L’Arabia dei Saud al centro della mezza luna islamica

A prescindere da chi sia al potere e da quali siano gli alleati, da quelle parti a chiunque lo si chieda tutti sanno sempre quello che fanno.

Simile al deserto di cui è formata, l’Arabia Saudita non è il classico potere statale che ti aspetti, per lo meno non lo è all’europea. E’ di quelli che nella perfetta ottica islamica di sempre, mutano come le dune di sabbia dalla sera alla mattina. Camuffata (spesso a volto scoperto) in un ambiente che è stato la causa dei suoi mali ed allo stesso tempo benefattore della sopravvivenza della casa reale, è sopravvissuta alle numerosissime crisi che l’hanno coinvolta. La sua politica, come molte politiche nel mondo arabo che un occidentale non si sa spiegare, non va capita: queste politiche prima vanno accettate e poi, quando ci si mette nei panni di chi ha come dirimpettaio Iraq, Iran, Yemen, Egitto, Israele, (per non mettere dentro al pentolone anche inglesi, francesi e americani che sono il trito e ritrito condomino che vuoi o non vuoi dalle parti del 46° Est ti ritrovi) si può sperare di capirle. Quando la tua preoccupazione è innanzitutto il controllo della fedeltà della famiglia reale, ben prima che dei sudditi e poi delle alleanze, allora capisci che la faccenda si complica. Questa sorta di perenne insicurezza che accompagna da sempre casa Saud ha reso la sua politica interna ed esterna in alcuni casi piuttosto squilibrata, in continuo ricomponimento. Non è certo confortante se la si giudica dall’ottica della sicurezza e stabilità regionale, ma tale è.

Due aspetti di questa importante fetta della mezza luna islamica – che corre dal Magreb (lì dove tramonta il sole) passando per le sconsolate distese del Sahel, lo sfortunato e martoriato Corno d’Africa per giungere a chiudersi tra il Mar Caspio e il Pakistan, tra le steppe kazakhe – vanno considerati: il timore di un crollo interno e l’instabilità permanente ai suoi confini. L’intrinseca vulnerabilità di tutto il mondo arabo è allo stesso tempo la sua principale caratteristica, quella cioè di essere un gran caleidoscopio che riflette nelle politiche dei governi e nelle guerre l’indissolubile rivalità tra le sue anime sciita e sunnita e prima ancora la sua poliedricità etnica e tribale. L’Arabia dei Saud ha tentato tutte le strade per cercare di arginare le spinte centrifughe interne ora elargendo privilegi, ora attraverso fondi, ora (è il caso di Bin Laden ad esempio) mandando in esilio personaggi scomodi, magari in passato dimostratisi insostituibili alleati della corona contro lo sgretolamento a favore della miriade di realtà locali. Certamente scomoda la posizione della famiglia reale, in perenne dibattito e scontro più o meno dichiarato per mantenere l’equilibrio regionale senza dare troppo fastidio a grossi e grassi vicini. La religione, che guida una buona parte delle continue conflittualità, è un mezzo attraverso cui legittimare la propria leadership al governo – antico sodalizio nato nella metà del 1700 dall’incontro della fama di dominio della famiglia di Muhammad Saud con quella di Muhammad al Wahhab, fervente predicatore di un fondamentalismo devoto al solo dio Allah: da quel momento il potere politico è stato finalizzato al perseguimento della causa religiosa wahhabita in una sorta di gioco delle parti utile ad entrambi. Sistematicamente al centro di attacchi da parte del radicalismo che ne critica il tradimento filo occidentale, questo ricco e sfortunato Stato ha vissuto al centro di tumulti e guerre che ne hanno plasmato la sensazione di sicurezza e la proiezione politica.

Utile a questo punto accennare ad un momento fondamentale della storia saudita e della famiglia Saud: quello che ne ha visto la cacciata dalla regione in seguito alla morte di Turki nel terzo decennio del 1800 con la conseguente guerra civile che portò al governo la famiglia rivale Al Rashid e, l’abilità politica e militare del principe Al Aziz che dall’esilio in Kuwait fu in grado di condurre un esercito alla lenta ma inesorabile riconquista delle vecchie regioni del Neged e del Hijaz (regione simbolicamente importantissima, centro della religione islamica con le città sante di La Mecca e Medina). E’ questo un momento che ha rappresentato nella storia del regno saudita un nodo molto importante: mancando la figura di Muhammad Wahhab a rappresentare la guida religiosa e spirituale, Al Aziz assunse per se anche il titolo di Imam: da quel momento stringeva nelle sue mani la spada del potere temporale e quella del potere secolare (come il simbolo di casa Saud).

Dagli attacchi terroristici alla guerra in Somalia, dalla guerra del Golfo al conflitto israelo-palestinese al vicino Iran nucleare, l’Arabia Saudita è stata più volte salvata e condannata anche dal petrolio, salvo scoprire poi che la sua presa sull’equilibrio mondiale del commercio dell’oro nero era limitata. Contrariamente alle aspettative infatti, la produzione del greggio saudita non conta così come si credeva…per lo meno fuori dal gioco del Golfo. L’eccessiva considerazione data al petrolio è stata infatti già smentita e rischia di esserlo nuovamente. E’ vero si che se escludiamo potenze come Russia e Stati Uniti il peso del greggio saudita è ancora importante ma, date le nuove tendenze, rischia di essere una spada spuntata. Il gioco di abbassare la produzione di barili per cercare di premere sbilanciando la produzione internazionale non ha funzionato in passato ed è improbabile che con i prezzi dati (il Medio Oriente continua ad essere il centro della produzione di petrolio, davanti agli Stati Uniti e all’Eurasia), i sauditi rigiochino nuovamente al ribasso, soprattutto considerando la ripresa delle estrazioni dopo le recenti rivolte libiche (che comunque non sono in grado di mettere in difficoltà il Regno). Per casa Saud non si tratta tanto di competere contro Algeria o Libia, quanto di utilizzare la moneta nera come contrappeso al rivale iraniano, costringendolo ad adattarsi ai prezzi per restare competitivo (mossa che rientra in una più ampia strategia di confronto e che sposta la rivalità dal terreno ai mercati finanziari), tentando di sbarazzarsene e di metterlo da parte nella partita anti ISIL. L’Arabia Saudita può permetterselo. L’ Iran al contrario ha bisogno di restare su picchi sempre alti di produzione, cosa resa difficile dal blocco commerciale imposto da molti paesi proprio nella speranza di rallentare il percorso sull’acquisizione di tecnologia nucleare. Inoltre, a favore dei sauditi gioca la diffusa riduzione della domanda di greggio a livello mondiale in linea con trend di crescita decisamente deboli delle economie avanzate che gli permette di fare la prima mossa mantenendo un discreto margine di vantaggio.

Resta da chiedersi con gli ultimi cambiamenti che hanno acceso nuovi focolai di cui lo Stato Islamico è la manifestazione più lampante, se la corona ha intenzione di giocare seriamente la partita apertasi in Iraq e Siria e, in questo caso: lo farà ispirandosi alla teoria del divide et impera (che non ha portato grandi risultati fino ad ora visti i vuoti di potere creatisi con gli scontri dei gruppi fondamentalisti)? Lascerà che Obama riprenda a fare il grande poliziotto di un quartiere che non è decisamente più così stimolante per gli Stati Uniti nell’ottica globale ma sembra giocoforza attirarne il coinvolgimento militare? Riuscirà a trovare una linea comune con gli emiri vicini o resterà intrappolata nel pantano di un’insicurezza che contribuisce in buona parte a creare?

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Previous Story

Ukrainian violent escalation, repartee between Kiev/Nato and Moscow

Next Story

Libano, offensiva Hezbollah: tre uccisi nella “Linea Blu”

Latest from Blog

La nuova strategia di Hamas

  L’esito delle operazioni militari all’interno della Striscia di Gaza suscita la preoccupazione, l’angoscia e la condanna da parte dei Governi, delle Organizzazioni Internazionali e dei media occidentali unanimi nel chiedere a Israele di interrompere il conflitto ed evitare una “catastrofe umanitaria”. L’intento di questo insieme di iniziative è assolutamente

Disinnescare il fronte libanese

Quando a Ottobre dello scorso anno Hamas perpetrò il suo attacco terroristico nella striscia di Gaza ottenne, immediatamente, il pieno supporto mediatico delle milizie filoiraniane di Hezbollah. Tuttavia, anche se nei mesi successivi Hezbollah ha intensificato le sue attività offensive lungo la linea di confine, costringendo Israele ad evacuare diverse

Washington e il Medio Oriente

Negli ultimi quindici anni il centro di gravità della politica estera di Washington si è spostato dal teatro Euroasiatico a quello Indo – Pacifico come conseguenza della scelta geostrategica di contrastare in quella Regione la crescente influenza cinese tendente a realizzare un nuovo sistema di ordine globale. Questa priorità ha

Ankara e la ricerca dell’equilibrio geopolitico

In occasione della imminente visita di Putin in Turchia il Presidente Erdoǧan ha dichiarato l’intenzione di svolgere il ruolo di mediatore nell’ambito del conflitto ucraino facendosi promotore di una possibile situazione negoziale tra le due parti. L’iniziativa sembra voler sottolineare la volontà della Turchia di riprendere a svolgere quel ruolo

La situazione in Medio Oriente dopo il 7 Ottobre

L’attacco che Hamas ha condotto contro lo Stato di Israele, lo scorso 7 Ottobre, rappresenta un ulteriore episodio del conflitto che devasta il Medio Oriente da circa un secolo (anno più, anno meno). Per poter comprendere tale nuova fase di questa guerra infinita, è necessario esaminare gli aspetti che ad

Una nuova guerra in Medio Oriente?

  Le modalità con le quali, nel settore della Striscia di Gaza, l’organizzazione di Hamas ha condotto l’attacco contro lo Stato di Israele hanno drammaticamente elevato il livello della tensione che contraddistingue l’area, accrescendo il pericolo che la situazione possa evolversi dando luogo a un vero e proprio conflitto. Il

Iran: nuova diplomazia, ma stesso obiettivo

La teocrazia iraniana ha da sempre perseguito un duplice obiettivo strategico: assumere una leadership regionale affermandosi come potenza dominante nel Medio Oriente; costringere gli USA ad abbandonare l’area e allo stesso tempo detronizzare Israele. Questa è stata e rimane la direttiva geostrategica che orienta la politica dell’Iran, ciò che invece

Medioriente – il Nuovo Mondo del terzo millennio

Recentemente, nell’ambito di una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU nella quale dovevano essere discussi i termini per l’invio di ulteriori aiuti umanitari a favore delle aree colpite dal terremoto, che ha devastato la zona di confine tra Turchia e Siria, la Russia ha esercitato il diritto di veto bloccando,

Global South e Nuovo Mondo Multipolare

Mentre in Europa abbiamo reinventato la Guerra Fredda nell’illusione di fermare la storia, cullandoci nel decadente mito della superiorità della cultura occidentale, sorretti dalla presunzione di avere il diritto di imporre sanzioni a chiunque non condivida la nostra narrative, il mondo si è trasformato sotto i nostri occhi. Il processo

L’Impero su cui non tramonta mai il sole

La geopolitica dell’impero di Roma venne regolata da un criterio semplice ma efficace: divide et impera! E il successo di tale formula fu così elevato che, nel corso dei secoli, tale pratica venne adottata da molte altre potenze che giocarono un ruolo fondamentale nella costruzione dell’ordine internazionale. Quindi non c’è

Il manifesto di politica estera di Pechino

  Mentre in Occidente ci auto illudiamo con una narrativa di “regime” unidirezionale e ingannevole che il conflitto ucraino rappresenti l’atto estremo dell’eterna lotta tra il Bene (noi Occidentali) e il Male (il resto del mondo che non la pensa come noi), non ci accorgiamo che la Cina sta ponendo

La realpolitik di Ankara

Mentre la narrativa occidentale dà per imminente la vittoria dell’Ucraina nel revival all’inverso della Grande Guerra Patriottica e per scontata la scomparsa della Russia dalla scena internazionale, Mosca continua a svolgere un ruolo di protagonista negli altri scenari geopolitici che l’Occidente sembra aver dimenticato. Recentemente, infatti, l’attività diplomatica del Cremlino

Il piccolo mondo antico dell’Occidente

Il protrarsi del conflitto in Ucraina ha determinato la necessità fondamentale, per entrambi i contendenti sul campo, di poter accedere a fonti integrative di rifornimenti di materiale bellico, al fine di poter supportare le proprie attività e di conseguire i propri obiettivi. Gli USA e l’Europa, da lungo tempo, sono

La crisi ucraina: informazione o propaganda?

  La cronaca e l’esame analitico di come si stia sviluppando il conflitto in atto in Ucraina sono offuscate da quella che sembra essere l’unica cosa che abbia importanza nell’ambito di questa tragedia: la propaganda. Il circuito mediatico nazionale e soprattutto internazionale non produce informazione oggettiva, seria, imparziale, ma è

L’impasse

Mentre all’Assemblea generale delle Nazioni Unite si consumava la rappresentazione tragicomica della inanità di questo consesso mondiale, retaggio di un mondo che non esiste più, roboante nei suoi propositi, elefantiaco nella miriade delle sue diramazioni, economicamente fallimentare, ma, soprattutto, impotente nella risoluzione dei conflitti che coinvolgono gli stessi Paesi che

Esiste un nuovo ordine mondiale

I conflitti sono sempre stati originati e condotti per ottenere risultati volti a soddisfare il conseguimento degli intendimenti strategici che le nazioni considerano essenziali per i loro obiettivi di politica nazionale. Queste ragioni sono state, poi, immancabilmente ammantate da un pesante velo di propaganda (questo è il suo vero nome!)

Una nuova NATO dopo Madrid?

Il vertice della NATO di Madrid, appena concluso, e la recentissima formalizzazione dell’ingresso di due nuovi membri nell’ambito dell’Alleanza sono stati presentati come un’altra risposta forte e decisa che il mondo occidentale ha voluto dare alla Russia. Il vertice ha inteso trasmettere l’immagine di una Alleanza compatta e determinata che

NATO – Back to the future!

La prossima settimana a Madrid si svolgerà il vertice dell’Alleanza Atlantica che dovrà definire il Concetto Strategico che guiderà la NATO verso il nuovo decennio. Il contesto geopolitico nel quale questo particolare e fondamentale appuntamento si realizza è estremamente delicato e le decisioni che saranno assunte avranno un peso specifico

La geopolitica tecnologica della Turchia

L’ascesa della importanza geopolitica della Turchia e l’aumento della sua proattività diplomatica delineano una parabola che proietta il Paese verso il conseguimento di una rilevanza strategica che, trascendendo i limiti geografici regionali, le sta facendo assumere il ruolo di potenza euroasiatica. Il percorso tracciato da Erdogan non è stato lineare,

Come la Russia vede la crisi ucraina

      Il clima mediatico occidentale sembra ritenere che il conflitto militare in Ucraina, in atto da ormai più di tre mesi, possa essere prossimo alla sua conclusione. Le sanzioni e l’insuccesso attribuito alle operazioni russe, a cui si imputa il mancato conseguimento di risultati militari definitivi, lascia ora

Svezia e Finlandia nella NATO. Cui prodest?

La notizia che la Svezia e la Finlandia abbiano recentemente formalizzato la loro richiesta di entrare a far parte della NATO è stata presentata come un colpo definitivo assestato all’avventura russa in Ucraina e come un successo politico che consente all’Alleanza di annoverare tra le sue fila anche due giganti

Il dilemma strategico della Russia

Se si esamina con attenzione una carta geografica della Russia appare evidente, anche all’occhio del neofita, che l’immensa estensione territoriale di questo paese è controbilanciata, con esito negativo, dalla pressoché assoluta mancanza di accesso diretto alle rotte commerciali oceaniche che costituiscono, da sempre, la base sulla quale si sviluppa e

Macron 2.0 :più Francia e meno Europa

Domenica prossima la Francia andrà al voto di ballottaggio per eleggere il Presidente della Repubblica. Il copione non presenta nessuna novità di rilievo, è lo stesso ormai da circa 20 anni. Due candidati che rappresentano le due anime di una nazione, da una parte il difensore dello stato di diritto

Difesa Europea? No grazie!

L’attuale crisi ucraina, in virtù dello sconvolgimento geopolitico che ha provocato, ha dato l’avvio a una molteplicità di riflessioni, di idee e di propositi da parte del mondo occidentale, e dell’Europa in particolare, volte a individuare nuove soluzioni per evitare il ripetersi di eventi simili e per continuare a garantire

Un nuovo ordine internazionale

  Il 4 febbraio scorso, in occasione della cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici a Pechino, nella sede del China Aerospace Studies Institute, Cina e Russia hanno firmato una dichiarazione congiunta, denominata “Joint Statement of the Russian Federation and the People’s Republic of China on the International Relations Entering a

Ma l’ONU, così, serve ancora?

Il conflitto che sta sconvolgendo l’Ucraina ha messo in evidenza un vuoto pauroso nel panorama delle istituzioni internazionali che a vario titolo sono coinvolte nella risoluzione della crisi. Questo vuoto è dato dall’assenza di quella che dovrebbe essere l’istituzione primaria per il mantenimento della pace, cioè dell’ONU! Questo organismo internazionale

La Germania è uscita dal letargo. Realmente?

Negli ultimi trent’anni la posizione geopolitica della Germania è stata caratterizzata da una politica estera ondeggiante tra propositi idealistico -utopistici e interessi economici (definita con malcelato orgoglio realpolitik) che l’hanno portata a valutare (o sottovalutare) le mosse dello scomodo vicino russo con una lente di ingrandimento appannata, che ne ha

La posizione della Cina nella crisi ucraina

Lo sviluppo della crisi in Ucraina rappresenta un importante banco di prova per il corso della politica cinese in virtù dei condizionamenti futuri, che potranno incidere sia sulle decisioni strategiche sia sulle linee di azione che il Paese dovrà prendere nel condurre la propria politica estera. A premessa di quanto

Conclusa la Conferenza permanente, redatto documento con le priorità politiche

Nuova centralità Italiani all’estero: conclusa la Conferenza permanente, redatto documento con le priorità politiche Continuità di azione della Conferenza permanente tra una convocazione e l’altra; partecipazione formale del CGIE alla Conferenza Stato – Regioni; revisione e integrazione delle forme di rappresentanza degli italiani all’estero, alla luce dei cambiamenti intervenuti nel tessuto dell’emigrazione italiana; potenziamento del Sistema Paese in

Armao al Comitato europeo delle Regioni: misure UE specifiche per i disastri naturali

Il Vicepresidente ed Assessore all’Economia della Regione Siciliana, Gaetano Armao, intervenendo oggi, in occasione della 146esima sessione plenaria del Comitato europeo delle Regioni (CdR), al dibattito sui disastri naturali e la risposta alle emergenze ha illustrato al Commissario UE per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, i gravi effetti dei

Mario Draghi alla guida del paese

Mario Draghi ha sviluppato durante gli anni della sua carriera lavorativa una visione chiara e completa dei problemi dell’economia della società contemporanea e degli strumenti da utilizzare per migliorarla. Lo dimostra sul campo in quanto uomo d’ azione, sia al tesoro negli anni novanta che a capo della BCE in

Geopolitica della meraviglia: Mirabilandia tra simboli, famiglie e futuro

Nel cuore della Riviera romagnola, Mirabilandia si distingue, nell’estate 2025, come esempio virtuoso di un’esperienza collettiva che costruisce relazioni, modella percorsi condivisi e racconta una visione del mondo fondata sull’incontro, sulla leggerezza consapevole e sulla profondità dell’emozione. Non si tratta semplicemente di un parco divertimenti, bensì di una piattaforma culturale

Circuit Training Challenge a Camp Villaggio Italia

Personale di contingenti di diversa nazionalità impegnati nella missione KFOR (Kosovo Force) a guida NATO facenti parte del Regional Command West si hanno partecipato all’edizione 2025 dei “Balkan Games”, gara a squadre svoltasi a Camp Villaggio Italia nella municipalità di Pejë/Peć.
GoUp