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Papa Francesco

Francesco: la povertà è uno scandalo, Dio ce ne chiederà conto

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Il Papa, alla Messa per la settima Giornata Mondiale dei Poveri, chiede ai fedeli di “diventare dono per gli altri” di fronte all’indifferenza di una società indaffarata e distratta. “Pensiamo a quanti sono oppressi, affaticati, emarginati, alle vittime delle guerre e a coloro che lasciano la loro terra rischiando la vita; a coloro che sono senza pane, senza lavoro e senza speranza”.

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L’Udienza Generale di oggi

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L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 9.00 nell’Aula Paolo VI.

Nel discorso in lingua italiana, il Papa, riprendendo il ciclo di catechesi La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente, ha incentrato la Sua meditazione sul tema “Pregare e servire con gioia: Kateri Tekakwitha, prima santa nativa nordamericana” (Lettura: 1 Ts 5,15-18).

Dopo aver riassunto la Sua catechesi nelle diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli presenti. Quindi ha rivolto un appello per la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del creato che si celebra dopodomani, 1° settembre 2023, inaugurando il “Tempo del creato” che durerà fino al 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi.

L’Udienza Generale si è conclusa con la recita del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

Di seguito il link con la trascrizione integrale: Ufficio Stampa Vaticano

In udienza da Francesco il presidente del Madagascar

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Il Papa ha ricevuto oggi in Vaticano il presidente della repubblica del Madagascar Andry Nirina Rajoelina che, subito dopo, ha incontrato monsignor Miroslaw Wachowski, Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati. Nel corso dei cordiali colloqui, come informa un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, è stato espresso apprezzamento “per le positive relazioni bilaterali, nonché per il contributo della Chiesa cattolica in molteplici settori della società malgascia”.

La guerra in Ucraina e le sue conseguenze

Ci si è inoltre soffermati, continua il comunicato, “su diverse tematiche di carattere nazionale e internazionale, tra le quali la guerra in Ucraina e le sue conseguenze a livello globale, le situazioni di crisi che interessano il Continente africano e la possibilità di procedere nello studio della redazione di un Accordo bilaterale, quale ulteriore segno di rispettosa collaborazione”.

I doni

Al termine dell’udienza privata con il capo dello Stato, Papa Francesco ha invitato la delegazione per una foto accanto alla miniatura della nave che gli è stata regalata durante il suo viaggio in Madagascar. Dopo la preghiera insieme di un’Ave Maria davanti all’immagine di Maria donatagli dai vescovi malgasci, il Santo Padre ha impartito la sua benedizione sui presenti. Francesco ha donato al presidente Andry Nirina Rajoelina il Messaggio per la Pace di quest’anno; i Documenti del Pontificato; il libro sulla Statio Orbis del 27 marzo 2020, a cura della LEV e la scultura in bronzo ‘Siate Messaggeri di Pace’. I doni del capo dello Stato al Pontefice sono stati un quadro raffigurante una scena di vita contadina malgascia e il gioco ‘Solitaire’, con le biglie fatte di pietre locali.

Ufficio Stampa Santa Sede

Messa Esequiale per il Sommo Pontefice Emerito Benedetto XVI

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Alle ore 9.30 di questa mattina, sul Sagrato della Basilica di San Pietro, il Santo Padre Francesco ha presieduto la Santa Messa esequiale per il defunto Sommo Pontefice Emerito Benedetto XVI.
Al termine della Celebrazione Eucaristica hanno luogo l’Ultima Commendatio e la Valedictio.
Quindi il feretro del Sommo Pontefice Emerito è stati portato nelle Grotte Vaticane della Basilica di San Pietro per la tumulazione.
Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che il Papa pronuncia dopo la proclamazione del
Santo Vangelo:

Omelia del Santo Padre
«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). Sono le ultime parole che il Signore
pronunciò sulla croce; il suo ultimo sospiro – potremmo dire –, capace di confermare ciò che
caratterizzò tutta la sua vita: un continuo consegnarsi nelle mani del Padre suo. Mani di perdono e di
compassione, di guarigione e di misericordia, mani di unzione e benedizione, che lo spinsero a
consegnarsi anche nelle mani dei suoi fratelli. Il Signore, aperto alle storie che incontrava lungo il
cammino, si lasciò cesellare dalla volontà di Dio, prendendo sulle spalle tutte le conseguenze e le
difficoltà del Vangelo fino a vedere le sue mani piagate per amore: «Guarda le mie mani», disse a

Tommaso (Gv 20,27), e lo dice ad ognuno di noi. Mani piagate che vanno incontro e non cessano di
offrirsi, affinché conosciamo l’amore che Dio ha per noi e crediamo in esso (cfr 1 Gv 4,16).[1]
«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» è l’invito e il programma di vita che sussurra
e vuole modellare come un vasaio (cfr Is 29,16) il cuore del pastore, fino a che palpitino in esso i
medesimi sentimenti di Cristo Gesù (cfr Fil 2,5). Dedizione grata di servizio al Signore e al suo
Popolo che nasce dall’aver accolto un dono totalmente gratuito: “Tu mi appartieni… tu appartieni a
loro”, balbetta il Signore; “tu stai sotto la protezione delle mie mani, sotto la protezione del mio cuore.
Rimani nel cavo delle mie mani e dammi le tue”.[2] È la condiscendenza di Dio e la sua vicinanza
capace di porsi nelle mani fragili dei suoi discepoli per nutrire il suo popolo e dire con Lui: prendete
e mangiate, prendete e bevete, questo è il mio corpo che si offre per voi (cfr Lc 22,19).
Dedizione orante, che si plasma e si affina silenziosamente tra i crocevia e le contraddizioni
che il pastore deve affrontare (cfr 1 Pt 1,6-7) e l’invito fiducioso a pascere il gregge (cfr Gv 21,17).
Come il Maestro, porta sulle spalle la stanchezza dell’intercessione e il logoramento dell’unzione per
il suo popolo, specialmente là dove la bontà deve lottare e i fratelli vedono minacciata la loro dignità
(cfr Eb 5,7-9). In questo incontro di intercessione il Signore va generando la mitezza capace di capire,
accogliere, sperare e scommettere al di là delle incomprensioni che ciò può suscitare. Fecondità
invisibile e inafferrabile, che nasce dal sapere in quali mani si è posta la fiducia (cfr 2 Tim 1,12).
Fiducia orante e adoratrice, capace di interpretare le azioni del pastore e adattare il suo cuore e le sue
decisioni ai tempi di Dio (cfr Gv 21,18): «Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere
pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della
parola di Dio, il nutrimento della sua presenza».[3]
Dedizione sostenuta dalla consolazione dello Spirito, che sempre lo precede nella missione:
nella ricerca appassionata di comunicare la bellezza e la gioia del Vangelo (cfr Esort. ap. Gaudete et
exsultate, 57), nella testimonianza feconda di coloro che, come Maria, rimangono in molti modi ai
piedi della croce, in quella pace dolorosa ma robusta che non aggredisce né assoggetta; e nella
speranza ostinata ma paziente che il Signore compirà la sua promessa, come aveva promesso ai nostri
padri e alla sua discendenza per sempre (cfr Lc 1,54-55).
Anche noi, saldamente legati alle ultime parole del Signore e alla testimonianza che marcò la
sua vita, vogliamo, come comunità ecclesiale, seguire le sue orme e affidare il nostro fratello alle
mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo,
che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita (cfr Mt 25,6-7).
San Gregorio Magno, al termine della Regola pastorale, invitava ed esortava un amico a
offrirgli questa compagnia spirituale: «In mezzo alle tempeste della mia vita, mi conforta la fiducia
che tu mi terrai a galla sulla tavola delle tue preghiere, e che, se il peso delle mie colpe mi abbatte e
mi umilia, tu mi presterai l’aiuto dei tuoi meriti per sollevarmi». È la consapevolezza del Pastore che
non può portare da solo quello che, in realtà, mai potrebbe sostenere da solo e, perciò, sa abbandonarsi
alla preghiera e alla cura del popolo che gli è stato affidato.[4] È il Popolo fedele di Dio che, riunito,
accompagna e affida la vita di chi è stato suo pastore. Come le donne del Vangelo al sepolcro, siamo
qui con il profumo della gratitudine e l’unguento della speranza per dimostrargli, ancora una volta,
l’amore che non si perde; vogliamo farlo con la stessa unzione, sapienza, delicatezza e dedizione che
egli ha saputo elargire nel corso degli anni. Vogliamo dire insieme: “Padre, nelle tue mani
consegniamo il suo spirito”.
Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e
per sempre la sua voce!

Ufficio Stampa della Santa Sede

Domenico Cippitelli
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