Il voto Usa fa tremare il GOP e rilancia due donne per la Casa Bianca

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WASHINGTON (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Vittoria dei democratici spinti dalla questione aborto (e diritti LGBTQ+) nonostante la zavorra rappresentata da Biden: così può essere riassunta la tornata elettorale di martedì che negli USA coinvolgeva milioni di elettori per elezioni di consigli comunali, ma anche importanti parlamenti di alcuni stati chiave per le elezioni del 2024 e soprattutto metteva il diritto all’interruzione di gravidanza al centro delle decisioni, come in Ohio dove ha vinto il referendum per imporlo nella costituzione del grande stato del Middle West.
Mentre i sondaggi del presidente continuano ad ansimare verso il basso e soprattutto lo dichiarano perdente nei confronti di Trump in molti stati che nel 2020 gli dettero la vittoria, l’affermazione di ieri sera di molti candidati del suo partito in stati considerati tendenti a destra, dimostra che gli elettori americani – soprattutto gli indipendenti che decidono il pendolo di ogni elezione – continuano a far contare, più che la personalità dei leader in corsa, la loro proposta su una questione che potrebbe diventare determinante anche per la corsa alla Casa Bianca: il diritto delle donne di scegliere. La maggioranza degli elettori indipendenti, secondo i sondaggi pubblicati negli ultimi mesi, continua ad opporsi fermamente alla decisione della Corte Suprema di abolire il diritto costituzionale all’aborto.
Trump, nominando durante la sua presidenza ben tre giudici anti-aborto, ha provocato quel terremoto che ha ribaltato, nel giugno 2022, la decisione Roe v. Wade, annullandola, e quindi dichiarando inesistente il diritto federale costituzionale all’aborto, sostenuto per quasi mezzo secolo. Scrivendo per la maggioranza della corte, il giudice italoamericano Samuel Alito affermò che la sentenza del 1973 e le successive ripetute decisioni dell’alta corte che riaffermavano Roe dovevano “essere annullate” perché erano “enormemente sbagliate”, gli argomenti “eccezionalmente deboli” e così “dannosi” da equivalere ad “abuso dell’autorità giudiziaria”. Tutto legittimo, ma non in linea con la maggioranza dell’elettorato americano.
Così la decisione della Corte Suprema – che persino l’intuito elettorale di Trump allora gli fece ammettere che fosse arrivata “troppo presto” – ha di colpo “resuscitato” la forza elettorale dei candidati democratici in stati dove il partito dell’asinello era in coma. Così in Ohio, Virginia, Kentucky, non solo nei referendum la valanga di donne e giovani rinforzano il diritto all’aborto, ma spingono anche le assemblee legislative ad una maggioranza democratica e a confermare governatori democratici. In Kentucky, gli elettori hanno così rieletto il governatore, il democratico Andy Beshear, che era in corsa contro il procuratore generale dello stato, il repubblicano Daniel Cameron, difensore del divieto di aborto. Ma dove a correre per la carica di governatore, i democratici hanno scelto un “anti abortista” come il loro candidato nel Mississippi Brandon Presley, il democratico ha rovinosamente perso contro l’“anti-abortista” del Gop, il governatore Tate Reeves.
Questo effetto boomerang portato dalla decisione della Corte Suprema era già avvenuto nelle elezioni di Mid-Term del 2022, quando i democratici avevano tenuto proprio grazie alla spinta avuta sulla questione aborto. Questo secondo “avvertimento” nei confronti del Gop, ormai individuato come il partito “anti” diritti delle donne sull’interruzione della gravidanza, potrebbe pesare come un macigno anche nella scelta per le presidenziali.
Così di colpo il dibattito in diretta televisiva di stasera tra i cinque maggiori candidati repubblicani alla nomination repubblicani piazzati – a grande distanza – dietro Trump, diventa interessante da seguire, perché l’unica donna, l’ex ambasciatrice USA all’ONU e ex governatrice della South Carolina Nikki Haley, ha l’occasione per staccare definitivamente tutti gli altri e diventare l’unica competitiva concorrente alla nomination di Trump. Infatti Nikki Haley (cognome del marito), nata col nome Nimarata Randhawa da emigrati accademici dall’India, (come la vice presidente Kamala Harris), di colpo appare l’unica in grado di poter guadagnare ancora consensi dalla situazione creatasi che invece penalizza gli altri già deboli candidati repubblicani.
Haley fin dal principio si è già presentata come una candidata “soft”, sulla questione che divide il paese: “Non giudico nessuno perché è a favore della scelta non più di quanto voglio che tu mi giudichi perché sono a favore della vita” ha detto recentemente in campagna elettorale.
Se Haley riuscisse a mantenere un equilibrio moderato sulla questione, molte donne repubblicane, ma anche le indipendenti – in molti Stati USA i non registrati al partito repubblicano possono votare nelle primarie del Gop) quando costrette a scegliere tra Haley e un Ron DeSantis che vuole ogni aborto vietato “dopo sei settimane”, o tra Haley e Trump, che ripete ad ogni comizio “ho già scelto un terzo della vostra Corte Suprema”, avrebbero la scelta facile.
Il dibattito di stasera in tv, anche senza il Tycoon che intanto nelle corti dei tribunali deve difendersi dalle accuse di procuratori agguerriti che ora cercano di mettergli contro pure la figlia Ivanka, potrebbe essere il trampolino di lancio definitivo di una donna non solo preparata per la sua ambizione, ma politicamente così esperta da esser stata capace di “scansarsi” in tempo dai catastrofici fallimenti del suo partito. Osservandola da vicino, quando era ambasciatrice di Trump all’ONU, si poteva intuire già a cosa puntasse quando si dimise a metà mandato, nella sorpresa generale, ma molto prima che l’amministrazione Trump si trasforma da conservatrice in “insurrezionale”.
Ma i democratici intanto per quanto potranno cantare vittoria? La preoccupazione che la candidatura di Joe Biden possa far tornare Trump o comunque un repubblicano alla Casa Bianca resta fortissima. Lo prova l’ autorevolissima voce di David Axelrod, lo stratega elettorale dell’Università di Chicago artefice dell’elezione di Barack Obama nel 2008. Axelrod non ha esitato due giorni fa a dichiarare sulla CNN, quello che tutti nei circoli che contano del partito democratico pensano ma non hanno il coraggio di dire pubblicamente: Biden si accontenti di essere stato un buon presidente per un mandato, e ceda immediatamente il posto di candidato alla corsa alla presidenza a qualcuno che possa battere Trump. Ma chi potrebbe essere il candidato? Esiste quello adatto per battere Trump (o Haley)? Magari una donna? La vice presidente Kamala Harris, almeno finora, non accende gli entusiasmi dei democratici. Quei “suggerimenti” arrivati da Chicago, potrebbero spingere un ticket molto più competitivo e già vittorioso in passato, in cui come “brand” ci sia un nome “imbattibile”? Già, c’è chi si sussurra Obama for President, ma con Barack come “first husband…”.

Stefano Vaccara

– Foto: UN Photo/Evan Schneider –

(ITALPRESS).

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