Un insolito “Ordinary Day” e il sacro fango della vita. Intervista a Maurizio Pugno per i Sacromud, tra musica e tematiche sociali.

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L’obiettivo dei Sacromud e quello di essere la voce del “sacro fango” della contemporaneità. La band nasce sulla scia di un’idea venuta proprio dal chitarrista – e compositore- Maurizio Pugno, che ha già da tempo una storia affermata a livello professionale nel mondo della musica. Insieme a lui, la voce abrasiva di Raffo Barbi, il basso di Franz Piombino, la tastiera di Alex Fiorucci e le percussioni a suon di batteria di Riccardo Fiorucci.

<<La storia della band ruota un po’ attorno a me che ho un trascorso già più radicato visto che sono il più “vecchietto”. Un passato che comunque ho deciso di impiantare anche nell’immediatezza dell’epoca attuale scegliendomi compagni di viaggio più giovani. Il gruppo, infatti, vuole essere la voce della contemporaneità>>, ci spiega Maurizio Pugno.


Proporsi come voce odierna della contemporaneità potrebbe risultare ostico, vista l’eterogeneità del tempo presente, vista la mutevolezza degli eventi che sono sempre più sorprendenti – a volte anche in senso negativo- e che recentemente hanno messo in evidenza nel calderone dei dibattiti temi caldi quali le migrazioni e gli esodi odierni, l’importanza dell’ambiente e il tema della sostenibilità. Un paiolo di forme e di pensieri che hanno trovato compimento nel modo del tutto singolare di fare musica dei Sacromud, che hanno dato vita ad un particolare genere musicale che hanno definito “Overground blues”.

<<Il nostro Overground blues potrebbe essere definito come tutto ciò che sta sopra l’underground ma, allo stesso tempo sotto il mainstream: un’intercapedine del rumore del fango del contemporaneo tra migrazioni, ambiente e sostenibilità che sono temi che toccano in maniera particolare le nuove generazioni>>.

Come ogni musicista professionista, i cinque membri del gruppo provengono dalle scuole più disparate, seppur sulla base di una formazione a tutto tondo che non esclude alcun genere. C’è infatti chi è più vicino al blues e al soul, come nel caso del nostro Maurizio, chi è più vicino al gospel o al punk. Per un “orecchio” poco esperto, questa molteplicità di propensioni potrebbe risultare troppo netta, o addirittura poco conciliabile: è proprio qui, invece, che lo sperimentalismo emerge per creare qualcosa di inedito dando vita e corpo a commistioni possibili e concrete che trovano compimento nell’Overground blues.

<<Per la canzone gospel/reggae “Ordinary day” del nostro nuovo album “Sacromud” abbiamo immaginato la vita di un uomo modesto che lavora in fabbrica e che in una giornata ordinaria, qualsiasi, esce dal luogo di lavoro esausto dopo un interminabile turno notturno. Senza alcun tipo di preavviso nella strada di casa incontra per caso un vecchietto – la figura di un personaggio mitico trasversalmente presente durante tutto il disco- che gli regala due biglietti: uno per prendere un volo per la Giamaica, l’altro per assistere proprio lì ad un concerto di Mavis Staples>>.

Gli anziani sono spesso “figure mitiche” di saggezza, di insegnamenti, profonde personalità, fonte di riflessioni, fanali nel buio. Spesso hanno loro le risposte, spesso sganciano loro la perla risolutiva dell’agnizione, della risoluzione delle incertezze del disorientamento.

<<L’idea è venuta a Raffo Barbi ed è stata suggestionata dal film “The Mule” di Cleant Eastwood in cui c’era un vecchietto molto particolare che faceva il corriere per trasportare la droga. In questo nostro percorso, il vecchietto in questione è diventato un uomo che “spaccia musica”, un vero e proprio pusher, ma non per guadagno: solo per il puro altruismo di concedere a chi non può permetterselo un’occasione di svago>>.

Quel merito di regalare ad un uomo qualunque un ordinary day non esattamente convenzionale.

Lo slogan di fondo che domina l’intero singolo è “lost in trouble”, un perdersi nei guai che ci ricorda come tutti, nel bene e nel male, ci sentiamo la testa sott’acqua immersi nei nostri problemi, senza riuscire a gridare pechè l’acqua non propaga il nostro suono e senza riuscire a respirare, altrimenti inonderebbe i nostri polmoni: non c’è via d’uscita. Si affogherebbe in ogni caso.

<<“Lost in trouble” è un mantra che richiama alla nostra condizione di prigionia nei confronti delle problematiche che viviamo all’esterno, ma anche all’interno senza renderci conto di quale possa essere la vera essenza della nostra esistenza. Per quanto ci riguarda, da musicisti, la musica è quell’unico elemento che potrebbe salvarci e riportarci a credere fermamente nel diritto alla sopravvivenza, nel diritto della dignità fino a quello dell’esistenza>>.

Ed è qui che si inserisce con tutta la sua efficacia l’attenzione per il contesto Africano, la terra per eccellenza che è stata nella storia luogo di migrazioni forzate verso l’ “altrove”, verso un qualcosa di migliore. Quello che stiamo vedendo ancora oggi: esodi imposti che non lasciano altra alternativa a chi veramente vorrebbe vivere la propria esistenza in una sicura, dignitosa pace senza dover avere paura dei pericoli: niente a che vedere con le migrazioni compiute per semplice volontà di cambiar luogo.

<<L’Africa è l’emblema, la patria delle migrazioni. L’Africa è la terra dei colori. Sono i colori saturi, quelli che colpiscono per primi i nostri occhi, quelli che viaggiano più lontano attraverso la luce arrivando fino a noi. L’Africa è affascinante e nonostante la nostra “pelle bianca” è diventata anche la nostra patria musicale con tutti i generi che la contraddistinguono>>.

Colori paradigmatici del continete africano sono facilmente riconoscibili anche nel videoclip del singolo il qule presenta immagini intensamente policrome dominate però da un senso di confusione e di instabilità: una visual sgranata assolutamente voluta, ci spiega Maurizio, perchè l’idea portante è stata quella di immaginare che qualcuno guardasse questo <> da un caleidoscopio. Proprio per sottolineare l’asimmetria, la poca nitidezza, i contorni di una vita mai netti.

Niente a che vedere con il precedente singolo “The hider and the seeker” uscito il 25 febbraio 2022 in cui il videoclip, fatto in smartphone, è stato prodotto interamente con immagini compresse, limitate e soffocanti nel rappresentare una segregazione di due esistenze, che nonostante l’amore non riescono mai a trovarsi. Un amore alimentato dalla mancanza, ma che di fatto non “libera” perchè non trova mai compimento.

…Ma perchè il nome Sacromud? E perchè una band italiana predilige scrivere e produrre brani in inglese?

Maurizio ci risponde così:<<L’idea è venuta a Franz Piombino, l’altro veterano della band, quasi per gioco. Il nostro cantante Raffo Barbi è in realtà un architetto mascherato e in virtù della sua voce che a me piace definire <<fangosa>> gli dicevo sempre che dentro di lui si nascondeva un “sacro fango” e da qui è nata la commistione di “sacro”, parola italiana, con il corrispettivo inglese di “mud”, ossia “fango”>>.

<<Perché cantare in inglese? Generalmente lo facciamo perché abbiamo notato che farlo ci garantisce sempre più efficacia sia a livello di ascolti che a livello di suggestione emotiva che provoca in noi questa lingua>>.

Nonostante il gruppo sia formato da cinque membri provenienti da background esperienzali differenti, con diverse opinioni sulla vita il “fil rouge” che li lega a livello intimo è proprio la musica.

di Ginevra Lupo

“Ordinary Day” è ora disponibile nelle radio e sulle piattaforme digitali a partire dall’8 aprile 2022.


Link e invito all’ascolto: https://www.youtube.com/watch?v=gii9vITZNjQ

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