stato un colpo di un missile. Non so chi volessero colpire, è una cosa incredibile. Non parlo di me, ma del leader di un altro Stato. Il premier greco era molto sorpreso, io no”, ha detto ancora Zelensky.

– Foto: Agenzia Fotogramma –

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Tre morti dopo un attacco Houthi a una nave al largo di Aden

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ROMA (ITALPRESS) – Tre marinai sono stati uccisi ieri in un attacco missilistico Houthi contro una nave portarinfuse vicino al porto meridionale di Aden, nello Yemen. Lo ha detto oggi l’ambasciata britannica a Sana’a. Due membri dell’equipaggio filippino sono tra le persone uccise, ha detto in una dichiarazione il governo filippino. Le persone uccise nell’attacco sembrano essere i primi morti derivanti dagli attacchi Houthi contro le navi mercantili in transito sulla principale rotta commerciale del Mar Rosso. “Con grande tristezza, il Dipartimento dei Lavoratori Migranti conferma la morte di due marittimi filippini nell’ultimo attacco dei ribelli Houthi alle navi che solcavano il Mar Rosso e il Golfo di Aden”, ha affermato l’agenzia in una nota.
La milizia Houthi ha attaccato la nave portarinfuse battente bandiera delle Barbados True Confidence un giorno dopo aver lanciato una raffica di droni e missili contro le navi della marina statunitense nel Mar Rosso. Il servizio Maritime Trade Operations del Regno Unito, che monitora gli attacchi navali, ha riferito di aver ricevuto un avviso di un attacco che ha danneggiato una nave commerciale 54 miglia nautiche a sud-ovest di Aden e ha invitato le navi nella zona a essere caute e a che le forze della coalizione nella zona nell’area offrivano assistenza alla nave presa di mira. Un funzionario statunitense ha affermato che il missile ha causato “danni significativi” a True Confidence, aggiungendo che “l’equipaggio riporta almeno due morti e sei membri feriti” che hanno abbandonato la nave. La nave è di proprietà della compagnia registrata in Liberia True Confidence Shipping ed è gestita dalla Third January Maritime con sede in Grecia, hanno affermato entrambe le società in una dichiarazione congiunta.
-foto Agenzia Fotogramma –
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Usa 2024, Haley esce dalla corsa ma Trump dovrà “meritarsi” i suoi voti

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NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – All’indomani del Super Martedì, l’ex governatrice della Carolina del Sud Nikki Haley ha sospeso la sua campagna presidenziale rifiutando di sostenere il suo rivale, l’ex presidente Donald J. Trump.
Haley, in un breve discorso tenuto a Charleston, ha detto ai suoi sostenitori che ora tocca a Trump riuscire a guadagnarsi il sostegno dei suoi elettori.
“Spetta ora a Donald Trump guadagnare i voti di coloro che nel nostro partito non lo hanno sostenuto, e spero che lo faccia”, ha detto. “Ora la scelta è sua”.
L’annuncio dell’ex ambasciatrice all’ONU ha chiuso la sfida repubblicana delle primarie con anticipo mai registrato prima tra contendenti di un partito senza un presidente in carica. Haley nel Super Martedì ha perso in 14 Stati su 15, e la vittoria solo nel Vermont rende ormai praticamente impossibile una rimonta.
A differenza di altri candidati repubblicani usciti in precedenza dalla corsa, come il governatore della Florida Ron DeSantis, Haley nel suo annuncio ha rifiutato di sostenere colui che si trova nettamente in testa, nonostante la sua promessa al Comitato Nazionale Repubblicano mesi fa che lo avrebbe fatto.
Haley si ritira con solo 89 delegati contro i 995 conquistati già da Trump – sono necessari 1.215 per vincere – una soglia che Trump raggiungerà entro un paio di settimane.
Parlando nella sua casa in Florida, martedì sera Trump non aveva mai menzionato la sua avversaria alla nomination, ma aveva invocato “l’unità” tra i repubblicani. Anche se Haley è uscita dalla corsa, la conquista di coloro che finora avevano votato l’ex ambasciatrice (una media che si può quantificare in circa il 25% dei partecipanti alle primarie repubblicane) e che senza la quale non si può battere a novembre Joe Biden, per Trump resta ancora un grande problema da risolvere.

– Foto Ipa Agency –

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USA 2024, Biden e Trump sbancano il super martedì

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di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Per la prima volta da quando Theodore Roosevelt tentò di riconquistare la Casa Bianca nel 1912 (dove aveva già speso due mandati) sembra ormai che un presidente in carica e un ex presidente si sfideranno alle elezioni per la Casa Bianca di novembre. Il Super Martedì, come previsto, ha reso ormai imminenti le “matematiche” nomination del presidente Joe Biden e dell’ex presidente Donald Trump per la sfida del 5 novembre (anche se rimangono le “mine vaganti” dell’età per Biden e dei guai giudiziari per Trump che potrebbero far naufragare le chance di nomina o vittoria per entrambi). Nel Super Martedì i due “presidenti” hanno entrambi accumulato una quantità tale di delegati con le loro vittorie in quasi tutti gli stati in ballo (15 tranne uno) che i due “vecchietti” a gonfie vele si dirigono verso quella rivincita per la Casa Bianca che la maggioranza degli americani, secondo i sondaggi, continua a non volere.
L’unica rivale di Trump, l’ex governatrice della Sud Carolina Nikki Haley, è riuscita a vincere il Vermont, privando così Trump dell’emplein. Biden ha vinto ovunque tranne nei caucus democratici nelle isole Samoa americane, dove ha vinto lo sconosciuto Jason Palmer. Mentre scriviamo aspettiamo ancora i risultati di Utah e Alaska. Haley, che non ha parlato martedì sera, potrebbe annunciare il ritiro tra poche ore, ma quella media di circa il 30% di consenso a livello nazionale finora da lei raccolto resta una pesantissima zavorra per le speranze di vittoria di Trump a novembre. L’ex presidente, invece dalla Florida ha parlato a lungo martedì sera con tono insolitamente calmo – senza mai nominare Haley – ripetendo che tocca a lui salvare gli Stati Uniti dal “peggior presidente della storia”. Trump ha soprattutto incitato i repubblicani a unirsi, ma Haley obbedirà? Anche se la sua ex ambasciatrice all’ONU decidesse per “l’unità” del partito (magari per ottenere da Trump la promessa della Segreteria di Stato come riuscì ad Hillary con Obama), una importante percentuale di coloro che l’hanno sostenuta finora, resterà nel campo dei “never Trump” che – confermano gli exit poll – sono andati a votare Haley convinti che l’ex presidente loro non lo voteranno mai. Sceglierebbero Biden allora? Mai, resteranno a casa ma potrebbero anche essere tentati da un candidato indipendente…
Per quanto riguarda Biden, la vittoria del super martedì è stata ancora più netta, in certi casi trionfante. Ma in alcuni stati (come Minnesota e Colorado) si è ripresentato per il presidente il serio problema del voto “uncommitted”, che esprime la protesta per il conflitto a Gaza – già esploso una settimana fa Michigan – e che Biden non potrebbe permettersi di trascinarsi fino a novembre. Biden non ha parlato martedì sera, ma ha diffuso un comunicato in cui ha ribadito che la sua rielezione serve a salvare la democrazia da Trump e per questo chiede il voto a democratici, indipendenti ma anche ai repubblicani che ancora hanno a cuore i valori costituzionali. Biden non ha parlato martedì sera soprattutto perché lo farà giovedì sera al Congresso riunito per il discorso sullo “Stato dell’Unione”, forse il suo più importante della lunga carriera politica.
Il 46esimo presidente dovrà riuscire nell’impresa di calmare i timori sul suo stato di salute, e allo stesso tempo essere in grado di delineare un programma politico di secondo mandato capace di ricostruire quella “coalizione allargata” che gli consentì di battere Trump nel 2020 e che oggi appare sfaldata. Infatti non solo i giovani lo stanno abbandonando, ma addirittura gli afroamericani, come già facevano gli ispanici, vengono attratti in percentuali mai viste nel campo di Trump. Questa analisi è iniziata ricordando la sfida di centododici anni fa nelle elezioni tra due presidenti, uno in carica, il repubblicano William Taft, e un ex ancora molto popolare e “fuori dagli schemi”, Teddy Roosevelt. TR però non correva più nel Gop, ma con un suo partito chiamato “Progressive”. Nel 1912, non vinse nessuno dei due “presidenti”. La spuntò un terzo sfidante, il democratico Woodrow Wilson.
Anche nella sfida tra Trump e Biden si sta allungando l’ombra di un terzo candidato, Robert Kennedy jr, finora snobbato dai grandi media. Eppure il figlio del senatore RFK e nipote del presidente JFK, nonostante quel suo passato “no vax”, continua a salire nei sondaggi grazie alle sue posizioni anti-guerra, ambientaliste e capacità di comunicazione nel web. Così, nonostante le vittorie senza avversari nelle primarie, potrebbero saltare tutti i calcoli e le strategie elettorali dei due “vecchietti” che si ostinano a sfidarsi nonostante la maggioranza dell’America vorrebbe non essere costretta a scegliere tra i due.

foto: Agenzia Fotogramma

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Crosetto in Kuwait “Lavoriamo insieme contro minacce comuni”

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KUWAIT CITY (ITALPRESS) – Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha concluso la sua visita in Kuwait, durante la quale ha incontrato il suo omologo, Fahad Al Sabah e visitato il contingente italiano. Colloqui incentrati sulla cooperazione tra Italia e Kuwait nel contrasto al Daesh e nella promozione della stabilità regionale.
“L’Italia e il Kuwait sono impegnati attivamente per contrastare la minaccia del Daesh e per promuovere la stabilità regionale. L’incontro di oggi intende dare alle iniziative comuni ancora maggiore determinazione e vigore. L’Italia e il Kuwait continueranno a lavorare insieme per affrontare le minacce comuni, in un periodo di grande instabilità”, ha dichiarato il ministro Crosetto.
In merito alla crisi in Medio Oriente e agli attacchi terroristici degli Houti alle navi in transito nello stretto di Bab el-Mandeb, Crosetto ha sottolineato: “Sono un atto di guerra, fisica e ibrida che incidono sulle economie di alcuni Paesi, agevolandone altri, le cui navi non vengono intenzionalmente attaccate. Per contrastare questi attacchi l’Italia partecipa alla Missione Europea Aspides, recentemente approvata dal Parlamento, della quale detiene il Comando Tattico”.
Di grande interesse anche la cooperazione in ambito Difesa. “E’ fondamentale – ha affermato il Ministro Crosetto – per affrontare le sfide emergenti e garantire la sicurezza dei nostri cittadini. Sono molteplici le attività congiunte e i settori in cui collaborano le Forze armate dei nostri Paesi: formazione, addestramento e incontri, utili a condividere le lezioni apprese dalle rispettive esperienze operative. Un impegno che conferma l’amicizia tra Italia e Kuwait, essenziale per accrescere ulteriormente le solide e durature relazioni bilaterali”.
Durante la visita il ministro Crosetto ha incontrato i militari dell’Italian National Contingent Command Air (IT NCC AIR) e rivolgendosi loro ha affermato: “La Nazione vi è grata per quello che state facendo, per il vostro prezioso contributo per la pace e la stabilità regionale. A nome delle Istituzioni e mio personale vi ringrazio per la professionalità e l’impegno con cui operate, per lo spirito di servizio e per i sacrifici che affrontate ogni giorno. Siate consapevoli che ciò che fate per la sicurezza internazionale è utile all’Italia e rafforza il suo ruolo a livello internazionale”.
Il contingente è inserito nell’ambito dell’Operazione Prima Parthica con lo scopo di assicurare le condizione necessarie al fine di proseguire il processo di stabilizzazione dell’Iraq e supportare le Forze di Sicurezza nel contrasto al Daesh.
-foto Agenzia Fotogramma-
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Usa 2024, Corte Suprema “accelera e rallenta” per Trump e Biden teme il Super Martedì

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di Stefano Vaccara
NEW YORK (ITALPRESS) – Quando vuole la Corte Suprema sa come accelerare le sue decisioni: a 24 ore dal Super Martedì elettorale (si vota alle primarie in 15 stati per i repubblicani e 16 per i democratici), ha rilasciato la sentenza che permette a Trump di rientrare da candidato anche alle primarie nel Colorado, dove fra poche ore si vota.
La Corte Suprema del “Mountain State” aveva escluso l’ex presidente lo scorso 19 dicembre basando la sua sentenza sulla sezione 3 del 14° emendamento della Costituzione, che vieta a coloro che in precedenza hanno ricoperto incarichi pubblici ma in seguito si sono impegnati o hanno favorito un’insurrezione, di assumere incarichi federali. Secondo la denuncia contro Trump, il 45esimo presidente avrebbe intenzionalmente organizzato e incitato una folla violenta ad attaccare il Congresso degli Stati Uniti nel tentativo di impedire il conteggio dei voti elettorali espressi a favore di Biden.
Lunedì mattina invece tutti e 9 giudici supremi (quindi non solo i 6 nominati da presidenti repubblicani, ma anche le tre donne liberal nominate da presidenti democratici) hanno deciso a favore di Trump bocciando la decisione della Corte Suprema del Colorado e di conseguenza, bocciando anche le decisioni già avvenute in altri stati (Maine e Illinois) di escludere Trump.
I giudici supremi hanno deciso che nessuno dei 50 stati può escludere un candidato a causa del 14esimo emendamento se prima non ci sia stata una decisione al riguardo da parte del Congresso.
La decisione della Corte era aspettata, infatti se fosse stata differente avrebbe creato il caos sulle elezioni presidenziali americane. Inoltre alla lettura “letterale” del 14esimo Emendamento, più che impedire la “candidatura”, si concentra sull’entrata in carica (“hold any office”). Cioè, se il caos avverrà dopo un’eventuale vittoria elettorale di Trump, potrebbe accadere al momento del suo insediamento, soprattutto se in uno dei processi penali l’ex presidente fosse condannato rendendo palese il reato di “insurrezione”.
Ed è qui, su un altro processo potenzialmente molto più decisivo per le sorti di Trump, che la Corte deve ancora decidere: verificare se sia immune da procedimenti giudiziari con l’accusa di aver complottato per ribaltare i risultati delle elezioni del 2020.
Per questa decisione il calendario della Corte si sta sviluppando con “sospetta” lentezza rispetto al caso del Colorado. I giudici hanno impiegato 16 giorni dopo la richiesta d’urgenza di Trump in merito all’immunità decidendo di fissare le discussioni sette settimane dopo, a partire dal 22 aprile. Nel frattempo la Corte ha mantenuto in sospeso il processo preparato dal procuratore speciale Jack Smith, che originariamente sarebbe dovuto partire il 4 marzo.
Ora per il Colorado la Corte è stata puntualissima e ha deciso entro un mese dall’udienza delle argomentazioni. Una volta fissate a fine aprile le udienze per il processo in cui Trump è stato incriminato dal procuratore Smith, potrebbe arrivare alla decisione a fine maggio. Su questa decisione è previsto che Trump perda – è già stata forte la sorpresa quando la Corte ha preso in considerazione il caso, perché è effettivamente ridicolo poter sostenere che da presidente Trump “possa sparare a chiunque sulla Quinta Avenue” senza dover rispondere penalmente – e secondo un tentativo di calendario previsto dai maggiori media americani, dopo i procedimenti preliminari, il processo stesso potrebbe aprirsi a fine settembre, a sole poche settimane dalle elezioni di novembre. Una corsa contro il tempo che Trump vorrebbe rallentare il più possibile e che i giudici supremi – almeno quelli da lui nominati – in questa fase hanno dato segnali di volerlo aiutare. Ma potrebbero questi posticipare la loro decisione a tal punto da demolire quello che rimane della “neutralità” e quindi credibilità della Corte Suprema?
Il conto alla rovescia che si conclude il 5 novembre va avanti e il Super Martedì si preannuncia giornata trionfante per Trump, favorito in tutti gli stati dove si vota e che potrebbe martedì notte far gettare la spugna all’ex sua ambasciatrice all’ONU Nikki Haley in caso di bruciante sconfitta, ovvero se il suo consenso scendesse sotto il 20% (ma intanto l’ex governatrice della Sud Carolina domenica ha vinto la sua prima corsa nel distretto di Columbia della capitale Washington).
A differenza di Trump, che canta già vittoria sui suoi social, il Presidente Joe Biden deve attendere con una certa apprensione il super martedì che coinvolge stati fondamentali come California e Texas (si voterà anche in Alabama, Alaska, Arkansas, Colorado, Maine, Massachusetts, Minnesota, North Carolina, Oklahoma, Tennessee, Utah, Vermont e Virginia e i democratici anche nel territorio americano di Samoa e il caucus in Iowa). Infatti il cosiddetto voto di protesta “uncommited” esploso in Michigan la settimana scorsa (quasi il 14%), potrebbe avere effetti contagiosi, soprattutto negli stati con grandi campus universitari di giovani arrabbiati con la politica della Casa Bianca che ha finora impedito con i veti all’ONU di imporre un cessate il fuoco a Israele su Gaza. Non è un caso che la vice presidente Kamala Harris, a poche ore dal super Tuesday, si è espressa con forza a favore del cessate il fuoco e “sgridando” Israele per aver ostacolato il flusso degli aiuti umanitari per i civili palestinesi. Mentre Giorgia Meloni era seduta sorridente venerdì accanto a Joe Biden nell’ufficio ovale, la politica estera era ormai diventata una zavorra per la rielezione del 46esimo presidente degli USA. Senza il supporto di quella fascia di elettori sotto i trent’anni che risultarono determinanti per la vittoria di 4 anni fa, Biden non avrebbe chance nella sfida con Trump, così come contro qualsiasi altro sfidante.
-foto Agenzia Fotogramma –
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Medio Oriente, progressi verso la tregua a Gaza

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ROMA (ITALPRESS) – I mediatori e gli inviati di Hamas hanno fatto “progressi significativi” verso una tregua a Gaza. Lo riferisce la televisione statale egiziana mentre i colloqui al Cairo entrano nel secondo giorno. Egitto, Qatar e Stati Uniti hanno spinto per un cessate il fuoco nella guerra durata quasi cinque mesi tra Israele e Hamas. Israele non ha inviato una squadra negoziale al Cairo dopo aver ricevuto una risposta insoddisfacente da Hamas sull’ultimo quadro elaborato a Parigi lo scorso fine settimana. L’organizzazione palestinese ha rifiutato di rispondere alla richiesta di Gerusalemme di fornire un elenco di ostaggi viventi e di fissare il numero di prigionieri palestinesi che Israele deve rilasciare per ogni ostaggio liberato, ha detto un funzionario israeliano.
Un anonimo funzionario di Hamas ha dichiarato al “Wall Street Journal” che, sebbene vi siano lenti progressi verso un accordo per un cessate il fuoco temporaneo e un accordo sugli ostaggi, sembra improbabile che venga raggiunto prima dell’inizio previsto del Ramadan, il 10 marzo, e invece potrebbe giungere a buon fine entro la fine del mese, cioè il primo fine settimana del mese sacro musulmano. Funzionari egiziani e del Qatar affermano che non ci sono stati contatti con il leader di Gaza di Hamas, Yahya Sinwar, da almeno una settimana. Ieri Israele non ha inviato una squadra negoziale al Cairo dopo aver ricevuto una risposta insoddisfacente da Hamas sull’ultimo accordo sugli ostaggi concordato a Parigi lo scorso fine settimana.
L’organizzazione palestinese con sede a Gaza ha rifiutato di rispondere alla richiesta di Gerusalemme di fornire un elenco di ostaggi ancora in vita e di fissare il numero di prigionieri palestinesi che Israele deve rilasciare per ogni ostaggio liberato, ha detto un funzionario israeliano. Funzionari anonimi citati da “Channel 12”, “Ynet” e altri media israeliani hanno detto che Gerusalemme sospetta che Sinwar non abbia intenzione di raggiungere un accordo nei prossimi giorni e spera di intensificare la violenza durante il Ramadan. In un simile scenario, Israele teme un’escalation non solo lungo i confini con Gaza e Libano, ma anche in Cisgiordania, dove la tensione è alta, così come a Gerusalemme, dove gli scontri per il Monte del Tempio e l’accesso ai luoghi sacri sito sono ampiamente attesi.

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Usa, Haley vince le primarie repubblicane a Washington

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WASHINGTON (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Nikki Haley ha vinto le primarie repubblicane a Washington. L’ex governatrice della South Carolina ha ottenuto il 62,8 per cento, rispetto al 33,3 per cento dell’ex presidente degli Usa Donald Trump. E’ la prima vittoria di Haley nelle primarie repubblicane contro Trump.
Sul social network Truth, l’ex presidente ha spiegato di essersi “tenuto lontano dalla palude di Washington”. Poi l’attacco a Haley, definita da Trump “un cervello di gallina che ha speso lì tutto il suo denaro, tempo e sforzi”.

– Foto Ipa Agency –

(ITALPRESS).

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