Il magazine della tua Città

Tag archive

European Affairs Roma - page 18

New York, una mela sempre più verde: da Central Park alla High Line

in CULTURA by

La Grande Mela delle possibilità, dei grandi numeri con l’anima, quelli di una metropoli sempre più votata alla tutela del verde pubblico e alla riqualifica delle zone urbane. La foresta di grattacieli non preclude i polmoni verdi come Central Park e i ritagli di smeraldo che si nascondono nelle aree più impensabili, anche a 9 metri d’altezza come la High Line, esempio virtuoso di rinnovamento urbano. Andiamo alla scoperta di una “dolce mela verde” che valorizza e protegge la natura.

High Line, la passeggiata con gli sdrai in legno 

 

New York è la città della creatività per eccellenza, palcoscenico dell’estro in tutte le sue forme e dell’innovazione in continuo divenire. La fantasia riempie le gallerie d’arte, le sale da concerti, i ristoranti e dilaga nelle strade saturandone l’atmosfera. La Grande Mela è una fucina di spunti e di idee in qualsiasi campo, anche per l’urbanistica, materia imprescindibile per la buona qualità della vita nelle metropoli di tutto il mondo. L’esempio newyorkese di riqualificazione verde per eccellenza è la High Line, il parco lineare nato da un progetto di rinnovamento urbano che ha trasformato lo spazio squallido e abbandonato di una sezione in disuso della ferrovia sopraelevata West Side in una delle aree più frequentate della città. Una piattaforma panoramica dal passato industriale trasformata in un giardino pensile nel quartiere di Chelsea all’altezza della 17th e della 26th St. Una meta frequentata abitualmente da newyorkesi e da tanti turisti alla ricerca di mete alternative, e particolarmente corteggiata da immobiliaristi e architetti di spicco per l’ascesa residenziale della zona di questi ultimi anni. La High Line è in un polo attrattivo, una cornice verde che affaccia sul fiume Hudson con vista mozzafiato di Manhattan.

Vista di Manhattan dalla High Line

 

Il grigio passato industriale e il verde presente

La High Line è una striscia lunga 2 chilometri e 300 metri a 9 metri di altezza che non tradisce il suo passato: basta percorrerla per svelare la presenza di vecchi binari che spuntano tra piante e arbusti. Si tratta di una ferrovia sopraelevata degli anni ’30, un’infrastruttura progettata dal comune per agevolare il traffico merci e per deviare il percorso dal livello strada che negli anni aveva procurato numerosi incidenti, tanto da essere denominato la “Death Avenue”, la “Via della morte”. Questo progetto oneroso da 150 milioni di dollari, diventò una tratta obsoleta a partire dagli anni ’80 a causa della concorrenza impari con il trasporto su strada. L’abbandono la trasformò in poco tempo in un’area deturpata e poco raccomandabile, tra cosche della malavita e olezzo dei vicini mattatoi.

La “Linea” rinasce dalle sue ceneri nel 1999 grazie all’intervento del comitato “Friends of the High Line”. La volontà ferrea dei partecipanti unita a delle valide proposte riuscì a trasformarla in un vero e proprio parco, un eden che spunta dal cemento e dall’acciaio. Una pianificazione intelligente che vide compimento e inaugurazione nel 2009, una mossa strategica fortemente appoggiata dai cittadini di West Village e Chelsea, che intravedevano in questa archeologia industriale una possibilità visionaria ma tangibile per delle zone a vocazione sempre più residenziale.

 

Questo nastro smeraldo tra il grigio del calcestruzzo e l’ocra del cotto che contraddistingue gli edifici della zona, è tra le passeggiate più gettonate dai newyorkesi che arrivano da tutta città per godere della sua tranquillità e del suo panorama. Una splendida promenade ricca di alberi da frutto e piante, adibita con panchine e sdrai di legno dal design raffinato. Durante la bella stagione sono presenti diversi punti ristoro, un menabò di proposte gastronomiche newyorkesi, da gustare rigorosamente take away.

L’oasi urbana ostenta con orgoglio i vecchi binari, volutamente invasi da piante ed erbacce. La scelta di ricreare un verde “selvaggio” simboleggia l’azione salvifica della natura matrigna che invade le rovine e gli scempi industriali anche nel cuore di una metropoli. Un’area verde e condivisa che ospita in tutti i periodi dell’anno l’arte pubblica, vocazione cittadina imprescindibile. La High Line infatti è anche uno spazio artistico informale con esposizioni, installazioni ed esibizioni di ogni tipo, lasciatevi stupire dagli artisti itineranti. Se desiderate informarvi sulle mostre in programma, visitate il sito art.thehighline.org

Vecchi binari, simbolo e decoro del parco 

 

Alla High Line si accede da diverse scalinate e sono presenti alcuni ascensori a Gansevoort e nelle 14th, 16th, 23rd, 30th, e 34th St. Si raggiunge con la M11 fermata Washington St., M11, M14 fermata Ninth Ave, M23, M34 fermata Tenth Ave.

Nuovi e vecchi progetti: il verde condiviso 

Incontrasi a Central Park, Bethesda Fountain 

 

New York ammalia con i suoi grattacieli da capogiro e la miriade di luci che ci avvolgono sino all’alba. Dove non si vedono le stelle è consuetudine riprodurle artificialmente e la Grande Mela crea un universo verticale davvero stupefacente. Eppure in questa incredibile città non è difficile trovare degli angoli dove la natura è protagonista, dove dissolvere il caos e dimenticare per un attimo il caotico trambusto e immaginare il firmamento. Parchi, giardini e spazi alternativi come la virtuosa High Line sono l’ideale dove ritrovare attimi di pace, rilassarsi, passeggiare o fare attività fisica. Dalla linea sopraelevata alle grandi geometrie verdi come quella di Central Park che ammanta il cuore della Manhattan. Due realtà agli antipodi ma connesse da una storia di riqualifica e dai loro intenti: il progetto di questo enorme polmone verde riqualificò una grande area paludosa. I lavori ebbero inizio nel 1858 e ben presto modellarono un’incantevole area verde condivisa, anche questa pensata come punto d’incontro per i residenti e diventata meta idilliaca imperdibile per i turisti di tutto il mondo.

Immagine copertina: Central Park

Photo credits: Elena Bittante

 

Marettimo, la selvaggia delle Egadi. Un trekking nella natura per raggiungere la storia: da Scalo Vecchio al Castello di Punta Troia

in CULTURA by

La più selvaggia e incontaminata delle Egadi, la sorella poco mondana del trittico delle meraviglie. Un eden dalle sembianze primordiali che affiora dal blu del mare in tutte le sfumature del verde della lussureggiante macchia mediterranea. Marettimo appare solenne e maestosa già in lontananza a bordo dell’aliscafo o del traghetto: la punta del monte Falcone (686 m) si delinea all’orizzonte, incipit delle impervie avventure che attendono i viaggiatori lungo i suoi sentieri. L’isola non è solo mare, è anche terra, da calpestare, percorrere e ascoltare. Lo sgretolare dei sassi sotto le suole si confonde con il ritmo delle sue onde, una sinfonia degli elementi che accompagna un viaggio alla scoperta della natura e della storia dell’isola ma anche alla ricerca di se stessi.

Arrivo al porto di Marettimo

 

Marettimo e il suo omonimo paese

Marettimo è la più distante delle Isole Egadi e dista da Trapani circa 20 miglia. Si estende per 12 kmq, è lunga 7,5 km e larga 2,5 km. Dimensioni esigue per noi, figli del continente, finché non le testiamo sulle nostre gambe. Sull’isola non ci sono auto a noleggio, neppure scooter o biciclette, chi arriva dal mare si deve muovere in barca o a piedi. Si approda nel piccolo e omonimo centro, delizioso borgo dal binomio ricorrente: il bianco dei muri e l’azzurro delle imposte. Le sue casette brillano accecanti sotto il sole e si susseguono ordinate nelle loro geometrie elementari. Nessun vezzo creativo tradisce la classica edilizia mediterranea con il tetto piano spesso adibito a terrazzo, location privilegiata per albe e tramonti o per guardare le stelle che di rado si nascondono a queste latitudini.

Via del centro, il bianco e l’azzurro tipico delle sue case

 

Il piccolo centro conta 680 abitanti ma nel periodo estivo pullula di vita: i bambini si rincorrono per le stradine e tutti girano comodamente a piedi senza la necessità di mezzi. La sera diventa un salotto all’aria aperta per chiacchiere e convivialità, anche i dirimpettai si incontrano in strada. La parola a Marettimo, come in tutto il sud Italia, primeggia sui mezzi di comunicazione 2.0 e disintossica, almeno per qualche ora, dalla connessione compulsiva con il resto del mondo.

La condivisione e l’allegria della sera nel paese di Marettimo 

 

I bar viziano i turisti con brioches con granita al gelso, al limone o al pistacchio e i ristoranti spadellano le “busiate al pesto”, pasta tipica trapanese (e altre varianti isolane), Marettimo è un microcosmo che appartiene pur sempre alla Trinacria. La cucina ci geo referenzia eppure bastano poche ore per rendersi conto dell’unicità dell’isola. Un mondo a sé che si racconta nell’eredità della storia, disseminata nei suoi anfratti e promontori, e nella natura incontaminata delle coste e dell’interno, delle piccole baie dai toni scuri, delle grotte che ululano notte giorno e della terra generosa di biodiversità. Marettimo è l’unica delle Egadi ad essere considerata un autentico “paradiso botanico”. Si contano più di 500 specie vegetali, non è un caso se l’etimologia del nome con cui la conosciamo oggi derivi dal latino “Maritima”, forse per l’abbondante presenza di timo selvatico. I pini di Aleppo ammantano i versanti e sono il rifugio di diversi tipi di uccelli rapaci come il falco pellegrino, la poiana, il gheppio e il corvo imperiale. La sua struttura collinare montuosa è un’oasi faunistica e lungo i sentieri montani più interni è facile avvistare mufloni, cervi e cinghiali.

Itinerario di trekking da Scalo Vecchio al Castello di Punta Troia.

Spesso chi approda per la prima volta a Marettimo ha poco tempo a disposizione. E’ una meta attrattiva da non perdere per chi soggiorna a Favignana durante le vacanze estive. Anche una toccata e fuga vale il viaggio in questa incantevole isola e chi l’assaggia riparte con il desiderio di tornare e dedicare più giornate alla sua scoperta. Una proposta ideale per chi si ferma almeno una notte e può ottimizzare anche le prime ore del mattino è un trekking che parte dal paese e raggiunge il Castello di Punta Troia, uno dei luoghi simbolo dell’isola.

Partenza dallo Scalo Vecchio, in lontananza il castello

Sentiero battuto della Forestale che conduce a Punta Troia

 

Questo cimelio del passato svetta sulla cima dell’omonimo promontorio a 116 m. Costruito dai Saraceni nel IX come torre di vedetta e rimodellato in un vero e proprio castello nel 1140 per volere di Ruggero II, re di Sicilia. Calderone di innumerevoli storie e leggende, nel corso dei secoli divenne anche un rifugio di pirati e corsari. Venne utilizzato anche a scopi militari come punto di avvistamento per poi essere abbandonato dopo la seconda guerra mondiale. Il castello di Punta Troia è tornato al suo splendore dopo i restauri iniziati nel 2011 e oggi è aperto al pubblico e ospita un museo delle carceri e un osservatorio della foca monaca della Riserva marina protetta delle isole Egadi.

Il castello restaurato nel 2011

 

E’ facile arrivare all’approdo di Punta Troia in barca, accompagnati da qualche guida locale. Il promontorio presenta due accessi al mare: Scalo Maestro e Cala Manione. Vi aspetterà solo l’impervia salita che conduce al castello, un tratto esiguo rispetto a chi lo raggiunge a piedi dal paese. Il percorso di trekking parte dal porto vecchio e segue il sentiero battuto realizzato dalla Forestale. Il tempo di percorrenza è stimato in 1 ora e mezza circa. L’itinerario è abbastanza impegnativo e soprattutto in alcuni punti a strapiombo sul mare bisogna prestare molta attenzione. Un minimo di tensione e adrenalina sono ripagati da scorci mozzafiato: i tornanti volano alti sopra un paesaggio color smeraldo che digrada verso il mare. Da questa prospettiva è possibile ammirare dall’alto lo Scoglio del Cammello, una formazione calcarea distinguibile per la forma che ricorda il dorso dell’animale, un’alternativa all’incantevole grotta che si trova al suo interno, tappa obbligata dei tour in barca e meta imperdibile dei subacquei. L’ultimo tratto si presenta particolarmente sdrucciolevole, calma e prudenza devono sempre accompagnare il vostro entusiasmo. Imparate a dosarlo bene, come le energie, serviranno per il percorso di ritorno.

Scoglio del Cammello 

 

Come arrivare a Marettimo

L’isola è ben collegata a Trapani, a Marsala e alle altre isole delle Egadi. Le corse sono molto frequenti e la compagnia che effettua il servizio è Siremar.

I tempi di percorrenza da Trapani sono 50 minuti e da Marsala di 1 ora. Il diretto da Favignana stima 30 minuti di percorrenza.

Immagine copertina: Castello di Punta Troia

Photo credits: Elena Bittante

Islanda la sorella della luna, seconda parte

in CULTURA by

Dopo la scoperta della parte sud est del paese e della sua capitale Reykjavík, la bussola punta verso nord ovest seguendo la lunga strada del suo periplo. L’Islanda è idillio e meraviglia ma anche pazienza e volontà, completare il giro dell’isola in soli otto giorni è una bella impresa. I chilometri scorrono nel tachimetro della 4×4 e dai finestrini si ammira una terra plasmata dai suoi elementi in continuo divenire, una realtà vulcanica ma con tante varianti sullo stesso tema, uno spettacolo che evolve “on the road”. Ogni scorcio meriterebbe una sosta ma per questa prima avventura islandese puntiamo solo ad alcune delle mete appuntate sulla mappa lasciando le restanti al desiderio di un ritorno, sempre più motivato dalla scoperta di questa luna terrestre.

I fiordi occidentali e la parte nord

Scogliere di Látrabjarg

 

La bussola punta verso nord-ovest in direzione dei fiordi occidentali, a un passo dalla Groenlandia. Le ruote scorrono lungo l’asfalto e tritano con forza lo sterrato sempre più ricorrente. Il percorso si adagia alla morfologia dell’area che ricorda una grande chela di granchio: l’Islanda sembra quasi volersi agganciare al Circolo Polare Artico. Si comincia a respirare l’essenza più selvaggia del paese, dove la sinfonia della terra, del vento e dell’acqua disegna le sue forme. Le vie percorribili ricamano i fiordi attraversando i passi montani sino a fiancheggiare il mare. La lentezza del tragitto è il giusto compromesso tra sicurezza e stupore: paesaggi mozzafiato ripagano ogni minuto traballante a bordo dell’auto. Solo in questi momenti è possibile capire che la calma è il segreto per un viaggio in Islanda, capace di rivelarci il meglio della natura circostante e assicurarci dai rischi. Una sfida anche per l’automobilista più impavido: strade sterrate e piene di buche seguono la costa tortuosa tra scogliere frastagliate, torrioni di pietra e macchie di tundra, come le penisole a forma di tridente che si estendono a sud ovest dei fiordi. Spiagge di sabbia finissima e dorata spiccano a contrasto delle scogliere color ebano come le Látrabjarg che si estendono per 12 chilometri lungo la costa con altezze che variano dai 40 ai 400 metri. Minuscoli villaggi puntellano di umanità queste lande desolate come il centro di Hornstrandir o il piccolo villaggio di pescatori di Bíldudalur appollaiato nel Arnarfjörður con vista mozzafiato sul fiordo. Imperdibili le cascate di Dynjandi (Fjallfoss), humus perfetto per leggende popolari legate alla magia e agli incantesimi, non è un caso se nel villaggio di Holmavik si trova il Museo della Stregoneria islandese.

Bíldudalur e il Arnarfjörður
Fauna dei fiordi occidentali
Skipagata, la via principale di Akureyri

 

Il viaggio continua verso nord-est in direzione della cittadina di Akureyri, il secondo centro del paese per grandezza e popolazione. Poco più di 17.000 abitanti, eppure sembra assumere le sembianze di una metropoli dopo i chilometri percorsi tra le montagne disabitate dove le uniche forme di vita sono piccoli greggi di pecore incoscienti che attraversano la strada senza preavviso. La città è il capoluogo della vasta regione settentrionale, conosciuta come il paradiso dei geologi grazie all’incredibile varietà di morfologie e colori, tra deserti di rocce dall’aspetto lunare, pozze di fango eruttanti e cascate stupefacenti. Un’incredibile eterogeneità del paesaggio nonostante la coerenza della natura vulcanica. Tappa obbligata è la regione del lago Mývatn, tra la bellezza aspra e ultraterrena della superficie e quella nascosta e suggestiva delle grotte laviche, paradisi contrastanti di fuoco e ghiaccio. In quest’area inquieta (anche per la presenza di sciami di moscerini che infestano alcune aree a ridosso del lago), non mancano le piscine geotermali, allettanti attrattive di relax per ricaricarsi e rinfrancare i muscoli indolenziti dal viaggio. Dopo qualche ora di pace alle terme di Mývatn, l’adrenalina sale visitando la cascata di Dettifoss, spettacolo della natura nel Parco Nazionale di Vatnajökull. In questo luogo la potenza dell’acqua descrive il suo percorso in profondi canyon scavati nella roccia, capace di evocare il rombo più forte tra tutte le cascate d’Europa. Imperdibile la più piccola ma altrettanto spettacolare cascata di Goðafoss, letteralmente la “cascata degli dei”. Questa bellezza del creato non è tra le più grandi dell’Islanda ma la più importante per la sua storia: nell’anno 1.000 l’oratore delle leggi Porgeir lanciò nella cascata i simboli delle divinità pagane norrene a testimonianza della conversione alla fede cristiana delle genti. Un gesto che ne consacrò l’importanza simbolica e il suo nome.

Cascate Dettifoss
La regione del lago Mývatn

 

 

La costa sud e il Vatnajökull, il ghiacciaio più grande d’Europa

Il percorso scelto che traccia le tappe di questa prima avventura islandese segue verso sud scavallando le impervie aree interne e arriva sino alla costa che affaccia sull’Atlantico tra panorami ancestrali di montagne a picco sull’oceano. Nonostante il periodo estivo e la brezza marina, le cime sono spolverate dal bianco dei ghiacci perenni, un suggerimento della vicinanza di Vatnajökull, il ghiacciaio più grande d’Europa che domina gran parte della regione meridionale dell’isola, con una superficie due volte lo stato del Lussemburgo. I chilometri percorsi lungo la Hringvegur nella parte meridionale dell’isola, rivelano contrasti inaspettati: vasti delta di sabbia grigia alternano la luminosità delle imponenti lingue glaciali. Le loro sinuosità ci accompagnano sino alla laguna di Jökulsárlón dove la bellezza della natura incanta lo spettatore con i suoi colori freddi. Conosciuta come l’eden dei fotografi, in questo luogo il ghiacciaio s’immerge nell’acqua del mare creando numerosi iceberg che il vento modella con la sapienza di un artista creando delle forme fantastiche. Le tonalità cerulee incontrano il nero della sabbia per poi addentrarsi nelle torbide acque glaciali creando uno scenario unico e suggestivo.

Scorci lungo la Hringvegur: lingua glaciale del ghiacciaio
Sculture di ghiaccio della laguna di Jökulsárlón

 

Islanda, realtà a tratti immaginaria capace di trasformare anche la malinconia dei suoi spazi desolati e i toni freddi della sua natura in esperienze suggestive, quasi extraterrestri. L’ultima tappa del viaggio la spiaggia nera di Vik, uno scenario al negativo, con onde bianche che esauriscono la loro furia nella battigia color pece. I faraglioni neri di Reynisdrangur che si stagliano come dita scheletriche di fronte alla costa sono un’attrattiva irrinunciabile per i turisti che nonostante la pioggia intermittente (è considerato il luogo più piovoso di tutta l’Islanda) e la poca luce anche durante il giorno, non rinunciano ad una foto ricordo. La piccola cittadina di Vik, la più a sud di tutta l’Islanda, riscalda le sue stupefacenti e tetre atmosfere con il calore e l’accoglienza delle casette variopinte della sua comunità che non supera i 300 abitanti.

I faraglioni Reynisdrangur, spiaggia di Vik

 

Questa è l’Islanda, un’isola capace di emozionare il viaggiatore grazie alla bellezza austera e al fascino unico ricco di contrasti e suggestioni lunari.

 

Immagine copertina: laguna di Jökulsárlón.

Photo credits: Elena Bittante

Islanda, la sorella della luna: un viaggio unico tra terra, cielo, acqua e fuoco

in CULTURA by

Prima parte: la penisola di Reykjanes e la capitale Reykjavik

Un viaggio in Islanda è l’alternativa terrestre per chi è alla ricerca di atmosfere lunari. I suoi paesaggi surreali risultano insoliti, soprattutto per la nostra consuetudine mediterranea. Una sinfonia di elementi naturali che la rendono molto più di un viaggio ma un’esperienza personale, un richiamo primordiale del creato. Una destinazione per gli amanti della natura e delle basse temperature, l’ideale per un’estate alternativa.

Il primo approccio alla diversità di questo paese si avverte appena si atterra: l’aria frizzante e l’escursione termica di venti gradi tra Roma-Keflavìk (capoluogo dello scalo aeroportuale e principale città sulla penisola di Reykjanes) è solo il primo assaggio. Quest’isola non è una meta per turisti inconsapevoli, sceglierla implica una buona informazione pre partenza, eppure la sensazione di stupore innanzi alle lande desolate che circondano l’aeroporto assale tutti, anche l’escursionista più devoto. Chiunque arrivi in Islanda per la prima volta si domanda cosa abbia motivato questo viaggio. Ma la prima impressione è spesso una sintesi imperfetta e l’entusiasmo cresce con la voglia di scoperta.

Strade sterrate nella penisola di Reykjanes

Un lungo percorso attende il suo inizio, in questa prima parte scopriremo qualche meta imperdibile nella parte sud ovest dell’isola, da raggiungere con un’auto a noleggio (meglio se 4×4), la scelta migliore per un viaggio itinerante: l’Islanda è “on the road”, lungo la Hringvegur, la strada principale ad anello che percorre il periplo del paese.

Partenza: la penisola di Reykjanes

Il punto di partenza per molti viaggiatori è la penisola di Reykjanes grazie alla sua vicinanza all’aeroporto. Un’area costellata di campi di rocce laviche e sprazzi di erba verde senza alberi, un’apparenza omogenea e ripetitiva ma che mimetizza la stupefacente storia geologica della Terra. Proprio in quest’area corre la frattura tra la placca continentale europea e quella nord americana. Vale una visita al ponticello di Leif, il “Lucky Bridge”, situato all’incontro ben visibile delle due placche. Anonimo all’aspetto, simbolico nella sua ragion d’essere: pochi metri di lunghezza uniscono il continente americano a quello europeo.

Il “Lucky Bridge” collega la placca europea e quella nord americana

La strada principale e le secondarie lungo la penisola rincorrono un paesaggio apparentemente ripetitivo e malinconico ma che rivela inaspettatamente bellezze arcaiche. Manciate di geyser inquieti e sbuffi dal profondo della terra rianimano gli spazi, fenomeni naturali che creano un’atmosfera dantesca. Imperdibile l’area geotermale di Gunnuhver dove la terra ribolle inquieta ed esala un pregnante odore di zolfo. Un luogo surreale da osservare con attenzione: seguite solo i percorsi indicati e la passerella che conduce ad un punto panoramico del sito, vi sembrerà di giungere all’uscio di Mefisto.

Non mancano le piscine termali che sfruttano l’energia geotermica della zona per rilassarsi e ritemprarsi in un ozioso bagno caldo dalle proprietà benefiche. La Blue Lagoon, è il centro termale più noto di tutta l’Islanda e si trova a Raykjavik. Per trovare un po’di relax alternativo e meno inflazionato, l’alternativa al costume è una passeggiata lungo le coste della penisola disseminate da piccoli villaggi di pescatori dove il tempo sembra essersi fermato. Questi piccoli centri non sono votati al turismo e trovare un semplice caffè sembra un’impresa epica, il consiglio è quello di godere della loro semplicità e consolarvi con l’aria frizzante dell’oceano, ritempra più della caffeina. Vale una sosta Grindavik, piccolo villaggio di pescatori. I ristoranti sono centellinati ma ne vale la ricerca, il menù è a base di pesce freschissimo.

Il faro di Grindavik

Reykjavik, la capitale

La chiesa Hallgrimsskirkja, Reykjavik

Reykjavik, geolocalizzata al 64° parallelo nord vanta il titolo di capitale di stato più a nord del mondo. Città ordinata e accogliente, vivace e moderna, a misura d’uomo e lontana dalla concezione tipica di grande capitale europea. Una realtà dalla vita tranquilla, perfettamente inserita in un’isola dove la natura fa da protagonista. Per ammirare le attrattive principali si inizia con una passeggiata nel quartiere vecchio della città per lasciare spazio all’ identità modernista nella parte nuova, fiore all’occhiello di Reykjavik. La Hallgrímskirkja, la chiesa principale in cemento armato, ripropone le forme di una colata lavica dallo spiccato estro nazionalista che omaggia la natura. L’Harpa, centro congressi e sala concerti è nota in tutto il mondo per la struttura leggera delineata da un elegante gioco di vetri concavi e convessi che proiettano lo spettatore in un luogo dalle parvenze aliene.

Il centro congressi Harpa, Reykjavik
Hakarl, piatto tipico islandese

Anche a Reykjavik i viaggiatori più golosi vengono ripagati da lauti banchetti dove il pesce è il protagonista indiscusso dei menù. Non bisogna però dimenticare che il viaggio di scoperta include anche il classico vezzo da turista: la prova del piatto locale. Quella islandese è una bella sfida per il palato. Si tratta dell’Hakarl, rinomata portata di carne di squalo macerata per sei mesi sotto terra. A parte questa specialità che per gran parte dei forestieri si rivela una prova più dura del previsto, sorprendono zuppe gustose e pesce freschissimo che svelano una inaspettata cucina succulenta.

La prossima settimana scopriremo l’Islanda del nord ovest, del nord e la parte sud avventurandoci alle pendici del Vatnajökull, il ghiacciaio più grande d’Europa. 

Photo credits: Elena Bittante

Il punto panoramico più alto del mondo: “At the top” del Burj Khalifa, il grattacielo dei record fiore del deserto

in CULTURA by

L’icona di Dubai è nota per essere il grattacielo più alto del mondo, un edificio dalle dimensioni surreali a confronto dei giganti che s’innalzano nella giungla metropolitana di questo avveniristico angolo degli Emirati Arabi Uniti. Stiamo parlando del Burj Khalifa, il re indiscusso dell’edilizia moderna in tutto il mondo.

Un’entità materiale dall’indiscutibile opulenza ostentata, consuetudine di questa città in divenire, eppure alla sua vista viene meno il pregiudizio: il Burj Khalifa è un gioiello della tecnica ingegneristica che testimonia il progresso dell’uomo. Indimenticabile la prima volta che appare nello skyline all’orizzonte, stupefacente quando ci troviamo ai suoi piedi con il naso all’insù mentre perdiamo le sue proporzioni ostinati nella ricerca della cima.

Il Burj Khalifa: il progetto e qualche numero

Il Burj Khalifa è un progetto dello Studio Skidmore, Owings & Merrill LLP (SOM) con Adrian Smith FAIA. L’edificio misura 828 metri di altezza e conta 160 piani. Si distingue per le sue eleganti geometrie cartesiane in vetro e acciaio all’esterno e per i solidi muri e corridoi in calcestruzzo armato all’interno, studiati per sopportare i carichi di gravità e quelli laterali. Un gigante dalla struttura armonica che svetta con grazia verso il cielo per omaggio e necessità: le sue forme si ispirano al leggiadro Hymenocallis, il fiore tradizionale del deserto, e le differenti altezze della torre che lo delineano con eleganza sono una strategia per rompere il flusso omogeneo del vento. La costruzione iniziò nel gennaio 2004 per essere inaugurata nel gennaio del 2010. 2.194 giorni di lavoro giorno e notte, 13.000 lavoratori tra operai e tecnici di oltre 100 nazionalità diverse. Cifre da capogiro per un edificio dei record. Il suo interno è una vera e propria città verticale e ospita uffici, appartamenti residenziali e l’elegante Armani Hotel per soggiorni da mille e una notte in chiave moderna.

La visita panoramica del Burj Khalifa

At the Top, vista dal 148° piano

Surreale dal basso, mozzafiato dall’alto. Vale il costo del biglietto una visita ai piani alti del grattacielo. L’entrata alla torre prevede due piattaforme di osservazione: il 124° piano dove si trova la prima terrazza panoramica a 456 metri da terra e il 148° piano (At the Top, Burj Khalifa SKY) a 555 metri da terra. Queste altezze da capogiro sono raggiungibili in pochi secondi grazie ad ascensori a due piani che viaggiano a 10 m al secondo. La seconda piattaforma è il punto di osservazione su torre più alto al mondo e regala una perfetta visuale a 360 gradi su Dubai: spiccano il Burj Al Arab, il complesso residenziale The World e la Sheikh Zayed Road per poi confondere lo sguardo sulla giungla di cemento vasta e amorfa dei “piccoli” grattacieli di contorno, sui grovigli ordinati delle superstrade per finire verso le lande desolate del deserto all’orizzonte.

 Sheikh Zayed Road

E’ possibile acquistare il biglietto d’ingresso on-line o al piano terra della struttura, la visita dura 90 minuti. Per il 124° piano il costo è di 125 AED (circa €30). Per il 148° piano (con il quale potrai visitare anche il 125°) il costo è di AED 300 (circa €74).

Espansione urbanistica verso il deserto 

Una visita alla torre è una sensazione appagante, gioca con l’emozione dell’altezza straordinaria ed evoca la suggestione di toccare il cielo con un dito. Infine osservare dall’alto il panorama può rivelarsi anche uno spunto di riflessione per comprendere l’ambizione dell’uomo: la conquista del deserto, un’espansione verso il “nulla”. La vista che si scorge dall’alto della torre è una considerazione tangibile degli interessi verso un territorio solo all’apparenza privo di potenzialità.

Come raggiungere Dubai

Per volare a Dubai esistono diverse alternative, è possibile scegliere tra tutte le compagnie aeree di bandiera europee e mediorientali. Da Roma sono poco più di 5 ore di volo diretto con atterraggio all’aeroporto internazionale di Dubai. In alternativa è possibile atterrare ad Abu Dhabi: i due aeroporti distano poco più di 100 chilometri ed è possibile raggiungere Dubai con un’auto a noleggio, in taxi (anche se i prezzi sono piuttosto alti per la distanza) o con gli autobus di linea che collegano le due città. La terza opzione è l’aeroporto di Sharjah, il centro cittadino che rappresenta il prolungamento Nord di Dubai, a poco più di 15 km dal quartiere di Deira.

Photo credits: Elena Bittante

Porvoo: la pittoresca cittadina della Finlandia, quintessenza di un passato mercantile

in CULTURA by

Porvooo Borgå in svedese, è la seconda città più antica della Finlandia, famosa per le sue case rosse affacciate sul fiume Porvoonjoki. Un luogo dove il profumo del legno delle abitazioni centenarie si confonde con quello vivido della foresta poco distante. Un centro dal passato commerciale oggi votato al turismo per i viaggiatori interessati alla storia e alla tranquillità.

Keep Reading

Con Fabri Fibra chiude i battenti l’edizione 2018 di Rock in Roma.

in CULTURA/MUSICA/PHOTOGALLERY by

Ultimo concerto nella cornice dell’ippodoromo delle Capannelle, location ormai istituzionale della kermesse musicale estiva, che ha visto anche quest’anno un nutrito numero di artisti avvicendarsi sul palco ed una sempre consistente risposta da parte del pubblico romano. Non poteva quindi essere da meno, nonostante il diluvio abbatutosi su Roma pochi minuti prima dell’inizio del concerto, l’affluenza di pubblico per la penultima tappa del tour di Fabri Fibra al secolo Fabrizio Tarducci con il suo “Le vacanze tour”.

Keep Reading

1 16 17 18
Claudio Enea
0 £0.00
Go to Top
× How can I help you?