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E’ (ancora) il nostro genere Willie Peyote

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Ha fatto tappa a Roma, all’Orion di Ciampino, il tour invernale che porta Willie Peyote nei principali club italiani, organizzato da Magellano Concerti.

Affollato come non mai, il club sembra essere l’habitat più giusto per i brani di Willie, che richiedono una certa intimità con il pubblico, con i loro testi irriverenti, e che allo stesso fanno muovere qualche passo grazie ai ritmi rap, funk e pop.

A dieci anni da “Non è il mio genere, il genere umano”, Willie fa il punto sulla situazione, dai suoi esordi a oggi, con il “Non è (ancora) il mio genere” club tour.

Parte dagli esordi, quindi, e, come in un cerchio che si chiude perfettamente, cita il titolo dell’album e contemporaneamente una frase dal brano UFO (Non è ancora il mio genere, scrivilo sulla lapide) che riassume quanto dissenso, quanta voglia di non sottostare alle regole e ai dettami della società, ci sia ancora nella penna del nostro Willie Peyote.

Amore invece per i giochi di parole, l’ironia e l’intelligenza, di cui si serve per porre domande su questioni sociali e personali, che dipingono una realtà diversa da quella che a volte vogliamo vedere.

Starà al pubblico poi scegliere se cercare di darsi delle risposte o proseguire con leggerezza, passando oltre il significato e limitandosi ai ritmi accattivanti e ai sorrisi amari che molti dei suoi brani riescono a strapparci.

Il genere non è solo quello umano, ma anche quello musicale. Dai suoi esordi come rapper atipico, lontano quindi da certi stereotipi, passando per pop, indie, cantautorato, sicuramente vanta la giusta dose di questi ingredienti nel suo stile atipico, senza appartenere fedelmente ad alcun genere o etichetta precisa.

È decisamente rap/hip hop old school la matrice dei brani, nel loro parlare crudo e scandito e nei testi taglienti, ma c’è molto altro. Accompagnato da un’eccellente band composta da batteria, tastiere, chitarra e trombone, si intravedono scorci di rock, venature indie, suoni pop e ritmi funk.

La scaletta è ampiamente dedicata all’Album “Non è il mio genere (il genere umano)”, e non mancano naturalmente i suoi manifesti del disincanto sentimentale come “La tua futura ex moglie”, “Ottima scusa”, del disagio sociale delle nostre generazioni, come “Io non sono razzista ma”, “I cani”, la sanremese “Mai dire mai”, “C’era una vodka” e molte altre dal suo esteso repertorio, inclusa “Aglio e Olio” di Fulminacci.

Willie Peyote ha il dono di sbatterci in faccia verità dolorose, facendoci sorridere e toccando i tasselli vacillanti delle nostre abitudini mal radicate.

È un esempio rassicurante di come la musica, e il rap/urban in particolare, abbiano l’opportunità di comunicare con un numero elevato di persone, e siano in grado di farlo in modo profondo, intelligente, e tutt’altro che pesante o noioso.

In mezzo alla scaletta un breve omaggio al concittadino Paolo Conte con “Vieni via con me”, e un accenno al riff di chitarra di “Do I wanna know” degli Artic Monkeys, a sottolineare l’eclettismo e la professionalità di Willie Peyote e di tutta la band. Questa sera oltre alle capacità tecniche hanno dimostrato energia, ottima padronanza del palco, empatia con il pubblico e tanta sincerità, confermandoci che Wille Peyote, decisamente, è (ancora) il nostro genere.

 

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Sei tutto l’indie (di cui ho bisogno)

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Sei tutto l’indie Fest

Si è festeggiato al Monk il decimo anniversario di “Sei tutto l’Indie”, community fondata da Giuseppe Piccoli e Gianmarco Perrotta nel 2013.

A rappresentare lo spirito della community, si sono esibiti Kuni, Soloperisoci, Clavdio e Management. È proprio degli allora Management del Dolore Postoperatorio il brano Pornobisogno, dal cui ritornello è stato coniato il nome del progetto.

Questo anniversario è anche l’occasione per riflettere sullo stato attuale del circuito indie, cosa è rimasto dello spirito e del sound originale e quali possono essere le evoluzioni attuali e future.

Apre i festeggiamenti un breve incontro nel cortile del Monk, con Exitwell, sul tema dell’Indie italiano. Come e quando è nato? A che punto è adesso? E’attivo, è morto, e soprattutto ha ancora senso parlare di Indie quando l’indie diventa mainstream (riferimento all’album di Calcutta assolutamente voluto)? Può avere senso universalmente, ò è un tipo di attitudine che può essere sincero e spontaneo solo nei localini di una città come Roma?

Potremmo filosofeggiare per ore, ma è giunta l’ora di tornare in sala e assistere all’eterea performance di Kuni, pop elegante tinteggiata di rock, di stampo prettamente (ahimé oserei dire) internazionale. A suo agio sul palco (a parte una battaglia persa con gli in ear), Eleonora ha stoffa e potremmo sentirne parlare a breve, quando il progetto sarà un filo più definito e pronto a decollare veramente.

La “festa” continua con i Soloperisoci (al secolo Ernesto e i Soci) in formazione ridotta e temporanea che scatena l’entusiasmo dei presenti. Presentano i brani del loro album di debutto “Ingresso Riservato” (posso stringere la mano virtualmente a chi sceglie nomi e titoli di questa band?). Le prime file cantano a squarciagola i testi delle canzoni, con frasi che sono già slogan, e sembra davvero di tornare a dieci anni fa, quando nei locali si esibivano gruppi e artisti che crescevano grazie ai loro seguaci. Pop rock scaltro, interessante, con venature post-punk, e che ti resta ben bene incollato al cervello, schiarendoci l’idea di quello che può essere la scena attuale. Se la cavano più che dignitosamente e non vediamo l’ora di tornare a vederli in formazione completa, indossando le loro iconiche magliette.

Dopo le nuove leve è il turno di un rinnovato e più profondo Clavdio. Notevoli doti di scrittura che rendono allegra ogni vena malinconica che trafigge i suoi brani.  Una scaletta che spazia dai brani dei suoi esordi, quando era ancora “Il Rondine” a quelli dei suoi album “Togliatti Boulevard” e il più recente “Guerra Fredda”. Grandi capacità di scrittura, una penna in apparenza semplice, ma piena di richiami e giochi di parole, capace di trasmettere una scarica di emozioni sincere. Nella sua esibizione solitaria, Clavdio ci fa ben sperare che l’indie respiri ancora a pieni polmoni, al di là di ogni più pessimistico pronostico.

Siamo ancora in questo stato semi-onirico, immersi nei ricordi e nelle evocazioni, quando sul palco esplode la furia dei Management.  E cambiamo totalmente registro. La staticità di Clavdio, che ci ha smosso un milione di colori nel cuore (riferimento al suo brano assolutamente voluto), è spazzata via, o meglio risvegliata bruscamente dal sogno, dalla folle energia dei Management. Adrenalina, teatralità, provocazione, un’esibizione che ti lascia i lividi addosso, e che ti piace. Innegabili il carisma (e la follia) di Luca Romagnoli, biondo-platinato di fresco, con la sua sovrumana carica adrenalinica, che travolge e stravolge tutto ciò che si trova davanti e infiamma letteralmente il Monk. Una carrellata di brani, principalmente dal loro album “Ansia Capitale”, fino alla conclusiva, immancabile, già citata “Pornobisogno”.

Ospite d’eccezione Niccolò Carnesi, stella del cantautorato italiano, che ha all’attivo molteplici collaborazioni tra cui Brunori SAS, Lo Stato Sociale, Dente, Dimartino, Luci della Centrale elettrica, Appino, etc. Romagnoli butta giù, o meglio invade, le barriere che dividono pubblico e artisti sul palco, in un’esibizione che resterà nella storia (annunciata una lunga pausa dai live per i Management) per la qualità sonora e per la carica emotiva condivisa in questa serata speciale di “commemorazione” di uno dei più solidi movimenti della musica italiana, nato senza sapere di esserlo.

Si spengono le luci al grido di “l’indie è morto”, ma non ne siamo così sicuri. La serata prosegue, il live lascia il posto alle selezioni musicali e al popolo danzante. Se ce ne andiamo senza aver trovato risposta ai nostri interrogativi, abbiamo assaporato quanto abbiamo ancora voglia di concerti nei locali, di scoprire nuova musica, di cantare i testi sottopalco e avere un senso di appartenenza a qualcosa che sta prendendo forma. In questa serata nostalgica, ha vinto tutto l’indie di cui abbiamo ancora bisogno.

 

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Gazzelle Tour 2022

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Roma, 30 Maggio 2022

Un altro cantautore romano torna a casa, questa volta al Palalottomatica è di scena Gazzelle, Palazzetto che troviamo pieno come consueto per le grandi occasioni. E questa è una vera grande occasione per Gazzelle, al secolo Flavio Bruno Pardini, cresciuto esponenzialmente negli ultimi tempi nei gradimenti dei tanti giovani ed adolescenti, che presenti questa sera scandiscono senza soluzione di continuità le parole dei testi delle sue canzoni.

Il trentenne romano propone le sue ballate in un genere indie all’italiana, un itpop romanticizzato, un po meno elettronico della solita indie rock, che ridà armonia alle orecchie delle nuove generazioni forse anche in contrapposizione alle ballate rap che imperversano ormai da molti anni, che ci sia in corso un cambio di tendenza? E’ sempre difficile immaginarlo a priori ma visto il seguito un pensierino ce lo abbiamo fatto. Ne rafforza questa vocazione la formazione con cui si presenta sul palco, formata da  chitarra, basso, tastiere, batteria, ma sopratutto archi e cori.

Alla fine una festa sia per lui, che saluta il pubblico con un grande “Ciao regà” proiettato alle sue spalle, ma sopratutto per tutti i fans presenti a cui noi di EA abbiamo voluto dedicare un’ampia galleria fotografica anche perché, siamo sinceri, ci hanno spronato a farlo proprio loro prima dell’inizio del concerto.

La scaletta della serata:

  • Meglio così
  • Smpp
  • Omg
  • Non c’è niente
  • Nmrpm
  • Sbatti
  • Punk
  • Meltinpot
  • Sayonara
  • Tutta la vita
  • Greta
  • Balena
  • Scintille
  • Nero
  • Zucchero filato
  • Sopra
  • Coprimi le spalle
  • Non sei tu
  • Quella te

Encore:

  • Tutta la vita
Claudio Enea
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