Turismo in Italia post COVID-19: i dati, le ipotesi e i desideri

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Nei centri storici di tutta Italia rimbomba l’eco del silenzio. Città dalle pietre millenarie sembrano musei a cielo aperto, intonsi, chiusi rigorosamente al pubblico. Le meraviglie che ammantano il nostro paese risplendono sotto il cielo azzurro senza inquinamento, nella bellezza di una primavera mai vissuta. Il turismo in Italia è una delle principali fonti di reddito e rappresenta circa il 25% del PIL nazionale. Questo potenziale è messo in ginocchio da un ospite indesiderato, il COVID-19. In un tempo che sembra immobile si cerca di correre ai ripari ipotizzando quali saranno le prospettive per un’estate che sta per arrivare, mentre si continua a navigare a vista con una bussola che sembra aver perso l’orientamento.

Il Coronavirus ha stravolto i comparti produttivi dell’intero paese, un’economia che rallenta e in alcuni casi arranca ma non vuole demordere a fronte di un impatto che rappresenta il più importante shock che ha colpito il nostro sistema economico dal Dopoguerra. La filiera del turismo potrebbe risultare tra i comparti maggiormente danneggiati, con una contrazione particolarmente significativa per il settore alberghiero, delle agenzie di viaggio, della ristorazione e dell’autonoleggio. Subiranno una perdita consistente anche i trasporti aerei e ferroviari, l’organizzazione di eventi, la produzione di rimorchi e allestimento di veicoli e i concessionari auto che vedrebbero una riduzione di oltre un quarto dei propri ricavi.

Dall’ultimo report semestrale Cerved Industry Forecast, dedicato alle conseguenze del COVID-19 su oltre 200 settori dell’economia italiana, compresa quella del turismo, si stima che nel biennio 2020-21 le imprese potrebbero subire perdite dei ricavi dai 33 ai 73 miliardi di euro. Tutta la filiera turistica è ferma e le previsioni fino a maggio indicano perdite di quasi 90 milioni di presenze di turisti tra Italiani e stranieri. Oltre 500 mila stagionali sono a rischio.

Un cambio radicale di prospettiva rispetto agli anni precedenti. Nel corso del 2018 era stato rilevato un nuovo record storico di presenze di clienti negli esercizi ricettivi italiani: 428,8 milioni, + 2,0% sul 2017. Considerando il dato, oggi appare surreale una Roma deserta, quando nel 2018 è stata la principale destinazione in Italia con circa 29 milioni di presenze. Stesso scenario per Venezia e Milano, entrambe con 12,1 milioni di turisti. Cifre da capogiro che hanno fatto decollare l’Italia al terzo posto in Europa per numero di presenze negli esercizi ricettivi dopo Spagna e Francia.

Una situazione allarmante per un paese che punta e incentiva le risorse per lo sviluppo del settore turistico al fine di valorizzare un patrimonio ambientale, storico e culturale unico al mondo. Le città d’arte e l’ambiente, le opere dell’uomo e della natura, l’Italia è un macro sistema che avvia una miriade di attività collaterali comprese le piccole medio imprese dei servizi e dell’artigianato locale, un microcosmo di saperi antichi che li tramanda senza dimenticare il passato. L’Italia è un intreccio eterogeneo di territori che vivono delle loro tradizioni e delle loro memorie, un valore economico che produce reddito e un patrimonio socioculturale che tutela l’identità.

Coronavirus, dopo la crisi si riparte dal turismo

Il comparto del turismo per il momento vive di ipotesi per fronteggiare gli effetti della pandemia da Coronavirus. Cerved dispone di modelli che consentono di elaborare previsioni sul rischio di credito e dei bilanci del sistema economico nel suo complesso dai quali emergono due differenti scenari che prevedono importanti sostegni pubblici a favore di imprese e famiglie e la tenuta dei mercati finanziari.

Il primo ipotizza il termine dell’emergenza a maggio 2020 dal quale sarebbero necessari due mesi per tornare alla normalità con impatti considerevoli sulle economie mondiali e sulle attività di import-export. Il secondo è un’ipotesi meno rosea che prevede la durata dell’epidemia fino alla fine del 2020, con conseguenti sei mesi per tornare alla normalità e un completo isolamento dell’economia italiana.

Diverse ipotesi e un grande desiderio: gli italiani hanno una gran voglia di ripartire, in tutti i sensi. Siamo pur sempre un popolo di “navigatori” che esplorano con coraggio e fiducia le nuove rotte del mercato e sognano nuove partenze per tornare a viaggiare. Secondo un sondaggio di Confturismo-Confcommercio in collaborazione con SWG realizzato tra il 18 e il 23 marzo si rileva che 7 intervistati su 10 pensano che l’emergenza Coronavirus durerà ancora due o tre mesi in Italia. La metà di loro ha intenzione di fare una vacanza appena l’emergenza sanitaria finirà e l’allarme sarà cessato. Secondo i dati rilevati: l’83 % degli Italiani faranno vacanze in Italia; il 16 % teme però di non avere una disponibilità economica sufficiente per farla; il 44% degli intervistati la farebbe se potesse detrarre parte del suo costo.

Oltre ai desideri parlano i numeri: il Conto Satellite del Turismo (CST) – ISTAT, attesta che 100 euro di transazioni nel turismo ne generano ulteriori 86 in altri settori, secondo il meccanismo dei moltiplicatori. Luca Patané, presidente di Confturismo – Confcommercio spiega: “Sostenere il turismo adesso significa investire in un settore che mette in moto a sua volta altri consumi portando ossigeno all’economia dell’intero Paese”, e propone: “Rendiamo anche detraibili per due anni le spese di vacanze di almeno tre notti delle famiglie italiane che soggiornano nelle strutture ricettive. Questo potrebbe essere un buon incentivo per il recupero del settore e un’accelerazione al ritorno alla normalità.”

Dati, ipotesi e desideri, si cerca una connessione con la realtà sospesa e la strategia più idonea per ripartire. Il Coronavirus ridisegna i confini dell’agire e delle possibilità, ma le idee non conoscono limiti e scendono a patti con la realtà per reinventarne una nuova. Ripartire dal turismo significa iniziare una nuova via senza perdere la memoria.

 

 

Bookreporter Settembre

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