Intervista all’imprenditrice Monica Perna che racconta la sua esperienza di expatnella smart city emiratina, sempre più meta di imprese del Made in Italy il cui numero è raddoppiato negli anni della pandemia.
Vivere e lavorare a Dubai è un’esperienza che interessa oggi molti italiani. Tra questi sono tanti gli imprenditori che hanno delocalizzato o avviato le loro imprese nella smart city emiratina, oggi considerata una delle città più a misura d’uomo per il mix di mobilità, sostenibilità ed avanguardia urbanistica che la caratterizzano.
Con una qualità della vita tra le più alte al mondo e stipendi superiori alla media dei paesi più ricchi, Dubai continua a svilupparsi grazie a lungimiranti politiche di espansione, al basso costo di carburanti ed alla creazione di zone di libera iniziativa economica, le “free zone”, finalizzate ad attirare gli investimenti stranieri grazie agli importanti vantaggi fiscali. Sono tantissime le aziende straniere e le startup, attive soprattutto nei settori dell’Information Technology, della formazione e della finanza, che hanno scelto come sede primaria o esclusiva dei loro affari l’onirica città degli Emirati Arabi, incentivate anche da procedure di assunzione del personale semplificate, pieno supporto amministrativo da parte delle autorità, la possibilità di rimpatrio del 100% dei profitti e degli utili senza tassazione e di fare rete con altre imprese.
In questa intervista abbiamo chiesto a Monica Perna, imprenditrice digitale italiana operante nel settore della formazione linguistica, Ceo della AUGE International Consultingcon sede proprio a Dubai, di parlarci della sua esperienza di expate di imprenditrice donna nella città del Burj Khalifa.
Monica, cosa porta molti imprenditori italiani come te a scegliere Dubai come sede della propria impresa?
Dubai è una città straordinaria e cosmopolita dove io sono arrivata quasi per caso ma che molti altri imprenditori hanno scelto appositamente per le sue caratteristiche che la rendono uno dei migliori luoghi al mondo in cui sviluppare un business. Per quanto mi riguarda, quando ho scoperto la città, ho capito che lì avrei trovato quello che cercavo. Dubai era, con tutta evidenza, un ambiente particolarmente favorevole al progetto imprenditoriale che avevo avviato in Italia e che avevo in mente di portare ad un livello superiore. Avanguardia digitale, una politica favorevole all’iniziativa imprenditoriale estera, un ambiente formativo sia a livello universitario che linguistico estremamente evoluto e stimolante, erano tutti elementi giusti per sviluppare il mio progetto di creare un’impresa capace di fare alta formazione a livello globale investendo sulle più evolute tecnologie del Metaverso. Dubai, poi, è una città altamente competitiva: migliorarsi, crescere, e continuare ad imparare sono esigenze irrinunciabili di chi vuole stare al passo del progresso veloce che contraddistingue la città.
Da imprenditrice che aveva già avviato in Italia la sua attività, quali sono i principali vantaggi di cui hai beneficiato con l’arrivo a Dubai?
Per un imprenditore expatossia che arriva dall’estero e che ha intenzione di creare la propria impresa a Dubai i vantaggi sono tanti, immediati e tangibili. Avviare un’impresa richiede poco tempo e il sistema burocratico è molto diverso da quello italiano che ha tempi biblici ed è molto complicato. Non è richiesta una mole infinita di documenti, autorizzazioni, permessi, per cui tra l’iniziativa e l’avvio del lavoro i tempi sono brevi e questo incentiva gli imprenditori e produce alte percentuali di successo nella nascita di nuove realtà.
È noto a tutti poi che la tassazione sia particolarmente vantaggiosa, specie per le imprese che delocalizzano e per le startup. Ma per quanto mi riguarda non è questo specifico aspetto che mi ha determinata a scegliere Dubai come sede della mia impresa e anche come residenza. È stata piuttosto l’atmosfera generale che si respira nella città: una città che impone certamente un certo tenore di vita ma che anzitutto garantisce sicurezza: puoi andare in giro anche a tarda notte, uscire solo con i bambini e sentirti sicuro come in nessun altro posto del mondo. Questo è il primo motivo per cui io ho apprezzato la città e ho scelto di acquistare casa a Dubai. Poi ordine, servizi efficienti, intrattenimento, pulizia sono i motivi che portano anche tante famiglie a trasferirsi qui per vivere e non solo per lavorare.
Quanti sono gli imprenditori italiani che, come te, hanno scelto Dubai e come vivono la condizione di expat?
Sono almeno 350.000 le impreseche superano i 100mila euro di fatturato l’anno che hanno la loro sede a Dubai. Molte di queste sono italiane e molte hanno lasciato l’Italia per venire qui nel corso degli ultimi due anni, complice la pandemia da Coronavirus che ha messo in crisi il Pil del nostro paese specie nel 2020. A Dubai è possibile pensare in grande, assumere personale ed avviare progetti ambiziosi. È poi il luogo ideale per i lavori c.d. del futuro, che si svolgono online, come il mio, perché non richiedono modifiche strutturali e beneficiano, invece, di un ambiente altamente innovativo e digitalizzato dove le avanguardie dell’Information Technology nascono o arrivano per prime. La riduzione delle spese fiscali ti permette, inoltre, di investire sul tuo business e di ingrandirti, migliorando la qualità del lavoro e dei servizi di customer care. Ecco perché se il business è il tuo obiettivo, non c’è dubbio che questo sia l’ambiente ideale per crescere offrendo servizi di alto livello.
Ritieni che l’Italia dovrebbe modificare le sue politiche imprenditoriali per evitare di disperdere il suo know-how?
Non c’è dubbio che la presenza di imprese italiane nel mondo abbia sempre e comunque un ritorno positivo per il nostro Paese che ovunque è anzitutto un brand riconosciuto, sinonimo di qualità e bellezza. Gli imprenditori italiani sono, infatti, in generale portatori dei valori che caratterizzano il brand Italia ed io, personalmente, anche da Dubai sto lavorando alla diffusione di un metodo formativo che è e rimane Made in Italye che continuo a promuovere come tale proprio perché è in Italia che mi sono formata, che ho avviato la mia Accademia e la mia Masterclass. Il mio progetto quindi è italiano ed è rivolto anzitutto agli italiani. Dubai mi ha permesso però di avere a disposizione il meglio dei servizi per le imprese e di coltivare il mindset giusto per svolgere questo lavoro che richiede studio continuo, creatività, innovazione e varietà dei contenuti e dei tool con cui renderli fruibili.
Come imprenditrice donna, in un Paese a cultura araba, come vivi il tuo ruolo?
Bene, alla pari con uomini e donne sia expatche local. Dubai è una comunità multietnica e multiculturale dove discriminazioni o estremismi sarebbero solo da ostacolo al progetto espansivo dello sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, emiro di Dubai che ha fondato le sue politiche su otto principi: apertura e tolleranza per favorire l’economia; credibilità, resilienza ed eccellenza come linee guida per la crescita della città; rispetto e coerenza come tratti distintivi di Dubai; diversificazione dell’economia; valorizzazione dei talenti; cura per i giovani e per le generazioni future e unione agli altri sei emirati.
Io come donna, come italiana e come imprenditrice posso dire quindi di non sentirmi oggetto di discriminazione. Anzi! Esiste qui una forma di attenzione alla donna, che si manifesta in gesti di premura e di galanteria, che, personalmente, trovo molto gradevoli. Al di là di libere scelte religiose, le donne emiratine hanno le stesse libertà delle occidentali e ricoprono ruoli autorevoli al pari degli uomini. Il progetto Expo è un esempio perfetto di questa parità: è gestito da una donna, una giovane imprenditrice araba, Reem Ebrahim Al-Hashimi che ha il ruolo apicale di Ministro di Stato degli Emirati per la Cooperazione Internazionale e Amministratore Delegato di Expo 2020.