Sei tutto l’indie Fest
Si è festeggiato al Monk il decimo anniversario di “Sei tutto l’Indie”, community fondata da Giuseppe Piccoli e Gianmarco Perrotta nel 2013.
A rappresentare lo spirito della community, si sono esibiti Kuni, Soloperisoci, Clavdio e Management. È proprio degli allora Management del Dolore Postoperatorio il brano Pornobisogno, dal cui ritornello è stato coniato il nome del progetto.
Questo anniversario è anche l’occasione per riflettere sullo stato attuale del circuito indie, cosa è rimasto dello spirito e del sound originale e quali possono essere le evoluzioni attuali e future.
Apre i festeggiamenti un breve incontro nel cortile del Monk, con Exitwell, sul tema dell’Indie italiano. Come e quando è nato? A che punto è adesso? E’attivo, è morto, e soprattutto ha ancora senso parlare di Indie quando l’indie diventa mainstream (riferimento all’album di Calcutta assolutamente voluto)? Può avere senso universalmente, ò è un tipo di attitudine che può essere sincero e spontaneo solo nei localini di una città come Roma?
Potremmo filosofeggiare per ore, ma è giunta l’ora di tornare in sala e assistere all’eterea performance di Kuni, pop elegante tinteggiata di rock, di stampo prettamente (ahimé oserei dire) internazionale. A suo agio sul palco (a parte una battaglia persa con gli in ear), Eleonora ha stoffa e potremmo sentirne parlare a breve, quando il progetto sarà un filo più definito e pronto a decollare veramente.
La “festa” continua con i Soloperisoci (al secolo Ernesto e i Soci) in formazione ridotta e temporanea che scatena l’entusiasmo dei presenti. Presentano i brani del loro album di debutto “Ingresso Riservato” (posso stringere la mano virtualmente a chi sceglie nomi e titoli di questa band?). Le prime file cantano a squarciagola i testi delle canzoni, con frasi che sono già slogan, e sembra davvero di tornare a dieci anni fa, quando nei locali si esibivano gruppi e artisti che crescevano grazie ai loro seguaci. Pop rock scaltro, interessante, con venature post-punk, e che ti resta ben bene incollato al cervello, schiarendoci l’idea di quello che può essere la scena attuale. Se la cavano più che dignitosamente e non vediamo l’ora di tornare a vederli in formazione completa, indossando le loro iconiche magliette.
Dopo le nuove leve è il turno di un rinnovato e più profondo Clavdio. Notevoli doti di scrittura che rendono allegra ogni vena malinconica che trafigge i suoi brani. Una scaletta che spazia dai brani dei suoi esordi, quando era ancora “Il Rondine” a quelli dei suoi album “Togliatti Boulevard” e il più recente “Guerra Fredda”. Grandi capacità di scrittura, una penna in apparenza semplice, ma piena di richiami e giochi di parole, capace di trasmettere una scarica di emozioni sincere. Nella sua esibizione solitaria, Clavdio ci fa ben sperare che l’indie respiri ancora a pieni polmoni, al di là di ogni più pessimistico pronostico.
Siamo ancora in questo stato semi-onirico, immersi nei ricordi e nelle evocazioni, quando sul palco esplode la furia dei Management. E cambiamo totalmente registro. La staticità di Clavdio, che ci ha smosso un milione di colori nel cuore (riferimento al suo brano assolutamente voluto), è spazzata via, o meglio risvegliata bruscamente dal sogno, dalla folle energia dei Management. Adrenalina, teatralità, provocazione, un’esibizione che ti lascia i lividi addosso, e che ti piace. Innegabili il carisma (e la follia) di Luca Romagnoli, biondo-platinato di fresco, con la sua sovrumana carica adrenalinica, che travolge e stravolge tutto ciò che si trova davanti e infiamma letteralmente il Monk. Una carrellata di brani, principalmente dal loro album “Ansia Capitale”, fino alla conclusiva, immancabile, già citata “Pornobisogno”.
Ospite d’eccezione Niccolò Carnesi, stella del cantautorato italiano, che ha all’attivo molteplici collaborazioni tra cui Brunori SAS, Lo Stato Sociale, Dente, Dimartino, Luci della Centrale elettrica, Appino, etc. Romagnoli butta giù, o meglio invade, le barriere che dividono pubblico e artisti sul palco, in un’esibizione che resterà nella storia (annunciata una lunga pausa dai live per i Management) per la qualità sonora e per la carica emotiva condivisa in questa serata speciale di “commemorazione” di uno dei più solidi movimenti della musica italiana, nato senza sapere di esserlo.
Si spengono le luci al grido di “l’indie è morto”, ma non ne siamo così sicuri. La serata prosegue, il live lascia il posto alle selezioni musicali e al popolo danzante. Se ce ne andiamo senza aver trovato risposta ai nostri interrogativi, abbiamo assaporato quanto abbiamo ancora voglia di concerti nei locali, di scoprire nuova musica, di cantare i testi sottopalco e avere un senso di appartenenza a qualcosa che sta prendendo forma. In questa serata nostalgica, ha vinto tutto l’indie di cui abbiamo ancora bisogno.
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