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CULTURA - page 114

La cultura italiana in tutte le sue forme dalla letteratura al cinema, dalla scultura al teatro

Il servizio di Posta Militare durante la Grande Guerra

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Dal 1862, data di nascita del Regio Servizio Postale Italiano,  le poste sono state presenti nella vita quotidiana del paese con il difficile compito di mantenere le comunicazioni nel paese di recente costituzione e nel resto del mondo.

Chilometri e chilometri di strade impervie per consegnare la corrispondenza in tutto il paese che unito sulla carta non aveva ancora nessuna connotazione i una unità culturale e linguistica.

Tra le tante sfide che il servizio postale ha dovuto affrontare in quegli anni pioneristici vi era anche la necessità di collegare le zone di guerra con la patria, i soldati con le famiglie, prima in Crimea, in Cina durante la rivolta dei Boxer e in Libia nel 1911.

Solo con la prima Guerra mondiale però il servizio viene organizzato e denominato come “Posta Militare” che vedeva impegnati in questo servizio più di 1.500 uomini dislocati negli uffici delle retrovie e negli uffici mobili che vicino al fronte avevano il compito di  raccogliere e distribuire la corrispondenza da e per il fronte.

Un lavoro durissimo che esponeva gli addetti agli stessi rischi dei soldati dovendo essere presenti nelle trincee più esposte del fronte.

Il servizio era tanto importante anche per i comandi militari che mettevano a disposizione dei soldati una cartolina al giorno per comunicare con i propri cari, una esigenza ritenuta prioritaria per poter far comprendere il sacrificio che le famiglie stavano facendo per una guerra lontana e per uno stato che ancora pochi riconoscevano come unitario.

Nei 3 anni di guerra la posta militare ha usato  per il suo servizio 45.890 kili di spago, quanto 3 carri armati leggeri, 28.600 kili di ceralacca pari a 82 granate da obici, 21.000 kili di carta per dispacci equivalenti a 5.539 fucili.

Seguendo i progressi dell’innovazione tecnologica, tipici  dei periodi bellici, ha utilizzato per il suo servizio i primi uffici mobili su ruote per raggiungere le prime linee e testato i primi collegamenti aerei per la consegna postale, una testimonianza di come le esigenze belliche siano lo stimolo per lo sviluppo di innovazioni.

In totale sono stati gestiti quasi 4 miliardi di spedizioni nei 3 anni di conflitto uno impegno grave e complesso che il servizio postale militare ha svolto sempre con grande dedizione tanto da annoverare tra i componenti del servizio diverse medaglie al valore.

Al fronte la corrispondenza era una esperienza vissuta insieme ai commilitoni, ma poteva diventare anche uno spazio strettamente personale in cui intrecciare un dialogo virtuale con la propria famiglia e cercare di tenere saldo il legame che li univa.

Abbiamo affrontato questo tema con Mauro De Palma dell’Archivio Storico delle Poste Italiane di Roma, che ci ha illustrato come le il servizio Postale sia riuscito ad organizzare un servizio di Posta Militare che ancora oggi è attivo per le missione delle Forze Armate Italiane all’estero.

 

Valencia, la città di Calatrava che non rinuncia al verde urbano

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Valencia è un mosaico urbano di tasselli antichi e moderni, una storia di incastri perfetti. Dalla pianificazione romana della sua fondazione nel II secolo a.C. ai capricci dei nostri tempi dell’archistar valenciano Santiago Calatrava. Una città dove spiccano cimeli di varie epoche, basta scrutare l’orizzonte dall’alto del campanile della Cattedrale il “Miguelete”, per notare lo sfavillio delle cupole blu, gioielli dell’eredità moresca, e contare le guglie gotiche degli edifici civili che si stagliano verso il cielo. Il rincorrersi dei secoli attraverso le forme eterogenee dell’architettura si coglie anche passeggiando per le vie del centro. Il dedalo di vicoli del “Barrio del Carmen” contrasta con le eleganti vie che si snodano dalla piazza del municipio, ricolme di ricami art nouveau, sino a giungere all’ “Eixample”, l’espansione moderna nella parte meridionale della città che affaccia verso il mare.

 Torre della Cattedrale 
Panorama della città, spiccano le tipiche cupole blu

Valencia ha una trama variegata, un’unione di stili legati da un verde urbano ricorrente, un’autentica città giardino con una spiccata vocazione alla natura. Lo capiamo ancora prima di arrivare leggendo la sua mappa: risalta una lunga area di verde pubblico che attraversa l’intera città e cinge la parte nord-est del centro storico. Si tratta dei giardini del Turia che sorgono sul vecchio letto dell’omonimo fiume, trasformato in parco pubblico negli anni ‘50. Questa strategia urbanistica venne pianificata a seguito di numerose inondazioni, il corso d’acqua simbolo di vita e humus di civiltà divenne una spada di Damocle per i residenti, alla quale si doveva far fronte. Il corso del Turia venne deviato e il vecchio alveo trasformato in un’arteria verde che oggi pulsa a tutte le ore del giorno con un continuo via vai di ciclisti, runners o di chi ama passeggiare lungo il suo percorso sinuoso. Un lungo itinerario di 9 km che parte dal bel panorama sulla città del “Parque de Cabecera” sino al polo della “Ciudad de las Artes y las Ciencias”.

Le eleganti linee dell’Umbracle, la passerella della Ciudad de las Artes y las Ciencias
Museo delle scienze Príncipe Felipe e il planetario Hemisfèric
Hemisfèric

Valencia, il terzo centro più grande della Spagna è una realtà dinamica che dissolve la frenesia e il caos metropolitano nei suoi angoli di pace. La città ospita altre numerose oasi come i “Jardines del Real”, chiamati dai valenciani “Los Viveros”. Un elegante parco dove l’arte incontra la natura, un invito ad attimi di relax tra palmeti e agrumeti, a differenza del dinamico Turia dove prevalgono il movimento e l’attività fisica.

Le statue del Jardines del Real

La pianificazione del verde pubblico valenciano fu negli anni ponderata e consapevole e questo eccellente esempio urbano contrasta con il progetto avveniristico di Calatrava, particolarmente contestato dai cittadini. Verso la “foce” del parco del Turia troviamo il suo regno, la città delle arti, delle scienze e per certi versi dell’azzardo a causa dei suoi costi esorbitanti pagati con le tasse dei valenciani. Nonostante le controversie rimane per tanti abitanti e per i turisti la “ciudad” dello spettacolo e dell’immaginazione soprattutto nelle giornate di sole quando il “Palau de les Arts Reina Sofia”, complesso delle arti,  rivestito di mosaici in ceramica traslucidi, brilla candido sotto il cielo azzurro delineandosi come un enorme scarafaggio, molto simile ad un’entità extraterrestre. Il polo ospita anche il museo delle scienze “Príncipe Felipe” e il planetario “Hemisfèric”, strutture armoniche di acciaio e vetro a contrasto della loro materia.

Palau de les Arts Reina Sofia

Il complesso appare come un’architettura organica d’avanguardia, una sintesi della tecnica che estremizza le forme della natura in strutture dall’apparenza aliena. La Città delle Arti e delle Scienze sembra un mondo surreale ma il progetto omaggia la realtà del creato, stile inconfondibile dell’architetto valenciano. In questo luogo la connessione alla natura è sempre presente, non solo negli intenti architettonici. Ne è l’esempio l’ “Umbracle”, una passerella di 320 metri ad archi parabolici che ospita un palmeto e numerose specie floreali. Nonostante i pareri contrastanti, questa cittadella è un progetto oneroso ma stupefacente che trasforma la periferia in un gioiello territoriale, abbracciato dal verde continuo di Valencia che sfuma al blu del mar Mediterraneo.

Il giardino dell’Umbracle

Immagine copertina: Museo delle scienze Príncipe Felipe e il planetario Hemisfèric – Ciudad de las Artes y las Ciencias, Valencia. 

Photo credits: Elena Bittante

Ci formiamo in tutto tranne in quello per cui dovremmo

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Si è conclusa a Milano la IV edizione del Premio Olivetti, prestigioso riconoscimento destinato a chi fa formazione in vari ambiti: Mercati e Competitività; Internazionalizzazione; Amministrazione e Finanza; Arte, Cultura e Turismo; Sanità; Benessere personale; Ricerca e Innovazione; Etica e Responsabilità Sociale; Ambiente; Comunicazione e Fundraising.

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Il castello di Lisbona, il più bel punto panoramico della città arroccato nella storia

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Quando visitiamo Lisbona abbiamo la sensazione di sentirci un po’a casa. Una città adagiata su sette colli come la nostra capitale e baciata dal sole delle nostre latitudini. Quando passeggiamo per il centro e per le vie abbarbicate sulle alture, avvertiamo una sorta di “atmosfera mediterranea” familiare, quella di una realtà che non affaccia sul nostro mare ma ne rivela qualche similitudine. L’aria salmastra che si respira è quella dell’Atlantico che non lascia dubbi alla sua posizione al confine d’Europa: Lisbona è adagiata sulle sponde del fiume Tejo a pochi chilometri dal grande e immenso blu che le diede fortune e possibilità. Un tempo la città fu volano per le scoperte geografiche che cambiarono il corso della storia e la concezione del mondo. Oggi resta devota al suo passato, un po’assopita nel suo vivere rilassato e dal fado, non è raro sentire le note delle sue malinconiche melodie passeggiando lungo i suoi larghi viali o nei vicoletti nascosti della città vecchia. A ricordare l’epoca d’oro delle conquiste e dei commerci, il castello de São Jorge, dal quale si gode uno dei panorami più belli della città.

Scorci sulla città tra gli anfratti delle mura del castello

Il castello de São Jorge e il suo panorama

Lisbona è nota per i suoi belvedere, i miradouros, come li chiamano i locali. Un tempo strategici punti di vedetta, oggi sono considerati aree privilegiate per godere di meravigliosi scorci sulla città e sul fiume che la lambisce. Il più famoso è quello del castello di São Jorge, nella parte più alta del quartiere di Alfama, la zona della città vecchia. Per arrivare al castello, il consiglio è quello di prendere il tram numero 28 in direzione Santa Luzia. Questo vecchio convoglio è molto più di un mezzo pubblico, è un’attrattiva cittadina puntuale ed efficiente. Lo sferragliare convulso di questi vecchi tram gialli segue il percorso più suggestivo della città e vi conduce nelle zone più belle dell’Alfama, una proposta per unire l’utile al dilettevole e godere di tutto il fascino di questo servizio d’altri tempi.

Tram numero 28 e la facciata della Cattedrale di Santa Maria Maior nota come il Sé de Lisboa

Dopo la fermata Castelo, si raggiunge l’entrata della fortezza in pochi minuti: vi troverete al cospetto di una delle più note roccaforti della storia portoghese. Le origini del castello de São Jorge risalgono al V secolo, venne fondato dai Visigoti per poi essere rimaneggiato ed ampliato dai Mori quattro secoli dopo. Ulteriori migliorie vennero effettuate dal primo re del Portogallo Alfonso Henriques che lo trasformò in residenza reale e rimase tale sino al XVI secolo per poi essere adibito a prigione.

Il vecchio punto di vedetta sulla città: in lontananza la piazza del Commercio che affaccia sul fiume Tejo

Il castello fu un punto strategico durante l’epoca d’oro del Portogallo, quella della supremazia nei mari di un mondo sempre più conosciuto. Quando Vasco da Gama tornò trionfante dall’India nel 1499, lo accolsero nell’area dell’Olisiponia dove oggi è possibile assistere ad uno spettacolo multimediale che racconta la storia della città. Il castello apre le porte alla storia con un pizzico di suggestione: nella Torre di Ulysses possiamo osservare Lisbona con un insolito sistema di specchi e schermi grazie al Periscopio. Proposte innovative che descrivono il suo animo, un affascinate mix tra l’antico e il moderno raccontato in modo anticonvenzionale.

Passeggiata lungo le mura del casello de São Jorge

L’attrattiva più bella del castello amata dai turisti e dai cittadini resta la passeggiata lungo il perimetro delle sue mura e nei giardinetti in stile arabo nei suoi cortili. Questi spazi di quiete non tradiscono l’influenza moresca che si ripropone anche nella struttura del castello e nei nomi che tutt’oggi lo descrivono. Nella metà del XI secolo i mori costruirono le mura in difesa della Kasbah (fortezza) per dominare tutta l’Alcazaba (cittadella). I vialetti che costeggiano il “Castelo” offrono diversi scorci che permettono di spaziare a 360 gradi sulla città: Lisbona si rivela ai nostri occhi come un puzzle imperfetto, una trama di tetti color ocra, palazzi moderni e scheletri del passato. Venne ricostruita quasi completamente dopo il terribile terremoto del 1755 che la rase praticamente al suolo. In prospettiva sud ovest si nota il ponte 25 de Abril, prodigio della tecnica ingegneristica che assieme al ponte Vasco da Gama, più a nord est rispetto al castello, tagliano il corso del fiume Tejo.

Il panorama sui tetti ocra della città, caratteristica tipica dell’edilizia di Lisbona 
Vista sul fiume Tejo e il ponte 25 de Abril in lontananza

Dalla panoramica di São Jorge è facile riconoscere i quartieri della città: spiccano il Chiado, il Barrio Alto, il quartiere di Graca e a poca distanza il dedalo delle viette dell’Alfama che si snodano sotto le mura del castello. Anche quest’ultimo toponimo rivela la sua origine araba: Alfama deriva da Al-Hamma, che significa sorgenti calde. Dall’alto del castello e dalle altre numerose miradouros, si ha una visione d’insieme della città: una miriade di tetti che nascondono mille storie e significati, trama di un’esistenza non sempre dorata. Lisbona è una capitale rilassata e allegra, a tratti malinconica alla ricerca del suo passato glorioso, aggrappata all’Europa e proiettata verso altri lidi.

Immagine copertina: dettaglio delle mura del castello de São Jorge

Photo credits: Elena Bittante

 

Italia Patria del Cinema…anzi dei Festival

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Si è concluso ill Festival Internazionale del Cinema dei Castelli Romani e si è aperto il Festival del Cinema di Roma, o più semplicemente Festa (come viene ufficialmente dichiarato).Una rassegna, il primo, in cui c’è poca vetrina e poche passerelle, ma in cui si respira ampiamente quella voglia di diffondere una cultura cinematografica che va ben al di sopra di Gossip e montagne di denaro. Il coinvolgimento delle scuole ne è la prova e l’affluenza di pubblico di ogni età la conferma.

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Rijksmuseum di Amsterdam: i toni freddi dell’autunno olandese si scaldano con le sfumature di Rembrandt, maestro della luce

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La capitale sull’acqua accoglie anche i viaggiatori in cerca di un grand tour moderno a caccia delle meraviglie dell’arte, non solo trasgressioni. Ad Amsterdam troviamo il Rijksmuseum, uno dei maggiori musei europei. Dopo il suo ultimo restauro terminato nel 2013, ha aperto le sue 80 sale in grande stile: quattro piani per un viaggio nella storia dell’arte olandese, con digressioni asiatiche. Quest’ultima ala espositiva comprende opere provenienti da Cina, Giappone, Indonesia, India, Vietnam e Thailandia, dal 2000 a.C. fino ai giorni nostri. Un incontro di stili che non offuscano le opere del grande artista orgoglio olandese, Rembrandt.

I giardini del Rijksmuseum

 

Il Rijksmuseum, perché è tra i migliori d’Europa

Il Rijksmuseum è tra i più noti di Amsterdam, nonchè uno tra i più rinomati di tutta Europa e del mondo. Una visita obbligata per i pionieri dell’arte ma anche una valida proposta per chi cerca riparo dal freddo o dalla pioggia dell’autunno dei Paesi Bassi. Un incontro inatteso con l’arte che può risvegliare una passione sopita o mai rivelata perché questo museo è molto più di un’esposizione ma una proposta innovativa e interattiva. L’ultimo restauro (dal 2003 al 2013, costato 370 milioni di euro) l’ha reso un percorso cronologico perfetto che si addentra nella creatività olandese della sua storia dell’arte dal Medio Evo fino al XX secolo.

Estate, Jan van Goyen, 1625

 

La sua collezione conta 1 milione di pezzi dei quali circa 8mila sono in mostra. Un’esposizione che vanta numerosi nomi del firmamento artistico mondiale, soprattutto le personalità di spicco del ‘600 olandese, epoca d’oro per la produzione artistica del paese.  A primeggiare sono le opere immortali di Harmenszoon van Rjin Rembrandt.

I sindaci dei drappieri, Rembrandt, 1662

 

Le meraviglie di Rembrandt: tour dedicati e mondo virtuale. Il Rijksmuseum è un museo smart

Passeggiata lungo i canali

 

La produzione olandese del 1600 è un mondo a sè e per capirla e apprezzarla pienamente vale la pena vivere la dimensione cittadina che oggi come allora vive in simbiosi con l’acqua, quella malinconica dei suoi canali e delle nuvole fitte sopra le sue case. Per questa ragione si propone Rijksmuseum come meta del secondo giorno della vostra vacanza ad Amsterdam, quando vi sarete un minimo ambientati con la realtà cittadina. I quadri di Rembrandt sono un’antitesi perfetta al mondo esterno che li accoglie, risplendono nelle loro cornici come una visione salvifica e luminosa. La ricerca della luce vibrante è una costante nelle sue opere e ricorda ai nostri occhi allenati alla meraviglia italiana, i dipinti di Caravaggio. L’artista olandese a differenza del suo “contemporaneo”, la usa con meno esasperazione ricreando delle scene meno drammatiche, incredibilmente calde e coinvolgenti. Si potrebbe passare ore davanti all’opera più famosa del museo: La Ronda di Notte, uno dei capolavori di Rembrandt esposti al Rijksmuseum. Si centellinano gli attimi al suo cospetto e si rivede innumerevoli volte in digitale. La vocazione alla storia dell’arte di questo museo non preclude le eccellenti tecnologie del presente: è possibile scaricare liberamente dal sito 225mila foto in alta risoluzione delle opere della sua collezione. Questo enorme progetto di digitalizzazione condivide l’arte con un linguaggio 2.0 e attira l’attenzione di molti giovani.

Dettaglio di La Ronda di Notte Rembrandt (La Compagnia di Frans Banning Cocq e Willem van Ruytenburch), 1642

 

Per chi desidera visitare direttamente le opere di Rembrandt il Rijksmuseum offre inoltre la possibilità di seguire tour tematici. Il Rembrandt Tour per esempio è un’occasione unica per approfondire la conoscenza della vita del pittore olandese e affacciarsi alla realtà del XVII secolo. E’ possibile partecipare ai tour in inglese tutti i giorni dalle 15 alle 16, mentre per la visita guidata in italiano serve effettuare una prenotazione apposita. Se siete interessanti a scoprire le opere maggiori, il museo organizza due tour al giorno. Anche in questo caso si consiglia la prenotazione.

Immagine copertina:  La Ronda di Notte Rembrandt (La Compagnia di Frans Banning Cocq e Willem van Ruytenburch), 1642.

Photo credits: Elena Bittante

 

Lanciato il Festiva Internazionale del Cinema dei Castelli Romani

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Dall’11 al 14 Ottobre Ariccia e Frascati diventano Città del Cinema.

Si è aperta ufficialmente con la proiezione dei Film “Seguimi” e “Tulips” la seconda edizione del Festival Internazionale del Cinema dei Castelli Romani, evento ideato e prodotto dalla Fondazione Punto e Virgola, Presieduta da Marco Di Stefano e Patrocinato e sostenuto dalla Direzione Generale Cinema – Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in collaborazione con i Comuni di Ariccia e Frascati. Un Festival, quello di quest’anno, in cui si è voluto certificare l’importanza della diffusione della Cultura Cinematografica partendo dalle scuole. Non è un caso che ben 5 sono gli Istituti, tra Frascati ed Ariccia che, con la supervisione di alcuni registi hanno realizzato cinque cortometraggi di davvero grande spessore che verranno proiettati Venerdì 12 ottobre presso le Scuderie Aldobrandini a partire dalle 19.00. Quest’anno i film in concorso sono sette di cui due stranieri, “Tulips” del premio Oscar Mike Van Diem che risulta tra i favoriti e l’action movie “All She Wrote” di Niki LLiev ed una coproduzione Italia/Spagna “Seguimi” che potrebbe essere la sorpresa del Festival. Sette sono anche i cortometraggi professionali finalisti su ben su trentatre selezionati per contendersi il Premio di Miglior Short Film.
“Il coinvolgimento dei paesi stranieri è un interscambio culturale che non fa altro che arricchire la conoscenza delle varie società nel mondo. Il Cinema, quello fatto bene, è spesso infatti proprio questo: intercultura vera e molti film, purtroppo, non trovano grandi distribuzioni e finiscono troppo presto per essere dimenticati. Importante sono anche le produzioni indipendenti che danno valore a giovani emergenti e per questo abbiamo scelto, tra i vari titoli importanti come Tulips, il Pretore o Seguimi, anche opere prime come quella di Marco Cervelli, Aspettando la Bardot, o quella minore ma dai forti contenuti sociali come Ira, di Mauro Russo Rouge” queste le dichiarazioni del Presidente Marco Di Stefano Patron del Festival.
A differenza della scorsa edizione, due le location di quest’anno; infatti oltre alle prestigiose sale del Palazzo Chigi di Ariccia, anche il Comune di Frascati ha aderito, mettendo a disposizione le sale delle Scuderie Aldobrandini. “E’ un piacere poter ospitare a Frascati un Festival del Cinema internazionale. L’Amministrazione è sempre pronta a sperimentare eventi ed iniziative di spessore. Il cinema è uno strumento culturale straordinario. Un ringraziamento di cuore va agli organizzatori per aver coinvolto la nostra Città e agli studenti e ai professori delle scuole di Frascati che hanno raccolto l’invito a produrre i cortometraggi”. Sono le parole di Roberto Mastrosanti, sindaco di Frascati mentre Roberto Di Felice, Primo Cittadino di Ariccia ha ribadito l’importanza di fare rete nell’area dei castelli romani con eventi di questo tipo, aprendo le porte all’internazionalizzazione e di quanto la Cultura sia importantee quanto indotto con essa si può creare.
Due le giurie, di cui quella dei film presieduta da Elizabeth Missland già Presidente Onoraria dei Globi d’Oro ed oggi Coordinatrice Artistica del Festival de la Comediè di Montecarlo ideato da Ezio Greggio. Garantita la presenza di sopiti internazionali come le attrici Angelique Cavallari e Sanya Barisova. Presenteranno la serata finale Silvia e Laura Squizzato.
Tutte le proiezioni sono ad ingresso libero sino ad esaurimento dei posti ed il programma completo si può visitare sul sito www.festivalinternazionalecinemacastelliromani.com

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Fabrizio Borni
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