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CULTURA - page 114

La cultura italiana in tutte le sue forme dalla letteratura al cinema, dalla scultura al teatro

Varsavia romantica, il Parco Łazienki e la Residenza di Wilanów

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La capitale della Polonia ritaglia degli angoli preziosi, avulsi dal pregiudizio post sovietico che gli “occidentali del vecchio continente” tendono ad attribuire alle realtà dell’est Europa, standardizzandole nel calcestruzzo anonimo e nell’assenza di creatività. Varsavia racconta la sua storia anche nei toni romantici di un passato glorioso, quello dei parchi e dei palazzi d’epoca, risorti dignitosamente dall’ultimo secolo che ne svilì la bellezza. Scopriamo Park Łazienki con il suo incantevole Palazzo sull’Acqua, polmone verde della capitale, e la Residenza di Wilanów, un tesoro dai tratti nostrani in terra polacca, a pochi chilometri dalla sua capitale.

Facciata nord del Palazzo sull’Acqua

Parco Łazienki e il Pałac na Wodzie, il Palazzo sull’Acqua.

Il Parco Łazienki è il più vasto di Varsavia, quasi 80 ettari di verde che confonde i suoi toni con un tocco di blu del lungo specchio d’acqua che lo attraversa da nord a sud. Non è un caso se i varsaviani lo conoscono come “Łazienki Królewskie, letteralmente “Bagni Reali”. Considerato il più bel parco urbano della capitale, questo angolo verde è un elegante salotto naturale dove spuntano candide architetture neoclassiche, eredità di un passato reale che svela il lato più romantico della città, forse quello che ispirò anche il compositore polacco più famoso della storia, Frédéric Chopin.

Vialetti e ponti nel parco Łazienki
Facciata sud del Palazzo sull’Acqua

Il parco all’inglese come possiamo ammirarlo oggi, venne progettato nel 1764 per volere del re Stanislao Augusto. Ispirato ai grandi giardini europei di Francia e d’Inghilterra, l’area si snoda in un dedalo di percorsi: il rincorrersi dei suoi vialetti ci permette di spaziare nella sua grande area tenendo come punto di riferimento il lungo lago centrale “tagliato” da uno dei palazzi più importanti di tutta la città. Il gioiello architettonico del Łazienki è il Pałac na Wodzie, il Palazzo sull’Acqua, che al primo colpo d’occhio appare come un gioco di prestigio: in lontananza sembra sorgere dallo specchio d’acqua come per incanto. Opera di Domenico Merlini che nel 1772 trasformò il padiglione preesistente nell’elegante struttura che oggi possiamo ammirare e visitare. Come un museo di arti figurative all’aria aperta, l’esterno è ornato da colonne e il suo attico è coronato da statue di André le Brun, impersonificazioni marmoree di elementi naturali e del mito. Questa elegante residenza “sull’isola”, come amano definirla gli abitanti di Varsavia, continua a stupire oggi come allora i visitatori con un teatro all’aperto che adibisce un palco “sulle acque”, coerente all’architettura onirica del vicino palazzo. Le gradinate si trovano sulla terraferma mentre la scena è posta su un’isoletta con tanto di false rovine, un omaggio all’antichità classica che ricalca più un artificio barocco.

La residenza di Wilanów

Varsavia è una capitale eterogenea, convive con stucchi e cemento in perfetta armonia. Parchi, giardini e splendidi palazzi dalle apparenze fiabesche spuntano nei quartieri popolari della periferia, più votati alla praticità che alla bellezza, come la Residenza di Wilanów a pochi chilomentri dal centro della città. Costruita come dimora estiva della corte per volere di Giovanni III Sobieski nel 1677, nei primi anni si trasformò in un’autentica accademia d’arte, complice l’influenza francese che dilagava in tutta Europa. Numerosi artisti polacchi e stranieri vennero chiamati per adornare il palazzo e i regnanti si ispirarono al Re Sole, mecenate di bellezza, un “influencer” ante litteram ma degno per contenuti ed unicità. La sua emulazione fu uno stimolo che incentivò l’abbellimento della residenza sino a trasformarla in una piccola Versailles.

Entrata Residenza di Wilanów
Interni del palazzo

A dispetto dell’iniziativa suggerita dalla ricchezza francese, l’aspetto esteriore e la predisposizione degli interni poco hanno a che fare con il suo stile: basta un’occhiata alla facciata del palazzo per intuire una chiara vocazione italiana. La residenza di Wilanów è infatti ispirata al barocco toscano che rimanda all’ingegno di Augusto Locci. L’esterno è scandito da semi colonne corinzie e statue raffiguranti le virtù, spiccano inoltre numerosi bassorilievi che tramandano ad immagini le battaglie vinte contro i Turchi, un’iconografia strategica che rappresentava con orgoglio gli onori della casata. Anche l’interno conserva l’impianto voluto dall’architetto sul modello delle ville italiane: due grandi sale al centro e gli appartamenti reali ai lati. E’ possibile visitare gli interni e la Galleria del Ritratto polacco ospitata negli spazi di questa residenza dai tratti nostrani.

Immagine copertina: Parco Łazienki e il Pałac na Wodzie

Photo credits: Elena Bittante

La politica tra sogni e bisogni: La Sindrome dell’Onorevole Angelina

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Si comincia a pensare a nuove elezioni per la Città di Roma. In realtà non c’è una motivazione certificata, ad oggi, che possa far pensare alla caduta o alle dimissioni di Virgina Raggi, ma il malcontento generale della popolazione romana e una possibile, ma non certa, condanna a breve del primo cittadino, giustificherbbero la volontà ed il pensiero dei romani a immaginare nuovi scenari.

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Il servizio di Posta Militare durante la Grande Guerra

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Dal 1862, data di nascita del Regio Servizio Postale Italiano,  le poste sono state presenti nella vita quotidiana del paese con il difficile compito di mantenere le comunicazioni nel paese di recente costituzione e nel resto del mondo.

Chilometri e chilometri di strade impervie per consegnare la corrispondenza in tutto il paese che unito sulla carta non aveva ancora nessuna connotazione i una unità culturale e linguistica.

Tra le tante sfide che il servizio postale ha dovuto affrontare in quegli anni pioneristici vi era anche la necessità di collegare le zone di guerra con la patria, i soldati con le famiglie, prima in Crimea, in Cina durante la rivolta dei Boxer e in Libia nel 1911.

Solo con la prima Guerra mondiale però il servizio viene organizzato e denominato come “Posta Militare” che vedeva impegnati in questo servizio più di 1.500 uomini dislocati negli uffici delle retrovie e negli uffici mobili che vicino al fronte avevano il compito di  raccogliere e distribuire la corrispondenza da e per il fronte.

Un lavoro durissimo che esponeva gli addetti agli stessi rischi dei soldati dovendo essere presenti nelle trincee più esposte del fronte.

Il servizio era tanto importante anche per i comandi militari che mettevano a disposizione dei soldati una cartolina al giorno per comunicare con i propri cari, una esigenza ritenuta prioritaria per poter far comprendere il sacrificio che le famiglie stavano facendo per una guerra lontana e per uno stato che ancora pochi riconoscevano come unitario.

Nei 3 anni di guerra la posta militare ha usato  per il suo servizio 45.890 kili di spago, quanto 3 carri armati leggeri, 28.600 kili di ceralacca pari a 82 granate da obici, 21.000 kili di carta per dispacci equivalenti a 5.539 fucili.

Seguendo i progressi dell’innovazione tecnologica, tipici  dei periodi bellici, ha utilizzato per il suo servizio i primi uffici mobili su ruote per raggiungere le prime linee e testato i primi collegamenti aerei per la consegna postale, una testimonianza di come le esigenze belliche siano lo stimolo per lo sviluppo di innovazioni.

In totale sono stati gestiti quasi 4 miliardi di spedizioni nei 3 anni di conflitto uno impegno grave e complesso che il servizio postale militare ha svolto sempre con grande dedizione tanto da annoverare tra i componenti del servizio diverse medaglie al valore.

Al fronte la corrispondenza era una esperienza vissuta insieme ai commilitoni, ma poteva diventare anche uno spazio strettamente personale in cui intrecciare un dialogo virtuale con la propria famiglia e cercare di tenere saldo il legame che li univa.

Abbiamo affrontato questo tema con Mauro De Palma dell’Archivio Storico delle Poste Italiane di Roma, che ci ha illustrato come le il servizio Postale sia riuscito ad organizzare un servizio di Posta Militare che ancora oggi è attivo per le missione delle Forze Armate Italiane all’estero.

 

Valencia, la città di Calatrava che non rinuncia al verde urbano

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Valencia è un mosaico urbano di tasselli antichi e moderni, una storia di incastri perfetti. Dalla pianificazione romana della sua fondazione nel II secolo a.C. ai capricci dei nostri tempi dell’archistar valenciano Santiago Calatrava. Una città dove spiccano cimeli di varie epoche, basta scrutare l’orizzonte dall’alto del campanile della Cattedrale il “Miguelete”, per notare lo sfavillio delle cupole blu, gioielli dell’eredità moresca, e contare le guglie gotiche degli edifici civili che si stagliano verso il cielo. Il rincorrersi dei secoli attraverso le forme eterogenee dell’architettura si coglie anche passeggiando per le vie del centro. Il dedalo di vicoli del “Barrio del Carmen” contrasta con le eleganti vie che si snodano dalla piazza del municipio, ricolme di ricami art nouveau, sino a giungere all’ “Eixample”, l’espansione moderna nella parte meridionale della città che affaccia verso il mare.

 Torre della Cattedrale 
Panorama della città, spiccano le tipiche cupole blu

Valencia ha una trama variegata, un’unione di stili legati da un verde urbano ricorrente, un’autentica città giardino con una spiccata vocazione alla natura. Lo capiamo ancora prima di arrivare leggendo la sua mappa: risalta una lunga area di verde pubblico che attraversa l’intera città e cinge la parte nord-est del centro storico. Si tratta dei giardini del Turia che sorgono sul vecchio letto dell’omonimo fiume, trasformato in parco pubblico negli anni ‘50. Questa strategia urbanistica venne pianificata a seguito di numerose inondazioni, il corso d’acqua simbolo di vita e humus di civiltà divenne una spada di Damocle per i residenti, alla quale si doveva far fronte. Il corso del Turia venne deviato e il vecchio alveo trasformato in un’arteria verde che oggi pulsa a tutte le ore del giorno con un continuo via vai di ciclisti, runners o di chi ama passeggiare lungo il suo percorso sinuoso. Un lungo itinerario di 9 km che parte dal bel panorama sulla città del “Parque de Cabecera” sino al polo della “Ciudad de las Artes y las Ciencias”.

Le eleganti linee dell’Umbracle, la passerella della Ciudad de las Artes y las Ciencias
Museo delle scienze Príncipe Felipe e il planetario Hemisfèric
Hemisfèric

Valencia, il terzo centro più grande della Spagna è una realtà dinamica che dissolve la frenesia e il caos metropolitano nei suoi angoli di pace. La città ospita altre numerose oasi come i “Jardines del Real”, chiamati dai valenciani “Los Viveros”. Un elegante parco dove l’arte incontra la natura, un invito ad attimi di relax tra palmeti e agrumeti, a differenza del dinamico Turia dove prevalgono il movimento e l’attività fisica.

Le statue del Jardines del Real

La pianificazione del verde pubblico valenciano fu negli anni ponderata e consapevole e questo eccellente esempio urbano contrasta con il progetto avveniristico di Calatrava, particolarmente contestato dai cittadini. Verso la “foce” del parco del Turia troviamo il suo regno, la città delle arti, delle scienze e per certi versi dell’azzardo a causa dei suoi costi esorbitanti pagati con le tasse dei valenciani. Nonostante le controversie rimane per tanti abitanti e per i turisti la “ciudad” dello spettacolo e dell’immaginazione soprattutto nelle giornate di sole quando il “Palau de les Arts Reina Sofia”, complesso delle arti,  rivestito di mosaici in ceramica traslucidi, brilla candido sotto il cielo azzurro delineandosi come un enorme scarafaggio, molto simile ad un’entità extraterrestre. Il polo ospita anche il museo delle scienze “Príncipe Felipe” e il planetario “Hemisfèric”, strutture armoniche di acciaio e vetro a contrasto della loro materia.

Palau de les Arts Reina Sofia

Il complesso appare come un’architettura organica d’avanguardia, una sintesi della tecnica che estremizza le forme della natura in strutture dall’apparenza aliena. La Città delle Arti e delle Scienze sembra un mondo surreale ma il progetto omaggia la realtà del creato, stile inconfondibile dell’architetto valenciano. In questo luogo la connessione alla natura è sempre presente, non solo negli intenti architettonici. Ne è l’esempio l’ “Umbracle”, una passerella di 320 metri ad archi parabolici che ospita un palmeto e numerose specie floreali. Nonostante i pareri contrastanti, questa cittadella è un progetto oneroso ma stupefacente che trasforma la periferia in un gioiello territoriale, abbracciato dal verde continuo di Valencia che sfuma al blu del mar Mediterraneo.

Il giardino dell’Umbracle

Immagine copertina: Museo delle scienze Príncipe Felipe e il planetario Hemisfèric – Ciudad de las Artes y las Ciencias, Valencia. 

Photo credits: Elena Bittante

Ci formiamo in tutto tranne in quello per cui dovremmo

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Si è conclusa a Milano la IV edizione del Premio Olivetti, prestigioso riconoscimento destinato a chi fa formazione in vari ambiti: Mercati e Competitività; Internazionalizzazione; Amministrazione e Finanza; Arte, Cultura e Turismo; Sanità; Benessere personale; Ricerca e Innovazione; Etica e Responsabilità Sociale; Ambiente; Comunicazione e Fundraising.

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Il castello di Lisbona, il più bel punto panoramico della città arroccato nella storia

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Quando visitiamo Lisbona abbiamo la sensazione di sentirci un po’a casa. Una città adagiata su sette colli come la nostra capitale e baciata dal sole delle nostre latitudini. Quando passeggiamo per il centro e per le vie abbarbicate sulle alture, avvertiamo una sorta di “atmosfera mediterranea” familiare, quella di una realtà che non affaccia sul nostro mare ma ne rivela qualche similitudine. L’aria salmastra che si respira è quella dell’Atlantico che non lascia dubbi alla sua posizione al confine d’Europa: Lisbona è adagiata sulle sponde del fiume Tejo a pochi chilometri dal grande e immenso blu che le diede fortune e possibilità. Un tempo la città fu volano per le scoperte geografiche che cambiarono il corso della storia e la concezione del mondo. Oggi resta devota al suo passato, un po’assopita nel suo vivere rilassato e dal fado, non è raro sentire le note delle sue malinconiche melodie passeggiando lungo i suoi larghi viali o nei vicoletti nascosti della città vecchia. A ricordare l’epoca d’oro delle conquiste e dei commerci, il castello de São Jorge, dal quale si gode uno dei panorami più belli della città.

Scorci sulla città tra gli anfratti delle mura del castello

Il castello de São Jorge e il suo panorama

Lisbona è nota per i suoi belvedere, i miradouros, come li chiamano i locali. Un tempo strategici punti di vedetta, oggi sono considerati aree privilegiate per godere di meravigliosi scorci sulla città e sul fiume che la lambisce. Il più famoso è quello del castello di São Jorge, nella parte più alta del quartiere di Alfama, la zona della città vecchia. Per arrivare al castello, il consiglio è quello di prendere il tram numero 28 in direzione Santa Luzia. Questo vecchio convoglio è molto più di un mezzo pubblico, è un’attrattiva cittadina puntuale ed efficiente. Lo sferragliare convulso di questi vecchi tram gialli segue il percorso più suggestivo della città e vi conduce nelle zone più belle dell’Alfama, una proposta per unire l’utile al dilettevole e godere di tutto il fascino di questo servizio d’altri tempi.

Tram numero 28 e la facciata della Cattedrale di Santa Maria Maior nota come il Sé de Lisboa

Dopo la fermata Castelo, si raggiunge l’entrata della fortezza in pochi minuti: vi troverete al cospetto di una delle più note roccaforti della storia portoghese. Le origini del castello de São Jorge risalgono al V secolo, venne fondato dai Visigoti per poi essere rimaneggiato ed ampliato dai Mori quattro secoli dopo. Ulteriori migliorie vennero effettuate dal primo re del Portogallo Alfonso Henriques che lo trasformò in residenza reale e rimase tale sino al XVI secolo per poi essere adibito a prigione.

Il vecchio punto di vedetta sulla città: in lontananza la piazza del Commercio che affaccia sul fiume Tejo

Il castello fu un punto strategico durante l’epoca d’oro del Portogallo, quella della supremazia nei mari di un mondo sempre più conosciuto. Quando Vasco da Gama tornò trionfante dall’India nel 1499, lo accolsero nell’area dell’Olisiponia dove oggi è possibile assistere ad uno spettacolo multimediale che racconta la storia della città. Il castello apre le porte alla storia con un pizzico di suggestione: nella Torre di Ulysses possiamo osservare Lisbona con un insolito sistema di specchi e schermi grazie al Periscopio. Proposte innovative che descrivono il suo animo, un affascinate mix tra l’antico e il moderno raccontato in modo anticonvenzionale.

Passeggiata lungo le mura del casello de São Jorge

L’attrattiva più bella del castello amata dai turisti e dai cittadini resta la passeggiata lungo il perimetro delle sue mura e nei giardinetti in stile arabo nei suoi cortili. Questi spazi di quiete non tradiscono l’influenza moresca che si ripropone anche nella struttura del castello e nei nomi che tutt’oggi lo descrivono. Nella metà del XI secolo i mori costruirono le mura in difesa della Kasbah (fortezza) per dominare tutta l’Alcazaba (cittadella). I vialetti che costeggiano il “Castelo” offrono diversi scorci che permettono di spaziare a 360 gradi sulla città: Lisbona si rivela ai nostri occhi come un puzzle imperfetto, una trama di tetti color ocra, palazzi moderni e scheletri del passato. Venne ricostruita quasi completamente dopo il terribile terremoto del 1755 che la rase praticamente al suolo. In prospettiva sud ovest si nota il ponte 25 de Abril, prodigio della tecnica ingegneristica che assieme al ponte Vasco da Gama, più a nord est rispetto al castello, tagliano il corso del fiume Tejo.

Il panorama sui tetti ocra della città, caratteristica tipica dell’edilizia di Lisbona 
Vista sul fiume Tejo e il ponte 25 de Abril in lontananza

Dalla panoramica di São Jorge è facile riconoscere i quartieri della città: spiccano il Chiado, il Barrio Alto, il quartiere di Graca e a poca distanza il dedalo delle viette dell’Alfama che si snodano sotto le mura del castello. Anche quest’ultimo toponimo rivela la sua origine araba: Alfama deriva da Al-Hamma, che significa sorgenti calde. Dall’alto del castello e dalle altre numerose miradouros, si ha una visione d’insieme della città: una miriade di tetti che nascondono mille storie e significati, trama di un’esistenza non sempre dorata. Lisbona è una capitale rilassata e allegra, a tratti malinconica alla ricerca del suo passato glorioso, aggrappata all’Europa e proiettata verso altri lidi.

Immagine copertina: dettaglio delle mura del castello de São Jorge

Photo credits: Elena Bittante

 

Italia Patria del Cinema…anzi dei Festival

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Si è concluso ill Festival Internazionale del Cinema dei Castelli Romani e si è aperto il Festival del Cinema di Roma, o più semplicemente Festa (come viene ufficialmente dichiarato).Una rassegna, il primo, in cui c’è poca vetrina e poche passerelle, ma in cui si respira ampiamente quella voglia di diffondere una cultura cinematografica che va ben al di sopra di Gossip e montagne di denaro. Il coinvolgimento delle scuole ne è la prova e l’affluenza di pubblico di ogni età la conferma.

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Fabrizio Borni
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