L’espansione cinese del 5G

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Il 23 Marzo 2019 determina una svolta storica delle relazioni diplomatiche tra l’Italia e la Cina, grazie all’adesione al progetto Belt and Road Iniziative. Una firma voluta sia dal presidente Xi Jinping sia dal  Ministro degli affari esteri Luigi di Maio, convinto che questo passo  sia un fatto puramente commerciale. Ci troviamo di fronte a una nuova Geopolitica mondiale ,con la Cina che vuole espandersi, vuole dominare, creando nuove infrastrutture, telecomunicazioni, mezzi di trasporto. Nonostante le difficoltà insorte a causa del Covid-19, la Cina non si arrende, anzi, continua a progredire. Ma esattamente in che modo? Da un anno, c’è una parola che suscita timore in Europa ma soprattutto negli Stati Uniti: 5G. In generale, quali sono gli equilibri geopolitici legati allo sviluppo del 5G e perché sembrano così determinanti?

Per comprenderli, occorre partire da cosa sia il 5G e perché si distingue rispetto alle altre tecnologie precedenti. A partire dal 1982, grazie alla diffusione commerciale del primo standard tecnologico per la trasmissione dei dati mobile, circa ogni dieci anni si è assistito al passaggio a una nuova generazione, più efficace, più veloce. Ogni cambiamento ha comportato un incremento nelle potenzialità di queste nuove tecnologie.

Il 5G- acronimo di 5th Generation- rappresenta un mix di tecnologie di telefonia mobile e cellulare, i cui standard offrono prestazioni e qualità superiori rispetto al 4G. Questo permette un cambio nella concezione stessa della rete: mentre le infrastrutture precedenti sono state create considerando solamente l’utilizzo da parte dell’essere umano, il 5G è realizzato in modo tale da permettere la comunicazione tra quei sistemi digitali che necessitano di un enorme quantitativo di dati per funzionare in maniera automatica. In altre parole, questa tecnologia dovrebbe assicurare alle auto a guida autonoma, alle città smart e a tutti gli altri progetti innovativi di passare alla fase dell’applicazione e della diffusione su scala commerciale e locale. Dato il potenziale impatto sui trasporti, sull’industria, lo sviluppo di questa infrastruttura ha creato non poche preoccupazioni. Sia per la possibilità che dati e informazioni che viaggiano sul network possano essere intercettate, sia per il pericolo che i sistemi nascondano un codice in grado di bloccare le reti o controllare il funzionamento in caso di conflitto con i Paesi favorevoli alla ricerca e allo sviluppo. Un recente articolo di Bert Hubert, ricercatore britannico, riporta casi in cui operatori di telecomunicazioni non hanno idea di cosa accada nelle loro reti, in quanto non ne hanno più il controllo tecnologico.

La Cina, in questo contesto, vuole usufruire di questa tecnologia per ergersi, per controllare non solo il mondo asiatico ma anche l’Europa. Pertanto, il problema non è insito nella tecnologia in sè, ma nell’uso che se ne fa. Ed è questo il motivo principale dell’acuirsi della Cold War tra Stati Uniti e Cina. L’appello di Washington a interrompere le collaborazioni con Huawei, colosso mondiale e leader nel settore Ict ( Information and CommunicationTechnology), rappresenta un tentativo di indebolire la politica estera cinese. In queste ore, anche Londra ha escluso Huawei dalla sua rete 5G, avvicinandosi a Washington. Ma l’Europa, in particolare l’Italia, che posizione ha assunto? Se da una parte vediamo una Germania che continua a temporeggiare per non scontentare Pechino, dall’altra parte, troviamo l’Italia, che sebbene ancora in bilico, sceglie la moral suasion sugli operatori, adottando una presa di distanze soft. Non vi è ancora una compattezza sul da farsi: Tim ha deciso di escludere Huawei dalla gara per la core network 5G. Luigi di Maio ha più volte dichiarato che serve, in merito al 5G, una normativa europea. Resta dura, invece la posizione anti-Cina da parte di Forza Italia: “Dare la rete 5G in mani cinesi sarebbe come cedergli la banca d’Italia: non possiamo farlo” sostiene il vicepresidente Antonio Trajani“L’idea di un mercato europeo in cui far fiorire i fornitori tecnologici europei è nostro interesse e nostro obiettivo”.

Di Michela Chillemi
Bookreporter Settembre

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