Sei un essere speciale

“Sei un essere speciale. Donne e uomini raccontano la generatività”. Intervista a Federica Storace

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La storia che vogliamo raccontare oggi inizia circa due anni fa, quando, nel 2020, Federica Storace pubblica, per Erga Edizioni, il pluripremiato “Madri per sempre. Donne raccontano maternità possibili”. Da quelle pagine, seguendo un leitmotiv immaginario ma ben preciso, “un po’ come dal grembo di una madre, ha visto la luce una nuova vita”.  E questa vita ha preso forma su carta, raccontando storie che toccano temi fondamentali ma che molto spesso – forse per paura, chissà – vengono ancora taciuti. “Sei un essere speciale. Donne e uomini raccontano la generatività” è il nuovissimo libro dell’autrice e leggerlo, secondo me, vuol dire proprio smetterla di tacere. Vuol dire dare voce. Vuol dire informarsi, domandarsi, migliorarsi. Il libro, edito Erga Edizioni, è disponibile in tutte le librerie e gli store online.

Ho intervistato Federica per provare a seguire questo filo. Ecco cosa mi ha raccontato. Buona lettura!

Siamo qui per parlare del tuo nuovo libro, “Sei un essere speciale. Donne e uomini raccontano la generatività”, che arriva subito dopo quello precedente, “Madri per sempre. Donne raccontano maternità possibili”, entrambi editi Erga Edizioni.  E, proprio nell’introduzione di quest’ultimo testo, parli di un “salto dalla maternità alla generatività”. Vorrei partire proprio da qui, dalla parola “generatività”. Non è una parola molto diffusa, ed è utilizzata soprattutto in ambito sociologico. Che dimensione assume nel libro?

Un ruolo fondamentale. È il filo conduttore di tutte le tematiche e le storie che si intrecciano in “Sei un essere speciale”. “Generatività”, che, in questo caso, racchiude il “senso del dare la vita”, del generare appunto del bene anche partendo da situazioni reali e difficili, spesso dure, dolorose e drammatiche ma che, straordinariamente, contengono comunque il germe di una nuova opportunità, della speranza. “Generatività” là dove malattia, morte, disagio, ingiustizia violenza sembrano avere l’ultima parola. Invece, percorrendo sentieri a volte impensati, giungono a portare frutti: esperienze umane straordinarie e di importante rilevanza sociale, culturale, educativa.

Questo libro è un po’ un viaggio, giusto? Un viaggio composto da varie tappe che tracciano un percorso che affronta temi molto forti, scomodi: la malattia psichiatrica, la violenza sulle donne, la schiavitù, la disabilità e tanti altri. Temi che mettono in luce la contraddittorietà della nostra società. Com’è stato metterli su carta? Qual è il filo conduttore che li unisce? Come ci hai lavorato?

In realtà questo libro nasce dopo l’esperienza del precedente “Madri per sempre”, che ha suscitato interesse e ricevuto numerosi riconoscimenti nel giro di un anno. L’idea di partenza era quella di pubblicare una seconda edizione che raccogliesse e rilanciasse, spunto di ulteriore riflessione, le numerose storie, testimonianze e feedback ricevuti dai lettori. Ne è nato, invece, un nuovo libro, che contiene anche una parte dedicata a “Chi ha letto madri per sempre dice che…”, ma si sviluppa su quei temi che fanno parte della nostra quotidianità e spesso vengono dati per scontati, ignorati, non approfonditi proprio perché tanto “scomodi” quanto reali. Per questo si parla di disabilità, follia, violenza di genere, disagio educativo, dipendenze, ineguaglianze tra nord e sud del mondo. Metterli su carta è stata una sfida, oltre che un “dovere”, perché, davanti alla realtà, non ci si può voltare dall’altra parte. Nel mio raccontare si inseriscono le voci di diversi protagonisti, alcuni molto noti, altri sconosciuti ma che ho avuto la fortuna di conoscere e che hanno condiviso con me le loro storie, tutte uniche e speciali. Con grande dignità e chiarezza, “smontano”, pezzo dopo pezzo”, anche i pregiudizi che ancora esistono e sono, nonostante tutto, ben radicati. Mi vengono in mente i temi della follia (è possibile ascoltare Cristicchi che canta “Ti regalerò una rosa” e approfondire il prima e dopo la Legge Basaglia, grazie a interviste, disegni, foto), della disabilità e dell’inclusione, ma anche il fenomeno della tratta delle persone e della violenza con tutto ciò che è legato a queste piaghe, che lacerano vite accanto a noi, vicine, non distanti su un altro universo! L’altro filo conduttore che si affianca alla generatività è quello della “cura”. Il titolo, infatti, si ispira, non a caso, alla famosa canzone di Battiato, perché il messaggio che ho desiderato trasmettere, non solo in quanto autrice, ma come madre, insegnante, educatrice è l’urgente necessità, etica, sociale, culturale, religiosa e politica di rimettere al centro la persona. Dobbiamo “umanizzare” nuovamente la nostra quotidianità, i contesti in cui viviamo e quelli via via sempre più ampi, comunitari, per passare una testimonianza di sensata e reale speranza alle generazioni future.   

Federica Storace al Salone del Libro di Torino 2022.

In una parte del tuo saggio si parla anche di paternità. Quanto è importante il maschile in questo percorso di generatività?

Il maschile è importantissimo ed è volutamente stato inserito in un capitolo molto “corposo”. Solo dalla complementarietà di maschile e femminile può nascere vita e si può parlare di generatività in modo completo. Sono tanti gli uomini, protagonisti di questa tappa del percorso, che raccontano la loro esperienza paterna. Alcuni padri “nella carne”, altri che hanno deciso di essere padri di figli non loro, altri ancora che sono padri nelle mille modalità che travalicano la dimensione essenzialmente “biologica”. Questo libro, arricchito da un patrimonio di QR Code, che permettono l’accesso ad un vastissimo materiale multimediale, vede il racconto di numerosi padri “speciali”. Nel Docufilm “Padri senza figli”, ad esempio, la testimonianza di don Domenico Ricca, cappellano del carcere minorile “Ferrante Aporti” di Torino e di altri religiosi, di Domenico Chionetti, felicemente padre di una bella bimba e, al tempo stesso, “erede” di Don Gallo nell’esperienza poliedrica della Comunità di San Benedetto al Porto. Si parla di Resistenza perché il partigiano Giordano Bruschi, nome di battaglia “Giotto”, narra l’intrecciarsi della sua vita con quella di Buranello e Aldo Gastaldi, giovanissimo comandante che era considerato, dai suoi uomini, un vero e proprio padre perché tale era. Perciò pur mantenendo caratteristiche e specificità diverse rispetto alla maternità, la paternità è egualmente importante ed imprescindibile. 

Tornando al concetto di maternità, mi interesserebbe approfondire con te l’argomento. Esiste sicuramente una dicotomia tra due concezioni di maternità diverse: la prima, è quella della donna-madre, chiamata per natura a generare vita. La seconda, secondo me ha a che fare con un sentimento diverso, per il quale a volte diventare madre “più che unire disunisce”. Sto citando un libro uscito poche settimane fa per Giulio Perrone Editore, “Mostruosa Maternità”, un’antologia di racconti nei quali Romana Petri narra l’altra faccia della maternità, quella mostruosa, appunto, che spinge le donne in un non-luogo diabolico nel quale compiono gesti estremi, come uccidere i propri figli. E penso anche a tanti fatti di cronaca che si sentono tutti i giorni, come la notizia, fresca di poche ore, di una madre che ha ucciso sua figlia e ne ha inscenato il suo rapimento. Qual è la tua idea a riguardo?

Purtroppo, questa è una realtà. La “mostruosa maternità” esiste. Ma credo che ogni situazione sia a sé, legata a soggettività e a contesti complessi su cui non credo opportuno fare valutazioni, almeno da parte mia che non sono neppure un’esperta in materia. Sì anche il dono, il miracolo della maternità, “l’istinto materno” ha le sue ombre ed è una verità…millenaria. Gli antichi greci la affrontavano usando il mito. Mi viene in mente, ad esempio, la vicenda di Medea che uccide i figli, pazza di gelosia e dolore.Credo sia forse importante, però, abbandonare le “concezioni di maternità”. Ogni maternità è una storia a sé, come lo è ogni vita, ogni donna. Questo è uno dei numerosi doni che ho ricevuto da “Madri per sempre” e, ora, anche da “Sei un essere speciale”: la convinzione che si può essere madri (e padri!) in tanti modi diversi. Anche quando ci si trova nell’impossibilità di avere figli pur desiderandoli tanto, quando si scelgono le vie dell’affido e dell’adozione, quando una religiosa realizza, pur nella castità, la sua vocazione alla maternità, persino quando una donna decide di non voler avere figli. Sulle troppe tragedie che colpiscono i bambini, credo dovremmo interrogarci tutti. C’è sufficiente attenzione a cogliere e sostenere disagi? Una donna, madre o meno, che affronta difficoltà, problemi, grandi e piccoli, può contare su una “rete” di sostegno, magari non soltanto in ambito familiare?Quanto mettiamo al centro la persona e le sue fragilità oggi? Me lo sono chiesto e me lo chiedo spesso. Per questo ho scritto un libro in cui il tema della vita si intreccia, quasi a creare una cordata in cui nessuno sia costretto a rimanere indietro, scartato e dimenticato, con quello della cura. Perché siamo tutti … esseri speciali, costruttori di vita e non di morte.

Federica Storace, insegnante di Lettere e Filosofia, vive e lavora a Genova, ed è autrice di romanzi, poesie e racconti. Dopo la pubblicazione di “La famiglia non è una malattia grave”(2007), edito San Paolo Editore e di “Banchi di squola” (2010), edito Macchione Editore, l’autrice da vita alla sua terza pubblicazione, in collaborazione con Anna Maria Frison: “Impossibili ma non troppo…storie di cuore e fantasia”, (2017), Editrice Elledici. Alcune sue poesie e racconti sono stati pubblicati in diverse Antologie tra il 2019 e il 2020. Ha pubblicato inoltre la raccolta di storie di ragazzi d’oggi “Scialla e poi splendi” per Placebook Publishing Editore (2019) e nel 2021 è uscito per Tomolo Edigiò il racconto illustrato per ragazzi “Il ladro di sogni”. 

Intervista a cura di Alessia Marzano

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