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European Affairs - page 9

PFM canta De Andrè – Anniversary

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Auditorium Parco della Musica di Roma 26.05.2019
Open Act di Micol Arpa (Picchioni)

– Live report di Luis “Redwood” Almasi
– Pregalleria e galleria fotografica di Claudio Enea

26 maggio e ventiseiesimo concerto di questa fortunata ed acclamata tournée che dal marzo scorso attraversa in lungo e in largo tutta l’Italia, aggiungendo date su date. Secondo concerto romano, questa volta non al teatro Brancaccio (nel cuore di tanti faberiani soprattutto per il famoso video) bensì nella prestigiosa Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica.

Opening act di Micol e la sua “arpa rock” che suona in piedi esprimendo così, anche col corpo, la volontà di rinnovare e contaminare questo antico strumento. “Verranno a chiederti del nostro amore” viene accolta calorosamente da un pubblico in fondo sorpreso dal gradito preambolo; ma è con “Via del Campo” che si crea un feeling speciale. Strumento affascinante l’arpa che rievoca suoni ancestrali, memorie infantili di carillon e ninnenanne. Forse per questo Micol vola spesso sino alle note più acute dello strumento e ci sembra di sentir cantare le parole: ognuno nella mente; ognuno col cuore. Che bello l’Auditorium lasciato semi-illuminato. Micol ringrazia la PFM e tutti per averle regalato questo palco. Mentre suona “Canzone dell’amore perduto”, nell’aria si accendono centinaia di lucciole (LED, ndr) che ci fanno sognare questa primavera che sembra non voler ancora tornare.

La Premiata Forneria Marconi non è seconda a tante altre eccellenze italiane che ci rendono preziosi agli occhi del mondo. Unica band nostrana che negli anni ’70 riuscì ad avere successo anche all’estero, fu protagonista assoluta di una svolta storica per la musica d’Autore, unendo la propria energia rock progressive e l’enorme capacità tecnica alla poesia in musica di uno dei più grandi cantautori di tutti i tempi. “Fabrizio De André in concerto arrangiamenti PFM” fu una tournée prima ed un disco poi che ebbero un grande successo di pubblico e di vendite fino ad assumere, nel tempo, le caratteristiche di un vero e proprio mito. Era il 1979 e “PFM canta De André Anniversary” celebra e rinnova quella meraviglia, 40 anni dopo.

<<Cominciava così>>, ricorda Franz Di Cioccio, mentre parte l’arpeggio di “Bocca di rosa”. Subito ci immaginiamo proiettati in quel freddo gennaio del 1979 e la magia comincia nel modo più prevedibile e, proprio per questo, più diretto e giusto. C’è voglia di partecipare, di battere le mani ed esprimere calore, coinvolgimento ma “La guerra di Piero” cambia in un attimo l’atmosfera e il pubblico si tace. Lucio “violino” Fabbri ha un fraseggio di un’espressività unica: sempre fedele e preciso; sempre diverso come una meravigliosa voce fatta di legno, crine, corde, mani e cuore (e ce n’è tanto). Ora l’Auditorium pare stretto in un abbraccio collettivo e siamo appena all’inizio…

La fisarmonica è la stessa dei concerti del 1979 così come le mani che la suonano, quelle del tastierista storico della PFM Flavio Premoli. Curò personalmente molti degli arrangiamenti PFM per le canzoni di Fabrizio De André e “Un giudice” (preceduta da “Andrea”, ndr) si conferma uno dei pezzi migliori, anche questa sera. Appena il tempo per Franz di presentare i 9 membri della band e parte “Rimini” con il suo incedere dolcemente cadenzato dai contrappunti di chitarra. La musica ha una tale ricchezza di colori, di raffinati intrecci melodici, da superare in bellezza le parole peraltro stupende. Emozionante!

C’è attenzione ai suoni. Negli anni alcuni membri storici della band hanno preso altre strade ma Patrick Djivas è ancora qui, con il suo basso fretless a regalarci il suo stupendo arrangiamento di “Giugno ’73”. Il violino di Lucio Fabbri ed i campanelli (crotali) suonati da Franz Di Cioccio completano le tinte di questo affresco, realmente evocativo di quell’esistenzialismo francese che contraddistinse un’epoca ed il modo di fare arte anche di Fabrizio De André.

Ora la musica lascia il posto alle parole ed ai bei ricordi della Sardegna del 1978 quando il Poeta (Fabrizio, ndr) e la Premiata Forneria Marconi, impegnata in un concerto a Nuoro, si ritrovano, si divertono. Il Poeta invita tutti a casa sua così, complice l’Agnata (la tenuta di De André vicino a Tempio Pausania, ndr) ed un mare di Vermentino (<<una droga che si può consumare liberamente>>, dice Franz) prende forma l’idea di fare qualcosa insieme.

La PFM aveva già collaborato con Fabrizio, quando ancora non si chiamava PFM ma “i Quelli”. Furono infatti molti dei musicisti della band a suonare ne “La buona novella”, il concept album del 1970 tratto dalla lettura di alcuni vangeli apocrifi. “Maria nella Bottega di un Falegname” e “il Testamento di Tito” diventano, nell’interpretazione della PFM nei concerti del ’79, quasi un tutt’uno dando vita ad una lunga suite veramente in stile progressive che questa sera viene preceduta da due nuovi arrangiamenti di altrettanti pezzi tratti sempre da quell’album.

“L’infanzia di Maria” funziona alla grande. Il prog lascia a tratti spazio all’hard-rock, quasi al metal. Marco Sfogli alla chitarra elettrica è bravissimo. Un altro assolo di Djivas. Quando entra Lucio ti scoppia il cuore. Nella seconda parte del pezzo c’è posto addirittura per il blues e per sonorità arabeggianti verso la fine. C’è tanto ma ben pensato, ottimamente eseguito e il pezzo piace al pubblico: una vera ovazione (“vien giù il teatro” prima ancora che il pezzo finisca, ndr). “Il sogno di Maria” pare invece, per lo più, perdere tutta la sua dolcezza (a tratti sensuale) a favore di un approccio rock ed energico. Resta l’espressività, l’intimità nella parte finale (quando torna Giuseppe, ndr) dove peraltro il pezzo non è stato sostanzialmente riarrangiato. Il pubblico comunque apprezza.

Franz ci invita a metterci <<seduti sulla panchina del tempo>> e una piccola magia tecnologica fa cantare la voce registrata di Fabrizio De André mentre la band suona “La canzone di Marinella”. Applausi fragorosi sottolineano l’amore per Faber e soffocano il rimpianto di averlo perduto troppo presto. <<Eravamo in 10 su questo palco>> dice Di Cioccio con evidente emozione.

È il momento delle ballate. “Zirichiltaggia”, leggermente più lenta rispetto al ’79, cantanta dal bravissimo Alberto Bravin (voce, tastiere, chitarra) e “Volta la carta” con il pubblico che si diverte nel lasciarsi coinvolgere dal “gran cerimoniere” Franz di Cioccio: <<Branca, Branca, Branca… leon, leon, leon>>; <<Su le mani. Forte!>>.

Arriva “Amico fragile”. Il torrente di note che Fabrizio riusciva ad arpeggiare sulla chitarra classica con sorprendente fluidità è sostituito da uno strumming cadenzato. La voce di Franz è convincente, come può essere solo quella di chi sa realmente cosa significhi essere <<evaporato in una nuvola rossa>>. La band suona, eccome! Roberto Gualdi è bravissimo alla batteria che cede di buon grado alle graditissime incursioni di Franz, batterista frontman della PFM. Marco Sfogli (chitarra elettrica, ndr) evoca Franco Mussida (il chirarrista storico della PFM, ndr) ad ogni nota, facendoci capire di esserne stato permeato fin nel profondo. Non è imitazione ma interiorizzazione, rispetto ed evoluzione nel ricreare la magia di questi assoli che hanno fatto la storia della musica.

<<Bravi, bravi, bravi>>. Applausi fragorosi, incessanti. Il concerto è finito ma tutto il teatro grida come una sola voce: <<Fuori, fuori, fuori…>>. Eccoli.

La versione PFM de “Il Pescatore” fu la canzone con cui, sostanzialmente, Franz Di Cioccio convinse Fabrizio De André della bontà di questo progetto di collaborazione. Uno dei pezzi sacri della produzione De Andreiana che, a mio avviso, solo in questo arrangiamento trova il suo completamento, la sua pienezza. Ciò è vero al punto che Fabrizio non abbandonerà più questa versione facendone uno dei “cavalli di battaglia” che più identifica quella mitica tournée. Quale modo migliore di tornare sul palco per l’encore con il pubblico che canta i cori a squarciagola e pare un tutt’uno con chi è sul palco.

“È festa” in medley con “Impressioni in settembre”, due pezzi originali della PFM, suggellano la fine del concerto. C’è tempo solo per la foto di rito della band con tutto il pubblico alle spalle: <<Su le mani tutti! Domani la vedete su Facebook>>, ci esorta Franz.

Complimenti ai fonici per la resa sonora degna della PFM. Bellissime le luci che costituivano sostanzialmente l’unico effetto scenografico.

Consiglio a tutti di andare a vedere questo spettacolo almeno una volta perché è un pezzo di storia veramente importante della musica italiana. Si replica in tutta Italia e a Roma il 18 novembre 2019.

(Pregalleria)



Formazione:

  • Franz Di Cioccio – batteria, percussioni e voce
  • Patrick Djivas – basso
  • Flavio Premoli – tastiera, voce
  • Lucio Fabbri – violino, tastiera e chitarra
  • Roberto Gualdi – batteria
  • Alessandro Scaglione – tastiera, voce
  • Marco Sfogli – chitarra elettrica
  • Alberto Bravin – tastiere aggiuntive, chitarra acustica e voce
  • Michele Ascolese – Chitarra

Giorgia – Pop Heart Tour 2019

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Palazzetto dello Sport – Roma 16.05.2019

Un fuori programma 5 minuti prima dell’inizio concerto, un brusio poi grandi applausi nel primo anello alle spalle del parterre, molta confusione, tanto che credevamo che la produzione avesse voluto preparare una sorpresa modificando l’inizio del concerto, facendolo iniziare con una apparizione da mezzo il pubblico. Niente di tutto questo era solo un gran numero di persone che aveva riconosciuto e voleva salutare Carlo Verdone, che prendeva posto anche lui accorso da spettatore a questa magica serata.

Ma veniamo al live report.
Classe ed eleganza fatta cantante, è così invece che si presenta al “suo” pubblico, una tra le più belle voci del panorama Italiano ed internazionale, forse la migliore almeno in Italia secondo chi scrive (ndr).

Arriva finalmente, attesissima a Roma, l’affascinante Giorgia Todrani, in arte, semplicemente Giorgia, vestita per l’occasione da Dior per mano di Maria Grazia Chiuri, come scritto in più parti, un rimando agli anni 50 ed in particolare alla memoria di Grace Kelly, tre abiti caratterizzati da tute aderenti e gonne in tulle impreziositi da paillettes e cristalli Swaroski, insomma la maison di origine francese non poteva trovare cliente più adatta, carismatica e rappresentativa.

Compare così da una pedana salendo dal sottopalco in una silhouette da brividi a far urlare un gremitissimo Palalottomatica, inizia la serata del Pop Heart Tour di Roma che prende il titolo dall’omonimo album cover, primo per l’autrice-interprete romana.
Disco di platino che vede rivisitati brani come “Le tasche piene di sassi” di Jovanotti che apre il concerto, “Una storia importante” di Eros Ramazzotti” e tante altre. Oltre i brani dell’album anche molte pietre miliari, da “E poi”, a “Come saprei”, “Come neve” e molti altri per 2 ore e mezza di pura energia musicale, in una scenografia allestita magistralmente dove luci e pareti led aiutano ad accompagnare lo spettatore dentro i brani che hanno scandito la carriera dell’artista.

Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel lontano ’93 in cui Giorgia vinse il San Remo Giovani, in questi 25 anni l’abbiamo vista duettare con le più autorevoli voci del panorama mondiale, raggiungendo una maturità vocale ed interpretativa fuori dall’ordinario, quando appare lei sulla scena ti aspetti sempre qualcosa di spettacolare, qualche cosa di unico. Così è, quando trasmette emozioni interpretando “Anima” di Pino Daniele, o quando in forma reverenziale dice “Ora vi chiedo scusa in anticipo per questo brano che proverò a cantare davanti a voi e spero che lei, anche se da lassù, lei potrà capirmi e scusarmi” prima di intonare “I Will always love you” di Withney Houston, ma ormai la cara Giorgia è arrivata ad un livello tale di maturità che non c’è pezzo che non possa cantare.

Su queste note finisce la serata romana che l’ha vista saltare, ballare, firmare autografi come nulla fosse mentre continuava a cantare coadiuvata da un band di elevato livello formata da Mylous Johnson alla batteria, Sonny Thompson al basso, Jacopo Carlini al pianoforte, Fabio Visocchi alle tastiere, Anna Greta Giannotti alla chitarra, Diana Winter cori e chitarra, Andrea Faustini cori, ultimi due con i quali duetta pure durante il concerto.

Di seguito la scaletta dei brani:

  1. Le tasche piene di sassi (Jovanotti cover)
  2. Una storia importante (Eros Ramazzotti cover)
  3. Gli ostacoli del cuore (Elisa cover)
  4. Credo
  5. Scelgo ancora te
  6. Sweet dreams (Eurythmics cover)
  7. Quando una stella muore
  8. È l’amore che conta
  9. Come neve
  10. Dune mosse (Zucchero cover)
  11. I feel love (Donna Summer cover)
  12. Il mio giorno migliore
  13. La mia stanza
  14. Ain’t nobody
  15. E poi
  16. Come saprei
  17. Strano il mio destino
  18. Un amore da favola
  19. Girasole / Tradirefare
  20. Easy
  21. Di sole e d’azzurro
  22. Vivi davvero
  23. Stay (Rihanna cover)
  24. Io tra tanti
  25. L’essenziale (Marco Mengoni cover)
  26. Oronero
  27. Anima(Pino Daniele cover)
  28. Tu mi porti suI
  29. will always love you (Withney Houston)

Pregalleria


(Pregalleria e galleria completa a cura di Claudio Enea)


Steve Hackett – Genesis Revisited tour 2019

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Teatro Brancaccio Roma 29.04.2019

Live report di Claudio Enea

Steve Hackett, ex chitarrista dei Genesis ritorna in Italia per quattro appuntamenti, il primo dei quali al Teatro Brancaccio di Roma, le date italiane fanno parte del nuovo tour europeo partito il 22 aprile e che toccherà 17 paesi, per un totale di 31 concerti.
Il  concerto è composto da due momenti ben distinti, il primo per onorare il quarantesimo anniversario di uno degli album solisti più famosi di Hackett, “Spectral Mornings”, mentre il secondo completamente incentrato sull’esecuzione dei brani tratti dall’album che rese famosi i Genesis in tutto il mondo ovvero “Selling England By The Pound” (1973), tra i dischi realizzati con Peter Gabriel quello più venduto ed arrivato fino alla terza posizione della classifica inglese.

Inutile dire che il primo grande applauso viene tributato alla fine di “Firth of Fifth”, bravi ma veramente bravi tutti i componenti della band che eseguono con estrema fedeltà l’intera opera dei Genesis, certo le voci di Gabriel o di Collins sono inimitabili quasi irraggiungibili, ma sono ormai dettagli.

La serata si conclude con un paio di brani tratti dall’album “A trick of the Tail”. Prima, Dance on a Vulcano che dovrebbe chiudere il concerto, ma nell’inevitabile bis, la band propone anche un mix Myopia/Los Endos, con il quale si congeda definitivamente dal pubblico presente, estasiato dalla grandezza di questi due/tre brani finali e ricordando ad Hackett che non dovrebbe aver comunque dimenticato, che proprio qui in Italia la band inglese ricevette il primo vero successo meritato e che proprio qui a Roma, al palazzetto dello sport fecero uno dei loro primi concerti da vera band internazionale con il Foxtrot tour.

Insomma, speriamo che con il nostro calore, sia arrivato il messaggio di amore che abbiamo da sempre nei confronti del progr dei Genesis e dei suoi ex componenti.

Steve Hackett: Guitar
Craig Blundell: Drum
Roger King:  Keyboards
Jonas Reingold: Bass & guitar
Rob Townsend: Brass & percussion
Nad Sylvan: Voice

Scaletta serata
Prima parte:

  • Every Day
  • Under the Eye of the Sun
  • Fallen Walls and Pedestals
  • The Virgin and the Gypsy
  • Tigermoth
  • Spectral Mornings
  • The Red Flower of Tachai Blooms Everywhere
  • Clocks – The Angel of Mons

Seconda parte:

  • Dancing With the Moonlit Knight
  • I Know What I like (In Your Wardrobe)
  • Firth of Fofth
  • More Fool Me
  • The Battle of Epping Forest
  • After the Ordeal
  • The Cinema Show
  • Aisle of Plenty
  • Deja Vu
  • Dance on a Volcano

Bis

  • Myopia / Los Endos

(Pregallery e gallery di Claudio Enea)



Mike Stern & Dave Weckl Band

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Cross Roads
 – Roma 12.04.2019

Live report, pregalleria e galleria fotografica di Claudio Enea

Basterebbero solo questi due nomi per riempire un palazzetto dello sport, se poi ci aggiungiamo Tom Kennedy (Al DiMeola, Frank Gambale, Steve Lukather) al basso e Bob Franceschini (Paul Simon, Willie Colónal) al sax, ne avremmo la certezza assoluta.

E se invece questo fantastico quartetto lo riunissimo in una location più intima, dove pubblico ed artisti si possano quasi toccare, l’atmosfera diventerebbe magica e l’occasione per gli amanti della jazz-fusion sarebbe quasi un’opportunità irripetibile.

Bene, è successo proprio questo al Cross Roads, locale ormai storico del panorama romano, dove sono passati fior fiori di gruppi ed artisti, nazionali ed internazionali, dove ci si può prenotare per mangiare una pizza, bere una birra e perché no sentire qualche fenomeno strimpellare.

E’ la volta di Dave Weckl, eclettico batterista (Chick Corea Elektric Band) che collabora ormai da qualche anno con Mike Stern, inutile presentare quest’ultimo, scoperto da Metheny ha collaborato con nomi quali Miles Davis, Billy Cobham e Jaco Pastorius e con cinque nominations ai Grammy Award, si è affermato come uno dei principali chitarristi e compositori jazz-fusion della sua generazione.

Un bellissimo concerto quindi, dove la band ha trasmesso entusiasmo e voglia di suonare forse aiutata, come dicevamo prima, da un ambiente non dispersivo che ha messo in contatto quasi fisico pubblico e band.

Divertimento e piccole improvvisazioni, dove spiccano la precisione martellante di Kennedy, la tecnica sopraffina di Weckl, la pulizia graffiante di Franceschini ed il virtuosismo di Stern per nulla scalfito dall’incidente subito nel 2016 e che lo vede combattere una dura lotta riabilitativa per recuperare dai problemi ai tendini della mano destra.

Insomma, una serata indimenticabile con quattro star ancora alte nel firmamento musicale mondiale.

(Pregalleria)



Maneskin – Il ballo della vita Tour 2019

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Sono stati la rivelazione del 2017 ma se andiamo a vedere i numeri, anche del 2018. Mentre il 2019 non poteva iniziare che nel migliore dei modi, innumerevoli dischi d’oro e di platino stanno accompagnando il tour dei Maneskin “IL BALLO DELLA VITA TOUR”, alla seconda tranche, anche questa, come la prima, con praticamente tutte le date sold out, persino quelle aggiunte all’ultimo momento. Ma nulla nasce dal caso, dal secondo posto inaspettato per certi versi di XFactor, che li ha visti assoluti protagonisti e che preannunciava la scoperta di una nova talentuosa band, l’ascesa è stata inarrestabile. Sono bravi e coinvolgenti questi ragazzi e danno veramente tutto sul palco, il pubblico lo capisce, non solo i teenagers che sono lo zoccolo duro tra i fan del gruppo ma anche persone più avanti con gli anni, apprezzano l’energia che i quattro sanno trasmettere e rispondo urlando, cantando e ballando per tutti i 21 brani in programma per il concerto. La si gusta tutta l’armonia instaurata tra i componenti, sembra inesauribile, ne è la prova il momento in cui a fine concerto si scambiano gli strumenti, Victoria alla chitarra, Ethan al basso, Thomas alla batteria, l’unico che non si separa dal proprio strumento, il microfono, è Damiano, ma si sa, lui è fin dall’inizio il frontman che tolti i tacchi a spillo ha il compito di far sognare il pubblico femminile e allora eccolo andare da una parte all’altra del palco a torso nudo intonando Torna a casa, prima di chiudere e congedarsi assieme agli altri con la gente di casa, a cui danno appuntamento per il tour estivo che li vedrà sempre a Roma il 23 e 24 Giugno questa volta al Cavea Auditorium Parco della Musica nell’ambito del Roma Summer Fest, quindi un arrivederci a presto Maneskin.

I brani del concerto di Roma:

  1. Are You Ready?
  2. Fear For Nobody
  3. Immortale
  4. New Song
  5. Morirò Da Re
  6. Lasciami Stare
  7. Let’s Get It Started (Black Eyed Peas cover)
  8. You Need Me, I Don’t Need You (Ed Sheeran cover)
  9. Sh*t Blvd
  10. Breezeblocks (Alt-J cover)
  11. Le Parole Lontane
  12. Pyro (Kings Of Leon cover)
  13. Niente Da Dire
  14. Recovery
  15. Vengo Dalla Luna (Caparezza cover)
  16. Beggin’ (The Four Seasons cover)
  17. Chosen
  18. L’Altra Dimensione
  19. Kiwi (Harry Styles cover)
  20. Close To The Top
  21. Torna A Casa

Al Di Meola – Opus Tour 2019

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Dopo meno di una settimana dal concerto di Patitucci, sbarca a Roma o meglio a Ciampino un’altra icona del jazz mondiale, anch’egli di chiare origini italiane, è infatti la volta di Al Di Meola.

Probabilmente, per un chiaro volere, non sceglie un grandissimo ambiente, parlando in termini di dimensioni, ma una location più raccolta dove circa un 200 persone non si sono fatte sfuggire l’occasione di ascoltare dal vivo, il virtuoso della jazz fusion o meglio del genere smooth, una fusion  più delicata con inquinamenti etnico-classici che sembrano ormai essere lo stile prediletto dall’artista. Opus Tour 2019 è volto a promuovere l’omonimo album, ultima opera dell’artista uscita nel febbraio scorso. In quest’ultima avventura è accompagnato da musicisti di eccellenza come l’italianissimo Fausto Beccalossi ed il cubano naturalizzato americano Kemuel Roig, due portenti nell’ambito dei rispettivi strumenti. Buona la serata che scorre piacevole su nuovi e vecchi brani, citiamo “Cerreto Sannita” dedicata al luogo delle origini dell’artista americano e “Mediterranean Sundance” un brano dell’ormai lontano ’77 ma sempre coinvolgente, che fa battere a tempo le mani del soddisfatto pubblico presente.

Insomma, un nome una garanzia, Al e la sua compagnia, non deludono il loro pubblico e noi non possiamo che lasciare alla fine, il locale, soddisfatti con uno scontato arrivederci.

FORMAZIONE:
Al Di Meola – chitarra
Kemuel Roig – pianoforte
Fausto Beccalossi – fisarmonica

Ciampino 22.03.2019 – Orion

by Claudio Enea

photo by Claudio Enea

Danilo Pérez, John Patitucci e Terri Lyne Carrington – Children of the Light

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Ispirato al grande sassofonista, di Milleriana memoria Wayne Shorter, Children of the light è il trio composto da tre grandi artisti del panorama mondiale del genere jazz, Danilo Pérez, John Patitucci e Terri Lyne Carrington. I tre, che ormai collaborano da diversi anni, dedicano questo tour ad uno dei loro maestri, titolo tratto da un’opera dello stesso, offrendo uno spettacolo raffinato, intriso di improvvisazioni e modulazioni che in alcuni casi vedono gli strumenti fondersi in un’unica cosa. Non mancano botte e risposte, che vedono la soddisfazione dei tre tradotta in gemiti di esultanza e grandi sorrisi di intesa. Si divertono loro e si diverte anche il pubblico a vederli giocare con le armonizzaizoni dei loro brani, cosa volere di più da un concerto jazz?

Roma 18.03.2019 Auditorium Parco della Musica

By Claudio Enea

Foto by Claudio Enea

Subsonica 8 Tour

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Palalottomatica di Roma – 21.02.2019

Un esplosione di luci e suoni, sorprende, ma magari per gli affezionatissimi, anche no, il pubblico del Palalottomatica. Bellissima scenografia che vede i cinque componenti muoversi su altrettante piattaforme semovibili sovrastate da pannelli led che proiettano le immagini del gruppo ben visibili anche dal terzo anello del palasport. Coinvolgenti come sempre, come il genere tra pop e rock elettronico che contraddistingue la band e la pone tra le attuali più prolifere e longeve del panorama musicale Italiano.

“Non ci sono tanti gruppi che vi fanno ballare come noi in Italia”, esordisce Samuel Romano ed è proprio vero vedendo i fans sugli spalti percorsi da una irrefrenabile voglia di muoversi a tempo di musica ed impossibilitati a rimanere immobili al loro posto. Non deludono i Subsonica, e con la presentazione della loro ultima fatica 8 da cui prende il nome anche il tour, raggiungono facilmente il loro intento dichiarato ovvero quello di far ballare i presenti con i nuovissimi pezzi ma anche con i vecchi tratti dal loro repertorio come Up patriots to arm di Battiato e Nuova ossessione oppure Il Cielo Su Torino e Strade. Insomma 2 ore e mezza di ottima musica che rinfranca l’animo e ci fa pensare che in fondo anche da noi esiste ancora la possibilità di ascoltare dell’ottimo rock.

Live report e foto di Claudio Enea

De André canta De André “Storia di un impiegato”

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Applausi ed un affetto immediato e totale accolgono Cristiano De André non appena questi appare sul palcoscenico della Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. <<Dovrò trasferirmi a Roma>> dice visibilmente colpito, riferendosi apertamente al calore che il pubblico capitolino da sempre gli riserva.

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Claudio Enea
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