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Monk Roma

Paolo Benvegnù: piccolo, fragilissimo, immenso artista

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E’ stato un bellissimo concerto quello che Paolo Benvegnù ci ha regalato ieri sera al Monk. A vent’anni dalla pubblicazione del suo primo album da solista, l’affascinante artista milanese ne ha pubblicato una nuova versione, intitolata “Piccoli fragilissimi film – Reloaded”, con la collaborazione di una serie di prestigiosi interpreti come Paolo Fresu, Ermal Meta, Malika Ayane, La Rappresentante di Lista, Piero Pelù e altri. Un’opera che rappresenta un viaggio tra passato e presente, esplorando temi universali come la frammentazione, il rimpianto, la liberazione e la connessione umana, e che adesso sta portando sui palchi dei migliori locali italiani.

Riconosciuto tra i grandi nomi della musica italiana, Benvegnù ha recentemente e meritatamente vinto la Targa Tenco 2024 per il miglior album con “È inutile parlare d’amore”, consolidando il suo ruolo di esploratore musicale, sociale e poetico. 

“Piccoli Fragilissimi Film – Reloaded” non è una semplice reinterpretazione dei brani originali, ma una riflessione profonda e condivisa sull’essenza stessa dell’umanità. È un’indagine sulla frammentazione e sulla volontà di ricostruire, sulle ferite lasciate dalle assenze e dal tempo, e sul loro possibile risanamento attraverso l’incontro con l’altro. È un viaggio intimo che interroga il rapporto tra passato e futuro, chiedendosi se quei pensieri sopravvivono ancora e se i danni subiti o inflitti hanno trovato un senso. Forse, suggerisce l’artista, solo attraverso le voci e i suoni dell’altro è possibile ricucire gli strappi, completare le pagine rimaste in sospeso e riconoscere le proprie appartenenze. E così, nella risonanza collettiva, emerge la possibilità di comprendere: è stato il passato a plasmare il futuro o era il futuro ad aver già scritto il passato? 

Questa nuova versione non è un semplice progetto musicale arricchito da ospiti illustri, ma una ricerca viscerale e condivisa. È il respiro dell’umanità intera, con i suoi desideri, le sue paure, le sue fragilità. È un canto corale che celebra la vita nella sua complessità, un crudo e vibrante inno. Ogni suono e ogni voce coinvolti nel progetto ne amplificano il senso, e ogni brano si presenta come un tassello della grande ricerca sul desiderio umano, sui timori, sulle incertezze e sul bisogno ineludibile di connessione. È il suono di milioni di realtà adiacenti che, intrecciandosi, raccontano una storia unica e irripetibile. 

Il concerto di Paolo Benvegnù è stato un’esperienza densa di emozioni, un’immersione poetica e visiva che ha lasciato il pubblico senza fiato. Sul palco, avvolto da luci rosse che sembravano pulsare al ritmo della musica, si è aperta una scenografia evocativa, ricca di richiami al mondo del cinema, che ha fatto da cornice perfetta per un artista capace di raccontare storie universali attraverso emozioni e parole. 

La voce profonda e incisiva scava e fa riemergere sensazioni e ricordi attraverso le melodie malinconiche e e a tratti strazianti, in netta contrapposizione (o forse semplicemente in modo complementare) all’innegabile simpatia e all’umorismo surreale di questo straordinario artista.

La scaletta, costruita con cura, ha ripercorso tutti i brani di “Piccoli Fragilissimi Film – Reloaded”, regalando al pubblico la possibilità di assaporare ogni frammento di questo album incredibile, che torna a ricordarci quanto la musica posa essere vera e propria letteratura in forma di canzone. Come ospite d’eccezione, Tosca è salita sul palco per Cerchi nell’acqua, portando ulteriore intensità alla serata con la sua presenza e la sua voce inconfondibile. 

È commovente vedere un cantautore di così grande spessore esibirsi con tale passione davanti a una moltitudine di persone così calorose e attente. Ed è un rituale che si ripete a ogni sua esibizione nella capitale, a dimostrazione del fatto che i suoi brani siano entrati di diritto tra i più belli e intensi del repertorio italiano. Benvegnù, nonostante i tanti anni di carriera, continua ad abbattere ogni barriera legata al tempo e alle mode, dimostrando che l’arte autentica non ha età. I suoi testi, stilisticamente raffinati e profondi nei contenuti, sono la prova di come sia ancora possibile parlare al cuore delle persone con autenticità e con quella sfacciata bellezza che non può lasciare indifferenti.  Come effetto collaterale e sintomo di grande intelligenza e capacità emotiva, riesce a compiere questo mezzo miracolo senza mai risultare noioso o pesante e facendoci, anzi, divertire senza apparire sciocco o banale.

Ed è altrettanto incoraggiante vedere un artista che, senza clamore o compromessi commerciali, è riuscito a ritagliarsi uno spazio speciale nel panorama musicale contemporaneo, promuovendo il valore dell’arte vera, che trova ancora il suo piccolo ma luminoso posto in un mondo frenetico e superficiale.

Paolo Benvegnù e la sua band ci hanno ricordato che la musica, quando è vissuta come un atto poetico e umano, può ancora commuovere, far riflettere e unire. E in una serata così intensa, quel palco non era solo uno spazio fisico, ma un luogo in cui le anime si sono incontrate, in una connessione profonda e indimenticabile.

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A Roma dal 1 Novembre la 48° edizione del JAZZ FESTIVAL

in COMUNICATI STAMPA/CULTURA/European Affairs/MUSICA by

LAKECIA BENJAMIN “PHOENIX” | PAT METHENY “DREAM BOX MOONDIAL TOUR”
ORCHESTRA NAZIONALE JAZZ GIOVANI TALENTI diretta da PAOLO DAMIANI
NUBYA GARCIA | BILL EVANS & THE VANSBAND ALL STARS
ELISABETTA ANTONINI & ALESSANDRO CONTINI/(R)EVOLUTION feat. NILS PETTER MOLVAER | COLLETTIVO IMMAGINARIO | JAZZ FOR KIDS
FAMOUDOU DON MOYE “ODYSSEY & LEGACY” TRIO 
L’ORCHESTRA JAZZ CHE VORREI – L’AQUILA 
BIO – BLIND INTERNATIONAL ORCHESTRA + JAVIER GIROTTO
CROSSCURRENTS: DAVE HOLLAND/ZAKIR HUSSAIN/CHRIS POTTER
RITA MARCOTULLI ENSEMBLE | MURUBUTU & MOON JAZZ BAND
TANIA GIANNOULI TRIO | NIKÓL BOKOVÁ QUARTET “EXPEDITION”
JAMES BRANDON LEWIS & RED LILY QUINTET | AEHAM AHMAD TRIO
NERO A METÀ EXPERIENCE | ISFAR SARABSKI QUARTET
CAMILLA BATTAGLIA “ELEKTRA”

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Il progetto è vincitore dell’Avviso Pubblico biennale
“Culture in Movimento 2023 – 2024” di Roma Capitale

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“Il jazz di oggi, e ancor più quello di domani, è frutto della creatività post-globale. La sua evoluzione, non dipenderà più solo dalla scena di New York, Los Angeles, Londra o Berlino ma da quella di Lima, Abidjan o Baku. Dalla sua diffusione tramite le piattaforme social e dalle nuove tecnologie, compresa l’Intelligenza artificiale. Si arriverà così a una totale ibridazione”.

Con queste parole il direttore artistico Mario Ciampà introduce Hybrid, il concetto-guida che attraversa la 48° edizione del Roma Jazz Festival, pronto ad animare la Capitale dal 1° al 23 novembre con 23 concerti fra l’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone”, la Casa del jazz e il Monk, una mostra fotografica e una serie di appuntamenti dedicati ai più piccoli che quest’anno si espande ancora di più, arrivando a coinvolgere la fascia della primissima infanzia.

Prodotto da IMF Foundation in co-produzione con Fondazione Musica per Roma, il Roma Jazz Festival 2024 è realizzato con il contributo del MIC – Ministero della Cultura.

Prossimo al mezzo secolo di vita, il Roma Jazz Festival si conferma ancora una volta come uno dei più densi e vivaci appuntamenti sul piano internazionale, senza smettere mai di interrogarsi sulle infinite evoluzioni di un genere che mai come oggi sembra conoscere confini. Come afferma il musicista Paolo Damiani “oggi l’interrogativo: ‘sarà jazz?’ risulta quanto mai fuori luogo”

Infinite le ibridazioni – siano esse espressive, stilistiche, culturali o geografiche – che attraversano la programmazione, la cui apertura il 1 novembre è significativamente affidata alla sassofonista americana Lakecia Benjamin, pronta a stupire il pubblico del festival con quell’esplosiva fusione di jazz, R’N’B e funk che vien fuori dal suo ultimo album, Phoenix: un grande omaggio alla sua New York risorta dalla pandemia come una Fenice ma anche alla propria “resurrezione”, dopo essere miracolosamente scampata a un incidente stradale. Una doppia metafora che vuol essere anche un auspicio rispetto alla catastrofe che sta segnando il mondo attuale.

Come sempre al festival non mancano i grandi nomi, quelli che non hanno bisogno di presentazioni. È il caso di Pat Metheny, icona per eccellenza della chitarra fusion, che il 4 novembre al Roma Jazz Festival si esibirà in uno straordinario concerto, presentandosi sul palco da solo per presentare alcuni brani del suo ultimo album MoonDial, ripercorrere le sue più celebri composizioni per chitarra acustica e abbandonarsi a un travolgente fiume di improvvisazione in cui il chitarrista statunitense spingerà al limite le sue doti tecniche. Altro grande protagonista di questa edizione, il sassofonista americano Bill Evans che dopo 30 anni di carriera da solista oggi non smette di innovare creando nuove relazioni con musicisti di diversa estrazione. L’11 novembre al Roma Jazz Festival 2024 arriva con una formazione stellare, The VansBand All Stars, in cui spiccano il grande Gary Husband e Felix Pastorius (figlio del mito Jaco). Fra i giganti della scena mondiale ci sono anche il contrabbassista britannico Dave Holland che ritorna al Festival il 19 novembre con la formazione Crosscurrents Trio, ovvero in compagnia del percussionista Zakir Hussain e il sassofonista Chris Potter, mettendo in connessione il jazz con la musica indiana; e il percussionista americano dall’incredibile carriera, a lungo batterista degli Art Ensemble of Chicago, l’alfiere del Panafricanismo musicale (e culturale) Famoudou Don Moye, il 16 novembre con la formazione Odissey&Legacy Trio. Decisamente più giovane ma già brillante astro del panorama internazionale è invece il sassofonista James Brandon Lewis. 41 anni, di Buffalo, Stato di New York, background gospel, educazione cristiana, Lewis riesce a trovare il perfetto equilibrio fra l’intensità spirituale e la libertà dell’improvvisazione. Alla guida del Red Lily Quintet, il 22 novembre si esibirà lasciandosi ispirare dalla indimenticata stella del gospel Mahalia Jackson, cui ha dedicato il suo ultimo album For Mahalia, With Love.

Mosso da inarrestabile curiosità e spiccata sensibilità, il Roma Jazz Festival continua a volgere lo sguardo verso le geografie “altre” rispetto a quelle consolidate in ambito jazz. Così all’interno della programmazione della 48° edizione trovano ampio spazio musicisti provenienti dall’Azerbaijan, dalla Siria, dalla Repubblica Ceca e dalla Norvegia. Da Baku arriva ad esempio il pianista e compositore Isfar Sarabski che il 23 novembre ritorna al festival in quartetto dopo aver incantato il pubblico capitolino nel 2022. Il suo è un jazz impressionista denso di riferimenti alla tradizione folklorica azera ma al tempo stesso segnato dal minimalismo e aperto alle sperimentazioni elettroniche, grazie anche alle diverse collaborazioni con alcuni dei protagonisti della scena clubbing della sua città natale. È diventato famoso in tutto il mondo per aver iniziato la sua carriera fra le macerie di una Damasco devastata dai bombardamenti del 2011 il pluripremiato pianista nato nel campo profughi palestinese Yarmouk Aeham Ahmad, fuggito poi dalle persecuzioni dei miliziani dell’Isis per approdare, dopo un lungo viaggio nel Mediterraneo, in Europa. Da allora ha pubblicato diversi album vincendo il Premio Internazionale Beethoven per i diritti umani, la pace, la libertà, la riduzione della povertà e l’inclusione ed è stato insignito del Premio Yorum per il suo impegno civile, non avendo mai smesso in questi anni di suonare per la pace e per la libertà. Cosa che farà anche il 22 novembre al Roma Jazz Festival. La pianista e compositrice Nikól Boková è invece una figura di spicco della scena della Repubblica Ceca e il 21 novembre arriva al festival nella formazione quartetto per presentare il suo ultimo album Expedition, che mette in dialogo il jazz con la musica classica, il minimalismo e la musica pop. Il trombettista norvegese Nils Petter Molvær, considerato un pioniere del nu jazz, è invece special guest, insieme allo straordinario percussionista Michele Rabbia, il 13 novembre di (R)Evolution, un progetto interamente scritto da Alessandro Contini ed Elisabetta Antonini e ispirato a figure, in vari campi e a modo loro, rivoluzionarie, come Fela Kuti con il suo impegno politico, Salgado con quello ambientalista e Pina Bausch sul fronte delle trasformazioni radicali che ha apportato alla danza contemporanea. Del resto, come afferma il direttore artistico Mario Ciampà “temi come pace, parità di genere, diritti civili e inclusività stanno tornando al centro dei valori del jazz, mettendo in risalto il ruolo delle artiste donne e l’approccio multidisciplinare, come strumento di emancipazione e riscatto sociale”.

Come ormai da tradizione del Roma Jazz Festival, forte è infatti il protagonismo femminile all’interno della programmazione. Oltre a Lakecia Benjamin, Nikól Boková ed Elisabetta Antonini, la 48° edizione è segnata dalla presenza di artiste di primissimo piano come la cantante Camilla Battaglia che il 23 novembre presenta Elektra, un concerto ispirato a personaggi femminili archetipici ancora oggi legati a stereotipi sociali che ibrida il jazz con la letteratura. O come la pianista e compositrice greca Tania Giannouli, al festival in Trio il 21 novembre per presentare le sue sonorità frutto di ispirazioni molteplici e contraddistinte da un approccio interdisciplinare, abbracciando una gamma impressionante di stili in una fusione creativa e senza confini della realtà globale di oggi. Interdisciplinare è anche l’approccio di una vera stella del jazz italiano come la pianista Rita Marcotulli pronta ad accompagnare il pubblico del festival il 20 novembre in un viaggio visionario nell’opera di Caravaggio che è, al tempo stesso, un grande omaggio all’arte italiana. Fra jazz, elettronica, classica,  contemporanea e i testi di Stefano Benni, Caraviaggianti è un vero e proprio spettacolo multimediale che lascerà incantati gli spettatori. Infine, la grande personalità di Nubya Garcia, sassofonista e compositrice ma soprattutto paladina della nuova scena inglese, che il 10 novembre salirà da sola sul palco per suonare sax, batteria, tastiere e basso in un vortice di sonorità jazz, R’N’B, dub, ska e broken beat che avvolgono il suo ultimo album Odissey ma anche il precedente Source, definito dal New York Times “un ampio panorama jazz con influenze afro-caraibiche, che racchiude le esperienze di una vita in un’ora di ascolto”.

Sul fronte nu jazz in Italia i fari sono sicuramente accesi sul caleidoscopico trio Tommaso Cappellato – Collettivo immaginario, esponenti di quella onda che sta rivitalizzando fortemente la scena della penisola, facendo incontrare il jazz con l’elettronica anni ’70, le colonne sonore di Piccioni e Umiliani, il funk e i ritmi brasiliani, sotto la guida spirituale di artisti come Hermeto Pascoal, Herbie Hancock e Azymuth. Il 10 novembre presenteranno al festival le composizioni dell’ultimo album Oltreoceano. Contaminazione è la parola d’ordine anche di Murubutu, fra gli assoluti protagonisti della scena hip-hop italiana e ideatore di una particolare e originalissima forma di rap in stretto dialogo con la letteratura, la poesia e il cantautorato che nasce dalla sua professione di insegnante di storia e filosofia. Al Roma Jazz Festival si esibirà il 21 novembre insieme alla Moon Jazz Band grazie alla quale ha di recente rivisitato il proprio repertorio hip hop in chiave jazz.

Ampio spazio è dedicato anche ai più giovani, sia sul fronte artistico che del pubblico. Si parte subito il 7 novembre con l’Orchestra Nazionale Jazz Giovani Talenti diretta da Paolo Damiani, una produzione Fondazione Musica per Roma, nata per valorizzare i nuovi talenti emergenti nel panorama jazzistico italiano. Sono ben 4 gli appuntamenti riservati all’infanzia, fra il 16 e il 23 novembre: Un pianoforte come cielo per i bambini da 0 a 3 anni, Jazzole storie e coccole in chiave jazz per bambini dai 3 agli 8 anni e Piano leggendo per bambini dai 4 ai 10 anni. Il 17 novembre sarà invece la volta di L’Orchestra Jazz che vorrei – L’Aquila diretta da Pasquale Innarella, una straordinaria iniziativa che coinvolge bambini e ragazzi tra gli 8 e i 18 anni e si distingue per un approccio originale che non mira esclusivamente all’eccellenza artistica ma si trasforma in un modello educativo volto a favorire l’integrazione, il rispetto reciproco e il superamento delle diseguaglianze. L’inclusività è poi il concetto che sta alla base di BIO – Blind International Orchestra, costituita da musicisti ciechi fra i 12 e i 65 anni di diverse nazionalità e nata dalla visione e dall’intuizione del compositore e direttore d’orchestra Alfredo Santoloci. Al festival si esibiranno il 17 novembre in compagnia del celebre sassofonista argentino Javier Girotto.

Il 23 novembre, inoltre, insieme ai concerti di Isfar Sarabski e Camilla Battaglia, il Roma Jazz Festival ospita anche Nero a metà Experience, un grande tributo a Pino Daniele eseguito, fra gli altri da coloro che lo hanno conosciuto e accompagnato nel suo percorso artistico: Gigi De Rienzo, Ernesto Vitolo, e Agostino Marangolo.

Infine, dal 9 al 24 novembre, nello spazio Arte dell’Auditorium Parco della Musica – Ennio Morricone sarà allestita la mostra fotografica collettiva dal titolo Il jazz e l’energia del sorriso realizzata da AFIJ – Associazione Fotografi Italiani di Jazz mentre dal 3 al 24 novembre alla Casa del Jazz Marcello Piras racconterà le sue Detective stories, una serie di indagini su alcune delle figure più particolari della storia del jazz.

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Calendario

1 novembre
Lakecia Benjamin “Phoenix”, Auditorium PdM – Sala Petrassi, h21

4 novembre
Pat Metheny “Dream Box MoonDial Tour”, Auditorium PdM – Sala Santa Cecilia, h21

7 novembre
Orchestra Nazionale Jazz Giovani Talenti diretta da Paolo Damiani, Casa del Jazz, h21

10 novembre
Nubya Garcia, Monk, h19

11 novembre
Bill Evans & The VansBand All Stars, Auditorium PdM – Sala Sinopoli, h21

13 novembre
Elisabetta Antonini & Alessandro Contini – (R)EVOLUTION feat. Nils Petter Molvaer, Auditorium PdM – Teatro Studio Borgna, h21

15 novembre
Collettivo Immaginario, Casa del Jazz, h21

16 novembre
– Jazz for Kids: Un pianoforte come cielo, Auditorium PdM – Teatro Studio Borgna, h10
– Jazz for Kids: Jazzole storie e coccole in chiave jazz, Auditorium PdM – Teatro Studio Borgna, h11.30
– Famoudou Don Moye Odissey&Legacy Trio, Auditorium PdM – Teatro Studio Borgna, h21

17 novembre

– L’Orchestra Jazz che vorrei – L’Aquila Diretta da pasquale Innarella – Teatro Studio Borgna, h11
– BIO – Blind International Orchestra + Javier Girotto, Auditorium PdM – Teatro Studio Borgna, h18

19 novembre
Crosscurrents: Dave Holland, Zakir Hussain & Chris Potter, Auditorium PdM – Sala Petrassi, h21

20 novembre
Rita Marcotulli Ensemble – I Caravaggianti, Auditorium PdM – Sala Petrassi, h21

21 novembre
– Murubutu & Moon Jazz Band, Auditorium PdM – Sala Petrassi, h21
– Tania Giannouli Trio, Auditorium PdM – Teatro Studio Borgna, h21
– Nikol Bóková Quartet “Expedition”, Casa del Jazz, h21

22 novembre
– James Brandon Lewis & Red Lily Quintet, Auditorium PdM – Sala Sinopoli, h21
– Aeham Ahmad Trio, Auditorium PdM – Teatro Studio Borgna, h21

23 novembre
– Jazz for Kids: Un pianoforte come cielo, Auditorium PdM – Teatro Studio Borgna, h10
– Jazz for Kids: Piano Leggendo, Auditorium PdM – Teatro Studio Borgna, h11.30
– Nero a Metà Experience, Auditorium PdM – Sala Sinopoli, h21
– Isfar Sarabski Quartet, Auditorium PdM – TeatroStudio Borgna
– Camilla Battaglia “Elektra”, Casa del Jazz, h21

LUOGHI

Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone”
viale Pietro de Coubertin, 30

In autobus/tram da Termini: 910; 223; 360; 53/2

In Auto: 2 ampi parcheggi a pagamento

In bici: pista ciclabile

Casa del Jazz
viale di Porta Ardeatina 55

In metro/bus da Termini: metro B, 160, 714, 160

Monk Roma
via Giuseppe Mirri, 35

In metro/bus da Termini: metro B, 545,409309

INFO

06 9020.7045 orari 10–13/15–17

https://www.romajazzfestival.it
https://www.auditorium.com/it/festival/roma-jazz-festival-2024/

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Roma celebra il ritorno dei La Crus

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Lo scorso weekend, il Monk di Roma ha ospitato una delle tappe più attese del tour dei La Crus, segnando il ritorno della storica band milanese. Il concerto ha messo in luce l’inconfondibile voce carismatica di Mauro Ermanno Giovanardi e la chitarra sperimentale di Cesare Malfatti, creando un’atmosfera ricca di emozioni e suoni distintivi. La performance di Giovanardi è stata letteralmente ipnotica: ogni parola ha risuonato con intensità, mentre Malfatti ha cesellato le note con una sensibilità unica.

La serata è stata un’esplosione di talento e passione, grazie anche agli altri membri della band. Marco Carusino al basso ha aggiunto profondità e groove, rendendo la musica solida, mentre Leziero Rescigno alla batteria ha fornito una ritmica pulsante che ha coinvolto il pubblico. Chiara Castello alle tastiere ha arricchito i brani con arrangiamenti raffinati, trasportando gli ascoltatori in un viaggio emozionante.

Inoltre, la partecipazione di Mille ha dato un tocco speciale. La sua voce ha trasformato ogni nota in un’emozione vibrante e il duetto con Giovanardi è stato un momento di rara intensità, un perfetto equilibrio tra profondità e dolcezza che ha incantato tutti i presenti.

I La Crus hanno proposto brani che spaziano dai grandi successi agli ultimi lavori dell’album Proteggimi da ciò che voglio, affrontando temi come la disillusione sociale e la ricerca personale. Ogni canzone, mai banale, invita alla riflessione e dimostra la loro capacità di fondere poesia e musica in un racconto profondo e autentico. La loro esibizione al Monk ha lasciato un’impronta significativa a Roma, grazie alla maturità artistica e alla forza della loro musica, capace di innovare e stimolare pensieri.

Festa grande per Giancane al Monk

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Giancane torna a casa, sul palco del Monk, che tante volte lo ha già ospitato, per un’occasione veramente speciale: il compleanno del suo primo EP, “Carne”, che quest’anno festeggia ben dieci anni.

Giancane, al secolo Giancarlo Barbati, invita il suo pubblico a quella che di fatto è una grande festa collettiva di due giorni più che un semplice live. Scalette diverse per le due serate, tanti musicisti fra gli ospiti, come Andrea Ruggiero al violino e il rapper Kento nella prima, e  Galoni ed Alessandro Pieravanti del Muro del Canto nella seconda.

Il padrone di casa non si risparmia un momento, trascina i presenti, fa ballare e saltare e condisce lo show con il suo humour tutto romano. Si diverte e fa divertire, annullando la distanza fra palco e platea, e trasformando le due serate in un party travolgente, carico di allegria.

Più di tre ore di musica per entrambi i concerti e, tanti i pezzi suonati, da cover come “Lunedì”e “Riderà”, passando dai classici “Vecchi di merda”, “Hogan blu”e “Una vita al top”, fino ad arrivare ad “Ipocondria”, “Disagio”, “Come stai”e tanti tanti altri. Una kermesse musicale lunghissima che tuttavia sembra volare via in un attimo, tanta è l’energia vitale che proviene dal palco e si spande come un balsamo sulla folla.
Un compleanno davvero indimenticabile per chiunque abbia avuto la fortuna di essere presente, e un modo meraviglioso per iniziare anche le feste di Natale con la giusta carica intonando tutti in coro “Buon compleanno Gesù”.

Qui sotto la scaletta della serata del 22 Dicembre:

Ma tu no

Pecora

Ciao sono Giancane

Riderà

Lunedì

La vita

Il mio migliore amico

Vorrei essere te

Hogan blu

Limone

Non dormo più

Come stai

Papà Francesco

Disagio

Ipocondria

Slib

Siupm

Voglio Morire

Pare che dorme

Vecchi di merda

Uvat

Neanche per sbaglio

Tuttucha

Sarni

Dragostea Dinitei/ L’amour toujour

Buon compleanno Gesù

La stessa estate

 

 

Sei tutto l’indie (di cui ho bisogno)

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Sei tutto l’indie Fest

Si è festeggiato al Monk il decimo anniversario di “Sei tutto l’Indie”, community fondata da Giuseppe Piccoli e Gianmarco Perrotta nel 2013.

A rappresentare lo spirito della community, si sono esibiti Kuni, Soloperisoci, Clavdio e Management. È proprio degli allora Management del Dolore Postoperatorio il brano Pornobisogno, dal cui ritornello è stato coniato il nome del progetto.

Questo anniversario è anche l’occasione per riflettere sullo stato attuale del circuito indie, cosa è rimasto dello spirito e del sound originale e quali possono essere le evoluzioni attuali e future.

Apre i festeggiamenti un breve incontro nel cortile del Monk, con Exitwell, sul tema dell’Indie italiano. Come e quando è nato? A che punto è adesso? E’attivo, è morto, e soprattutto ha ancora senso parlare di Indie quando l’indie diventa mainstream (riferimento all’album di Calcutta assolutamente voluto)? Può avere senso universalmente, ò è un tipo di attitudine che può essere sincero e spontaneo solo nei localini di una città come Roma?

Potremmo filosofeggiare per ore, ma è giunta l’ora di tornare in sala e assistere all’eterea performance di Kuni, pop elegante tinteggiata di rock, di stampo prettamente (ahimé oserei dire) internazionale. A suo agio sul palco (a parte una battaglia persa con gli in ear), Eleonora ha stoffa e potremmo sentirne parlare a breve, quando il progetto sarà un filo più definito e pronto a decollare veramente.

La “festa” continua con i Soloperisoci (al secolo Ernesto e i Soci) in formazione ridotta e temporanea che scatena l’entusiasmo dei presenti. Presentano i brani del loro album di debutto “Ingresso Riservato” (posso stringere la mano virtualmente a chi sceglie nomi e titoli di questa band?). Le prime file cantano a squarciagola i testi delle canzoni, con frasi che sono già slogan, e sembra davvero di tornare a dieci anni fa, quando nei locali si esibivano gruppi e artisti che crescevano grazie ai loro seguaci. Pop rock scaltro, interessante, con venature post-punk, e che ti resta ben bene incollato al cervello, schiarendoci l’idea di quello che può essere la scena attuale. Se la cavano più che dignitosamente e non vediamo l’ora di tornare a vederli in formazione completa, indossando le loro iconiche magliette.

Dopo le nuove leve è il turno di un rinnovato e più profondo Clavdio. Notevoli doti di scrittura che rendono allegra ogni vena malinconica che trafigge i suoi brani.  Una scaletta che spazia dai brani dei suoi esordi, quando era ancora “Il Rondine” a quelli dei suoi album “Togliatti Boulevard” e il più recente “Guerra Fredda”. Grandi capacità di scrittura, una penna in apparenza semplice, ma piena di richiami e giochi di parole, capace di trasmettere una scarica di emozioni sincere. Nella sua esibizione solitaria, Clavdio ci fa ben sperare che l’indie respiri ancora a pieni polmoni, al di là di ogni più pessimistico pronostico.

Siamo ancora in questo stato semi-onirico, immersi nei ricordi e nelle evocazioni, quando sul palco esplode la furia dei Management.  E cambiamo totalmente registro. La staticità di Clavdio, che ci ha smosso un milione di colori nel cuore (riferimento al suo brano assolutamente voluto), è spazzata via, o meglio risvegliata bruscamente dal sogno, dalla folle energia dei Management. Adrenalina, teatralità, provocazione, un’esibizione che ti lascia i lividi addosso, e che ti piace. Innegabili il carisma (e la follia) di Luca Romagnoli, biondo-platinato di fresco, con la sua sovrumana carica adrenalinica, che travolge e stravolge tutto ciò che si trova davanti e infiamma letteralmente il Monk. Una carrellata di brani, principalmente dal loro album “Ansia Capitale”, fino alla conclusiva, immancabile, già citata “Pornobisogno”.

Ospite d’eccezione Niccolò Carnesi, stella del cantautorato italiano, che ha all’attivo molteplici collaborazioni tra cui Brunori SAS, Lo Stato Sociale, Dente, Dimartino, Luci della Centrale elettrica, Appino, etc. Romagnoli butta giù, o meglio invade, le barriere che dividono pubblico e artisti sul palco, in un’esibizione che resterà nella storia (annunciata una lunga pausa dai live per i Management) per la qualità sonora e per la carica emotiva condivisa in questa serata speciale di “commemorazione” di uno dei più solidi movimenti della musica italiana, nato senza sapere di esserlo.

Si spengono le luci al grido di “l’indie è morto”, ma non ne siamo così sicuri. La serata prosegue, il live lascia il posto alle selezioni musicali e al popolo danzante. Se ce ne andiamo senza aver trovato risposta ai nostri interrogativi, abbiamo assaporato quanto abbiamo ancora voglia di concerti nei locali, di scoprire nuova musica, di cantare i testi sottopalco e avere un senso di appartenenza a qualcosa che sta prendendo forma. In questa serata nostalgica, ha vinto tutto l’indie di cui abbiamo ancora bisogno.

 

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Dente live al Monk per presentare il nuovo album “Hotel Souvenir”

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A tre anni dall’uscita dell’omonimo “Dente”, torna di nuovo in tour Dente, al secolo Giuseppe Peveri, per presentare il nuovo album “Hotel Souvenir”. L’artista di Fidenza sceglie il Monk per la sua tappa romana, e si riconferma senza alcuno sforzo come una delle migliori voci cantautoriali degli ultimi anni.


Dente non sembra aver interesse nel produrre brani da classifica, né nell’andare incontro a temi e sonorità del corrente mainstream musicale. Dimostra invece di voler continuare a portare al suo pubblico brani dai testi profondi, spesso introspettivi e malinconici, sovrapponendoli però a melodie e ritmi spesso leggeri, che portano gli ascoltatori a riconoscersi nei temi delle canzoni, ad accoglierle e farle proprie.


“Hotel Souvenir” è un viaggio tra passato, presente e futuro, una collezione di riflessioni, pensieri, ed immagini messe in musica, come un album fotografico che rappresenti frammenti del vissuto.
La sinergia fra Dente e il suo pubblico è qualcosa di magico. Esponenti di almeno tre generazioni diverse accolgono l’artista quando appare sul palco, con lo stesso calore che si riserverebbe ad un caro amico. Cantano canzoni vecchie e nuove con il sorriso stampato in volto, si lasciano stregare dalle sue melodie e seguono il concerto con un’attenzione più unica che rara.


Un concerto davvero particolare, per un artista che non scende a compromessi, ma rimane sempre fedele a sé stesso ed alla vena poetica che lo contraddistingue. Oggigiorno davvero una rarità.

Lucio Corsi per “La gente che sogna”

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Una coinvolgente serata di bella musica al Monk di Roma, grazie al cantautore toscano Lucio Corsi.
Un live in cui la voce di questo giovane artista ha offerto al suo pubblico i suoi brani con la grande passione ed il grande amore per la musica che lo contraddistingue.

Insieme a Lucio sul palco i sei componenti della band (Marco Ronconi – batteria, Giulio Grillo – tastiere/organo elettrico, Tommaso Cardelli – basso, Iacopo Nieri – pianoforte, Gabriele Bernabò – chitarre e synth, Filippo Scandroglio – chitarra elettrica e slide guitar).

Tra i brani della serata non potevano mancare, oltre a brani che lo hanno fatto conoscere, alcuni pezzi del suo ultimo album dal titolo “La gente sogna”, che ci riporta in una dimensione più umana invitandoci a tornare a sognare.

La scaletta del concerto
1.Freccia Bianca
2. La bocca della verità
3. Amico vola via
4. Danza Classica
5. La gente che sogna
6. Un altro mondo
7. Trieste
8. Bigbuca
9. Astronave
10. Radio mayday
11. Orme
12. La ragazza trasparente
13. Il lupo
14. Magia Nera
15. 20th century boy
16. Children of the revolution 
17. Glam Party
18. Ho un anno di più
19. Cosa faremo da grandi
20. Altalena boy

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Mobrici in concerto al Monk

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Al Monk Club di Roma, sold-out per l’occasione, Matteo Mobrici è tornato ad esibirsi in un concerto live a tre mesi dal suo ultimo tour e ad un anno dopo dal suo primo album da solista “Anche le scimmie cadono dagli alberi“.
L’artista lombardo ha potuto così presentare la sua nuova musica, oltre che a riproporre i brani più importanti ed amati del suo repertorio.
I nuovi brani sono raccolti nell’ultimo album uscito a fine marzo dal titolo “Gli anni di Cristo”.  Alcuni dei brani sono stati realizzati con collaborazioni importanti, come quella con Vasco Brondi per “Amore mio dove sei” e quella con Fulminacci per un una versione speciale del brano di Fabri Fibra “Stavo pensando a te”.

La scaletta del concerto
Sexe
Luci del Colosseo
Anna meraviglia
Portovenere
Piccola
Cantautore
Kaiserkeller
Stavo pensando a te
Povero cuore
Luna
Summer dolce vita

Giovani mai
Santamaria
Amici così
Threesome
20 100
Figli del futuro
Amore mio dove sei
Manzarek
Un bacio

Revolver
Vita sociale


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NAIP al Monk per “Dovrei dire la mia in tour”

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Nessun Artista In Particolare. Basterebbe già il nome per incuriosire le persone ad assistere ad un concerto.

E infatti la gente al concerto di Roma, al Monk ci è andata, cosi come già per Torino e Milano, e immaginiamo ci saranno a riempire anche le sale delle altre due date rimanenti, Livorno e Bologna.

Naip, al secolo Michelangelo Mercuri, chitarra, synth e voce, è l’esempio di vivere la musica a tutto tondo.

Ospite sul palco Maccio Capatonda e Francesco Centorame.

Gaia con il suo ‘Alma Tour’ al Monk

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Nella serata di ieri Gaia si è esibita sul palco del Monk di Roma per suoi numerosi fan accorsi per l’occasione, proseguendo nel suo tour italiano “Alma Tour”, prodotto da Vivo Concerti, partito da Torino lo scorso mese di gennaio.

Il tour prende il nome dal secondo album della cantante, vincitrice dell’edizione 2020 di Amici di Maria De Filippi, pubblicato nell’ottobre del 2021.

La cantautrice italiana con passaporto brasiliano ha presentato i suoi brani fatti di inebrianti ritmi latini a volte in portoghese e a volte in italiano.

La scaletta del concerto
Fe
Alma
Densa
Bandiera
Fita

Pomeriggio
Nuvole di zanzare
Occhi & Jeans
Mare che non sei
Cuore
Luna
Louca
What I say

Bela flor
Marina
Coco Chanel
Sem tu

Ginga
Salina

Paranaué
Estasi
Chega
Boca

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Roberto Bettacchi
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