La pressione bulgara sulla Macedonia del Nord

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Mentre negli ultimi mesi del 2020 la questione dell’allargamento dell’UE avrebbe dovuto rappresentare l’obiettivo principale della regione balcanica, la persistente controversia tra la Bulgaria e la Macedonia su temi storici e identitari, è ritornata al centro della scena rinnovando una querelle che continua da diversi anni.

In quanto Stato membro, la Bulgaria può esercitare la propria facoltà di veto su qualunque aspetto relativo all’integrazione dei paesi candidati e così è stato.  Il 6 novembre scorso, il ministro degli Esteri bulgaro, Ekaterina Zaharieva, ha annunciato di aver informato la Commissione europea di non essere in grado di accettare il documento attualmente proposto, intitolato “negotiating framework for the Republic of North Macedonia[1] e il progetto di dichiarazione allegato ad esso, in quanto non fornisce le garanzie necessarie per l’adempimento delle condizioni richieste dalla Bulgaria.

Per tutta risposta, il primo ministro della Macedonia del Nord Zoran Zaev ha accusato la Bulgaria di violare l’articolo 2 dell’accordo di vicinato del 2017[2], secondo il quale la Bulgaria ha il dovere di sostenere il percorso europeo di adesione da parte della Repubblica di Macedonia del Nord[3].

Nelle ultime due settimane, i paesi sono stati in trattativa per cercare di trovare una soluzione prima dell’incontro ufficiale con i ministri degli esteri dell’UE, previsto per il 10 novembre ma ora rinviato al giorno 17 novembre.

Ripercorrendo le motivazioni della diatriba, il problema principale risiede nel fatto che bulgari e macedoni sono, per molti aspetti, la stessa nazione. Gran parte dei bulgari considera lo Stato vicino come un proprio territorio separato dalla madrepatria dalle contingenze della storia. Allo stesso modo molti bulgari vedono i macedoni – intesi come la componente slava maggioritaria (64.2%) della popolazione della Macedonia del Nord, dove vivono anche comunità albanesi (25.2%), turche (3.5%), rom (2.7%) e serbe (1.8%) – come propri connazionali che si ostinano a intestarsi un’alterità non supportata da alcun fondamento. La distinzione tra macedoni e bulgari sarebbe, secondo questi ultimi, solo la semplice divisione amministrativa, una linea di confine tracciata a tavolino senza conformarla a criteri etnici, politici, né geografici[4].

In questo scenario, si inserisce anche un disaccordo sulla lingua ufficiale, con Sofia che chiede a Skopje di riconoscere che la sua lingua e il suo paese hanno radici bulgare, mettendo fine alle rivendicazioni di lunga data su una distinta minoranza macedone in Bulgaria (circa il 10% della popolazione). In più, Sofia afferma che la lingua ora riconosciuta come macedone è un dialetto regionale del bulgaro mentre la Macedonia del Nord continua a sostenere, soprattutto per ragioni politiche, che il macedone è una lingua slava meridionale distinta e parte integrante della cultura e dell’identità dei suoi cittadini.

La pressione bulgara sulla Macedonia del Nord arriva durante un periodo in cui la Bulgaria è stata scossa dalla più grande crisi politica dal 2013, poiché dall’inizio di luglio 2020 centinaia di migliaia di persone hanno protestato, chiedendo le dimissioni del governo e del suo procuratore capo.

All’inizio del mese scorso, il Parlamento europeo ha criticato la Bulgaria a causa del grave deterioramento della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali. Le elezioni parlamentari sono previste per l’inizio del 2021 e numerosi analisti considerano la disputa con la Macedonia del Nord come una mossa pre-elettorale dei politici di destra che rendono difficile qualsiasi ritirata.

Gli analisti, tuttavia, si chiedono quanto sia importante tutto questo per i bulgari e, in più, vedono nell’accesa retorica, tentativi goffamente mascherati di ottenere qualche voto in più nelle elezioni previste per marzo del prossimo anno[5]. Inoltre, l’inasprimento della politica di Sofia nei confronti del Paese arriva in un momento in cui il governo bulgaro è scosso da mesi da proteste di massa contro la corruzione dilagante: secondo il giornalista bulgaro Tsvetan Tsvetanov, la strategia del governo bulgaro è stata costruita per attirare l’attenzione della società, mentre il paese è bloccato a causa di vari problemi. Balkan Insight, noto sito web, sottolinea che secondo un sondaggio del Barometer Bulgaria pubblicato il 12 novembre, l’81,1 per cento dei bulgari sostiene l’adesione della Macedonia del Nord all’UE, ma concorda anche sul fatto che il Paese “dovrebbe riconoscere la sua storia comune”[6].  La disputa tra i due Paesi non sembra potersi risolvere nel breve periodo.

 

Di Simone Vitali

 

 

 

[1] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/IP_20_1021

[2] https://www.balcanicaucaso.org/Media/Multimedia/Macedonia-Bulgaria-firmato-storico-accordo-di-buon-vicinato

[3] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=LEGISSUM%3A4314937

[4] https://www.linkiesta.it/2020/10/bulgaria-scontro-macedonia/

[5] https://plusinfo.mk/balkan-insa-t-obichnite-bugari-smetaat-deka-vetoto-na-sofi-a-za-skop-e-e-predizboren-trik/

[6] https://plusinfo.mk/balkan-insa-t-obichnite-bugari-smetaat-deka-vetoto-na-sofi-a-za-skop-e-e-predizboren-trik/

Bookreporter Settembre

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