Israele, ultimatum per formare il governo

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Da oggi, Domenica 26 Maggio, partono gli ultimi quattro giorni concessi dal Presidente, Reuven Rivlin, al riconfermato primo ministro Benjamin Netanyahu per forgiare un governo di coalizione che approvi il suo progetto di legge, anche se fin qui non sembra esserci nessuna soluzione in vista. A tal fine Netanyahu ha passato la notte di sabato in un incontro d’urgenza con il ministro Yariv Levin, senza trovare tuttavia alcun compromesso.

Gli ultimi quattro giorni prima della scadenza saranno fondamentali per il leader di Likud, il quale cercherà di affacciarsi il più possibile verso i suoi alleati come Avigdor Liberman, capo di Yisrael Beiteinu. Nel caso questi colloqui falliscano la coalizione di destra, disgregata ma vincente alle ultime elezioni, raccomanderà con tutta probabilità al Presidente Rivlin di indire nuove elezioni per evitare che l’incarico venga dato al secondo partito per ordine di voti, Blu e Bianco del leader di opposizione Benny Gantz.

Tornando ai colloqui della coalizione di destra si crede che Liberman abbia presto cambiato opinione su questa poiché contro i partiti “Haredi” (ortodossi), e che la sua strategia sia spingere questi in un angolo in cui sarebbero costretti a spingere la propria linea dura e rifiutare qualsiasi compromesso.

Sembra che funzioni. La scorsa settimana, Liberman ha proposto un compromesso che avrebbe permesso ai membri della coalizione di Haredi di lasciare il plenum durante la votazione sul disegno di legge dell’IDF, così da non risultare agli atti. Ma finora l’UTJ, lo United Torah Judaism party, ha respinto il compromesso di Liberman, insistendo sul fatto che non saranno assenti dal voto che avevano giurato di sconfiggere.

D’altro canto è sato Liberman stesso, tramite un post sui social, a definire la sua linea: il suo supporto va per Netanyahu a capo dell’esecutivo, ma sarebbe disposto per propri principi ad andare a rielezione.

 In una nota pungente, Liberman ha scritto: “Abbiamo detto chiaramente che avremmo appoggiato solo Netanyahu come candidato per il primo ministro, ma la destra non è un culto della personalità”. Il motivo riguarda la frattura di coalizione tra i laici e gli “halachici”, coloro a favore delle leggi talmudiche applicate alle normative statali. Le sue parole sono state: “Siamo a favore di uno stato ebraico e contro uno stato halachico. Quindi, accetta la nostra offerta e, in caso contrario, andremo a ripetere le elezioni “.

L’UTJ si difende dalle accuse mosse da Liberman, e in una dichiarazione ha evidenziato come questi non voglia formare il governo dapprincipio. Secondo la testata Haaretz il faccendiere di Netanyahu, Natan Eshel, sarebbe in procinto di reclutare un disertore Blu e Bianco, in modo da garantire al premier una coalizione di 61 posti, con Liberman fuori.

Non è la prima volta che i colloqui di Natanyahu tardano a trovare il giusto compromesso, anzio è apparso di frequente all’ultimo minuto prima della scadenza. Ma questo stallo non sembra essere uno stratagemma politico per molti. Ogni potenziale alleato della coalizione, ad eccezione degli Sha di Aryeh Deri, continua a mantenere ostinatamente le loro riserve iniziali: Liberman non si sposterà a meno che non venga onorata ogni riga del disegno di legge che ha scritto come ministro della Difesa mentre l’UTJ non si muoverà finché il progetto di legge non sarà completamente sventrato; Moshe Kahlon di Kulanu non si unirebbe a un piccolo governo senza Liberman; infine Bezalel Smotrich e Rafi Peretz insistono nell’ottenere i portafogli della giustizia e dell’istruzione senza dei quali non accetterebbero.

Bookreporter Settembre

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