GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Francesca Scalpelli - page 18

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L’UE e l’Unione dell’energia: accordo sull’efficienza energetica e sulla governance

ECONOMIA di

Garantire l’accesso ad un’energia sicura, economica e rispettosa del clima: questa è la ratio dell’ambiziosa intesa relativa all’efficienza energetica ed alla governance dell’Unione dell’energia, raggiunta dai negoziatori delle principali istituzioni dell’Unione europea, Commissione, Parlamento e Consiglio.

Tale ambiziosa intesa si configura come il quadro normativo che favorirà l’ascesa dell’UE nel settore delle energie rinnovabili, ponendo al primo posto l’efficienza energetica, offrendo un equo trattamento ai consumatori e stabilendo la rotta per la politica energetica comunitaria.

Nel dettaglio, il 19 giugno, i negoziatori hanno delineato una nuova direttiva sull’efficienza energetica, avente l’obiettivo di riduzione dei consumi a livello europeo del 32,5% entro il 2030, con una clausola di revisione al rialzo entro il 2023, al fine di tener conto delle significative riduzioni dei costi derivanti dai mutamenti economici e tecnologici. Nelle prime ore del 20 giugno le principali istituzioni europee hanno, altresì, dato vita ad un nuovo regolamento sulla governance dell’Unione dell’energia, stabilendo i meccanismi di lavoro del progetto dell’Unione energetica, nonché una legislazione nell’ambito della quale gli Stati membri possono operare e realizzare gli obiettivi climatici ed energetici dell’Unione.

L’obbligo di risparmio energetico nazionale degli Stati membri è fissato ad almeno lo 0,8%, inoltre, sono state previste delle misure volte ad incrementare la trasparenza delle bollette del riscaldamento, appannaggio dei consumatori; ogni stato membro è tenuto a presentare un primo “Piano nazionale integrato per l’energia ed il clima” entro il 31 dicembre 2019, il quale riguarderà il periodo compreso tra il 2021 ed il 2030 ed includerà obiettivi, finanziamenti, politiche e misure nazionali per ciascuna delle cinque dimensioni dell’Unione dell’Energia, vale a dire la decarbonizzazione, l’efficienza energetica, la sicurezza energetica, il mercato energetico interno e la dimensione della ricerca, innovazione e competitività.

Gli Stati membri sono chiamati, inoltre, ad elaborare strategie a lungo termine in grado di definire le loro misure politiche fino al 2050 ed a tal proposito, il punto più critico dei negoziati ha riguardato la richiesta degli europarlamentari di inserire una clausola per le emissioni zero nette entro il 2050, richiesta che è stata abbandonata.

L’intesa raggiunta implica l’esigenza di stimolare la partecipazione attiva dei cittadini e delle autorità locali e regionali, ciò stabilirà nuove relazioni tra i vertici europei e la popolazione comunitaria, creando un più vasto consenso in materia di energia e clima, al fine di individuare le strategie migliori di transizione energetica. Vi è inoltre la necessità di cooperazione tra i diversi Stati membri, coerentemente agli obiettivi dell’UE, nonché l’obbligo, istituito per la prima volta, di aiutare gli Stati maggiormente vulnerabili, come quelli colpiti dalla povertà energetica, tema che deve essere affrontato nell’ambito dei Piani nazionali.

Relativamente al ruolo delle istituzioni europee, la Commissione sarà deputata a valutare i Piani nazionali, formulerà delle raccomandazioni o adotterà delle misure collettive qualora lo ritenga necessario data l’insufficienza dei progressi compiuti o delle azioni poste in essere, mentre il Parlamento ed il Consiglio analizzeranno l’evoluzione finalizzata alla completa realizzazione dell’Unione dell’energia.

Maroš Šefčovič, vicepresidente della Commissione per l’Unione dell’energia, ha dichiarato: “Con l’ambizioso accordo sulla governance dell’Unione dell’energia, abbiamo posto le fondamenta della nostra azione, migliorando la trasparenza a vantaggio di tutti gli attori e gli investitori, in particolare, semplificando il monitoraggio e la comunicazione degli obblighi nell’ambito dell’Unione dell’energia, dando priorità alla qualità rispetto alla quantità e ci aiuterà a mantenere le promesse nel campo dell’energia, del clima ed in altri settori. Ora non vedo l’ora che i Piani nazionali degli Stati membri vengano presentati alla fine di quest’anno, poiché invieranno un segnale forte agli investitori che hanno bisogno di chiarezza e prevedibilità: l’Unione dell’energia è sulla buona strada”.

Anche il Commissario dell’Azione per il clima e l’energia, Miguel Arias Cañete, si è espresso relativamente a tale intesa , definendola “ un importante passo nella transizione verso l’energia pulita” il quale , una volta tradotto nei vari Piani nazionali, darà luogo ad investimenti adeguati per la modernizzazione dell’economia dell’UE, alla creazione di nuovi sistemi energetici e di nuovi posti di lavoro, alla riduzione dei costi energetici nonché delle costose importazioni di energia; egli ha infine affermato che è stato posto il “punto di partenza per la preparazione della strategia a lungo termine volta a ridurre le emissioni dei gas serra che stanno riscaldando il pianeta e cambiando il clima”.

Sia la direttiva sull’efficienza energetica che il regolamento sulla governance dell’Unione dell’energia dovranno essere approvati dall’Europarlamento in sessione plenaria; una volta dato il via libera al Consiglio la legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’UE. Dopo la pubblicazione, il regolamento sulla governance sarà applicato direttamente a tutti gli Stati membri, mentre relativamente alla direttiva sull’efficienza energetica, gli Stati avranno a disposizione 18 mesi per recepirla nei rispettivi ordinamenti nazionali.

Storica intesa tra Atene e Skopje: un nuovo nome per la Macedonia

EUROPA di

Al termine di lunghi negoziati, il 12 giugno, la Grecia e la Macedonia hanno raggiunto un accordo storico risolvendo la disputa pluridecennale relativa al nome dell’ex Repubblica jugoslava.

Il Primo Ministro di Skopje, Zoran Zaev, e di Atene, Alexis Tsipras, hanno annunciato il nuovo nome dello Stato, “Repubblica della Macedonia del Nord”, “Severna Makedonija” in macedone, il quale verrà riconosciuto sia bilateralmente che a livello internazionale. Tale intesa dovrà ottenere l’approvazione dei due Parlamenti nazionali, inoltre, a causa delle pretese elleniche di revisione della Costituzione, sarà indetto un referendum nella rinominata Repubblica della Macedonia del Nord.

Superati tali ostacoli, cadrà il veto di Atene e potranno essere riattivate le procedure di ammissione macedone all’ Unione Europea ed alla Nato.

La Grecia richiedeva da tempo il cambio del nome dello Stato della Macedonia, considerandolo un’usurpazione della storia ellenica ed un’implicita rivendicazione territoriale nei confronti dell’omonima e limitrofa regione greca.

Sin dalla Dichiarazione d’indipendenza dalla Jugoslavia, avvenuta nel 1991, la Grecia ha denunciato la natura e la simbologia irredentista adottata dal nuovo Stato macedone, evidenziate da tre elementi: dal nome, concepito dalla Grecia come lesivo della propria storia e del patrimonio culturale greco, dalla bandiera originaria, caratterizzata dalla Stella di Virginia, simbolo della dinastia di Filippo il Macedone, padre di Alessandro Magno, nonché da alcune clausole costituzionali.

In merito a queste ultime, in seguito alla Dichiarazione d’indipendenza, la Macedonia non è stata riconosciuta dalla Comunità europea, poiché essa ha assecondato le pretese del governo greco di abrogare alcune disposizioni della Costituzione macedone; in particolare venivano contestati l’Articolo 3 secondo cui “Le frontiere attuali sono inviolabili e non possono essere modificate se non in conformità con la Costituzione” e l’Articolo 49 ai sensi del quale “La Repubblica vigila sulle condizioni e sui diritti dei cittadini dei Paesi vicini d’origine macedone, sostiene il loro sviluppo culturale e si incarica della promozione dei rapporti con essi”; tali disposizioni costituzionali erano intese come un’implicita rivendicazione territoriale ed un’ ingerenza negli affari interni degli Stati confinanti.

Al fine di ottenere il riconoscimento, il governo greco di Mitsotakis ha richiesto alla Macedonia di accettare tre condizioni: la rinuncia a qualsiasi rivendicazione territoriale, una dichiarazione in cui si negava l’esistenza di una minoranza macedone in Grecia ed infine, il cambio della denominazione dello Stato, richiesta che venne respinta.

La disputa sul nome si tradusse nella preclusione dell’ammissione della Macedonia ad importanti organizzazioni internazionali e nell’imposizione di sanzioni economiche unilaterali.

Sul piano internazionale si è raggiunto un compromesso con la Risoluzione 817 del 1993, con la quale il Consiglio di Sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, ha ammesso tale Repubblica con il nome provvisorio di Former yugoslav republic of Macedonia (FYROM); lo stesso Consiglio di Sicurezza, con la successiva Risoluzione 845, ha invitato i governi di Atene e di Skopje a risolvere le questioni ancora aperte sotto la mediazione dell’ONU.

La contesa si è attenuata soltanto nel 1995, in seguito alla modifica della bandiera, ed alla stipulazione dell’accordo “Interim agreement”, con il quale la Grecia ha riconosciuto il nuovo Stato con la denominazione adottata dall’ONU e la FYROM, tramite degli emendamenti costituzionali, ha rinunciato a qualsiasi interpretazione intesa come una rivendicazione territoriale, tuttavia la questione del nome rimase aperta.

Relativamente ai rapporti con l’Unione Europea, il 9 aprile del 2001 la Macedonia ha firmato l’Accordo di stabilizzazione ed associazione, mentre il 1° aprile del 2004, il governo di Skopje ha presentato la domanda di adesione all’Unione Europea, ottenendo lo status di candidato a membro dell’UE, conferito dal Consiglio europeo il 17 dicembre del 2005;  nel 2009 la Commissione europea ha raccomandato di procedere con i negoziati, tuttavia Atene ha sin da subito impedito di avviare le procedure.

Benché per molti anni vi sia stata tale disputa e nonostante la Grecia abbia bloccato l’ingresso della Macedonia nell’Unione Europea e nella NATO, già a partire dal 1995, si sono sviluppate importanti relazioni economiche tra i due Stati, destinate a crescere in seguito al raggiungimento della recente intesa storica.

Quest’ultima ha riscosso l’entusiasmo di molte autorità internazionali ed in primo luogo delle istituzioni dell’UE e della NATO. L’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini e Johannes Hahn, il commissario per le politiche di vicinato, si sono congratulati con i Primi Ministri della Grecia e della Repubblica della Macedonia del Nord per il risultato raggiunto, affermando che tale intesa “contribuisce alla trasformazione dell’intera regione dell’Europa sud-orientale”ed auspicando di aprire presto i negoziati di adesione, previa approvazione del Consiglio europeo; è proprio da quest’ultimo che arriva la conferma della disponibilità ad accelerare il processo di adesione dello Stato macedone, in particolare il Presidente di tale istituzione comunitaria ha affermato che i due governi hanno “reso possibile l’impossibile”.

Dello stesso avviso è il Segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, il quale ha dichiarato: “Invito entrambi i paesi a finalizzare lo storico accordo raggiunto. Questo porterà Skopje sulla strada verso l’adesione alla Nato, e contribuirà a consolidare la pace e la stabilità in tutti i Balcani occidentali”.

 

 

 

 

 

 

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