La capitale francese torna ad essere suo malgrado protagonista dell’ennesimo violento attacco terroristico rivendicato da Isis.Non uno ma sette in contemporanea, orchestrati a dovere in luoghi certo pubblici ma avvertiti generalmente come sicuri, quali ristoranti e teatri, per paralizzare Parigi e diffondere il terrore tramite il numero delle vittime, 128 accertate, e dei feriti, 250 di cui 99 in gravi condizioni.
Al bilancio vanno aggiunti i quattro terroristi che hanno seminato morti e terrore nella sala concerto del teatro Bataclan, tre dei quali si sono fatti esplodere. Lo scorso gennaio, esattamente il 7, la redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo è stata attaccata da due uomini muniti di Kalasnihinov, che hanno assassinato 12 persone ferendone altre 11.
Il giorno successivo un altro terrorista, Amedy Coulibaly, ha sparato ad una poliziotta, uccidendola. Poi, il 9 gennaio si è barricato in un negozio di alimentari kosher dove ha mietuto altre 4 vittime, prima di essere ucciso come i fratelli Kouachi, identificati quali autori della strage compiuta nella sede del periodico, dalle forze di polizia francesi. Il 2015 era appena iniziato e già si stava annunciando come un anno difficile e complicato.
All’epoca si parlò di profonda ferita per la Francia. Ora, a dieci mesi di distanza, quella ferita si può definire, in proporzione, un lieve graffio. Isis, con orgoglio, rivendica gli attentati, ne promette altri almeno fino a quando la Francia continuerà i raid aerei contro il Califfato in Siria, e mette in guardia la comunità mondiale, identificando prossimi obbiettivi, da Roma, resa ancora più appetibile dal mese prossimo con l’inizio del Giubileo, a Londra, fino a Whashington. La Francia dichiara tre giorni di lutto e annuncia una reazione “spietata contro le barbarie dello Stato Islamico”.
La comunità internazionale si stringe attorno alla capitale francese e promette supporto. Questo è il momento dei proclami, dei messaggi di cordoglio, dei commenti e delle convinzioni per ripetere, ancora una volta, quello che già da mesi è noto a tutti. Resta da chiedersi quanti altri dovranno morire ora per riuscire a invertire i rapporti di forza.
Quelli attuali propongono un rapporto impari, fatto di tante nazioni ufficialmente riconosciute e caratterizzate da precise identità politiche e sociali tenute sotto scacco da una entità autoproclamata che basa la sua esistenza sulla condivisione di un credo religioso portato all’estremismo, dietro cui si trincera per giustificare ogni nefandezza.
Una entità estremamente ramificata, cresciuta come una metastasi silente, che dispone di denaro, armi, mezzi, appoggi e sembra immune ad attacchi e infiltrazioni. Questo è ciò che Isis sta facendo credere, riuscendo perfettamente nel suo intento. Le porte si stanno spalancando di fronte ad un baratro in cui si fondono e confondono gli scenari bellici, in cui le cinture di esplosivo fanno coppia con la guerra del terrore divulgata attraverso il web. Forse ora, è davvero arrivato il momento di fare ordine.