Libri, autori e tanto altro

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AUTORI - page 3

Interviste agli autori, biografie storiche di autori nel tempo, lontano e più vicino

Passato e presente, Alison e Kitty: Le tre bambine.

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Sono i tagli che abbiamo dentro a fare male davvero. 
Bruciano, tormentano, si gonfiano e sanguinano. 
E mentre il dolore e l’angoscia invadono la mente, diventano molto più pericolosi di una ferita visibile. 
Finché non arrivi al punto in cui devi fare qualcosa.
E quel momento, adesso, è arrivato.

Con “Le tre bambine” Jane Corry punta sulla fuga dal mondo, dal tangibile, un thriller psicologico intenso, carico di elettricità. Un thriller con angoli oscuri, demoni che lacerano le due protagoniste, pieno di trappole, di giochi che ingannano l’intero processo narrativo. Narrati dal punto di vista delle protagoniste, i capitoli si alternano tra presente e passato, tra Alison e Kitty. Al caos dell’immaginazione si unisce il crollo temporaneo del disordine emotivo, caratteriale, umano.

Alison è un’artista, una donna che si punisce ogni giorno per il passato. Autolesionista, lotta per sopravvivere, si può dire che si sottrae alla vita, tenta di schivarla, di nascondersi, privandosi di ogni gioia e opportunità materiale ed emotiva. Ma dietro questo senso di impotenza c’è di più… un segreto che porta con sè da anni, che la lacera. La reclusione è un mondo rovesciato in cui non c’è sole, azione, solo silenzio, come direbbe Leopardi, denso di “macerazioni, perdite di sonno, digiuni… Un inverno che è anche una fase ctonia, un inferno”. Al punto che l’affollamento, l’annullamento di cui si rende vittima e carnefice nasce dalla certezza della nullità di tutte le cose.

Kitty, una donna che, come Silvia è caduta e mostra di lontano la fine della sua esistenza. Una fine apparente, quasi illusoria, come la sua innocenza, ma Jane Corry rivelerà molto altro: una vita costellata di incubi e demoni, un territorio malinconico e scontroso, soggiogate da un vincolo di sangue.

A scuola stiamo leggendo un libro sulle sorelle. 
Sono migliori amiche. 
Poi una di loro fa qualcosa di brutto. 
E un’altra la ricatta. 
Mi ha dato un’ottima idea. 
Non so ancora come, ma prenderò esempio.

Alison e Kitty.
Passato e presente.

Ma chi è la terza bambina e come si vestirà il futuro?

Sirene.
Urla.
O forse è il mare?
Un’onda che rotola verso di me.
Sotto.
Sotto.
Poi di nuovo sopra.
Urla.
Il caffè rovesciato su un foglio.
La casetta da giardino.
Ci dev’essere un legame. Da qualche parte.

Sei un essere speciale

“Sei un essere speciale. Donne e uomini raccontano la generatività”. Intervista a Federica Storace

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La storia che vogliamo raccontare oggi inizia circa due anni fa, quando, nel 2020, Federica Storace pubblica, per Erga Edizioni, il pluripremiato “Madri per sempre. Donne raccontano maternità possibili”. Da quelle pagine, seguendo un leitmotiv immaginario ma ben preciso, “un po’ come dal grembo di una madre, ha visto la luce una nuova vita”.  E questa vita ha preso forma su carta, raccontando storie che toccano temi fondamentali ma che molto spesso – forse per paura, chissà – vengono ancora taciuti. “Sei un essere speciale. Donne e uomini raccontano la generatività” è il nuovissimo libro dell’autrice e leggerlo, secondo me, vuol dire proprio smetterla di tacere. Vuol dire dare voce. Vuol dire informarsi, domandarsi, migliorarsi. Il libro, edito Erga Edizioni, è disponibile in tutte le librerie e gli store online.

Ho intervistato Federica per provare a seguire questo filo. Ecco cosa mi ha raccontato. Buona lettura!

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Porto Palazzo

Quando musica e scrittura si incontrano: Intervista ad Amarilli Varesio

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Se esiste un posto dove ritrovarsi, allora quel posto è nella musica. Ma no, no, non solo. Quel posto è anche nelle parole. Sì, in entrambe. Nelle parole delle sue canzoni, nelle parole dei suoi racconti. Un posto in cui musica e scrittura si incontrano, ecco. In cui parlano, dialogano, danzano. Un posto in cui si mischiano, le une nelle altre. La vita di una ragazza, la sua storia. 

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Diario di un ragazzo invisibile: la difficoltà di trovare il proprio posto nel mondo.

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Hélène Vignal, nata nel 1968 a Parigi, dal 2005 è tra gli autori più prolifici della letteratura francese per bambini e ragazzi. Camelozampa fa conoscere questa autrice al pubblico italiano con il romanzo Troppa Fortuna, finalista al Premio Andersen 2012 e selezionato per l’Ibby Honour List 2012, e successivamente pubblica un secondo romanzo breve, Passare col rosso, selezionato tra i primi 100 titoli per la Biblioteca della Legalità di IBBY Italia.

Dopo il bestseller Passare col rosso, torna con un romanzo spiritoso e frizzante, su un ragazzino che ha il dono dell’invisibilità… o almeno crede! 

Sentirsi invisibili, trascurati, l’esatto opposto dell’essere centro dell’attenzione: una sensazione che può essere vissuta da molti giovani. Ma Vivien non ne fa un dramma, anzi. Il diario di un ragazzo invisibile è un resoconto delle osservazioni rigorose che fa per dimostrare la sua tesi, un record che in realtà possiede un dono invisibile. Un romanzo insolito e interessante di un’autrice di successo come Hélène Vignal, nota fino ad oggi per i suoi temi frenetici.

Vivien vive in una famiglia molto numerosa, il più delle volte passa inosservato, spesso viene dimenticato, quasi trascurato. Ma questa non è negligenza… forse Vivien ha il dono dell’invisibilità! In quanto aspirante scienziato, decide di scrivere ogni episodio della sua vita per sostanziare le sue tesi, le sue impressioni con precisione scientifica. Fino al momento in cui due occhi profondi, solitamente indifferenti, lo fissarono fissi… Un ritratto umoristico di un ragazzo anticonformista e pieno di risorse, una storia spiritosa, ma attuale, sulla difficoltà di trovare il suo posto in famiglia, nel mondo.

Diario di un ragazzo invisibile è stato illustrato da Luca Tagliafico e tradotto da Mirella Piacentini.

Chiese chiuse di Tomaso Montanari.

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Migliaia di chiese sono oggi inaccessibili, saccheggiate, pericolanti. Altre sono trasformate in attrazioni turistiche a pagamento. Oggi non sappiamo cosa farcene, di tutto questo «ben di Dio», e bene pubblico: mancano visione, prospettiva, ispirazione. Ma è anche lí che si potrebbe costruire un futuro diverso. Umano.

Lo scorso 26 maggio Tomaso Montanari ha presentato la sua nuova opera “Chiese chiuse” presso l’Aula di Paleografia dell’Università “La Sapienza” di Roma, hanno dialogato con l’autore Gaetano Lettieri (Professore Ordinario di Storia del cristianesimo e delle chiese) e Ludovico Battista (Ricercatore). 

Ludovico Battista ha evidenziato come ciò che colpisce dell’opera è che nella sua trasparente poeticità centra una serie di problemi culturalmente giganteschi, non limitabili in alcun senso. L’opera denuncia la retorica culturale della gestione del patrimonio artistico italiano partendo da tre presupposti distinti:

  • Abbandono fisico, chiusura fisica, ma anche simbolica, morte e cancellazione di un passato che viene rimosso, un passato che, invece, invoca cura.
  • Riadattamento all’interno dell’industria culturale, mercificando, commercializzando luoghi che sarebbero pubblici, sacri.
  • Capitalizzazione del patrimonio culturale mediate la strumentalizzazione di simboli religiosi e culturali condivisi. 

Battista risulta colpito dalla triplice natura della chiusura, queste tipologie attanagliano, provocano affanno, malessere. Dunque, oltre a portare avanti una polemica contro la gestione delle chiese, emerge anche una tesi di natura democratica: non c’è spazio pubblico senza apertura al passato, non c’è spazio pubblico senza interruzione del circuito economico, non c’è spazio pubblico senza ospitalità.

Gaetano Lettieri si sofferma sulla prospettiva cristiana, se Montanari non avesse avuto un vissuto da cristiano, la tesi da lui stesso condotta sarebbe stata difficile da sostenere. Già il fatto di partire dalla nozione di chiesa chiusa, violata, morta, si inserisce nella dialettica cristologia di un corpo morto, un corpo patiens che aspetta un redentore, uno uomo che di nuovo surga. La chiesa è un luogo di rottura, di provocazione, di sospensione del meccanismo economico, allora non resta che chiedersi: se la deriva è di tipo economico, come si può resistere a questa deriva, con quale forza? Quale è l’identità culturale capace di auto-decostruzione? Il rilancio, l’utilizzazione delle chiese chiuse si basa sul fatto che le stesse devono essere riaperte a tutto, il problema, però, è come sia possibile portare avanti una dialettica tra memoria laica e spazi di rottura. La battaglia civile e culturale, se privata della visione apocalittica, non è appartiene essa stessa al mondo culturale? Non c’è, allora, simonia più elegante e raffinata di questa. 

Montanari risponde a questi interrogativi, evidenziando come sia difficile portare avanti un discorso sul patrimonio culturale, discorso che non si sofferma sulla sacralità dell’arte, perchè l’arte non è sacra in sé, non esiste in sé. Il punto non è la sacralità degli oggetti o dei luoghi, il punto è la dignità e la centralità delle persone, bisogna passare dalla metafora albertiana per cui l’arte è la finestra attraverso cui si vede il mondo, all’idea narcisistica per cui il patrimonio culturale rispecchia lo specchio del presente. 

Convergono, allora, la riflessione sul patrimonio cultuale e sulla cristianità.

Le chiese vuote in cui non si può più re-inserire il culto possono diventare il luogo di culto di ciò che resta umano dell’uomo: il patrimonio culturale diventa un luogo di sospensione. Le chiese sconsacrate non sono contenitori da riempire, ma dei vuoti necessari che possono ricostruire un senso, un senso funzionale in un disegno di sopravvivenza dell’umano nell’uomo.

Orwell affermava la necessità di conservare lo sguardo ingenuo, bisogna difendere sempre una parte infantile, essere nel mondo significa non essere completamente adulto, conservare una parte in cui si conservano i desideri infantili come giustizia e uguaglianza.

Le antiche chiese italiane ci chiedono di cambiare i nostri pensieri. Con il loro silenzio secolare, offrono una pausa al nostro caos. Con la loro gratuità, contestano la nostra fede nel mercato. Con la loro apertura a tutti, contraddicono la nostra paura delle diversità. Con la loro dimensione collettiva, mettono in crisi il nostro egoismo. Con il loro essere luoghi essenzialmente pubblici sventano la privatizzazione di ogni momento della nostra vita individuale e sociale. Con la loro viva compresenza dei tempi, smascherano la dittatura del presente. Con la loro povertà, con il loro abbandono, testimoniano contro la religione del successo. Possiamo decidere che anche questi luoghi speciali che arrivano dal passato devono chinare il capo di fronte all’omologazione del pensiero unico del nostro tempo. O invece possiamo decidere di farli vivere: per aiutarci a vivere in un altro modo.

Alice Keller firma un albo poetico che svela l’intimo sentire di un bambino.

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Alice Keller, bolognese di nascita, ravennate d’adozione, qui ha aperto MOMO, libreria per bambini e ragazzi insieme a Sara Panzavolta e Veronica Truttero. Dà vita a libri per bambini e ragazzi sotto forma di graphic novel e albi illustrati, tra le sue ultime fatiche ricordiamo: Tariq (Camelozampa), Il solitario di Rodriguez (Risma), Doppio passo (Sinnos), Caro signor F. (Camelozampa), Le cose che ho (Mondadori). Con Controcorrente (ill. Veronica Truttero, Sinnos, 2017), ha vinto il Premio Orbil; Nella pancia della Balena (Camelozampa, 2017), è stato finalista al premio Andersen.

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Andrea Donaera Intervista

Un viaggio nel dolore: storie di odio, di amore e di magia

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Calvino diceva che “leggere è andare incontro a qualcosa che sta per essere e ancora nessuno sa cosa sarà”. E io non lo sapevo, quando ho aperto “Io sono la bestia”, il primo romanzo di Andrea Donaera pubblicato nel 2019 dalla Casa Editrice NN. Poi l’ho iniziato (e terminato in poche ore) ed è stato un viaggio veramente particolare. E quando ho finito non sapevo che dire, per cui non ho detto nulla, perché a volte, di fronte a tanta ferocia e a tanta disperazione, basta qualche silenzio. Quindi sono stata zitta, sono rimasta in questo posto disumano, straziante e spietato. Perché da certe storie non ne esci e infondo va bene così.

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NextNature: è la tecnologia la natura degli esseri umani?

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Koert Van Mensvort descrive proprio questo: come gli antichi fossero in grado di orientarsi con comete, fossero in grado di riconoscere le piante commestibili da quelle velenose, come gli antichi avessero sviluppato capacità di adattamento e di predizione meteo non indifferenti. L’autore sembra inserirsi a pieno all’interno della dialettica antichi/moderni, classici/romantici introdotta da Madame de Staël e ripresa poi da Leopardi, ma a differenza di altri non si schiera, non prende posizioni precise, si interroga. Van Mensvort cerca di comprendere la scaturigine degli eventi: l’uomo ha perso il contatto con la natura per colpa della tecnologia o è proprio la tecnologia che permette di instaurare un legame più profondo? La tecnologia è un’arma a doppio taglio un Davide Penitente che si trasforma in un Davide Armato, l’opera è una lama affilata, una composizione di guerra.

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Dacia Mariani Sguardo a Oriente

“Sguardo a Oriente”, l’immenso continente asiatico visto dagli occhi di Dacia Mariani

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Sguardo a Oriente” è il nuovissimo libro di Dacia Mariani per Marlin Editore. Disponibile online e in tutte le librerie dal 19 maggio, il libro sarà presentato dalla stessa autrice – in dialogo con il giornalista Edoardo Vigna (Corriere della Sera) – sabato 21 maggio, alla XXXIV edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, presso la Sala Madrid. 

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