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Inaugurata la mostra scultorea di Igor Mitoraj: “Lo sguardo – Humanitas – Physis”

in ARTE/COMUNICATI STAMPA/CULTURA/MOSTRE by

Inaugurazione 16 aprile 2024

LA PIU’ GRANDE MOSTRA SCULTOREA A CIELO APERTO DI IGOR
MITORAJ : “LO SGUARDO- HUMANITAS-PHYSIS”

PARCO NEAPOLIS DI SIRACUSA

Performance teatrale musicale

Physis – Humanitas il viaggio dell’Anima

SCRITTA E DIRETTA DA GISELLA CALÌ CON MUSICHE INEDITE DI LELLO ANALFINO

Comunicazione e Ufficio stampa

Responsabile comunicazione Roberto Grossi
Ufficio stampa Marina Luca
Email: press@associazioneglobart.it

Si è inaugurata ieri 16 aprile nel Parco Archeologico di Neapolis a Siracusa la più
grande mostra scultorea a cielo aperto di Igor Mitoraj intitolata “Lo Sguardo-
Humanitas- Physis”, visibile al pubblico dal 26 Marzo fino al 31 ottobre 2025. Si tratta
di 27 opere scelte appositamente per comporre un inedito e struggente percorso
espositivo tra storia e natura. Di queste 25 potranno essere ammirate all’interno del
Parco archeologico di Neapolis a Siracusa (sito Unesco- famoso in tutto il mondo per
la compresenza di due teatri di pietra e delle vestigia appartenenti alla grande civiltà
greca e romana) mentre l’opera bronzea del “Teseo Screpolato” si integra
meravigliosamente a 1700 metri con le pietre laviche dell’Etna (Patrimonio dell’umanità)
e la scultura alata “Ikaria”, con lo sguardo verso il mediterraneo dallo spazio antistante
al Castello Maniace ad Ortigia, ci richiama all’incontro tra i popoli e le culture e
all’unione delle diversità.
La mostra è promossa dal Parco Archeologico di Siracusa Eloro Villa del Tellaro e
Akrai, prodotta da Atelier Mitoraj, in collaborazione a Mediatica e Tate, con il patrocinio
del Ministero della Cultura, della Regione Siciliana, Assessorato dei beni culturali e
dell’Identità Siciliana, Assessorato del territorio e dell’ambiente, in collaborazione con
Assessorato dell’Agricoltura, con il Parco dell’Etna, con il Demanio forestale con il
Comune di Ragalna e con il Comune di Siracusa.
L’esposizione è curata da Luca Pizzi, Direttore artistico dell’Atelier Mitoraj, coadiuvato
da Paolo Patanè, Direzione produzione esecutiva; Direttore culturale e creativo
Roberto Grossi.
Le opere presenti nell’esposizione, realizzate tra il 1993 e il 2014 con le materie care a
Mitoraj, bronzo ghisa, travertino e resina coniugano, come non era mai accaduto prima,
il surrealismo e il simbolismo della sua poetica espressiva con i modelli della tradizione
classica e romana, in un dialogo fecondo con la natura.
Ogni opera appare, quindi magicamente integrata con i luoghi che le ospitano
stimolando nel visitatore riflessioni, conoscenza e partecipazione.
Il tema “Lo sguardo”, trae fondamento dall’espressività delle opere e nel
messaggio artistico e culturale di Mitoraj, ed esprime la visione universale di quella
dimensione circolare dell’esistenza umana che ci induce ad una riflessione interiore
rispetto alla società (Humanitas) nella quale viviamo e al nostro rapporto con natura che
ci circonda (Physis) e ai suoi elementi primordiali (fuoco, acqua, terra, aria). Questa
grande esposizione, di assoluto valore internazionale, supera, dunque, il concetto della
bellezza puramente estetica dell’arte e dei monumenti e, come in una rappresentazione
drammaturgica nei due antichi teatri, greco e romano, pone all’uomo contemporaneo
interrogativi sul suo destino nel mondo e nella storia.
I contenuti e i significati principali dell’esposizione sono stati messi in evidenza ieri
all’evento di inaugurazione grazie alla performance teatrale e musicalePhysis –
Humanitas il viaggio dell’Anima – con oltre 40 artisti, scritta e diretta da Gisella Calì
con musiche inedite di Lello Analfino e con l’Organizzazione Fiat Lux 2.0– che ha
messo in risalto il viaggio spirituale, tra miti ed eroi, di Ikaro, Un Uomo moderno, verso il
cambiamento e la Bellezza.
Come le incantevoli sculture di Mitoraj richiamano gli eroi e gli dei classici, evocando
una dimensione contemporanea della sofferenza dell’uomo e della sua vocazione innata
verso l’armonia e la comunione con la Natura, così lo spettatore viene invitato a seguire
il percorso di IKaro, che impaurito dalle Ombre della propria anima, decide di affrontare
il complesso cammino per raggiungere la consapevolezza e la libertà. Le scene
itineranti hanno animato, con luci, suoni, danza e con dialoghi fortemente espressivi, le
gigantesche opere bronzee come “Ikaro Blu” e “ Memorie Screpolate”, collocate tra le
pietre bianche dell’Anfiteatro romano. Per proseguire, con cori e musiche
perfettamente in sintonia, nella Grotta dei Cordari dove Ikaro si riconosce nella Madre
Natura e intraprende una nuova esperienza di pace e di rigenerazione che si conclude
nel silenzio dell’Orecchio di Dionisio.
In questo percorso Ikaro, ognuno di Noi, recandosi verso l’Oracolo, riceverà l’invito ad
alzare lo Sguardo. Solo la Natura, rappresentata magistralmente dal soprano Elena
Rossi, cioè la Physis, potrà placare l’angoscia esistenziale che attanaglia L’Uomo/
Ikaro.
Dioniso, dio/giullare senza tempo, interpretato dal musicista Lello Analfino, rievoca gli
elementi primordiali e spinge L’Uomo e gli spettatori a proseguire il viaggio, volgendo lo
Sguardo verso Gli Altri. Percorrendo il viale di un Paradiso da recuperare, L’Uomo avrà
finalmente il coraggio di entrare nella caverna oscura (l’Orecchio di Dionisio) e ascoltare
il Messaggio più importante: salvare gli Altri e recuperare quell’Humanitas che lo
completa.
Infine nella dimensione del silenzio riuscirà ad illuminare il punto più oscuro della sua
Anima e riacquisire Luce e Bellezza.

DICHIARAZIONI:

Jean Paul Sabatiè – Presidente Atelier Mitoraj (coordinamento Ati)
Ho fortemente voluto realizzare questa mostra con l’Atelier Mitoraj, a dieci anni dalla
scomparsa di Igor, una mostra in un posto unico che esprimesse, al massimo livello, la
sua poetica, il suo messaggio artistico e la sua ricerca di una bellezza eterna attraverso
le ferite del tempo. Le opere di Igor hanno interpretato il dramma della condizione
umana e l’ineludibile anelito verso la luce e l’armonia della purezza anatomica dei corpi.
Uno Sguardo che dalla storia e dal passato ancora oggi interroga tutti noi.

Luca Pizzi – Curatore
Con questa mostra abbiamo costruito un viaggio dove gli sguardi si uniscono tra di loro,
partendo dalla scultura installata sull’Etna che guarda verso l’Ikaria pronta a spiccare il
volo, fino alla Neapolis: un itinerario di sguardi che vuole segnare il passaggio dal
guardare al vedere, un percorso di consapevolezza che si affida alla Natura, alla
Bellezza e al Mistero. I tanti Ikaro e le tante Ikarie sono simbolo di un’umanità smarrita
che cerca risposte, che difende la sua dignità e fugge dalle tante prigioni della
contemporaneità. Lo sguardo è quello metafisico delle opere, accecate, bendate, senza
occhi ma capaci di leggere, comprendere ed accogliere anche i lontani e gli invisibili.

Roberto Grossi – Direttore culturale e creativo
E’ una mostra che genera stupore, riesce a scavare nel fondo delle nostre emozioni, e
che ci fa comprendere la bellezza presente nel quotidiano e la grandezza della nostra
vita. La performance teatrale e musicale dell’inaugurazione ha descritto il viaggio
dell’anima di ciascuno di noi, le ombre, le paure, l’incompletezza dell’esistenza, che non
prendono più il sopravvento ma lasciano spazio alla speranza e all’immaginazione.
Inaugurare una mostra d’arte contemporanea con una rappresentazione
drammaturgica, partendo dalla storia e dai miti del passato, consente di sconfiggere le
ombre e le catene interiori per ritrovare armonia e fiducia per il futuro.

Paolo Patanè – Direzione produzione esecutiva
Una mostra articolata in tre contesti molto diversi, Neapolis e Ortigia a Siracusa e Etna,
con uno sforzo poderoso di relazioni e procedure: tre differenti Assessorati regionali,
due Comuni, due Parchi e altri numerosi Enti. Un progetto culturalmente ed
organizzativamente ambizioso e vincente anche grazie ad una inedita, positiva,
collaborazione pubblico privato.
Francesco Paolo Scarpinato – Assessore ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana
È un progetto in cui la Regione Siciliana crede molto perché va nella direzione di
valorizzare lo straordinario patrimonio storico e archeologico della regione, come il
Parco di Neapolis, in una logica innovativa. Una mostra di caratura internazionale che
saprà richiamare nuovo pubblico e rafforzare l’immagine della Sicilia nel mondo, anche
come volano per il turismo e l’economia.

Gisella Calì – Regia e drammaturgia
La performance “Humanitas- Physis” il viaggio dell’anima” cerca di esaltare il tema della
mostra traendo spunti e poetica dai Miti classici riproposti in chiave contemporanea.
Come nelle rappresentazioni drammaturgiche del passato e nel solco dei grandi filosofi
greci e romani, l’Uomo Ikaro, intraprende un viaggio interiore che lo trasforma, lo apre
alla speranza e a un nuovo sguardo verso la Natura che lo circonda e gli Altri.

Sergio Mario Illuminato: L’Espressione Artistica nell’ ex Carcere Pontificio di Velletri – 11/11/2023

in CULTURA/PHOTOGALLERY by

Il mondo dell’arte spesso trova la sua espressione più significativa nei luoghi più inaspettati. Nell’ex Carcere Pontificio di Velletri, Sergio Mario Illuminato ha trasformato mura grigie in opere che raccontano storie, emozioni e speranza.
La mostra, intitolata “Iosonovulnerabile”, in un contesto espositivo inusuale offre al visitatore una esperienza immersiva, dove poter ammirare le opere dell’artista e il suo lavoro innovativo.
Le opere di Illuminato non sono inserite in questo particolare contesto ma ne sono parte integrante, respirano la stessa aria, si modificano con il passare del tempo. L’artista ha utilizzato particolari pigmenti organici che si ossidano con il tempo nell’ambiente dove sono stati inseriti, Illuminato le chiama Organismi Artistici Comunicanti

Il Contesto

Situato nelle immediate vicinanze di Roma, l’ex Carcere Pontificio di Velletri era noto principalmente per essere un luogo di reclusione e privazione della libertà. Con i suoi mattoni antichi e i corridoi intricati, offre lo sfondo perfetto per le creazioni di Illuminato. La mostra è un viaggio attraverso le fasi della sua evoluzione artistica, con opere che spaziano dalla pittura alla scultura e all’installazione. Ogni sala del carcere diventa un capitolo della sua storia creativa, mentre i visitatori si immergono nella profondità delle sue idee. All’interno della struttura il silenzio viene rotto da una cassa acustica che diffonde dei suoni sinistri. Le pareti raccontano attraverso le scritte lasciate nelle celle la testimonianza del passaggio di tanta umanità sofferente. Per terra cumuli di documenti, faldoni ormai non più utili ma che raccontano della vita e anche della morte di persone che sono state recluse all’interno di queste mura.

L’Arte come Mezzo di Espressione

Illuminato, noto per la sua abilità nel fondere l’antico e il moderno, ha intrapreso un progetto innovativo all’interno del carcere, utilizzando la pittura come mezzo per comunicare, ispirare e trasformare. Le sue opere non sono soltanto manifestazioni artistiche, ma rappresentano un ponte verso la comprensione, la riflessione e la speranza. L’artista ha visto oltre le mura grigie e ha immaginato un’opportunità per trasformare questo ambiente in uno spazio di espressione e riflessione attraverso l’arte.
In conclusione, la mostra di Sergio Mario Illuminato all’ex Carcere Pontificio di Velletri rappresenta un esempio tangibile di come la creatività possa superare le barriere fisiche e mentali, trasformando un luogo carico di storia oscura in uno spazio di rinascita e ispirazione.

Mostra “La bottega di Leonardo – La Vergine delle Rocce – 31 luglio Agrigento

in COMUNICATI STAMPA/CULTURA/MOSTRE by

Con il patrocinio di:

 

 “LA BOTTEGA DI LEONARDO

LA VERGINE DELLE ROCCE

Villa Aurea – Parco Valle dei Templi di Agrigento

Dal 31 luglio al 31 dicembre 2023

A cura di Vittorio Sgarbi e Nicola Barbatelli

 

Il 31 luglio si inaugura per la prima volta in Sicilia, nello scenario della Valle dei Templi di Agrigento, una mostra straordinaria, “La Bottega di Leonardo – La Vergine delle Rocce ”.  All’interno del percorso espositivo irripetibile e inedito, sarà possibile ammirare la famosissima “Vergine Cheramy”, versione di altissima qualità de “La Vergine delle Rocce” di Leonardo, proveniente da una collezione privata e gentilmente concessa per l’occasione, rispetto le altre due versioni esposte in modo permanente nel  Musée du Louvre di Parigi e alla National Gallery di Londra.

Oltre alla celebre opera pittorica del grande Genio rinascimentale con l’assistenza di un dotato allievo (presumibilmente Boltraffio), sono esposti dieci importanti dipinti dei famosi allievi della Bottega leonardesca, che consentiranno di riscoprire l’ambiente e i linguaggi espressivi di Leonardo, le influenze dall’ultimo quarto del ‘400 fino la prima metà del ‘500.

La mostra, curata da Vittorio Sgarbi e Nicola Barbatelli, è allestita  nella splendida Villa Aurea, situata nel suggestivo Parco Valle dei Templi ad Agrigento, riconosciuto Patrimonio dell’Umanità nel 1997  iscritto al World Heritage List dell’Unesco.  Non è un caso che proprio la città di Agrigento, abbia scelto di ospitare questa irripetibile mostra, quale evento inaugurale del programma di avvicinamento ad Agrigento Capitale della Cultura 2025.

L’esposizione mette in luce tutta la forza della bellezza espressiva del messaggio leonardesco, artista simbolo della cultura mondiale. Il dialogo che si genera  in un contesto  profondo e archetipico, come quello della Valle dei Templi di Agrigento e le opere esposte, rafforzando il messaggio universale dell’arte e del genio, di Patrimoni che parlano all’Umanità ed all’Eternità.

Un “abbraccio sfidante” che interroga lungo un percorso che unisce e identifica l’Italia, proiettando in una dimensione culturale europea che si apre al confronto con il pensiero e le espressioni artistiche del  Mediterraneo.

La mostra, prodotta da Mediatica, Ellison e Samar, patrocinata dal Ministero della Cultura, dalla Regione Siciliana, il Comune di Agrigento e dal Parco Valle dei Templi di Agrigento, è visitabile dal 31 luglio al 31 dicembre, anche in notturna durante il periodo estivo fino alle ore 24.00. Una scelta gestionale coraggiosa dettata dall’obiettivo di valorizzare  ed incentivare la conoscenza del nostro prezioso patrimonio artistico e culturale e la fruizione da parte dei cittadini e dei turisti.

Inaugurazione 31 luglio 2023: Villa Aurea – Parco Valle dei Templi di Agrigento (Strada Provinciale 4, 12, 92100 Agrigento AG)
ore 19.30 – Preview stampa – invitati
ore 20.30 – visita guidata con ospiti

Apertura al pubblico dal 1 agosto 2023 – ingresso dalle ore 8.30 fino alle ore 23.00.

L’ingresso al parco della Valle dei Templi inclusa la mostra “La Vergine delle Rocce e la Bottega di Leonardo” è di 13 Euro

 

Ufficio Stampa e Comunicazione

Marina Luca: + 39 339 7716731
press@associazioneglobart.it
segreteria@associazioneglobart.it

A tu per tu con Alessandro Bergonzoni

in CULTURA/INTERVISTA/PHOTOGALLERY/TEATRO by

Alessandro Bergonzoni, di recente a Roma all’Auditorium con suo spettacolo di successo “Trascendi e sali”, e la performance artistica “Tutela dei beni: corpi del (c)reato ad arte – Il valore di un’opera, in persona”, ci parla di sè stesso e del suo lavoro artistico in questa intervista per European Affairs.

CL: Sono ormai alcuni anni che porti in giro il tuo spettacolo “Trascendi e Sali” in giro per l’Italia, ed è uno spettacolo che cambia in continuazione. Puoi dirci come è nato?

 AB: Duecento repliche in quattro anni, Covid compreso, per la precisione.  Tendenzialmente io non ho mai un tema o un argomento. Molti dicono: “Mi dedico a questo… Il tema sono le donne, la politica, la denuncia…”, io ho cercato sempre di lavorare, anche dagli inizi, su una massa, su una quantità, su una mole di lavoro in cui io compongo lo spettacolo precedente al nuovo quindi questo spettacolo, Trascendi e Sali è nato proprio dall’idea del comporre vari pensieri, varie idee che io avevo già elaborato. Poi, al momento di fare le prove, le idee le ho portate in teatro ed abbiamo cominciato a sviscerare e lavorarci su con il regista Riccardo Rodolfi per arrivare ad una stesura. Un testo di partenza che nasce stando magari un mese in un luogo per prepararlo non c’è, non esiste mai, si tratta sempre di incastri che vanno a montare e si sviluppano come una valanga nata da una piccola pallata di neve. Questo spettacolo era nato da un’idea di partenza che comunque c’era, e che era quella di trascendere. Trascendere, nel senso di non accettare più di trasecolare o trasalire davanti alle notizie del mondo, o davanti alla vita, ma di trascendere, di fare un salto in altro, di fare un salto quantico, per poter cambiare dimensione. Stanco, molto, stanco vivo non stanco morto, di una condizione di accettazione di media e di accettazione di stampa, di accettazione di social, avevo la necessità di invadere anche un altro continente interiore dell’agente, dello spettatore. L’ossessione, perché proprio di questo tratta, è proprio quella del lancio continuo, del non lasciare stare mai chi ascolta, non lasciare stare mai le orecchie, non lasciare stare mai la pelle, non lasciare stare mai lo sguardo, gli occhi, proprio perché deve essere una maratona, molti dicono sulla parola, ma non mi piace, è una maratona sul pensiero, una maratona sull’immaginato, una maratona sulle visioni.

CL: Allora proprio su questo tema, possiamo dire che lo spettacolo si sia adattato ai tempi e alle situazioni oppure i suoi mutamenti sono una sorta di crescita naturale?

Brava è importantissimo fare questa distinzione e la voglio fare. Stranamente, ad esempio, io parlai di vaccini di medicina e di cura, quando, in tempi non sospetti cominciai a fare lo spettacolo. Quattro, cinque anni fa il Covid non c’era, e io, quando ho cominciato a studiare il testo, a pensarlo, avevo comunque dentro una frase del genere: “Hanno scoperto il vaccino che fa per me quello che devo fare io”, inteso però nel senso che anch’io devo fare la mia parte, quindi la scienza non può prevaricare il mio mestiere, il mio lavoro, il lavoro di fare gli altri lavori, gli altri mestieri, di essere non soltanto io ma di entrare nelle altre biografie, e questo ha cominciato ad essere visto subito con gli occhiali del Covid, con gli occhiali della pandemia. Io parlavo già di differenze nei diritti, di mancanza di diritti, e la gente ci ha visto immediatamente e dichiaratamente il tema delle prigioni, il tema soprattutto dei migranti, che era già nato in nuce, proprio perché c’erano già le mie prime partecipazioni ad incontri, a manifestazioni, a cortei anche di denuncia su questo.  Io avevo già questi argomenti che per me erano forti e dominanti, ma non sono il tema degli spettacoli perché nessuno può uscire da un mio spettacolo dicendo: “ah è uno spettacolo sull’uguaglianza, è uno spettacolo sulla difesa delle donne”, perché non è così. E poi c’è il tema comicità, quando si trascende per me la comicità è fondamentale per salire, per andare in alto, per innalzarsi.

CL: Che ruolo riveste la comicità quindi all’interno dei tuoi lavori?

AB: Io quando parlo di risata non parlo di umorismo, di spirito – al massimo di spiritualità – o di teatro brillante, perchè quello non mi è mai interessato. A me interessa la risata grossa, non crassa ma grossa, è una risata anche molto contagiosa, ossessiva, continua, quasi da togliere il respiro, che lo spettatore non possa dirsi: “adesso mi rilasso un attimo” ecco, perché altrimenti quello sarebbe intrattenimento, a me in teatro l’intrattenimento non è mai interessato. Se fai arte, se scrivi, se fai lo scrittore, si arriva tutti ad un punto in cui la realtà accetta e deve sopportare e supportare altre dimensioni, perché altrimenti fai informazione, fai giornalismo, ripeto, fai intrattenimento, che è tutto un lavoro che a me interessa molto meno. A me più che la comunicazione interessa la conoscenza oppure l’andare al di là perché altrimenti, farei un altro mestiere, farei l’enigmista se volessi giocare con le parole e basta, farei quello che lavora sulla semantica. Certamente, io sono composto da queste molecole, ma sono molecole che fanno muovere un corpo, non sono le molecole in quanto tali che mi interessano. E quindi: frequenza, luce, onda, vibrazione… sono temi quasi musicali – come mi ha detto qualcuno dopo aver visto lo spettacolo e io l’ho apprezzato molto – un jazz continuo, e una sinfonia proprio orchestrale che raggiunge se uno si lascia andare la seconda o la terza volta che lo vede. È capitato a persone che l’hanno visto anche tre volte di poter dire: “Io alla fine sono entrato dentro un movimento acustico, a un movimento di sonata, senza dover per forza ridere sempre o capire tutto quello che dicevi, e mi sono lasciato trasportare in questa specie di opera”.

CL: Sei sempre stato un artista ed un autore molto libero e indipendente, che sperimenta varie modalità e varie forme espressive e che non scende a compromessi. Quanto è importante per te tutto questo?

AB: Questo mio saltellare mi ha sempre dato proprio un’idea di autonomia e di libertà che mi aiuta: il non lavorare con gli abbonati in teatro, il non prendere sovvenzioni dallo Stato, queste sono sempre scelte di libertà che noi abbiamo fatto per poter dire: “Guadagniamo molto meno, facciamo forse meno date, però non ci troviamo un pubblico che viene a vedere chissà chi perché ha preso l’abbonamento dalla A alla Zeta e non sa neanche chi sono”. Mi piace che la gente scelga, che la gente in teatro venga per un determinato spettacolo. Adesso il teatro mi sta un po’ stretto, non te lo nego, nel senso che l’arte spinge, il sociale spinge ed è una forma che io cerco di rendere con un connubio abbastanza ravvicinata e abbastanza contemporanea. È un po’ il cruccio di Riccardo, che seguendo il tutto, vede che la mole di lavoro oltre quella teatrale è aumentata in maniera smisurata, fino quasi al non controllo.

CL: In che modo hanno un’influenza i social adesso ad esempio?

Sono tantissime le cose che circolano ora, e pur non avendo Instagram o Facebook, io appaio però molto su YouTube. Le persone filmano, condividono filmati, video delle lezioni, degli incontri, e allora si è mosso e si sta muovendo uno stranissimo pubblico di tredicenni e quindicenni che vedono dei miei pezzi su YouTube ma non hanno mai visto uno spettacolo in teatro, non sanno neanche che io faccio teatro, vedono queste cose e le acquisiscono con i video, con i social, mentre io invece no non le vivo e non le abito, e quello è un pubblico di ritorno stranissimo. Non essendo sui social, non ho i follower o quelle robe lì, ma la gente si rimanda queste cose, le moltiplica, le quintuplica, le decuplica, e poi trovo della roba con quattrocento, cinquecentomila contatti, di persone che hanno preso frasi, pezzi di spettacolo, incontri nelle piazze, e si forma un pubblico che non è il mio pubblico teatrale, ma un pubblico assolutamente bilaterale. Si tratta un pubblico completamente nuovo, che vede nel mio linguaggio un linguaggio che non riconosce, perché oggi un dodicenne, un quindicenne che viene a teatro a vedermi – perché alcuni osano, e con i licei abbiamo tante volte delle professoresse che portano le classi a teatro –  entra in un mondo in cui quando le prof gli dicono: “Questo è un attore, uno scrittore nato nel cinquantotto” loro rispondono: “Ma questa è roba futuribile, cioè non mi sembra… mi sembra più proiettata in avanti che in indietro perché non è il teatro classico”. Loro vedono questo slancio in avanti perché gli manca una fetta di vocaboli, pensieri e correlazioni, che nella comicità televisiva non trovano.  

CL: Ti è mai capitato di lavorare anche nel cinema?

Finora ho fatto pochissime incursioni cinematografiche: due, una in un cameo nel Pinocchio di Benigni, uno dei suoi film meno fortunati, e poi un’altra nel Don Chisciotte di Mimmo Paladino, insieme a Servillo e Dalla, esperienza stupenda,veramente di grande piacevolezza con cui siamo andati al festival Nuovi Orizzonti a Venezia, ma le cose che mi sono state chieste per il cinema erano sempre parti un po’ o di caratterista o caricaturali, di un logorroico, di un personaggio che avesse queste caratteristiche mie così da sfruttare il mio taglio.

Non è assolutamente facile in questo momento poter parlare di cinema col mio linguaggio, perché il cinema ha bisogno di tempi diversi, ha bisogno anche di una riconoscibilità dell’attore. Mi dicevano: “Se tu fai della televisione, delle serie o della fiction, noi possiamo permetterci di investire sulla tua figura, ma così tu sei conosciuto da una fetta di persone che non è interessata”. Poi sai io non faccio neanche le pubblicità intese nel senso del volto che vedi per la tal telefonia, il volto per il tal prodotto, e spesso il cinema, soprattutto quello italiano, invece ti chiede proprio una riconoscibilità. Poche sono state le proposte cinematografiche di partecipazione puramente attoriale che ho ricevuto e non ho accettato, per via di copioni che non mi soddisfacevano. Non avevo voglia di fare l’attore puro, l’interprete di un personaggio, che è anche un mio limite, grosso limite, perché l’attore, come mi hanno  spiegato alla scuola che non mi diplomò, l’attore deve fare tutto, sennò fai il Gaber fai il Fo, che hanno fatto per tutta la vita sé stessi. Infatti io non mi sento un attore, e anche per questo motivo quando parlo di teatro ci sto stretto, perché il mio ambito d’opera come artista è diciamo quadridimensionale, e se io dovessi fare teatro e basta forse smetterei di fare questo lavoro.

CL: Quindi come artista quale potrebbe essere la tua modalità di espressione ideale in questo momento?

La mia modalità ideale è: attraverso l’arte, poter portare l’arte in teatro, e far sì che una performance, un’installazione, un modo di essere sul palco, sia anche un modo di essere artistico, che non ci sia solo la lingua, ma ci sia anche la figura, il segno, il tratto, la demarcazione proprio di un qualche cosa che ricordi anche un’opera, e che sia, non ti dico musicale, ma mi piacerebbe fare un qualche cosa che stesse stretto stretto nel teatro e largo largo nell’arte. Attenzione, mi piacerebbe andare in questa direzione, perché anche le mostre che ho fatto, non tantissime ma ne ho fatte, mi hanno sempre un po’ limitato. Appoggi il quadro, appoggi l’opera, la gente viene, la guarda, la osserva e se ne va. Mi prendi in un momento di grande trapasso un momento di progress proprio, in cui ho bisogno di trovare uno status che ancora non mi delimiti per l’ennesima volta nella maniera più assoluta. Certo la scrittura, anche la scrittura vista, non solo la scrittura del libro, di un giornale, o del teatro ma la scrittura vista, la scrittura appesa, la scrittura segnata, la scrittura per strada, il site specific, l’opera urbana, mi stanno dando un grosso impulso. Vediamo, aspettiamo.

CL: Allora grazie infinite per questa bellissima chiacchierata e in bocca al lupo per il tuo lavoro artistico presente e futuro!

 

Chiara Lucarelli
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